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Autore: Deb    29/01/2013    6 recensioni
{Post 5x13! | (B)romance Merthur}
"Svegliati, per favore", pensò Merlin stringendo le ginocchia tra le braccia. "Svegliati, e chiamami idiota, dai, Arthur".
«Emrys».
«Fallo risvegliare», disse soltanto, tornando ad osservare Arthur.
«Guardarlo così intensamente non lo farà tornare da te».[...]
«Desidero soltanto una cosa, chiunque tu sia, voglio che Arthur si salvi perché non può essere il suo destino quello di morire così, oggi. Mi rifiuto di crederci, mi rifiuto»[...]
«Lo puoi salvare?», domandò poi, stufo.
Era arrivato fin là, dopo il fascio di luce, proprio per cercare di riportarlo indietro e, fosse stata l’ultima cosa che avesse fatto, Arthur sarebbe ritornato.
«Una vita per una vita, lo sai bene, Emrys».

--- {Dal secondo capitolo}
Dopo essere riuscito ad idratarlo, Merlin non riuscì più a trattenersi e, di slancio, l'abbracciò.
«Staccati, idiota».
Avrebbe voluto baciarlo tanta era la felicità di rivederlo, di ricevere nuovamente i suoi insulti.
«Arthur».
«Sono qui, Merlin», ricambiò l’abbraccio, infine. Erano stretti l'uno nell'altro, vivi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Così sia
Capitolo II


Erano trascorse più di due ore da quando la donna era scomparsa sotto gli occhi di Merlin; non comprendeva appieno cosa stesse accadendo, ma sapeva che avrebbe dovuto attendere perché ormai non mancava molto.
Lo sentiva, avvertiva la vita rientrare lentamente dentro il suo sovrano, all'interno del suo migliore amico.
Svegliati, continuava a pensare ininterrottamente Merlin.
E, finalmente, sentì un grugnito uscire dalle labbra di Arthur.
«Svegliati!», urlò allora, avvicinandosi a lui, stringendogli forte una mano.
Con difficoltà gli occhi di Arthur cominciarono ad aprirsi, ma li richiuse subito, quando la troppa luce filtrò nelle sue iridi.
«Co..», cercò di parlare senza risultato. Mugugnò qualcosa di incomprensibile e mosse la sua mano stringendo a sua volta quella di Merlin.
«Arthur...».
«Mer...», fece una pausa, parlare gli risultava ancora difficile, come lo era muoversi o utilizzare la vista, «... lin».
«Acq... acqua».
«Ce la fai ad alzarti?».
Domanda stupida. Doveva utilizzare la sua magia per portare a termine quell’ordine e Merlin non fu mai così felice di ricevere un compito dal suo asino reale.
Era tornato. Era con lui.
Dopo essere riuscito ad idratarlo, Merlin non riuscì più a trattenersi e, di slancio, l'abbracciò.
«Staccati, idiota».
Avrebbe voluto baciarlo tanta era la felicità di rivederlo, di ricevere nuovamente i suoi insulti.
«Arthur».
«Sono qui, Merlin», ricambiò l’abbraccio, infine. Erano stretti l'uno nell'altro, vivi.
Quando finalmente Arthur riuscì a riacquistare nuovamente le sue abilità motorie e mentali, cominciò ad osservare il suo servo con espressione assorta.
Merlin inarcò un sopracciglio, «Che c’è?» domandò con il sorriso sulle labbra, troppo contento per poterlo nascondere.
«Come hai fatto? Che hai combinato?», le parole di Arthur erano dure, come se Merlin avesse utilizzato la magia per compiere qualcosa che non doveva.
«Che intendete dire?».
«Prima... l’ho percepito. Ho sentito il corpo abbandonarmi, le palpebre pesanti, ho sentito di lasciare questa vita. Per questo ti chiedo, cosa hai fatto?»
Merlin lo osservò per qualche secondo, «Nie...».
«Non inventare scuse, Merlin. So che sei uno stregone, quella parte non l’ho dimenticata».
«Ma, davvero, non ho fatto nulla».
«Sono tornato, così, perché il mondo dei morti non mi vuole, eh?!»
«C’era una donna, prima. Vi ha riportato lei qui».
«Chi era?»
«Lo ignoro, ma le sono grata», Merlin fece una pausa, «vi sentite abbastanza in forza per mettervi in marcia verso Camelot?»

