- "Signorino..". - Sento chiaramente la sua
voce. Mi volto verso la finestra alle mie spalle. E' chiusa.
-" Signorino..." - La sento di nuovo. Sempre più nitida e vicina.
Aguzzo la mia vista da pericoloso predatore notturno e scruto tutta l'enorme
camera in cui mi trovo. Nulla.
Qualcosa mi si avvicina. Mi volto per una terza volta e finalmente lo vedo.
Quella snella figura sta ritta di fronte alla scrivania, con una compostezza
disumana. Guardo i sottili occhi fiammeggenti che risaltano nel buio della notte.
Come confonderli?
- "Sebastian. Che ci fai ancora qua?" - Dico con tono autorevole al
mio fedele maggiordomo. -" Ti avevo detto di andare. Sei libero."
L'unica risposta che ricevo è un semplice sorriso, o forse è meglio dire un
ghigno. Si inchina leggermente e scompare, risucchiato dal nero pece della
notte.
Mai avrei potuto immaginare che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei
visto i suoi felini lineamenti.
100 anni dopo.
- "Coooonte"
- Quella fastidiosa voce biascicante mi distoglie dai miei pensieri.
- "Coooonte" - La fastidiosa voce continua ancora. - "si può
sapere per quale motivo non mi rivolge la parola? Indigestione di anime?"
Il fastidioso individuo scoppia in una risata sguaiata. Tipico di lui! Gli
rivolgo una gelida occhiata.
- "E' il tuo turno, Undertaker... Sbrigati a lanciare i
dadi" Dico spazientito. Mi sono sempre piaciuti i giochi, ma svolgerli con
lui è peggio di una tortura.
Lo shinigami davanti a me afferrò i due dadi, e dopo averli smossi velocemente
tra le mani dalle dita affusolate li lanciò sul tabellone. 7. Prese la propria pedina e la
spostò casella per casella, fino ad arrivare all'ultima, contornata da un
cerchio rosso, con all'interno la scritta "the End".
- "Hoooo viiiinto." Esclamò gongolante il viscido essere. Mi dava il
voltastomaco guardarlo ridacchiare.
Lo fissai scettico. Almeno aveva smesso di lamentarsi del fatto che secondo lui
quel gioco era particolarmente inutile.
- "Va bene, va bene, hai vinto! Ma ora non darmi più disturbo per i
prossimi due giorni. Ho da pensare." Gli dissi, mentre mi alzavo dal
tavolo posizionato al centro del pub in cui ci trovavamo.
- "Il conte che pensa? Quale novità!" E lo shinigami scoppiò
nuovamente in un'altra risata, ancora più sguaiata di quella precedente.
- "Si si, ok. Ci vediamo in giro Undertaker!"
- "Bye bye conte, non arrovellarti troppo il cervello, eh!"
Uscii silenziosamente dal pub, senza voltarmi a guardare l'ambiguo shinigami
dai lunghi capelli d'argento che sventolava la mano in segno di saluto.
Mi inoltrai nella caotica Londra del 1988. Devo dire che in cento anni erano
cambiate tante cose, anche troppe forse. Gli abiti, i mezzi di locomozione, le
abitazioni, le persone... Soprattutto le persone! Diventava sempre più
difficile cacciare anime. Specialmente se agli occhi della gente sembri solo un
ragazzino di 14 anni, e non un demone di 114!
Guardai la mia immagine riflessa in una vetrina. Ero sempre lo stesso, da quel
giorno. Corporatura snella, basso, capelli scuri, solo parecchio più lunghi, e carnagione
chiarissima... Solo gli occhi erano cambiati: da quel tempestoso blu erano
mutati in un terribile rosso rubino.
Alzai gli occhi verso il plumbeo cielo londinese. Sembrava stesse per
piovere. Mi misi il cappuccio della felpa e corsi a prendere un
autobus. L'autobus che mi avrebbe riportato alla mia casa di
città.
Tirai fuori il biglietto dalla tasca dei jeans e lo mostrai al
controllore, poi mi andai a sedere in fondo, lontano dagli occhi
indiscreti degli abitanti londinesi.
Erano le nove di sera e in giro c'ero solo io e qualche povero barbone.
