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Autore: fila    29/01/2013    3 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest indetto da Pinzy81 "Uno sguardo al passato"
Chi era Demetri prima di essere il Segugio dei Volturi? Come è diventato un vampiro? Come è arrivato a Volterra? Ecco la mia personale versione del suo passato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amun, Chelsea, Demetri, Felix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Note I dati utilizzati provengono dalla Guida in inglese (visto che ci sono alcune differenze con l'edizione in italiano)

 

 

 

 

Mille e non più mille

 

 

 

«Quest'anno il regalo di Natale lo voglio con una settimana di anticipo, se non ti dispiace.»

La voce femminile rimbombò stridula e distorta dal viva-voce, nell'ufficio di Gianna. La segretaria sospirò: non le bastava avere dei datori di lavoro particolari, adesso anche sua sorella Stefania cominciava a dare i numeri. In realtà, si corresse mentalmente, più che cominciare continuava con le sue stranezze.

«Ehm, te lo ha consigliato il tuo spirito sciamanico nell'ultimo viaggio astrale?» domandò, mentre continuava a protocollare i documenti dell'ultima settimana, sperando di aver azzeccato i termini corretti.

«Ma no, sciocchina! Voglio il mio regalo prima che finisca il mondo, ecco tutto. Mi spiacerebbe molto non ricevere il tuo dono: il bastone voo-doo che mi hai trovato l'anno scorso era stupendo! La mia Guida Spirituale mi ha assicurato che è autentico e non una di quelle chincaglierie da turisti che normalmente si trovano ad Haiti. Chiunque te lo abbia procurato è un gran intenditore!»

Gianna sorrise alla cornetta: in effetti non capitava a chiunque di conoscere di persona un rimandato indietro dagli spiriti. Poi, finalmente, realizzò il significato di quello che le aveva detto la sorella. «In che senso prima che finisca il mondo?» chiese perplessa.

«Ma come, non lo sai? Il mondo terminerà il 21 dicembre, è cosa certa! Lo hanno detto i Maya secoli fa...» replicò Stefania con voce scandalizzata, come se a Gianna fosse sfuggita la notizia più ovvia dell'intero universo.

La segretaria stava per replicare, quando la porta dell'ufficio si aprì ed entrarono Felix e Demetri di ritorno da una missione.

«Scusa, ti devo lasciare» si affrettò a bofonchiare la ragazza e interruppe di colpo la comunicazione.

«Grandi notizie, hai sentito Dem? Sta per finire il mondo!» ridacchiò Felix e fece l'occhiolino all'umana.

«Di nuovo?» disse, laconico, Demetri.

Gianna li guardò, rossa in volto. «No, certo che no!» balbettò, «Mia sorella Stefania è un tantino stramba; crede a tutte quelle balle New Age che tanto vanno di moda ultimamente.»

Ci fu un silenzio imbarazzato e Felix ne approfittò per porgere alcuni fogli alla segretaria. Lei li afferrò e prima che se ne rendesse conto un «di nuovo?» le sfuggì dalla bocca.

Demetri la fissò un attimo e annuì. Poi, senza aggiungere alcuna spiegazione, uscì dalla stanza. Gianna si tappò la bocca con le mani e guardò preoccupata l'altro vampiro.

«Adesso indago e ti faccio sapere» le bisbigliò Felix con fare da cospiratore e, con un sorriso complice, le fece l'occhiolino.

«Sputa il rospo!» intimò poco dopo a Demetri. Il segugio lo guardò, si strinse nelle spalle e liquidò l'argomento con una scrollata del capo.

«Che cosa?» domandò una voce femminile alle loro spalle.

I due vampiri si voltarono e videro Renata, Corin e Chelsea che si avvicinavano. Demetri sospirò: liquidare l'argomento con il solo Felix sarebbe stato fattibile, ma ora, con l'arrivo del trio, la situazione si complicava. «Nella mia vita mortale ho già vissuto queste baggianate apocalittiche: tante parole buttate al vento per impressionare semplici e creduloni, e poi un nulla di fatto» disse e tentò di svicolare.

