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Autore: FeatherJoshua    01/02/2013    1 recensioni
[Le Città Invisibili]
«Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?), io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito»
- Jorges Luis Borges, “La Biblioteca di Babele”.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?), io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito»
- Jorges Luis Borges, “La Biblioteca di Babele”.

 
 
 
Spieglein è stata una delle città più bizzarre che, nella mia vita, abbia mai avuto l’opportunità di visitare.
A vederla da lontano, non si può far altro che rimanere a bocca aperta: gli enormi grattacieli, che sembravano uscire dal nulla della prateria, riflettevano con le loro pareti di specchi la luce del sole, facendola risplendere di una luce quasi soprannaturale.
Ma, appena entrati in città, ti accorgi immediatamente di quanto possa essere inquietante: non importa dove tu sia, gli specchi rifletteranno sempre e solo la tua immagine. Nessun punto cieco, nessuna via di scampo. Solo tu e il tuo riflesso, l’immagine inflessibile del tuo io.
Un brivido mi percorse la schiena, ma continuai ad avanzare. Non mi bastava vedere la città, volevo anche conoscere i suoi abitanti, e parlare col prefetto che la governava.
E non ci volle molto prima di incontrare i degni abitanti di Spiegel, la città degli specchi: i Riflessi.
Tutti, nessuno escluso, erano identici a me, esattamente come i riflessi sulle pareti.
Soppresso dalla mia stessa presenza così prorompente, mi sentii mancare, e caddi.
 
Al mio risveglio, mi trovai in una stanza piccola, circolare, con le pareti ricoperte da specchi di ogni genere, colore, dimensione.
Appena mi alzai, il mio sguardo cadde sullo specchio più grande, che si ergeva, imponente, sul lato opposto all’entrata.
Mi avvicinai, e la parete argentata iniziò a tramutarsi in una sorta di brina.
 
 

«Spieglein, Spieglein an der Wand, wer ist die Schönste in ganzen Land?»

«Spieglein, Spieglein an der Wand, wer ist die Schönste in ganzen Land?»

«Spieglein, Spieglein an der Wand, wer ist die Schönste in ganzen Land?»

«Spieglein, Spieglein an der Wand, wer ist die Schönste in ganzen Land?»

 
 
Lentamente, da quella brina emerse una figura antropomorfa, che andava man mano definendosi nei suoi tratti con l’avanzare verso di me.
“.alraP”
Rimasi interdetto, poi capii.
“Sono venuto qua in veste di ambasciatore del grande Kubilai Khan, il mio nome è Marco Polo.”
“.os oL”
Un po’ perplesso dalla risposta, continuai:
“Cos’ha questa città? Sembra tutto così… sovrannaturale.”
“?azneserp assets aut al oiditsaf osac rep ad iT”
Ancora una volta, rimasi in silenzio. Effettivamente, com’era possibile che a turbarmi fossi… io stesso? Cercai di scrollarmi dalla testa questo pensiero.
“Chi sei tu?”
Ormai i lineamenti dell’uomo erano chiari: erano i miei. Tuttavia, se negli altri riflessi, bene o male, riuscivo ad avvertire una certa estraneità ad essi, ora mi pareva di guardare me stesso, in carne ed ossa.
“.et onos oI”
“Non prenderti gioco di me!” dissi, “Io so con certezza di essere me. Non è forse questa l’unica sicurezza nella nostra vita?”
“?et ad osrevid ìsoc edner im asoC .oihcceps onu id eterap elittos alla orteid enigammi aut alled osselfir ottase’L .enoizudorpir attase aut al onos oi ,eruppE”
 
Sì, Spieglein era una città davvero strana.
   
 
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