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Autore: CBradbury    28/01/2013    1 recensioni
"Aveva passato anni ad aiutare quel ragazzo a superare la morte dei genitori. Lo aveva trattato come un figlio, sia a scuola che fuori da essa. Lo aveva trattato come un umano e non come un essere da compatire. Lo aveva trattato come una persona che meritava solo amore, e quando non c’era nessuno, gli aveva baciato i lividi e fasciato le ferite della vita. E in quell'istante, mentre lo vedeva confuso e spaventato, mentre la droga gli offuscava i sensi e allo stesso tempo glieli amplificava, lo amò ancora di più"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Angolinoinoino!

Sì, rompo le scatole prima della storia, questa volta T.T
Ho scritto questa AU un po' di tempo fa, in una notte in cui l'ispirazione ha preso il sopravvento, e mi ha ordinato di scrivere questa OS!
Tratta tematiche a parer mio molto forti, e soprattutto, molto importanti, che mi stanno molto a cuore. 
Castiel è un ragazzo che ha perso i suoi genitori all'inizio del liceo, e Dean è il suo professore di storia, che sin dall'inizio gli è sempre stato accanto.
Il ragazzo, però, cade nel tunnel dell'alcool e della droga per placare il suo grande dolore, e Dean tenta in tutti i modi di stargli accanto. 
Il loro rapporto diventa sempre più profondo anno dopo anno, ma ad un certo punto, quando tutto sembra andare per il verso giusto, Castiel ha una ricaduta, e ricomincia a stare male.
L'OS si svolge in una serata, dopo che Castiel esce fuori da un locale in pessimo stato, sotto l'effetto di qualche droga molto forte, e Dean lo attende per riportarlo a casa, conoscendo ormai tutti i posti che frequenta.
I Dean e Castiel di questa OS sono abbastanza OOC, ma spero che li apprezziate comunque, perché essendo una AU, era obbligatorio cambiare certi loro aspetti...
Enjoy! E alla prossima ;)


Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, bbbbut sono frutto della genialità di un certo Kripke, che mi manca davvero tanto. Non scrivo a scopro di lucro, né intendo offendere qualcuno.

 






I've got no-one





Una macchina attendeva nel retro di una squallida discoteca del Kansas. Il giovane uomo sulla trentina, seduto proprio in quell’auto, continuava a guardarsi attorno preoccupato, mentre un fiume di ragazzi e ragazzini si faceva strada dentro l’edificio. I minuti passavano e con essi le ore e nonostante fosse ormai notte fonda, l’uomo continuava a stare del la sua auto ad… aspettare. Ma l’oggetto dei suoi desideri era così importante da meritarsi una così lunga attesa? A quanto pare sì.

Finalmente, dopo ore e ore, la porta si aprì e fece la sua entrata in scena un ragazzo molto giovane, di circa diciannove anni. I suoi capelli erano neri e scompigliati e ricoprivano quasi interamente la sua fronte e i suoi occhi. Erano luridi di sudore e alcool. Come quest’ultimo fosse giunto ai suoi capelli, non siamo tenuti a saperlo. Il suo viso era completamente ricoperto da una folta barba scura, che era nettamente in contrasto con i suoi occhi azzurri; ma non un azzurro qualunque, quello del mare. E forse non solo quello del mare, ma anche quello del cielo, che fusi assieme formano la perfezione. L’infinito. I suoi occhi erano l’infinito. Ma dentro di essi, era contenuta così tanta sofferenza, che l’infinito era scomparso e al suo posto c’erano due iridi grigie, contornate da orribili venature rosse.

Il ragazzo barcollò sino all’auto nera, mentre l’uomo lo osservava preoccupato e si precipitava fuori dalla vettura, per potergli dare una mano. Prima che l’uomo potesse uscire, il giovane poggiò bruscamente la mano sinistra sulla portiera, chinò la testa, e vomitò.

L’uomo piangeva. Il ragazzo soffriva.

Ma poi, di colpo, un sorriso. Il ragazzo alzò la testa e puntò i suoi occhi sulla figura all’interno dell’auto, che con la manica si asciugava le lacrime. Il ragazzo con essa si asciugò la bocca.

“Professore! Professorino caro!” urlò il moro, mentre con fatica, tentava di centrare la maniglia della portiera, per entrare.

“Hey, ascoltami. Smettila subito, SMETTILA!” disse in tono rimprovero il più grande dei due, che tentava in tutti i modi di placare l’altro. Il giovane si guardava attorno con aria persa e tentava in tutti i modi di articolare una frase di senso compiuto. Aveva bisogno di dire qualcosa di importante, ma proprio non riusciva a ricordare che cosa.

“Oh!” esclamò “Le devo parlare degli angeli!”

L’uomo spalancò gli occhi e subito dopo, con mano leggera e gentile, gli sfiorò la guancia.

L’altro, ancora intorpidito da chissà quale sostanza stupefacente, si voltò di scatto e poi pian piano si abituò al tocco dell’altro.