Le tre vampire si guardarono tra loro, si fecero un cenno d'intesa e, dopo un abile manovra di accerchiamento, trascinarono il segugio nella stanza libera più vicina. Lo fecero sedere su una poltrona e si accoccolarono sul divano di fronte. Felix le seguì trascinandosi dietro un'altra poltrona su cui, arrivato a destinazione, si accomodò. Quando tutti furono sistemati, Chelsea incitò Demetri a continuare il racconto.

«Sicure di non avere nulla di più importante da fare, per i nostri Signori ad esempio?» tentò Demetri, alquanto infastidito dalle quattro paia di occhi che lo fissavano impazienti. Un «No» corale lo indusse a fare un altro breve sospiro.

«Sono nato in Grecia, nella Tessaglia, poco prima dell'anno 1000» cominciò rassegnato. «Mio padre era un uomo libero, ma da diverse generazioni la mia famiglia lavorava per il monastero di Santo Spirito. Vivevamo in una catapecchia ai piedi delle Meteore e coltivavamo la terra di proprietà dei monaci. Due volte la settimana un maschio della famiglia affrontava la salita con la corda e portava i rifornimenti al monastero. In cambio ricevevamo il cibo che ci bastava a non morire di fame e terrorismo psicologico in abbondanza.» Demetri s'interruppe e fece un sorriso ironico. Corin, temendo che volesse terminare la narrazione, lo incitò a proseguire con un'occhiata piena di aspettative.

«Mille e non più mille» aggiunse il segugio, con il tono di uno che ha svelato un gran segreto e l'aria soddisfatta. Poi notò lo sguardo perplesso dell'uditorio, scosse la testa e ricominciò a parlare.

«Negli anni che precedettero l'anno mille tutti gli uomini di Chiesa predicavano che presto ci sarebbe stata la fine del mondo; Dio e la sua schiera di Angeli sarebbero scesi sulla terra e avrebbero salvato i pochi Giusti e dannato i Peccatori. L'unica possibilità di salvezza che ci veniva proposta era la preghiera, la penitenza e, ovviamente, cedere i nostri averi terreni ai predicatori. Ricordo perfettamente lo sgomento che provai, quando mio padre acquistò l'ingresso in Paradiso per sé e tutti noi cedendo il nostro unico tesoro, una capra.»

Il racconto fu interrotto dalla risata di Felix. «Non ci posso credere, consideravi una pidocchiosa capra un tesoro?» disse e diede una poderosa manata sulla spalla del segugio.

«Lo era» rispose serio Demetri. «In un mondo in cui mangiare zuppa di radici era la norma, la possibilità di avere un apporto proteico come il latte o il formaggio poteva fare la differenza tra la vita e la morte.»

«Beh, sì, certo. Se la vedi così...»

«Zitto!» sibilò Renata e tirando per un braccio il grosso vampiro lo fece risedere al suo posto. «Allora?» domandò poi.

Demetri la guardò e si strinse nelle spalle. «Cosa altro c'è da dire? Il mondo non finì nell'anno mille.»

«E la tua storia?» esclamò Corin con foga balzando in piedi. Poi si tappò la bocca con le mani, imbarazzata. «Se vuoi, naturalmente» aggiunse risedendosi.

Ci fu un attimo di silenzio in cui Demetri chiuse gli occhi. «I ricordi sono un po' confusi, ma so con certezza di non essere mai stato un gran agricoltore. In compenso ero molto bravo nella caccia: presi un sacco di bastonate da mio padre per questo motivo. Ero una delusione.»

«Perché mai ti puniva? Che c'è, la carne non era un buon apporto calorico? Così lo hai definito, vero?» chiese Felix stupito.

