Nome: Blackout
Coppia: Sterek, Derek/Stiles
Conteggio parole: 2.000 esatte
Note: Storia veloce, se non velocissima, nata per essere poco più di una drabble e che invece si è trasformata in qualcosa di molto di più.
Parlare della Sterek è una cosa che fanno più o meno tutti nel vastissimo fandom di Teen Wolf, ma descrivere il carattere di Derek non è facile (come del resto quello di Stiles, eh).
Mi sono quindi detta: “Perché non provare a scrivere qualcosa anche io?”
Ed eccomi qui.
Nessun tipo di linguaggio volgare, niente spoiler alert: semplicemente godetevela.
E improvvisamente di fece tutto buio. Buio e freddo.
Un freddo tremendo, di quelli che penetravano nelle ossa facendoti provare quella sensazione di vuoto e di leggerezza interiore.
Le tenebre attanagliavano il suo corpo, stringendolo in una morsa di paura e timore. La testa gli rimbombava sorda nel nulla di quel luogo così oscuro.
Non sentiva più nulla, non vedeva più nulla.
Aveva provato più e più volte a allungare un braccio, a stendere un piede, o semplicemente a muovere un solo dito, ma con amarezza dovette arrendersi all’evidenza: il suo corpo non rispondeva.
Non sapeva se fosse vivo, o morto, o forse semplicemente svenuto. Non sapeva nemmeno dove fosse, per dirla tutta, nonostante si fosse imposto di ricordarselo.
Stiles se ne stava lì, dunque, al buio, forse sdraiato, forse in piedi, in quel luogo nero e così gelido, con il respiro che si faceva man mano sempre più meccanico e affannoso, dettato più dalla paura che dalle vere e proprie condizioni fisiche – che, ad ogni modo, non sapeva esattamente come fossero messe in termini di stabilità corporale.
Del resto, cos’era successo? Il ragazzo non ricordava. Scott, Lydia, Derek, suo padre… Tutto si riduceva ad una macchia confusa, che sotto i suoi occhi nocciola si muoveva casualmente, senza un’apparente logica.
Poi, lentamente, in contrapposizione alla velocità con cui il buio e le tenebre si manifestarono, rapendolo per qualche minuto – ore? Difficile a dirsi – dal mondo reale, quel luogo così freddo sembrò scaldarsi a poco a poco.
E, insieme al calore, una nuova sensazione, più tranquilla e rilassata, si fece spazio nella mente e nel corpo stanco del ragazzo.
Forse suo padre lo aveva trovato e lo stava riportando a casa…
Gli parve anche di sentire in lontananza il rumore di un’automobile, ma non ne fu certo.
Stiles aprì la bocca, tentando di ringraziare il padre con qualche parola di conforto, assicurandogli che sì, andava tutto bene e che forse si era semplicemente addormentato sulla Jeep mentre faceva un giro nel bosco… Le parole tremavano sulle sue labbra, nonostante il ragazzo cercasse i esprimere i sui pensieri nella maniera più lucida e distaccata possibile.
Lentamente, come se quel gesto avesse potuto prosciugargli ogni energia del corpo, Stiles aprì gli occhi.
Qualcuno lo stava trasportando, tenendolo in braccio.
Qualcuno.
Cosa… Qualcuno?
Il ragazzo, ripresa per un momento la concezione di ciò che succedeva intorno a lui, spalancò per bene gli occhi. Il buio e le tenebre si diradarono velocemente, mentre il suo corpo semi inerme veniva sballottato di qui e di là tra le braccia del misterioso soccorritore.
Poi, nuovamente, ritornò tutto buio.
~
“Ehi, sveglia.”
La voce di Boyd, seguita da uno scossone alla gamba, rintoccò nella mente di Stiles come un pendolo, svegliandolo di colpo.
“Eh? Cosa…”
Boyd posò il ragazzo su qualcosa di molto simile ad un divano, lasciandolo lì a poltrire.
“Stavo andando da Derek quanto ho visto la tua Jeep inchiodare di colpo. Vado a chiamarlo.”
Stiles, annebbiato e stanco com’era, vacillò un po’ sotto l’affermazione del ragazzo, annuendo incerto e tuffando la testa in un cuscino. La testa gli faceva decisamente male.
Poco dopo, sullo stipite della porta comparve il padrone di casa, chiuso nella sua solita espressione dura di chi non ammette repliche.
“Che ti salta in mente?”
“Eh?”
Derek si avvicinò al divano, sbuffando rumorosamente.
“Che ci facevi nel bosco di notte? Da solo, per lo più. Abbi almeno l’accortezza di farti accompagnare da Scott, la prossima volta.”
Stiles fece affiorare la testa dal cuscino, guardando il lupo con occhio vitreo.
“Umh, Derek… Non lo so, in realtà.”
L’Alpha sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia.
“Che significa “non lo so”?”
“Significa “non lo so”.”
“Stilinski, non farmi perdere la pazienza.”
Il ragazzo tentò di mettersi seduto, barcollando un po’ sotto il peso della propria testa che in quel momento gli pareva fosse più pesante di un macigno.
