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Autore: moni93    02/02/2013    5 recensioni
L'amore è un sentimento complicato e delicato, difficile da comprendere. Quello che unisce Jack e Lacie, si può definire amore? Oppure è devozione? Un passatempo?
In questa one-shot, Lacie deciderà di scoprirlo tramite un gioco per bambini. Il titolo, infatti, si rifà al celebre "Simon dice", in cui bisogna eseguire il comando che Simon dice, appunto.
Spero tanto che la storia vi piaccia e, anche in caso contrario, lasciate un commento, please! =)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Vessalius, Lacie Baskerville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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LACIE SAYS...

 

C’è un raggio di Sole che inonda la stanza. È tenue, appena percettibile, perchè filtrato dalle foglie neonate della primavera, che sono state partorite da un anziano e saggio albero, che si trova proprio di fronte alla finestra della mia stanza. È un mio vecchio amico, quel vecchio signore. C’era da prima che nascessi e mi ha aiutato in molti momenti. Come quando, a otto anni, mi arrampicai fino alla sua vetta e vi rimasi per più di sei ore, per protesta. Oswald era stato invitato ad una festa, ed io no. A undici anni, grazie alle forti braccia del vecchio signor albero, riuscii a scappare dalla mia stanza, senza farmi vedere. Ci vollero ben due ore, prima che la servitù capisse che non c’ero più. E ancora adesso, quel gentil amico, anche se con una certa fatica, seguita ad ascoltarmi mentre suono. Perfino la musica più malinconica riesce a farlo sorridere.

Oggi, tuttavia, ho deciso di cambiare genere. Invece di tediarlo con un dramma, pizzicherò i tasti del mio pianoforte, seguendo le dolci note della stagione che si è da poco presentata su questo mondo folle e meraviglioso.

“Che te ne pare, ti piace, signor albero?” domando a un tratto.

Sono intenta a riempire il silenzio della mia camera da ormai qualche minuto.

Odio il silenzio, è così opprimente.

Per questo canto e suono, è il mio modo per creare un’altra dimensione, dove non ci sono colori, ma unicamente suoni.

“Chissà se anche oggi sarà puntualmente in anticipo di mezz’ora?”

Stavolta, parlo tra me e me. In realtà, è una domanda di cui conosco già la risposta, ma non si sa mai. Potrei anche sbagliarmi, ricevere l’ennesima cocente delusione, perciò non mi faccio alcuna illusione.

“Oh, Lacieeeee!! Ci sei?”

Sorrido.

Sciocco, come se non mi sentisse suonare. Ad ogni modo, recito la mia parte, come ogni giorno.

“Sì, Jack. Sali pure, sono quassù.”

Le mie mani continuano a muoversi, le mie dita giocano a rimpiattino con i bianchi denti del mio strumento, stando attente a carezzare quella fredda e liscia superficie. Anch’egli è un mio antico conoscente, custode di molte mie memorie, per questa ragione lo tratto con la massima cura.

Jack è arrivato, è nella stanza, avverto la sua presenza, anche se tengo gli occhi socchiusi e puntati sul pianoforte. Posso vederlo chiaramente, con la mia immaginazione, sedersi sulla poltrona e osservarmi, rapito, come se fossi una musa o una divinità.

Mi verrebbe quasi da ridere. Io, ammirata come un essere perfetto, superiore, irraggiungibile, quando invece non sono altro che un granello di polvere. Un insulso, ridicolo, granello di polvere, che danza in un fuggente raggio di luce.

Vorrei ridere, ma non lo faccio.

Spezzerei l’incantesimo, uscirei dalla mia dimensione personale. Deve essere la musica stessa a scandire il momento del mio commiato da questa realtà così idilliaca ed eterea, non io. Sarà la melodia a indicarmi la via per tornare nel mondo in cui si trova anche Jack.

Quando anche l’ultima nota muore nell’aria, dopo un’intensa vita della durata di un battito di ciglia, poggio le mani in grembo.

È proprio vero che la musica è un balsamo per l’anima, anche per chi, come me, non ne ha una.

Jack continua a scrutarmi con i suoi specchi di smeraldo, ma io non ricambio lo sguardo, non ancora. Attendo pacatamente che anche l’ultimo frammento della mia coscienza abbia abbandonato il mio mondo ideale, per fare infine ritorno nella dimensione degli uomini.

Sono nella mia stanza, e Jack mi osserva. Mi volto, gli sorrido, e mi permetto di esaminarlo con cura. Quel ragazzino smunto, sporco e senza vita, è ormai un involucro perfetto, sede di una bellezza pura e aristocratica. Chiunque lo veda, non può far altro che rimanere accecato dalla sua luce. Eppure, io la vedo. Vedo la tua oscurità, Jack, proprio in quegli occhi così sereni e placidi come l’acqua del lago. So bene quanta sofferenza ci sia, nella profondità di quel verde, percepisco il grido della tua anima, perchè è così simile al mio.