«Diciamo che ero in peccato mortale in quanto, casualmente, la mia caccia si svolgeva di frodo nei boschi dell'abazia. La mia famiglia era disperata, sapendo quale terribile punizione divina avrei subito all'inferno, ma non tanto da non mangiare il cibo che rubavo direttamente a Dio» rispose Demetri con tono beffardo. «Su una cosa però non si erano sbagliati: un giorno il Diavolo mi avrebbe portato via l'anima.»

Felix ridacchiò e fece per aprire bocca, ma un'occhiataccia di Renata lo costrinse a tacere.

«La notte tra il vecchio e il nuovo millennio, ero uscito per controllare le trappole che avevo sistemato nel bosco più lontano dall'abitato. Il 999 era stato un anno molto freddo e le decime richieste dal monastero più elevate; a causa del clima e della malnutrizione, il mio fratellino più piccolo si era ammalato di una brutta malattia ai polmoni. Per sopravvivere aveva bisogno di cibo sostanzioso, per cui avevo piazzato trappole nuove in luoghi a me quasi del tutto sconosciuti. Ero partito come cacciatore, ma divenni una preda quella notte...» Demetri rise tristemente al ricordo.

«Cosa trovi di così divertente?» chiese Felix.

«In una delle mie trappole era finito un lupo un po' particolare: un Figlio della Luna. Anche lui era affamato e quando mi vide si liberò dal laccio e si lanciò contro di me.»

«Ooooh» bisbigliò Renata, sporgendosi dal divano. «Come hai fatto a sopravvivere all'attacco di un licantropo?»

«La mia trappola e l'idea di uno spuntino fecero perdere tempo prezioso all'animale, e Amun, che lo stava braccando, gli volò addosso. Che scena! Ai miei occhi sembrò una lotta tra un angelo e un demone dell'inferno. Alla fine la superstizione aveva contagiato anche me» disse Demetri scuotendo la testa. «Quando solo Amun restò in vita, mi buttai ai suoi piedi e lo implorai di prendermi con lui nella schiera degli Angeli. Il vampiro sorrise alle mie parole e mi accontentò: fu così che divenni ciò che sono. Amun mi confessò, anni dopo, che fu il mio sguardo adorante a salvarmi quella notte: gli mancava la sensazione di venir trattato da Dio.»

Demetri fece una lunga pausa, assorto nei suoi pensieri.

«Amun» ricordò semplicemente Chelsea e fece un sorriso d'incoraggiamento.

«Dopo i miei primi anni turbolenti da neonato, scoprii che ero un gran cacciatore, il migliore. Il mio creatore era deliziato dal mio talento e cominciò a trattarmi come un suo pari, tanto che alla fine diventammo grandi amici.»

«Certo eravate talmente culo e camicia che ora tu sei qui in Italia e lui si nasconde nella sabbiera del mondo» disse Felix e scoppiò a ridere. Renata gli lanciò un cuscino del divano. «Vuoi chiudere quel becco?» sibilò. «Cosa ti è successo?» aggiunse poi con tono più dolce.

Demetri la fissò un attimo e scrollò le spalle. «Perché non chiedi a Chelsea? C'era anche lei il giorno che mi unii ai Volturi...» disse e spostò lo sguardo sulla vampira.

Chelsea distolse velocemente gli occhi e cominciò a fissare con aria interessata il quadro di Botticelli appeso a una delle pareti della stanza.

«Grazie per l'aiuto» commentò Demetri, si appoggiò con la schiena alla spalliera della sedia, accavallò le gambe e riprese la narrazione. «Rimasi con Amun e Kebi, la sua compagna, per circa un secolo. Una giornata di metà dicembre, mentre davo la caccia ad un Figlio della Luna sulle Alture del Golan, mi imbattei in Sergeij. Nei miei cento anni di vita, non avevo visto nessun altro vampiro; Amun era molto rigido in questo. Bisogna stare lontani da quelli della nostra specie, mi ripeteva spesso. In ogni spostamento che facevamo, si accertava di non passare in zone rivendicate da altri clan; evitava, puntigliosamente, anche di incrociare i nomadi. Il mio talento in questo gli faceva molto comodo.» Demetri s'interruppe e scosse la testa. «Era paranoico!»