“Castiel, ti devo confidare un segreto…” sussurrò piano. Sperava che davvero lo potesse sentire, perché diamine, stava per dirgli una delle cose che si era tenuto dentro da ormai anni interi.

“Tu non sei così debole come pensi, lo sai vero?”

L’altro annuì, ma l’uomo non era molto convinto che avesse capito.

“Bene, perché gli angeli stanno tentando di comunicarti che non lo sei. Non sei debole, Castiel. Sei come loro. Sei forte, fortissimo. Sei perfetto, ma devi ancora capirlo”

Dalla bocca del giovane uscì una risata distorta, che fece stringere il cuore all’altro.

“Vorrei poter volare” uscì finalmente dalla bocca di Castiel, che aveva smesso di ridere ed aveva assunto un’espressione seria.

“Volare per andare dove?”

“Da mamma e papà. Mi mancano tanto e io qui non ho nessuno. Voglio solo volare con loro”

L’uomo ci mise un po’ prima di realizzare che Castiel stava parlando di volare, quando in realtà voleva intendere morire. E diamine, la situazione non poteva essere peggiore. Aveva passato anni ad aiutare quel ragazzo a superare la morte dei genitori. Lo aveva trattato come un figlio, sia a scuola che fuori da essa. Lo aveva trattato come un umano e non come un essere da compatire. Lo aveva trattato come una persona che meritava solo amore, e quando non c’era nessuno, gli aveva baciato i lividi e fasciato le ferite della vita. E in quell’istante, mentre lo vedeva confuso e spaventato, mentre la droga gli offuscava i sensi e allo stesso tempo glieli amplificava, lo amò ancora di più. 
Lo amò all’infinito, proprio come i suoi occhi. Gli prese il viso più delicatamente possibile e lo girò verso di sé.

“Ci sono io qui con te, io non sono nessuno”

“Io non ho nessuno… nessuno…” continuava a ripetere Castiel, come una cantilena.

“E se io fossi Nessuno? Allora mi avresti, giusto?”

Il giovane si bloccò e smise di parlare. Guardò l’altro uomo negli occhi e una scintilla di infinito fece ritorno nei suoi occhi. Una piccola e minuscola scintilla.

“Io HO nessuno, adesso?”

“Ci sono sempre stato, Cass, SEMPRE”

L’altro scosse la testa.

“MI ABBANDONERAI!” urlò, sbattendo le mani sui vetri e i piedi per terra, come un bambino.

“Cosa te lo fa pensare?”

“Gli angeli”

“Puoi essere il TUO angelo, Castiel. Diamine, non devi dare ascolto a loro. Sii il tuo angelo e pensa con la tua mente”

“Non ce la faccio”

“Non ce la farai mai se non ci provi!”

Altro attimo di silenzio, poi altre lacrime spuntarono dagli occhi di Castiel e gli rigarono le gote.

“Non voglio che tu non ce la faccia con me”

“Sarò forte, ne usciremo. Basta droghe e basta alcool. Ricomincerai la scuola e io ritornerò ad essere il tuo professore di storia. Riusciremo a cacciare via questo demone che hai sulle spalle. Non sarai più solo, Cass. Non ti sentirai mai più solo”

“Mai più…” ripeté il giovane.

E Dean, nonostante fosse completamente certo di essere lucido, parve veder spuntare dalle spalle di Castiel, due piccole ali nere. Piccole, gracili e un po’ spiumacchiate, iniziarono a muoversi lentamente, sino a che Dean non sbatté le palpebre, e le ali sparirono nel nulla.

“Ti va di cacciare i demoni assieme a me, Cass? Faremo loro il culo. Vinceremo noi questa battaglia”

L’altro annuì debolmente e si accasciò sul sedile di quella meravigliosa auto, che aveva assistito ai peggiori momenti di Dean e Castiel, ma anche a quelli migliori. Baby sfrecciò veloce nella notte e scomparve all’orizzonte, diretta a casa di Dean.

“Posso confessarti una cosa tanto tanto importante?” domandò con voce flebile Castiel, che pareva aver riacquisito la capacità di parlare, dopo interi minuti in totale silenzio.

“Certo, Cass”

“Gli angeli mi hanno confessato, che in un'altra vita, io ero come loro e tu mi aiutavi. Non è divertente? Mi aiutavi a cacciare demoni. Demoni” il giovane scoppiò in un'altra fragorosa risata.

“Quindi, anche nelle altre vite, noi non cambiamo mai? Siamo sempre gli stessi nonostante tutto?”

“E’ quello che hanno detto”

“Non suona male”

“No”

“Non cambieremo mai, Cass”

Silenzio.

“Non ricordo come si dice, ma giuro, che me lo hanno insegnato…”

“Cosa?”

“Ti voglio così bene, che in realtà non ti voglio bene, ma di più…”

Dean ci pensò e poi la sua faccia venne ricoperta da un triste sorriso.
 
“Ti amo…” sussurrò il più vecchio.

“Ti amo anche io, Dean” ripeté il giovane, lanciando un’ultima occhiata all’altro, prima di addormentarsi.  

 
  
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