Allargo il mio sorriso.

“Ti trovo in forma, Jack.”

Anche lui increspa le labbra, mentre assume una posa meno aristocratica e più da bambino. Allarga le gambe e piega la schiena, poggiando la testa sul palmo delle mani, come se fossero un vassoio e, il suo dolce viso, la pietanza che vuole offrirmi.

“Anche tu sei splendida, come sempre, Lacie.”

Può un nome essere pronunciato con tanta dolcezza, come se fosse una carezza?

Può attraversare lo spazio, il tempo, forse, e raggiungermi nella parte più intima di me?

Con Jack, ho imparato che anche un demone, può arrossire. Anche un mostro può sentire il proprio cuore battere più forte, le mani farsi bagnate, e le guance roventi. Basta che un povero miserabile riveli, senza esitazione alcuna, che il suo pensiero, per otto interminabili anni, vagava ogni momento alla ricerca di un ricordo, un volto, una speranza, una melodia. La mia.

“Ti va di giocare con me, Jack?”

Lui inclina la testa, sembra incuriosito, o forse è il suo modo per dirmi che farebbe qualsiasi cosa per me.

Mi alzo, con calma. Ci separano pochi metri, ma io li percorro con la stessa grazia con cui una sposa raggiungerebbe l’altare. Decisa nelle movenze, insicura nell’anima.

Sono ferma davanti a lui.

Senza che dica nulla, Jack poggia la schiena contro la poltrona, in attesa. In un frangente, sono seduta sulle sue gambe, le mie mani li carezzano il viso. I nostri visi sono vicinissimi, come mai lo sono stati. Posso sentire il suo respiro sulla pelle. Le mie mani indugiano ancora un poco sul suo viso così perfetto e bello, per poi spostarsi sulla chioma dorata, abbagliante.

È stupito da questo contatto, i suoi occhi sono spalancati e l’espressione è indecifrabile. Poi, di nuovo tutto torna alla normalità.

Sorride.

“Lacie?”

Non riesco a capirlo.

Io, la donna al centro delle sue ossessioni, sono a un palmo da lui, potrebbe fare di me quello che vuole, e le sue mani non si spostano di un millimetro dai poggioli. Sono come legate ad essi da fili invisibili, che lui stesso si è creato.

“Voglio giocare a Simon dice.”

La mia voce sicura lo tranquillizza.

“D’accordo.” acconsente, come un bravo animaletto domestico.

Sposto una ciocca ribelle che gli cela un occhio.

“Simon dice... abbracciami.”

Senza esitazione, avverto le sue braccia cingermi la vita.

“Simon dice... carezzami una guancia.”

Di nuovo, obbediente, esegue il comando.

A questo punto io mi chiedo, se è solo un ordine, perchè lo compie con tanta dolcezza? Perchè i suoi occhi mi parlano di devozione? Perchè il mio cuore non la smette di martellarmi in testa? Perchè avverto questo senso di piacevole vertigine? Perchè la mia voce esita?

“Simon... dice...”

Non posso farlo.

Se adesso parlo, rovinerò tutto, lo sento. Lui non sarà più solo Jack, e io non potrò più rifugiarmi nelle tenebre come un tempo. La mia dimensione di soli suoni, non sarà mai più sufficiente, per me.

“...”

La mia mente è completamente annebbiata, nemmeno io conosco il seguito di questa favola che sto scrivendo, in un capitolo a parte della mia vita. Comincio chiudendo gli occhi, sperando, forse, di svanire, di annullarmi, qualunque cosa accada.

“Baciami.”

Subito, avverto qualcosa.

Caldo, morbido, dissetante come acqua per un eremita nel deserto, come una nota solitaria nel mio universo di soli suoni. Non credevo che le labbra di Jack potessero trasmettermi tutto ciò, eppure devono per forza essere le sue labbra, quelle che stanno stuzzicando le mie.

Quando riapro gli occhi, tutto è come prima.

Jack mi fissa, un sorriso e due oceani vuoti ornano il suo volto.

“Baciami.” ordino, stavolta consapevolmente e a occhi aperti.

“Non hai detto: Simon dice.” mi fa notare lui.

Le sue mani scivolano via, ma io le afferrò saldamente.

Non gli permetterò di cavarsela così facilmente.

“Non è Simon a chiedertelo, sono io.”

Inclina la testa, divertito. Non ho idea di cosa stia pensando, e non m’importa.

Quando si avvicina al mio volto, la prima cosa che mi sfiora la pelle sono le sue mani, coperte da quegli irritanti guanti, ma che comunque mi trasmettono calore umano. Mi scostano alcuni capelli dal viso, come se dovessero motivare la ragione per cui si trovano lì. Come se non volessero ammettere che, in realtà, sono le mie guance che vogliono solcare, modellare, sotto il loro tocco.