«Per questo Sergeij non lo evitò...» lo interruppe Felix.

«Io non lo evitai, volontariamente» puntualizzò Demetri con orgoglio. «Ero stufo dell'isolamento e poi avrei perso la mia preda. Anche Sergeij era una segugio e stava inseguendo il mio licantropo per conto dei suoi Signori. Mi vide, capì che eravamo in competizione e con arroganza mi intimò di smammare. Amun voleva accettare il consiglio, ma rifiutai sdegnato: nessuno può frapporsi tra me e la mia preda!» disse gelido.

Un brivido freddo corse lungo la schiena di Renata, che però non osò intervenire.

«Il licantropo ne approfittò per dileguarsi e uno degli uomini incappucciati che seguivano Sergeij lanciò una serie di coloriti improperi. La situazione si era fatta tesa, quando un altro dei vampiri con la mantella nera propose, con voce suadente, di fare una gara: il Figlio della Luna sarebbe stato di colui il quale lo avrebbe raggiunto per primo. Ero elettrizzato all'idea di una vera sfida e anche certo di vincerla, quindi mi voltai per provare a convincere Amun. Lo trovai con gli occhi fissi sugli incappucciati, rigido come una statua e con una strana espressione congelata sul viso. Acconsentì con un impercettibile cenno del capo, senza pronunciare una parola. Partimmo veloci dietro alla preda, ma non appena fummo fuori dalla vista degli avversari cercò di convincermi a fuggire il più lontano possibile: era terrorizzato. Mi rifiutai, sdegnato, non volendo fare la figura del codardo. Provò, quindi, a indurmi a perdere. Stavamo ancora discutendo, quando il vampiro dalla voce gentile ci raggiunse e chiese ad Amun se per caso avessi dei problemi. Mi propose un aiutino. Ferito da tali parole, ringhiai, mi scordai degli ammonimenti del mio creatore, scattai e raggiunsi per primo il Figlio della Luna.» L'orgoglio che trapelava nella voce di Demetri era evidente. «Quando finalmente giunse anche Sergeij con tutti gli altri, il vampiro gentile mi si avvicinò, mi strinse la mano per congratularsi della vittoria e mi rivolse un sorriso cordiale. A quanto pare, Sergeij ha bisogno di un periodo di riposo, disse. Amun s'irrigidì, mi si avvicinò, mi prese per un braccio e mi sibilò all'orecchio che ero uno stupido.» Demetri fece una pausa, come per raccogliere le idee; Felix, Corin e Renata trattennero il fiato, rapiti dalla narrazione.

«Improvvisamente realizzai quanto Amun mi infastidisse, quanto odiassi il suo voler controllare ogni istante della mia esistenza, quanto detestassi il suo modo di parlare, di muoversi, di ragionare. Lo avevo sempre idolatrato, mitizzato; nell'aria secca di quell'Altura cominciai, per la prima volta, a vederlo per quello che veramente era: un pavido, un opportunista e un egoista. Non riuscivo a capire perché mai lo avessi sempre seguito così docilmente, senza mai oppormi o ribellarmi. Finalmente riuscivo a capire con lucidità quanto poco valessi per lui e che si era sempre approfittato del mio talento: gli interessava solo ed esclusivamente il suo tornaconto. Altro che amicizia! Mi sentii uno stupido ingenuo a non essermene mai accorto prima. In quell'istante fu come se qualcosa dentro me si fosse rotta. Gli ringhiai contro e allontanai la sua mano.» Nel parlare Demetri imitò il brusco gesto compiuto tanti secoli prima.

