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Autore: Macaron    25/01/2013    2 recensioni
Venti frasi per raccontare il rapporto tra John e Sherlock, da entrambi i punti di vista. Alcuni piccoli momenti.
"Le parole che mi hanno dato forza per tre anni: “ Era il mio migliore amico e crederò sempre in lui” "
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le mie parole son capriole 

palle di neve al sole 

razzi incandescenti prima di scoppiare “

Le mie parole, Samuele Bersani


John

 

Le Parole che hanno cambiato la mia vita: “Io mi chiamo Sherlock Holmes e l'indirizzo e' il 221B di Baker Street.”

 

Le Parole che ho ripetuto almeno cento volte: “ Non sono il suo ragazzo!” e nessuno ci ha mai creduto, neanche una volta. Probabilmente nemmeno io.

 

Le Parole che mi hanno fatto venire i brividi: “ No John, i tuoi maglioni non sono scomparsi da soli. Sì li ho presi io, nulla di “sentimentale” ma un esperimento ovvio, e no non puoi riaverli. Almeno non interi. Però ti ho lasciato quello di Natale, la sua bruttezza avrebbe alterato i risultati. E’ per la scienza, John! ”

 

Le parole che hanno detto qualcosa di me che ancora non sapevo: “Direi che lei ha scoperto le sue carte, dottor Watson. Beccato”

 

Le parole che mi hanno fatto pensare a lui la prima volta che le ho lette: “Di chiunque mi innamori nella vita, per me esiste un solo eroe e quell'eroe sei tu. Perché a questo mondo non c'è nessuno che sia eccezionale come te. “1

 

Le parole che non pensavo gli avrei mai sentito pronunciare: “ Devo chiedere un consiglio”

 

Le parole che mi hanno fatto innervosire: “ Il singolare di graffitti è graffitto, John. Risolvere questa piccola battaglia grammaticale sarà il primo passo per rendere leggibile il tuo blog”2

 

Le parole che mi hanno commosso: “ Mi racconti una storia sui pirati?”3

 

Le parole che mi hanno fatto smettere di respirare: “Addio, John”

 

E le parole che mi hanno fatto ricominciare: “Sono tornato”

 

Le parole che gli avrei voluto dire e non l’ho fatto: Nessuna, non c’è mai stato bisogno di nient’altro.

 

 

 

 

“Quante parole bisogna stare attenti alle parole 
Che possono essere pericolose 
Che possono chiuderti il cervello 
Portarti via là dove fa freddo 
Anche se oggi è giugno e splende il sole”

La pesca, Tricarico



Sherlock

 

 

Le parole che mi hanno sorpreso: “E' cosi' che si diverte, vero? Rischia  la vita per dimostrare che e' intelligente.”  “Perche' lo farei?” “ Perché lei è un idiota”. Nessuno mi aveva mai chiamato idiota, ridendo, dopo avermi salvato la vita. E nessuno che mi aveva chiamato idiota mi aveva fatto venire così voglia di invitarlo a cena.

 

Le parole che gli odiavo sentir dire: “Non posso aiutarti con quel caso, ho un appuntamento stasera”. Anche tralasciando la parte del caso.

 

Le parole che mi hanno svegliato:  “Qualcuno le vuole bene”

 

Le parole che non mi ha mai dovuto dire:  “Aggiustami”. Non ce n’è stato bisogno.

 

Le parole che mi hanno fatto ridere: “Hai di nuovo lasciato degli occhi umani nel microonde, li ho trovati mentre cercavo il telecomando. Comunque anche il telecomando era lì, guardiamo Doctor Who?”

 

Le parole che mi hanno fatto perdere un battito: “Io non sono gay… Non sono gli uomini, non sono mai stati gli uomini… Sei solo tu.”

 

Le parole che mi hanno ferito: “Tu sei una macchina!”. So che doveva dirle, so che l’ho obbligato a dirle ma hanno fatto male lo stesso. In posti dove pensavo di non poter sentire qualcosa.

 

Le parole che mi hanno dato forza per tre anni: “ Era il mio migliore amico e crederò sempre in lui”

 

Le parole che mi hanno fatto sbuffare: “ C’è del risotto in frigo per te. Lo so che non mangi come noi normali esseri umani ma un pasto completo ogni due giorni lo puoi anche fare, no?” E poi anche sorridere.

 

La parola che ho ripetuto di più in questi anni: “John”

 

Quella che ogni tanto penso sia stata la mia prima vera parola: “John”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I miei soliti insopportabili pipponi:

L’idea di questa Fanfiction viene dal progetto venti parole che ho trovato in giro. Ora il suddetto prevede di scrivere venti “sentenze” partendo da venti parole fino ad arrivare ad una, ma visto che mica sono capace mi sono limitata a scrivere una ventina di frasi per raccontare Sherlock e John. Quindi con il progetto venti parole non c’entra poi un accidente ma visto che sono abituata ad avere a che fare con blog di cucina dove se metti un ingrediente in comune con qualcuno e non citi la cosa è come se gli avessi ammazzato la mamma l’ho precisato lo stesso =)

Diabete e pucciosità a manetta, oltre a un discreto numero di citazioni della serie BBC, ma oggi c’era la nebbia e faceva freddo e avevo voglia di darjeeling e pensieri coccola.

Il titolo viene dalla canzone di Bersani a cui voglio sempre bene, come anche a quella di Tricarico che ho citato.

 

Note:

1 Citazione dal nono volume di Nana, di Ai Yazawa. Ora mi rendo benissimo conto che John non sembra il tipo da mettersi a leggere manga adolescenziali nella sua cameretta al piano di sopra però fino a qualche anno fa era una frase che leggevo su internet ovunque quindi può essere successo anche a lui, no? E’ che rileggendola di recente mi è sembrato fosse scritta per loro.

2 Una libera citazione del Casebook

3 Diabete, mi rendo conto e sicuramente OOC. Però mentre la scrivevo mi è venuta in mente quest’immagine di John e Sherlock, dopo la caduta e il ritorno, di notte al buio in silenzio nelle loro poltrone al 221B. Ho immaginato che entrambi avessero difficoltà a dormire, forse perché mi piacerebbe rivedere John con gli incubi stavolta dovuti alla caduta, visti gli eventi degli ultimi anni e che rimanessero nelle loro poltrone fino a tardi, senza quasi parlarsi. In questo clima, ancora un po’ teso nella mia testa perché insomma mica è così facile perdonare qualcuno che si è finto morto per tre anni, mi è uscita la frase di Sherlock e ho trovato che rendesse tutto delicato, un po’ infantile e rassicurante. L’immagine di John che prova a inventarsi una storia di pirati per riuscire a scacciare gli incubi mi ha intenerita. Si ho scritto un poema, forse un giorno diventerà una storia.

  
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