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Autore: Il_Club_Delle_Felci    27/01/2013    3 recensioni
Lei è la classica pecora nera, lei è la non voluta.
Lei è una potenza gelida e distruttiva, lei è la non amata.
Lei è sarcasmo allo stato puro, lei è solo una ragazza.
Lei ha un nome, si chiama Eve.
Ma questa lei ha anche dei sentimenti.
E, sorprendentemente, saranno degli anelli di cipolla a costringerla a rivelarli.
Muovendosi in una città fuori dal tempo, riuscirà Eve a scoprire il suo destino trovando finalmente il suo passato?
FF scritta a 4 mani :3
Ci troverete anche l'ammhore e parecchio sarcasmo.
Durrie e Donnie
(questa storia è stata pubblicata su altri siti con account diversi, quindi NON DENUNCIATECI PER PLAGIO, siamo sempre noi due!)
OGNI 100 VISUALIZZAZIONI VI PERVERRA' UN SIMPATICO VIDEO IN CUI DAREMO SFOGO ALLA NOSTRA DEFICIENZA BALLANDO PER IL VOSTRO DILETTO.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anelli di cipolla 1

Disclaimer: i fatti descritti in questa storia sono puramente inventati, e ogni riferimento a cose e/o persone è puramente casuale. I personaggi della fanfitcion sono di nostra proprietà intellettuale poiché completamente fittizi, e non intendiamo offendere e/o discriminare nessuno con questa fanfiction.

Detto ciò, buona lettura!
Durrie e Donnie

Perché le cose migliori della vita,
tipo gli abbracci,
si fanno a quattro mani.

- Donnie (la seria)
 

E io ci aggiungerei
Perché le cazzate migliori

Come giocare a carte alle quattro del mattino dopo aver cantato waka waka per il paese facendosi reputazioni strane

Si fanno con la Donnie.

-Durrie :3

 

Anelli di cipolla

Capitolo 1: Almeno non mi chiamo Aivelyna.