Quando arrivai alla terz'ultima fermata vidi finalmente salire
qualcuno. Era una ragazzina, sui 13 anni, minuta, con lunghi capelli
rossi che le calavano morbidamente sulle spalle.
La sua anima. Fu la prima fragranza che sentii. Aveva un odore dolce,
innocente, mi solleticava l'interno della bocca e mi faceva bruciare la
gola. Fissai la ragazza che veniva verso di me e le sorrisi. Lei mi
sorrise pure. Continuai a fissarla, finchè non si sedette vicina
a me. Inconsapevolmente la piccola si stava andando a cacciare in un
bel pasticcio.
-"Ciao..." - le dissi, appena accennando un sorriso. - "come ti chiami?"
Lei si girò e mi guardò con sguardo innocente.
- "Parli con me?" chiese sbigottita.
- "Si." - ridacchiai - "che fa, non me lo vuoi dire?"
Arrossì e abbassò lo sguardo
- "Mi chiamo Hanna."
- "Piacere piccola Hanna. Il mio nome è Ciel."
Sorrise e mi guardò negli occhi. Quegli occhi rispecchiavano la
sua anima, che, come immaginavo, era terribilmente irresistibile.
- "Stai qui vicino?" Le chiesi.
- "Veramente no..." - fece una pausa - "casa mia è lontana da
qui. Avevo solo bisogno di pensare, e volevo andare a fare una
passeggiata."
- "Tutta sola con questo freddo?" Cercai di sembrare il più sbigottito possibile.
- "Beh, si."
- "Non va bene!" - feci lo sguardo corrucciato - "Sta incominciando a
piovere, e di certo non potrei lasciar andare una fanciulla come te in
giro per questa pericolosa Londra notturna. Potrei avere l'onore di
invitarla alla mia residenza?" Dissi, aggiungendo una nota di ironia
alla fine della frase,
- "Non saprei..." - Era imbarazzata - "andare con uno sconosciuto?"
- "Sempre meglio andare con uno sconosciuto suo coetaneo che con un
pervertito in cerca di giovani ragazze da poter violentare." - questa
frase funzionava sempre -"lei che dice?"
- "Hai ragione..." Sorrise e abbassò lo sguardo. Come immaginavo. Bastava poco per attirarle.
Nel frattempo eravamo arrivati all'ultima fermata, quella per
raggiungere casa mia. Già pregustavo il sapore della sua anima.
- "Per di quà.." Le dissi prendendola per mano e indirizzandola verso il principesco palazzo al centro della lunga via.
Uscii le chiavi dalla tasca e aprii l'enorme portone. Salimmo su per le
scale e raggiungemmo l'atrio prima di poter entrare all'interno della
casa. Presi un'altro mazzo di chiavi, infilai la chiave interessata
nella toppa e diedi aria a quell'appartamento ormai in disuso da quasi
vent'anni. C'era odore di chiuso.
- "Mi scuso per lo sgradevole odore, ma ultimamente sono andato a stare
da mia zia, nella villa di campagna." mentii spudoratamente.
Hanna era estasiata. I suoi occhi perlustravano velocemente tutto l'enorme salone che ci stava di fronte.
- "Ma... E' bellissima." Esclamò sbalordita
- "E' un pò in degrado, ma va bene comunque." Le sorrisi.
Mi richiusi la porta d'ingresso alle spalle e accompagnai la giovane a
sedersi sul divano. Non ce la facevo più. O le prendevo quella
succulenta anima in quel momento o sarei impazzito.
Mi sedetti di fianco a lei e le portai un braccio attorno alla vita,
avvicinandola a me. La piccola arrossì violentemente. Non poteva
mai immaginare cosa l'aspettava. Avvicinai il mio viso al suo. Mi
leccai le labbra, pregustando quel dolce sapore.
Non potei più aspettare. Lentamente la mia forma umana si
tramutò in quella terribile e disumana del mostro che ero
realmente. Riuscii a vedere a malapena il terrore negli occhi della
giovane mal capitata, poi il nulla.
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Beeeeene, questa è la fine del
primo capitolo di questa mia fan fiction su Kuroshitsuji! Spero con
tutto il cuore che vi piaccia e che continuerete a seguirla fino alla
fine :D
Un grosso bacio a tutti, e alla prossima! ^^