«E tanti saluti all'egiziano!» commentò Felix. «Vista la carognata che ti aveva fatto, potevi ben ammazzarlo già che c'eri! In questo modo avremmo trovato un pezzente in meno dai Cullen lo scorso inverno.»

«È triste quando si viene traditi» sussurrò comprensiva Renata. «Cosa successe dopo?»

«Il vampiro gentile, Aro, mi sorrise comprensivo. Allora ancora non lo sapevo ma, avendo ancora la mia mano tra le sue, aveva percepito la mia rabbia e il mio smarrimento. In un niente le mie certezze erano svanite come neve al sole, mi sentivo solo e spaesato come se mi avessero tolto una parte importante di me. Aro inclinò la testa di lato e mi invitò ad unirmi ai Volturi. Sul momento l'idea mi parve assurda: cosa avevo da spartire con quei vampiri così militarizzati? Mi erano sempre andati stretti gli ordini e le gerarchie. Poi scorsi Chelsea, Charmion all'epoca, che mi guardava, sorrideva e annuiva con il capo. Mi ritrovai a pensare che, in fondo, se quella vampira era così felice e serena, valeva la pena di provare. Accettai l'offerta e mi sentii in pace, come se il buco che si era aperto nel mio cuore si fosse improvvisamente riempito con qualcosa di infinitamente migliore. Quindi, in definitiva, sono una Guardia grazie al tuo sorriso; te ne eri mai resa conto, Chelsea?» domandò Demetri.

Renata, Corin e Felix si voltarono a guardare la vampira, che aveva ricominciato a guardare il volto dell'angelo di Botticelli. «Davvero? Che stranezza...» disse con tono lieve. «Non vi sembra che il volto della Madonna assomigli tanto a quello della Signora Sulpicia?»

Felix, Corin, Renata e Demetri, stupiti dall'improvviso cambio d'argomento, fissarono anche loro il quadro, perplessi. Felix si alzò dalla poltrona e scoppiò a ridere «Che c'è, bellezza, ti sei resa improvvisamente conto che Demetri ti si voleva fare e tu non ne hai approfittato? Troppo tardi comunque: ora stai con Afton. Ma forse, se vi piacciono i giochetti a tre...»

«Felix!» esclamarono in coro gli altri quattro e uno ad uno si allontanarono dalla stanza scuotendo il capo.

«Beh, che ho detto di male?» urlò il grosso vampiro senza ottenere risposta. «Andate pure: sono certo che Gianna sarà molto più carina di voi, quando le racconterò tutta la storia.» Si alzò dalla poltrona, uscì a sua volta e si diresse verso l'ufficio della segretaria fischiettando.

 

 

 

Note: questa storia ha partecipato al constest "Uno sguardo al passato" indetto da Pinzy 81.

Il constest richiedeva di scrivere riguardo il passato di un personaggio di Twilight partendo da ciò che si trovava sia sui libri che sulla Guida. Per questo motivo me ne sono procurata una in inglese e parlando con una mia amica mi sono accorta che esistono differenze tra la versione inglese e quella italiana (!) Nel mio caso ho preso per buona la versione anglofona.

"Mille e non più mille" era lo slogan usato dai predicatori che, alla fine dello scorso millennio, preannunciavano la fine del mondo. In tale modo chiedevano ai cristiani di pentirsi e di donare ogni loro avere terreno per potersi conquistare un posto in Paradiso.

Per quanto riguarda il discorso sui bastoni voo-doo e i rimandati indietro dagli spiriti dovete assolutamente leggere la ff di Ottonovetre Malfini Mèt

Anche la caratterizzazione delle Guardie appartiene all'universo creato da Ottonovetre e Dragana; grazie mille per avermelo prestato, ragazze.

Ringrazio anche enormemente Vannagio per il suo betaggio (-: e chiunque abbia avuto l'ardire di arrivare fino in fondo.

  
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