“Aspetta… Mi sembra di ricordare che Scott mi aveva chiesto di farmi trovare sotto casa sua per… umh, beh, questo non me lo ha spiegato, a dire il vero…”
“Non te lo ha spiegato o non te lo ricordi?”
“Non… me lo ha spiegato.”
Derek lo fissava a braccia incrociate.
“E…?”
“E cosa?”
“E poi? Come ci sei finito nel bosco?”
“Avevo… Mi era sembrato di vedere qualcosa di strano, tutto qui. Volevo solo controllare.”
Stiles fece forza sulle gambe, tentando di alzarsi.
Si irrigidì un momento, alzando la testa e guardando Derek.
L’Alpha poté giurare che in quel momento Stiles non era Stiles.
Il ragazzo lo guardò intensamente, prima di chiudere gli occhi e cadere a terra con un tonfo sordo.
“Stiles!”
~
L’ospedale di Beacon Hills. Derek lo conosceva piuttosto bene, nonostante ci fosse stato solo un paio di volte.
Con il cellulare di Stiles aveva avvisato Scott, l’unica persona che in quel momento gli sembrava adatta alla situazione, il quale lo aveva a sua volta liquidato con un “avviso subito suo padre e arrivo”.
Non potendo fare molto in quel momento, si sedette su una delle sedie della sala d’aspetto.
Erano passati trenta minuti da quando lo aveva osservato scomparire in una stanza poco più avanti dal punto in cui si trovava in quel momento, adagiato immobile su un lettino.
Ed era certo di non aver mai visto Stiles così. Gli era sostanzialmente svenuto davanti, inerme, con il corpo rigido e gli occhi vuoti. Non era la prima volta che Derek vedeva qualcuno in quelle condizioni, e la cosa non avrebbe nemmeno dovuto sorprenderlo più di tanto. Ma trovava preoccupante il fatto che, per ben tre volte nell’arco di un’ora, la cosa fosse accaduta a Stiles.
Stiles non era un lupo. Non godeva di certi privilegi in campo di guarigione miracolosa.
Derek lo sapeva. E più ci pensava, più si preoccupava per la sua salute.
Aveva già perso tante, troppe persone in diverse occasioni. Non era il caso di perderne un’altra.
Stiles si svegliò in una stanza d’ospedale. La testa gli faceva male e nella sua mente rimbombava l’urlo di Derek un attimo prima che la sua vista si offuscasse per la terza volta.
Probabilmente era per quello che si era risvegliato a casa degli Hale, poco prima. Probabilmente era svenuto mentre guidava.
Probabilmente.
Ma perché?
Il ragazzo non aveva mai sofferto di malattie particolari. Magari un po’ d’asma ogni tanto, ma nulla di cui preoccuparsi, ne era certo.
Ma in quel momento, la fitta che provava nel centro del cervello gli stava facendo ricredere che tutti gli esami fatti negli anni precedenti erano stati eseguiti da medici incompetenti.
Stiles resiprò a fondo, sudando freddo.
E infine si accorse di una cosa.
Una cosa orribile, che gli fece accapponare la pelle.
Aveva paura.
Anche Derek, nella sala d’aspetto, aveva paura.
Paura.
Il ragazzo, disteso nel letto, ricominciò ad agitarsi. Il suo respiro si fece pesante e gli si formò un nodo alla gola. Con le dita torturava il materasso sottostante, afferrandolo e graffiandolo fino a farsi male.
Un attacco di panico.
Per un secondo si rese conto di non riuscire a respirare, tanto il dolore alla testa lo opprimeva. Sempre più spaventato, tentò di fare mente locale. Scott non era ancora arrivato. Suo padre non c’era. Lydia non era lì. …E non sarebbe venuta neanche se glielo avesse chiesto in ginocchio.
Rimaneva solo…
“…DEREK!”
Fuori dalla stanza, il lupo sentì urlare il suo nome. Si mosse verso la porta, aprendola.
Poggiò la mano sullo stipite e vide Stiles.
Erano passati poco più di trenta minuti da quando Derek aveva chiamato Scott.
“Dove diamine sei…” pensò l’Alpha, tenendo lo sguardo fisso sul gracile corpo del ragazzo.
“Derek…” ansimò.
Si avvicinò al letto, non sapendo che fare.
Due infermiere trafficavano con alcuni prodotti e siringhe poco distanti. Forse non sarebbe dovuto entrare.
Stiles emise un flebile mugolio, stringendo i denti. Con lentezza estenuante, afferrò la mano di Derek immobile sul lettino.
Il lupo lo guardò.
Il ragazzo era pallido, quasi cadaverico. Gli occhi lucidi e serrati. La mandibola contratta e i muscoli tesi. Perle di sudore ovunque lungo il viso, che gli scivolavano sul naso e sul mento, impastandogli i capelli corti.
La sua mano scottava.
Dopo averci pensato su un secondo, il moro rispose alla presa, afferrando saldamente le dita del più giovane.
Il tempo sembrava non scorrere.
Dopo quelli che sembravano secoli, un’infermiera dai capelli corvini prese da parte Derek per un secondo, nonostante la sua mano fosse sempre chiusa in quella di Stiles.