Mi chiedo perché tanto spesso la gente confonda la solitudine con la tristezza.
Io, da sola, ci sto più che bene: non che odi l’umanità intera, sia chiaro, ma casualmentela stragrande maggioranza degli esseri umani (se non tutti) con cui sono stata obbligata ad avere rapporti umani nella mia breve vita si è rivelata poi essere una massa di stronzi o di approfittatori. O più in generale gente che avrei preferito non incontrare.
Erano le 7:45 del mattino, non riuscivo a tenere gli occhi aperti e il mio cervello iniziava a riflettere sul significato profondo delle cose.
Dico io.
Un improvviso lampo color carne e cachemere beige mi distrasse e le mie adorate e consunte cuffiette si staccarono dalle mie orecchie finendomi in grembo, la musica che continuava a vibrare con rabbia
«Mi stavi ascoltando almeno?» indagò incazzosamente il testone biondo di mio fratello senza staccare gli occhi dalla strada, la mano destra con le sue unghie eccessivamente curate ancora protese verso i miei poveri auricolari.
«…eh? »
«Sai, essendo soli in macchina e non avendo io ancora iniziato a parlare con la Mercedes, per quanto la preferisca alla tua persona, mi sa che stavo proprio parlando con te stronzetta! Ma che te lo chiedo a fare, tanto vivi nel tuo mondo fatato, tu»
Gualtiero sbuffò irritato, imboccando la circonvallazione della città.
«Una volta che mi metto d’impegno e faccio il bravo fratello maggiore che ti porta fino a scuola così non devi strisciare il tuo culo stitico su quegli stupidi autobus e tu manco mi caghi?! Mi sono alzato alle 6 per farlo, e non ci ricavo assolutamente niente!»
Dio che isterico. E che ipocrita.
Come se non fossi a conoscenza del fatto che la domenica prima aveva detto a mammyna e papyno (giuro, li chiama seriamente così, alla veneranda età di 21 anni) che mi accompagnava al liceo. E questo grande sacrificio, interpretato dai miei come un atto di grande maturità, era finalizzato solo all’ imboscamento da qualche parte con quella zoccoletta della sua nuova ragazza, Gessika (con la gi e con la kappa, perché esistono esseri umani in grado di concepire un nome simile, sappiatelo) e al conseguente allegro strusciamento prima che lei entrasse nel CFPE, ossia Centro di Formazione Professionale Estetiste.
Amabilmente soprannominato Centro Formazione Pompinare Escort, a causa del quoziente intellettivo relativamente basso e il consumo di peni pro-capite spaventosamente superiore alla soglia di guardia europea.
Come se non sapessi che il nostro leccatissimo e laccatissimo padre due giorni fa l’aveva preso da parte e gli aveva detto che «dobbiamo fare qualcosa per quella scapestrata di Evelina, rovina l’immagine della famiglia col suo modo di comportarsi in-ac-cet-ta-bi-le! Gualtiero, ti prego, lo so, lo so, non fare quella faccia, nemmeno io vorrei trascorrere tempo con lei, ma dobbiamo impegnarci tutti per farla rigare dritto. Noi siamo i De Cervis, abbiamo un cognome importante che ci impone un certo rigore comportamentale… La nobiltà sarà anche deceduta, ma il nostro prestigio no! Prova a farle capire che con questo comportamento non arriverà mai da nessuna parte, non minacciarla, prova a darle qualche contentino e ad ammorbidirla, lavoratela, e poi…»
E poi un gran bel tubo, visto che l’arrivo improvviso della governante mi aveva impedito di continuare ad origliare la sempre più interessante conversazione tra i miei sempre più schifosi parenti.
Però avevo capito il succo.
Il solito vecchio stantio succo. Evelina di qui, Evelina di là.
Sì, Evelina sarei io.
Oh che sciocca, non mi sono ancora presentata, i miei genitori mi avrebbero già rimproverato se fossero stati presenti nella mia testa (ORRORE).
Piacere, Evelina De Cervis, annacquatrice del sangue di secoli e secoli di nobili e blasonate dinastie di marchesi, professionista nella vergogna familiare, guastafeste part-time e tante altre cose buone e giuste. E sì, nella mia famiglia si ha la mania di impartire nomi tristi e desueti, ma almeno non mi chiamo Aivelyna (ogni riferimento a Gessika è puramente casuale).
Dall’occhiata funerea di Gualtiero alla guida del suo meccanico destriero –nota mentale: aggiungere “poetessa” al biglietto da visita– capii che mi ero dilungata troppo nelle mie elucubrazioni mentali, così mi schiarii la voce ruminando giusto un poco e mi decisi a infilare un paio di paroline dolci per il mio amatissimo fratellone.
«Ahem…scusa, ma non sapevo di essere tenuta a stare ad ascoltarti quando parli. Sai, solitamente la gente ascolta solo quando gli interessa ciò di cui si sta parlando, oppure gli interessa la persona che parla, capito no? Escludendo a priori che da quel vespasiano che tu ti ostini a chiamare bocca possa uscirne qualcosa che io possa ritenere vagamente intelligente od originale, rimane solo l’opzione numero due. E sì, insomma, tu non è che m’ interessi poi sto granché. Oddio, sei un bel ragazzo e tutto, buona famiglia (e qui ne avrei avute di cose da ridire) per carità, ma non sei proprio il mio tipo. E poi non hai già la ragazza?»