Stavolta, è tutto diverso.

Lo osservo poggiare la bocca sulla mia, lo vedo chiudere gli occhi, e viaggiare lontano. Decido di raggiungerlo e, quando lo faccio, ci ritroviamo entrambi in una dimensione nuova.

Non esisteva prima, e svanirà nell’istante in cui ci separeremo di nuovo, per l’ultima volta. Eppure, sento che quel luogo non cesserà mai di esistere, nel mio cuore. Potrò raggiungerlo ancora, ovunque io mi trovi.

Una volta riaperti i nostri occhi, siamo di nuovo nella mia stanza. I nostri respiri riempiono l’aria primaverile, le nostre lingue si congedano dopo aver danzato il loro valzer. Un rivolo di saliva bagna il mento di Jack e io provvedo subito a cancellarlo.

Ora è davvero tutto come prima, come se non fosse avvenuto nulla.

“Questo era il mio primo bacio, sai?”

La mia rivelazione lo fa ridere.

“Casomai, quello era il secondo.”

Il suo commento non mi piace neanche un po’, ma prima che io lo possa colpire con un buffetto sulla fronte, percepisco un senso di vuoto. Le sue mani hanno lasciato il mio volto, le sue braccia hanno abbandonato il mio corpo.

“Simon dice... che non gli dispiacerebbe fare l’amore con te.”

Non c’è bisogno che parli. La sua espressione è già una risposta, per me.

“A me, invece, piacerebbe sentirti suonare.”

Stringo con forza, quasi violentemente, una ciocca dei suoi capelli.

“Come pensavo.”

Lui continua ad osservarmi con espressione assente e servizievole.

“Sei strano... veramente strano.”

Sembra offeso dalle mie parole, quasi ferito.

Chiude gli occhi, sorride e arrossisce imbarazzato.

“Pensavo che, oramai, l’avessi capito, Lacie.”

Gentilmente, mi fa scendere dalle sue gambe e si alza in piedi, dinnanzi a me. Mi stringe le mani e, baciandole, mi osserva come non aveva mai fatto prima, con un sentimento, che non credevo potesse conoscere. Un’emozione, che persino io faticavo a comprendere.

“A me non interessa il tuo corpo.”

Tocca a me assumere un’espressione di smarrimento.

“Cosa vuoi, allora?”

Continuando a stringere la mia mano sinistra, con l’arto libero mi cinge la vita e inizia a condurmi intorno alla stanza. Camminiamo, volteggiamo, danziamo. Il silenzio ci avvolge, ma, per una volta, amo questa mancanza di suoni che, lentamente, ci dirige verso una meta lontana e indeterminata.

Quando la musica fantasma finisce, siamo di nuovo fermi, l’una di fronte all’altro.

“Temo che questo, non lo capirai mai, Lacie.”

 

Fu così che trascorsi il mio venticinquesimo anniversario di nascita.

Jack non lo sapeva, ma quel giorno era il mio compleanno e, quello che gli avevo chiesto, era il regalo che volevo ricevere da lui, e lui soltanto.

Niente parole, nessuna promessa.

Un bacio, era tutto quello che chiedevo. Ma, siccome mi piace esagerare, feci il bis.

Il mio giocattolo preferito non volle rivelarmi il suo segreto, ma lui non sapeva che mi ero presa una piccola vendetta. Avevo festeggiato il mio compleanno, senza renderlo partecipe.

Forse sono stata crudele, ma in questo modo, so per certa che quel giorno apparterrà a me, e a nessun altro. Nemmeno Jack può conoscere la sua vera importanza, perchè, quando me ne sarò andata, dovrà saper andare avanti senza di me.

Perchè una donna della sventura, che conosce solo il rosso della morte e dell’unione tra due corpi senza amore, non fa per lui.

Lui non deve sapere che quei baci, per me, rappresentavano la vita che avrei voluto condurre al suo fianco.

Con lui...

Il mio piccolo, dolce, Jack.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciao a tutti, e perdono.

Perdono, perchè so benissimo di avere, non una, ma tre storie a capitoli da continuare, e, invece, sono qui a postare questa one-shot. Prometto di rimediare.

Parlando di questa mia idea, beh, c’è poco da dire. Il merito è tutto di Xdrewsfeelings, che grazie alla sua recensione a “We fuond love in a hopeless place”, mi ha fatto venir voglia di scrivere un’altra JackxLacie. Spero tanto che ti sia piaciuta, io ho dato il massimo! ^^

Non mi rimane che ringraziare tutti coloro che hanno letto fin qui e anche coloro che decideranno di dedicarmi qualche minuto del loro tempo per lasciarmi un commento, anche di solo due righe.

Un abbraccio a tutti i miei lettori, che mi seguono con passione, vi adoro!

 

Moni =)

   
 
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