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Autore: Charme    04/02/2013    10 recensioni
Un'inconsueta - ma non troppo - minaccia si staglia contro i Vendicatori. Qualcosa di talmente tremendo da far loro rimpiangere Loki, i suoi complessi d'inferiorità e i suoi capricci sul dominio del mondo.
"Io sono Niagara Jenhowepha Blackdeath."
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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  Le note reali sono in fondo. Mi sbrigo salutando di cuore WeirdSisters, che è brava, buona, cara e mi tollera.
 
 
 
 
 
 
  Tony era una delle pochissime persone al mondo in grado di conservare – e forse addirittura aumentare – la propria baldanza anche quando venivano buttate fuori con disdoro da una stanza. Ne era consapevole e ne andava ben fiero, e in quella precisa occasione ne aveva ben donde.
  Quando fece ritorno nel salone, non fece troppo caso all’atmosfera tesa che pareva essere calata sui Vendicatori.
  “Tutto risolto, con la bambinetta! – annunciò con trasporto – Non potremmo essere più in pace di così. Ricordatemi di coinvolgere nella prossima operazione Scarlet Witch, Quicksilver, Miss Marvel e Colossus, ma è di vitale importanza che non li chiamiamo per nome. Possiamo però fare un’eccezione per Susan Storm. Oh, ci sarà da ridere.”
  “Temo che la prossima operazione avrà luogo molto presto.” Disse Clint in tono grave.
  “Ditemi che si tratta di Mystica, del Dr. Octopus, di Bullseye, o di Mysterio.”
  Uno sguardo esasperato e vagamente intinto di preoccupazione per la salute mentale di Stark serpeggiò tra i Vendicatori, e se nessuno chiese spiegazioni fu perché la situazione di allerta aveva nettamente la precedenza sulle chiacchiere autocelebrative che sicuramente Tony si sarebbe premurato di fornire.
  Thor, che aveva l’espressione più dolorosamente intensa e concentrata che mai gli avessero visto mostrare, annunciò: “No, Uomo di Metallo. Il responsabile di questa nuova minaccia a Midgard è colui che un tempo ero fiero di chiamare fratello.”
  Natasha e Clint si scambiarono uno sguardo il cui significato era alquanto evidente: anziché esibirsi con quella prosopopea ogni volta, ad Asgard avrebbero potuto sincerarsi che Loki non facesse danni e punirlo seriamente una volta per tutte, ad esempio privandolo dei suoi poteri o imprigionandolo a vita. Non era un concetto poi troppo difficile… perlomeno non da un punto di vista esterno.
  Tony assunse un’aria contrariata che nessuno dei presenti ebbe difficoltà ad associare a un imminente tentativo di riportare l’attenzione generale su di sé.
  “Loki. Riprovevole. Nemmeno una ‘s’. Perfino Rogers, in questo frangente, è più interessante.”
  “Ti prego di non trascinarmi in questa tua ultima follia. Piuttosto, prendiamo l’attrezzatura e trasferiamoci rapidamente nella sala di comando: Fury deve ancora comunicarci la posizione di Loki e le sue intenzioni.”
  Lasciando da parte celie e ilarità, gli Eroi più forti della Terra si diressero ognuno verso le proprie stanze, per equipaggiarsi con le rispettive panoplie e attendere poi le istruzioni dal vertice di comando dello S.H.I.E.L.D.
  Il primo a recarsi nella sala di comando fu Thor, il cui amore per Midgard superava nettamente i suoi sforzi d’integrarsi con essa. Il prode asgardiano raramente veniva visto in abiti che non assecondassero le sue maestose origini, e il legame che condivideva con Mjolnir gli permetteva di richiamare a sé il martello ovunque l’avesse lasciato, per la gioia dei lavoratori nel campo dell’edilizia, presenza costante nella Avengers’ Mansion e che più di una volta avevano ringraziato i Vendicatori per aver indirettamente pagato l’università ai loro figli.
  Bruce, dal canto suo, non doveva prelevare attrezzatura alcuna, poiché la sua armatura consisteva in un enorme e irritabilissimo tizio verde, ma l’espressione grave di Thor era ormai chiaramente e universalmente nota per essere foriera dell’ennesimo e prevedibilissimo monologo pseudo-shakespeariano sul frustrato desiderio di ricondurre il proprio fratello in grembo alla famiglia.
  Bruce decretò che i suoi problemi personali erano già più che sufficienti, grazie, pertanto s’impose di non restare solo con Thor, ignorando che Thor sarebbe rimasto in piena solitudine ancora per poco.
  Niagara comparve innanzi al Dio del Tuono in maniera del tutto inaspettata, leggiadra e silenziosa, annunciata solo dal flebile suono di una fanfara guidata da una grancassa, un trombone, una cornamusa, due piatti e un triangolo. Malgrado il prode asgardiano non fosse universalmente noto per la prontezza dei riflessi, il rumore infernale fece scattare il suo primordiale istinto di guerriero, e Mjolnir attraversò in volo la stanza, fermandosi a due millimetri dal cesellato nasino all’insù di Niagara.