In quell’istante fecero irruzione nella stanzetta Scott e lo sceriffo, che si chinò sul lettino prendendo tra le mani il viso del figlio.
Scott era rimasto ad osservare il suo amico, impietrito quasi quanto Derek di fronte alle condizioni nelle quali in quel momento si trovava.
“Cos’è successo? Cos’ha mio figlio?!”
La stessa infermiera che aveva preso per un braccio il lupo chiese con un gesto della mano il silenzio nella stanza.
“Non è grave.” spiegò lei, mantenendo il tono della voce il più possibile calmo e rassicurante. “E’ arrivato qui che era ancora svenuto. Gli abbiamo controllato la pressione e, come ci aspettavamo, i valori erano estremamente bassi. Ci è sovvenuto che è svenuto per ben tre volte, e questo è probabilmente riconducibile al fatto che il suo corpo non era abituato ad un così rapido e brutale cambiamento di pressione. In pratica, continuava a svenire perché non aveva abbastanza energie per rimettersi in sesto.”
“Una… specie di reazione a catena?” chiese Scott, titubante. Il ragazzo continuava a osservare il suo migliore amico che, sotto l’effetto di chissà quale medicinale, aveva ritrovato un po’ di autocontrollo.
“Esattamente. Purtroppo, l’esposizione di un corpo così debole alla temperatura esterna non ha contribuito a migliorare le sue condizioni.” La donna posò nuovamente lo sguardo su Derek che piantò gli occhi sulla mano di Stiles, ancora incatenata alla sua.
“Ha la febbre…” concluse Scott.
La donna annuì. “Tra l’altro è piuttosto alta, ha sfiorato la soglia dei 40 gradi. Una decina di minuti fa gli abbiamo somministrato un farmaco che, oltre ad avere funzione antidolorifica, calma gli effetti della febbre. Starà sicuramente meglio nelle prossime ore. A questo proposito, posso lasciarvi vedere il ragazzo ancora solo per qualche minuto, dopodichè avrà solo bisogno di molto riposo; ciò significa niente visite, mi spiace.”
Derek si sentì vagamente colpevole.
Lo sceriffo passò una mano sulla fronte rovente del ragazzo, cosa che lo costrinse a socchiudere gli occhi e girare appena la testa, quel poco che bastava per capire a chi appartenesse quella mano.
“Papà… “ emise in un sussurro.
“Stiles... va tutto bene. Riposati, ora.” disse infine l’uomo, passandogli affettuosamente una mano sulle spalle. “Va tutto bene.”
Scott si lanciò sull’amico, esordendo con un “ero preoccupatissimo” che sfumò in qualcosa di simile ad un singhiozzo. Il ragazzo gli sorrise.
“No, no… Sto bene…” tentò di rassicurarlo.
“Sicuro?”
“Si… penso.”
Non era una rarità vedere Stiles sorridere.
Eppure, quel sorriso che si stava disegnando sul suo viso fece sospirare di sollievo sia Scott sia il padre del ragazzino dai capelli corti, che, per un momento, aveva veramente pensato al peggio una volta accertate le condizioni del figlio.
La stessa infermiera di prima prese nuovamente la parola.
“Se volete scusarmi…” disse poi, aprendo la porta della stanza e invitando i tre ad uscire.
“Oh, sì, certo… Ci scusi.” concluse lo sceriffo, passando ancora una volta la mano sulla testa di Stiles che sembrava aver ripreso un po’ di colore, e scomparendo insieme a Scott dietro la porta.
“Dico anche a lei.” continuò la donna, rivolgendosi a Derek.
Il lupo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, fece scivolare le dita fuori dal pugno chiuso del ragazzo. Rimase un attimo a fissarlo e poi, sotto lo sguardo opprimente dell’infermiera, uscì dalla stanza.
“Derek… Aspetta.”
Era poco più di un sussurro, ma era certo di averlo udito.
“Che c’è?” chiese, senza voltarsi a guardare Stiles.
“No, niente…” si fermò un attimo. “Solo grazie.”
Il lupo socchiuse la bocca, con un braccio sullo stipite della porta. Poi, veloce, si richiuse la porta alle spalle, uscendo di corsa dall’ospedale.
“…Di nulla.”
~ ~ ~ ~ ~
Ho scritto questa storia per tutti i fan di questo pairing, per tutti quelli che lo vorrebbero vedere canonizzato e per Jeff Davis, che si sarà guadagnato il mio amore eterno se nella terza stagione scriverà un’altra scena simile a quella dell’episodio 10, Fury, dove si evince che evidentemente Matt, sotto quella scorza dura da psicopatico oddio-ho-paura-dell’acqua, nasconda un cuore degno di una fan girl incallita, pronta a vendere il fegato per una photomanipulation di Derek e Stiles con le labbra incollate.
Si, la Sterek è tipo l’OTP della vita, ma già lo sapevamo. This ship sails itself, diceva qualcuno.
Forse tutto ciò è solo merito della cattiva influenza di Tumblr. Forse no.
Fatto sta che sono bellissimi insieme.