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Autore: LadyPalma    25/01/2013    2 recensioni
Una storia che la Storia non ci ha mai raccontato, quella di una Regina e del suo più fedele nemico. Ambientato tra il 1531 e il 1536, segue dettagliatamente il corso della storia.
[Caterina d'Aragona e Thomas Cromwell]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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8. You’re the closest to Heaven that I’ll ever be

 

And I'd give up forever to touch you
'Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now

[…]

And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's meant to be broken
I just want you to know who I am

[Iris – Goo goo dolls]

 

 

Agosto 1535 – Kimbolton

Caterina aveva aperto gli occhi a fatica, ci aveva provato per qualche secondo, ma era come se semplicemente non avesse potuto; poi finalmente li aveva aperti e ci era voluto qualche altro secondo per capire esattamente dove si trovasse: l’ultima cosa che ricordava di aver visto era il volto di Cromwell e ora quello che aveva davanti, pur essendo un viso familiare, non corrispondeva di certo a quello del Lord Cancelliere.

“Cos’è successo?” riuscì a chiedere volgendo lo sguardo alla giovane donna seduta affianco al suo letto.

“Siete svenuta My Lady, per più di un’ora” rispose Lady Elizabeth “Ma adesso state bene, il dottor Bedingfield assicura che non dovete preoccuparvi” aggiunse immediatamente sforzandosi di fare un sorriso, mentre faceva cenno a Lady Alice di uscire dalla stanza.

L’ex Regina seguì leggermente confusa con lo sguardo la sua più giovane dama uscire e poi tornò a guardare quella più anziana che adesso si era alzata in piedi, le fece un piccolo sorriso, ripensando alle parole di conforto e richiuse per qualche secondo stancamente gli occhi. Quando li riaprì Lady Alice era di nuovo nella stanza e, anche se la sua signora non poteva ancora vederlo, non era da sola.

“Lord Cromwell vorrebbe vedervi, My Lady” disse la ragazza, facendo un lieve inchino.

“Cromwell?” ripetè stupita Caterina “E’ stato qui tutto questo tempo?” chiese voltandosi di nuovo verso la sua dama più fedele. Lady Elizabeth si era sempre dimostrata tale, soprattutto perché non le aveva mai mentito, se si escludono quelle dolci e vane rassicurazioni sulla sua salute: quei malesseri cominciavano a divenire troppo frequenti per non nascondere nulla di preoccupante.

“Non potevo di certo lasciarvi sola, My Lady” rispose al posto della dama Thomas in persona, palesando la sua presenza facendo un passo avanti e facendo un inchino.

“Lady Elizabeth, Lady Alice, potete lasciarci soli” disse Caterina dopo averlo fissato per qualche secondo, licenziando le sue dame, che, dopo essersi lanciate uno sguardo e aver rivolto ad entrambe le persone rimaste nella stanza un inchino, uscirono chiudendosi la porta alle spalle.

“Suppongo siate stato voi a portarmi qui” iniziò lei, rompendo il silenzio, sentendosi stranamente quasi in dovere di ringraziare quell’uomo. Non poteva dimenticare l’uomo che era, ma non poteva adesso neanche non ricordare l’uomo che aveva imparato a conoscere.

Thomas non rispose, si avvicinò cautamente al letto, mantenendo lo sguardo basso, poi lo rialzò improvvisamente e lasciò scivolare un fiore tra le diafane mani della donna. Lei lo alzò curiosa e stupita per poterlo osservare e un sorriso sfuggì dalle sue labbra nel vedere una perfetta rosa bianca.

“Siete un po’ come una rosa bianca… innocente e pura” spiegò lui ancora fermo in piedi davanti al letto.

Caterina allora alzò lo sguardo su di lui, per permettergli di vedere quel sorriso ancora impresso sul suo volto. Innocenza, purezza… Che quel fiore la rispecchiasse metaforicamente non ne aveva dubbi, ciò su cui era incerta era piuttosto se fosse ancora una rosa: la sua bellezza era sfiorita da tempo, come la sua vita che sembrava essere sempre più prossima a raggiungere il Giardino del Signore, senza essere passata neppure una volta per il famoso Giardino della felicità del filosofo greco Epicuro.

“Alcuni dicono sia anche simbolo di amicizia…” gli disse ampliando il sorriso e allungando la mano per poggiare il fiore su un tavolino vicino.

Cromwell non rispose nuovamente, ma il sorriso che si formò involontariamente anche sulle sue labbra, valeva più di mille parole. E con quel sorriso, la stanza tornò nuovamente nel silenzio e stavolta era un silenzio desiderato: si dice che si sta bene con una persona quando si sta bene anche in silenzio, e loro lo stavano scoprendo troppo tardi. La verità era che nessuno dei due voleva parlare: non volevano parlare delle stragi di Enrico di cui lui si era reso braccio esecutivo, non volevano parlare delle precarie condizioni di salute di lei, non volevano parlare della morte che stava bussando alla sua porta ed era lui quello che non voleva lasciarla entrare. Non volevano parlare di loro, di cosa erano o meglio di cosa non erano più. Non erano nemici, erano amici in quel momento e non lo sarebbero mai più stati.

“Sono sicuro che quando questa rosa avrà perso tutti i suoi petali” disse lui d’un tratto indicando il fiore “voi starete di nuovo in ottima forma” concluse ostentando una convinzione che in realtà non aveva.

Caterina sorrise amaramente a quell’ingenua affermazione, certa che bene lo sarebbe stata davvero. Per forza, perché per allora sarebbe stata in Paradiso.

 

NDA:

Eccoci arrivati all’ultimo capitolo:(  Il prossimo sarà l’epilogo e chiuderà definitivamente la storia! Colgo l’occasione per salutare tutti prima della partenza per Londra:) Ci si sente quando torno, un bacio! Spero di ricevere vostre recensioni come sempre!^^

 

 

 

   
 
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