  “Lady Niagara!” fu tutto ciò che riuscì a esclamare Thor, richiamando a sé la propria fedele arma. Un osservatore più attento di Thor e meno arrogante di Niagara avrebbe notato che il portentoso Mjolnir, forgiato dal cuore di una stella morente, il quale normalmente eseguiva ogni ordine del suo padrone senz’esitazione, in quell’occasione rimase sospeso a mezz’aria per una frazione d’istante, come se fosse reticente a tornare indietro, quando invece poteva avere l’esaltante possibilità di fratturare il setto nasale a quell’irritantissima creatura… ma Thor lo aveva richiamato. Doveva andare. Così, anziché il rassicurante *croc* di un insopportabile setto nasale che si rompe, l’unico, flebile rumore udibile fu il sospiro di rassegnazione di Mjolnir.
  E poi non si dica che gli oggetti inanimati sono incapaci di provare sentimenti.
  “Thor, avvertivo la necessità di conferire con te.” Disse lei, ignorando bellamente lo struggente momento introspettivo di Mjolnir, probabilmente per una banale questione d’invidia.
  “Naturalmente, Lady Niagara. Sono al tuo servizio.”
  A quelle parole, un baluginio malizioso illuminò gli occhi color ametista della ragazza, che si avvicinò voluttuosamente al maestoso eroe, dando il via al suo terzo tentativo di circuire uno degli Avengers, portando avanti un personalissimo programma [fortunatamente] nichilista di cui chiunque avrebbe volentieri fatto a meno. Specialmente Capitan America, che, malgrado cercasse di non darlo a vedere, faticava a far tornare il proprio battito cardiaco a un livello umanamente accettabile. Ma avrebbe comunque gradito una qualunque pulsazione che fosse al di sotto dei duecentotrentasei battiti. Thor, invece, pareva immune a certe impennate cardiache, complice forse il fatto che non avesse in alcun modo compreso le mire seduttive della fanciulla innanzi a lui.
  “Oh, potentissimo Dio del Tuono e della Tempesta, ho cercato di resistere, ma non mi è più possibile trattenermi dall’aprirti il mio cuore e confessarti i miei sentimenti.”
  Un repentino lampo di comprensione misto a un primigenio istinto di sopravvivenza colpì Thor, e il suo sopracciglio destro s’inarcò improvvisamente verso l’alto. Da qualche parte, una marea fu influenzata da quel movimento, e la cosa non è rilevante ai fini della storia, ma poteva essere interessante a livello personale, o per amor di cronaca.
  “Giovane Niagara, temo che…”
  “No, ti prego! Lasciami parlare. – lo interruppe lei, posandogli scenicamente due dita sulle labbra per imporgli il silenzio – Cosa pensi dei miei occhi?”
  Thor non la ritenne una prosecuzione di discorso soddisfacente, ma rispose ugualmente.
  “Trovo che siano di un colore conturbante ed estremamente gradevole alla vista.” Ammise lui, con limpida sincerità.
  Niagara assaporò il gusto della vittoria.
  “Lo so, sono di una particolarissima sfumatura color…” ametista. Lo sa lei e – purtroppo – ormai lo sappiamo anche noi. Ma Thor no.
  “…Melanzana.” Completò Thor, la voce solitamente roboante ridotta a un sospiro sognante.
  “Cosa.” Replicò Niagara, e lo sconvolgimento fu tanto da indurre il punto interrogativo della domanda a ripiegarsi su se stesso, riducendosi al misero punto fermo di un’affermazione.
  “Un ortaggio meraviglioso che nasce sui rigogliosi terreni di Midgard, e di cui purtroppo Asgard è tristemente sprovvista.” Spiegò Thor, sull’orlo della commozione.
  “La tua considerazione mi onora, ma mi vedo purtroppo costretta a contraddirti, mio signore. Difatti, i miei occhi non sono color melanzana, bensì…”
  “Lady Niagara, te ne prego, è inutile che tu ti schermisca così: ammetti pure con orgoglio e senza timore alcuno quelli che sono i pregi del tuo aspetto esteriore. Compagno Steve, t’imploro di essere giudice di una frivola disputa tra me e la giovane lady qui presente, risolvendo il dilemma e dicendo, secondo te, di che colore sono le rifulgenti iridi di questa fanciulla.”
  Apparentemente dimentica del tentativo di seduzione di poche ore prima, fulminò Capitan America con un’occhiata che prometteva indicibili sofferenze e inenarrabili patimenti qualora la risposta non fosse stata quella che lei desiderava sentirsi dare.
  “Senza indugio alcuno, Thor. Sono lieto che abbiate chiesto la mia consulenza, in merito. È indubbio che gli occhi della signorina Blackdeath siano di una sfumatura particolare e affascinante. Direi di un denso color prugna.”
  Fu probabilmente l’ingresso simultaneo dei restanti Vendicatori a salvare Steve Rogers da una prematura e presumibilmente violenta dipartita.
 
 
 
 
 
Capitolo breve e decisamente non intenso, lo so. E suppongo abbiate indovinato che questo non è il finale. La motivazione è semplice e buffa: mi sono ridotta all’ultimo e non ce l’ho fatta a finire per oggi, quindi vi toccherà almeno un altro aggiornamento. *Please, contain your orgasms*
Per coloro che si fossero affezionate al buffo [sì, ‘buffo’ è uno degli aggettivi che prediligo] accento involontariamente acquisito nello scorso capitolo da Niagara, non temete: vi fornirò un’esauriente spiegazione della sua scomparsa prossimamente. Siete liberi di fare supposizioni, comunque. Vi pregherei di ridere per il titolo del capitolo, io mi sono divertita.
 
Adorandovi, vi saluto.
Charme.
 
  
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