Merlin si sentiva come un bambino durante il proprio compleanno. Non riusciva a scollarsi quel sorriso dalle labbra e, se avesse potuto, avrebbe cominciato persino a saltellare dalla felicità.
Alla fine, era riuscito a modificare la profezia, era riuscito a cambiare il destino del suo re.
Non era morto dopo la battaglia di Camlann, o almeno, era morto ed era tornato. Per lui, per il suo regno, per Albione.
Il viaggio fino a Camelot era ancora lungo e per quella notte si erano accampati all’interno di un bosco.
«Volete qualcosa da mangiare?» domandò Merlin prima di accendere il fuoco con un incantesimo.
«Non credo di poter riuscire ad abituarmi al fatto che sei uno stregone, insomma, sei un idiota».
«La vostra stima nei miei confronti è la cosa che più mi rende felice, Arthur», rise, sedendosi vicino al suo amico.
«Voglio dire, non ho mai pensato che tu avessi dei poteri magici, quando invece li hai sempre utilizzati, mi hai sempre aiutato».
«L’ho fatto per voi, per proteggervi».
«Ma non ti sei mai sentito libero di dirmi che sei uno stregone, insomma... questa cosa mi ferisce, sai?» Merlin avrebbe forse dovuto chiedere scusa?
«Quando c’era vostro padre al trono non potevo rivelarvelo».
«E dopo?»
Merlin lo guardò negli occhi ed abbozzò un sorriso, «avevate avuto troppe disavventure con la magia, non credevo che mi avreste accettato. La verità è che voi avete sempre visto la magia come una cosa malvagia. Perché avreste dovuto anche lontanamente pensare che io la usassi meglio?»
Arthur fece una smorfia, «tu sei Merlin, sei il mio servitore, se avessi voluto farmi del male con la magia avresti avuto tante, tantissime occasioni».
«Non vi farei mai del male».
«Lo so, l’ho visto e l’ho avvertito».
Arthur non lo guardava più in volto, osservava l’erba sotto di sé, imbarazzato.
«Avrei dovuto darti retta più spesso, Merlin».
«No. Avete sempre fatto ciò che ritenevate più giusto, avete sempre fatto del vostro meglio e non ho mai dubitato di voi, mai».
Arthur si voltò verso di lui e lo fissò quasi con disprezzo, inarcando le sopracciglia, «mh, dormiamo, va».
«Dormiamo», rise quando comprese che, in quel momento, Arthur era assolutamente, completamente imbarazzato per la sincerità del suo servo.