Sfoderai il mio migliore dei sorrisi finti, quasi soddisfatta di me stessa.
«Vai a farti fottere.»
Parlò coi denti così stretti che sembrava che il dentista gli avesse riempito la bocca di mastice.
Mi soffermai sul fatto che sarebbe stato divertente provare a incollarglieli insieme, e poi magari mettere sempre più collante, fino a tappargli del tutto la gola, facendolo soffocare lentamente.
«Volentieri, dove devo andare esattamente? Aspetta, chiedo l’indirizzo alla tua ragazza, che sicuramente ne sa molto più di me! Non ti affaticare, ti vedo già arrossato, attento che ti rovina il colorito, la chiamo io, tu pensa a guidare, non sia mai che tu ti scomodi per tale piccolezza!»
E improvvisamente il mio tentativo di rispondere con il sarcasmo che manca alla mia famiglia si trasformò in qualcosa di non ben definito, che oserei chiamare semplicemente verità.
«Eccolo qua, il promettente rampollo della dinastia De Cervis! Gualtiero, secondo del suo nome, ereditato dal nonno paterno, compiantissimo e riposi in pace amen, la personificazione del destino brillante che attende le industrie del gruppo! Mai una virgola fuori posto, così perfetto che per dormire mi sa che lo mettono nel cellophane. Che bel ragazzo, che regalissima chioma bionda, che compostezza… Come sta bene vicino a sua sorella Tosca, una top model nata, e ai suoi distinti genitori, tutti eleganti, sobri e raffinati, che famiglia perfetta, accidenti, magari si potesse imparare questa gran classe! Eh, ma bisogna nascerci così, certe cose stanno nel DNA. Ah, che persone squisite, che famiglia esemplare! Come spiegare tutto ciò? Oh ma si, ecco, basta guadare la sentita partecipazione al dolore per il funerale di quell’operaio la settimana scorsa! Ma sì, quello schiacciato da un macchinario… E noooo, non può essere stato che hanno preferito pagare cene a base di caviale dei dirigenti piuttosto che rispettare le norme di sicurezza, non è possibile per una casata di così alto lignaggio! Giurerei, anzi, sono sicura, di aver visto una sola singola lacrima solcare il volto di Tosca. È evidente che non è riuscita a contenere la commozione del momento. Puoi avere tutta l’educazione di questo mondo ma trattenere la sincera partecipazione al dolore è così difficile alla sua giovane età… E poi li hai visti? Persino vestiti a lutto sono un quadretto pittoresco! »
Mi fermai giusto per riprendere fiato, presa dalla rabbia e dall’indignazione.
Mi resi conto che forse avrei dovuto fermarmi E BASTA, ma tanto, che m’ importava. Tacere e parlare nella mia famiglia è la stessa cosa, per quanto mi riguarda.
Quindi perché non sfogarsi una volta per tutte?
«Ma no, aspetta un attimo, chi è quella lì? Aspetta, c’è una macchia scura in un angolo? Come dici? L’altra sorella? Ma che diamine stai farneticando! Quella cosa lì una De Cervis? No, è impossibile, si vede lontano un miglio che non può fare parte di quella famiglia, guardala, sembra uno straccio usato e umido buttato in mezzo alle pelli di daino! Sarà una cugina, ma molto alla lontana neh… Ma che fa? Sale in limousine con loro? Quell’essere? Non dirmi che è davvero una sorella! Sarà una domestica, una della servitù, una sguattera, più non può essere, non assomiglia nemmeno lontanamente ai suoi fratelli… Dio che volgarità, guarda, prima l’ho vista addirittura abbracciare la vedova dell’operaio, manco fossimo al mercato del pesce…tsk, mi spiace per Raffaele, ritrovarsi una figlia così… ma siamo sicuri che non l’abbiano adottata?»
Mi resi conto che stavo urlando, e piangendo, eppure la mia voce proseguì senza incrinarsi.
Almeno, non troppo.
«Lo so, preferireste tutti che io non fossi mai nata, so anche della vasectomia di papà dopo Tosca, ma ciao, sono qui, l’errore chirurgico! Il mio compito è rovinare la vostra vita perfetta, come sto andando?»
Scoppiai in una risata isterica, quasi che la consapevolezza di non essere mai stata desiderata fosse la barzelletta più spassosa di questo mondo.
Gualtiero ammutolì di fronte al mio sfogo. Non provò nemmeno a controbattere, o tantomeno a negare, perché sapeva che ogni singola parola che avevo detto era la verità.
Tirai su col naso e cercai di riprendere il controllo.
Calma, Eve, calma, è solo quello stronzo di Gualtiero. Il solito, vecchio, stronzo, Gualtiero. Non pensare che ti sei appena aperta in un qualche modo complesso con tuo fratello, pensa positivo, l’hai azzittito. È un grande risultato, no?
Pian piano questi ed altri pensieri mi restituirono la calma. A mente fredda mi accorsi che eravamo praticamente arrivati e Gualtiero stava accostando per farmi scendere davanti a quel bel palazzone antico che è il mio liceo. Bofonchiai un grazie nemmeno troppo convinta, e ricevetti un altrettanto bofonchiato prego di risposta.
E, come un’ombra, m’ immersi nella multicolore e rumorosa fiumana umana che stava accalcandosi all’entrata, sfiorando tutti e toccando nessuno.









  
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