Era trascorso un altro giorno di cammino, Arthur non si era ancora completamente ripreso e si stancava molto più facilmente di prima che tutto accadesse.
Merlin aveva anche notato che non riusciva a dormire, durante le notti osservava il cielo sopra di lui, in silenzio per non svegliarlo e quando finalmente riusciva a prendere sonno, si agitava e, infine, si svegliava.
«Riposiamoci», esclamò sedendosi sul terreno.
«Normalmente sono io che voglio sempre riposare, Arthur», voleva scherzare, lui, ma lo sguardo del suo sovrano non poneva dubbi. Quella battuta l’avrebbe dovuta tenere per sé.
Merlin gli si avvicinò e gli porse dell’acqua prima di sedersi al suo fianco, «come dormite la notte?».
Arthur lo guardò per una frazione di secondo, poi, voltò lo sguardo e prese a bere, «bene».
«Non mentitemi, Arthur, lo so che non riuscite a dormire».
«Allora perché me lo chiedi? Lo sai già, no?!» quel giorno era più nervoso del solito.
Erano passati due notti e lui era sveglio praticamente da quarantotto ore, comprendeva il suo stato d’animo.
«Se volete posso cercare delle erbe per…».
Lo bloccò, «non voglio tu utilizzi la magia per farmi dormire, Merlin. Non ne ho bisogno».
«Veramente avrei preparato il siero che Gaius preparava sempre a…», forse quel nome era troppo da dire, ma, in fondo, il suo mentore lo preparava proprio a lei, «… a Morgana. Non c’è magia in esso».
«No».
«Non dormite da troppo tempo. Il corpo ne risentirà», era tornato da poco da lui, non poteva rischiare di perderlo nuovamente per la stanchezza.
«Per favore, Merlin. Sono sempre il tuo re».
Merlin distolse lo sguardo e cominciò ad osservare un punto imprecisato della foresta.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti e, successivamente, la loro attenzione venne conquistata da dei rumori. Erano passi.
«Sassoni?», chiese Arthur mettendo una mano sull’elsa della sua spada.
Merlin si alzò in piedi di scatto ed osservò le fratte con la sua magia.
Fece cenno al suo re di alzarsi, «andiamo, Arthur. È Percival».
Probabilmente anche il cavaliere stava tornando a Camelot, forse erano state mandate delle pattuglie per la ricerca del loro sovrano.
«Fermati», ordinò con autorità Arthur, appoggiandosi su un albero quando, finalmente, erano abbastanza vicini al cavaliere.
Merlin lo guardò, non gli piaceva il suo colorito pallido. Per un momento ebbe paura che tutto ciò che stava vivendo, la felicità nell’essere riuscito a salvarlo, svanisse sotto i suoi occhi.
Non aveva mai visto quella donna, non sapeva neppure che creatura fosse. E se lo avesse imbrogliato? E se avesse stretto un patto con una creatura malvagia?
«Sire!», esclamò una volta che i loro sguardi si incrociarono. Gli corse incontro e lo abbracciò, proprio come aveva fatto il mago in precedenza.
Arthur stava bene e ne erano tutti felici. No, non era assolutamente il suo momento di andarsene. Non solo lui, tutti avevano ancora bisogno della sua guida.
«Prego, Sire, salite sul cavallo, noi proseguiremo a piedi», Percival, senza provare quasi fatica, issò il suo re sul cavallo.
Era stanco, Arthur, lo si notava dalle palpebre calanti, dal sudore che aveva sulla fronte e dal colorito biancastro.
«Percival, dovremmo cercare di cacciare qualcosa, Arthur non mangia da ieri», non era propriamente vero, era riuscito a fargli ingurgitare una poltiglia di erbe che sapeva contenere proteine, ma non era stata abbastanza.
Dopotutto, era tornato dalla morte e sarebbero trascorse diverse lune prima di tornare l’Arthur di un tempo.
Erano riusciti a sconfiggere la scheggia della spada di Mordred – forgiata dal fuoco di Aithusa – che lentamente aveva raggiunto il suo cuore.
Merlin si chiedeva come avesse fatto Morgana a forgiare quella spada, non era un segreto, almeno non lo era per lui, che quelle spade fossero indistruttibili. Non era normale che si fosse spezzata una volta colpito il corpo del suo re.
Forse Mordred era stato aiutato dalle Disir, forse erano state loro, con la loro predizione a far sì che la spada si rompesse.
Davvero, Merlin non riusciva a comprendere.
«Come vi sentite?», chiese, circondando Arthur con una coperta.
«Sto bene, vorrei solo arrivare presto al mio letto e riposare per bene».
Era da un po’ che Arthur non lo guardava in volto, che fosse offeso per qualcosa che aveva fatto?
«Tra poco saremo a casa», rispose premurosamente, accarezzando la fronte del re. «Avete la febbre».
«È un male?», domandò, riferendosi al viaggio che aveva appena compiuto, di sicuro non doveva essere stato semplice anche se, con tutta probabilità, non lo rimembrava.
«No. È normale», gli sorrise cercando in tutti i modi di confortarlo, «vedrete che presto passerà tutto e potrete tornare alle vostre vecchie mansioni, come urlarmi contro ed insultarmi per bene».
«Ed usarti come bersaglio mobile in allenamento, quella sarà la prima cosa che farò».
«Sono riuscito a catturare un coniglio», Percival porse la selvaggina al servo che si mise subito a preparare.
Avrebbe dovuto scuoiare quel povero animale e, senza coltelli, era decisamente difficile, ma c’era il cavaliere e lui non sapeva ancora di cosa fosse capace.
Notò che Arthur lo stava osservando con interesse, «Usa la magia, Merlin».
«Magia?», Percival non fece nemmeno in tempo a pronunciare quella parola, Merlin aveva già cotto il coniglio dopo aver pronunciato delle parole magiche.
«Sono uno stregone, Percival», ammise, non sopportando più sentire quegli occhi che lo guardavano, stupito.
«Lo sapevate?», domandò ad Arthur, sedendosi vicino a lui.
Lui annuì, «da poco, ma sì. E va bene così».
Merlin sorrise tra sé e sé. L’aveva accettato e ne aveva avuto una conferma ulteriore.

---


Buonasera, sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo senza ritardo! \0/
Spero vi sia piaciuto! Ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, sono davvero contenta che vi abbia incuriosito! *v* Spero che continuerà ad essere così!
Ringrazio anche l'utente che ha messo la storia tra le preferite e le dodici persone che hanno messo la fanfiction tra le seguite! Grazie mille! ♥
Alla prossima settimana!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Merlin sgranò gli occhi. «Gwen, lo porto in camera, deve riposarsi», disse, anzi, ordinò, prendendo il re tra le proprie braccia. Appoggiò la sua fronte su quella del sovrano ed appurò che la febbre era salita ancora.
«Chiamate Gaius, per favore, e fatelo venire nelle sue stanze».
La regina annuì e, di corsa, si fiondò dentro al castello.
[...]
Una volta in camera, Merlin lo spogliò e asciugò il sudore del corpo con un panno di cotone asciutto.

   
 
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