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Autore: Eris Gendei    28/08/2007    5 recensioni
Una brevemente prolissa :) fic sulla nascita della canzone White pearl,Black oceans, dei Sonata Arctica.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il contenuto della seguente fan fiction è totalmente di fantasia: pertanto non voglio in alcun modo plagiare la vita reale dei protagonisti

Troppo piacevole era il vento che gli scompigliava i capelli e gli solleticava carezzevole il viso.
Sentiva la salsedine avvolgerlo come in un abbraccio e respirava a pieni polmoni la freschezza dell’aria salmastra che aleggiava sulle creste del fiordo dove stava passeggiando.
Non correva, non camminava, non andava di passo svelto, non trascinava i piedi sulla superficie rocciosa: passeggiava.
Quasi sempre i poeti passeggiano, con la testa affollata da mille pensieri, suscitati da ogni cosa che vedono e ogni pensiero ne tira un altro, come le ciliegie.
Quindi anche lui passeggiava, e in quel momento aveva la mente piena zeppa di idee, ipotesi, congetture, come mai prima.
Sapeva che le donne fossero fonti di continue sorprese, non sempre piacevoli, e spesso impossibili da capire ma la telefonata che aveva ricevuto l’aveva veramente turbato: lei era stata freddissima, anzi gelida! No, non gelida: distante. La sua voce suonava lontana, estranea, come fosse diversa dal solito, anzi, proprio un’altra voce.
Distaccata, conturbante, gli aveva rivolto pochissime parole rapide e concise: il senso finale era che voleva, non desiderava ma proprio voleva, vederlo di lì a un’ora sulla costa e che non poteva assolutamente aspettare che finisse le prove con i ragazzi.
Così gli era toccato lasciare tutto il resto della band a metà di una canzone in cui c’erano un paio di passaggi critici e per la quale non riuscivano a trovare né un testo adatto né un titolo.
Era una delle volte in cui niente ispirava un significato da poter nascondere in una canzone: bisognava aspettare l’avvenimento propizio quindi tanto valeva uscire e staccare un po’ la spina si era ritrovato a pensare, più per giustificare a se stesso quella specie di fuga, che all’inizio aveva trovato un’ottima scusa per andarsene, che per altro.
Ora però si era circondato di fantasmi e non riusciva a cavare un ragno dal buco: cosa aveva di così importante da dirgli Selene in quel momento?
Nonostante i dubbi non poteva però fare a meno di apprezzare la brezza marina intrisa di sale sulla pelle scoperta; adorava il clima del suo paese nonostante molti lo reputassero estremo: non aveva mai problemi di caldo pur vestendosi di nero da capo a piedi, con vari strati di felpe e pelle e non doveva mai rischiare l’asfissia nel togliere gli anfibi: per lui il sudore era una cosa sconosciuta, a parte durante i concerti.
Passo dopo passo, pensiero dopo pensiero, minuto dopo minuto, era alla fine arrivato al luogo dell’incontro con addirittura qualche minuto di anticipo, cosa non insolita ma rara per lui.
Si sedette, o per meglio dire si spaparanzò contro uno scoglio levigato dagli agenti atmosferici e dal tempo, ridotto ormai ad un grande sasso ovale, stondato sugli angoli e povero di imperfezioni: non gli restava altro da fare che aspettare.
Aspettare per modo di dire perché l’attesa non durò più di un paio di minuti.
Selene aveva il pregio di essere più puntuale di un orologio svizzero (o il difetto a detta del suo ragazzo, che confrontato con lei sembrava un ritardatario perenne).
Tony si alzò sorridendo dalla comoda postazione che si era trovato e si fece incontro alla ragazza con l’intento di abbracciarla: lei però non glielo permise e si ritirò quasi di scatto, tirandosi indietro e chiudendosi su di se, con aria infastidita.
Lasciò alquanto stupito il ragazzo: non si era mai comportata in quel modo, nemmeno nei peggiori momenti di malumore ( e ne aveva avuti tanti) o in presenza delle sue cose, come le chiamava lei.
Tony rimase a braccia aperte, leggermente tese in avanti, con espressione turbata e, dopo un attimo, ferita.
“Selly…” chiese con aria interrogativa.
“Non chiamarmi Selly!!” sbottò di rimando la ragazza “ Ho un nome, perché non mi ci chiami mai?! Pensi che Selly sia più bello di Selene?! Perché nel caso fattelo dire, è un nomignolo orrendo!!”
Era la prima volta che la ragazza esplodeva in quel modo parlando con lui e Tony ne rimase negativamente sorpreso: “Sell...ene cosa ti ho fatto?” chiese con l’aria di un cucciolo smarrito.
“Mi da fastidio che mi chiami in quel modo, tutto qui. Non posso neanche voler essere chiamata per nome ora?!”
La ragazza si tormentava una ciocca tra le dita e teneva la testa bassa, cosa alquanto insolita per lei che non dimostrava mai segni di nervosismo ed era sempre posata e rifletteva prima di dire qualsiasi cosa.
“No Selly,Selene!” si corresse precipitosamente Tony per la seconda volta, ancora sconvolto dalla dura dichiarazione della ragazza “Fino a ieri dicevi di adorare quando ti chiamavo Selly…” la ragazza al sentire quel nome sussultò e ridusse gli occhi a due fessure.
“…E ora nemmeno posso dirti una parola che subito mi aggredisci con una violenza che non ti ho mai sentito! Si direbbe quasi che tu trovi molto fastidioso dover parlare con me e te ne voglia andare il prima possibile!”
Era una delle rare volte in cui Tony diceva tutto quel che pensava, e in maniera molto diretta: non gli piaceva sentirsi trattare in quel modo, senza contare che era già nervoso di suo.
“Non è vero!” protestò la ragazza ma le parole non sortirono l’effetto richiesto: era un’obiezione debole, codarda!
“Anzi…cioè, non è che voglio andarmene ma…oh insomma devo spiegarti tutto, non puoi capire altrimenti…”
Si lasciò cadere con un movimento rigido su un sasso a debita distanza da quello di Tony, raccolse le mani in grembo e sospirò: era troppo tardi per tornare indietro.
“Non puoi tirare la pietra e nascondere la mano. Parla, vai!”
Tony si sedette con fare vagamente riottoso e fissò la ragazza.
“Allora…tanto vale che dica ogni cosa come sta veramente senza metafore e inutili intermezzi drammatici, anche se…mi vergogno ecco…”
“Altarini?” chiese Tony con fare scherzoso ma le parole gli uscirono dalla bocca taglienti, sarcastiche.
Selene ebbe un fremito e le spalle sussultarono leggermente, anche se tentò di mascherare il movimento involontario.
“E’ ora di lasciarci Tony.”
Il ragazzo sentì una botta improvvisa allo stomaco e sgranò gli occhi, stupefatto.
Quella rivelazione gli piombò addosso come una cascata di acqua gelida e lo paralizzò seduto com’era, mentre le parole della ragazza gli rimbombavano nelle orecchie e vagavano nel cervello, ancora non del tutto recepite.
“Cosa…vuol dire?” annaspò a bassa voce.
“Che dobbiamo lasciarci Tony. La nostra storia non ha futuro, è meglio finirla qui.”
“Ma perché?!” protestò Tony con rabbia disperata “Stava andando tutto benissimo, stavamo così bene insieme, ci amavamo così…”
si fermò all’improvviso, ripetendo tra se quelle ultime parole.
“Tu…tu non mi amavi più.” Biascicò sconvolto.
La ragazza si stizzì:”Forse TU stavi benissimo!! Oh, ma certo, anche io stavo da Dio sempre sola come un’appestata, trascurata come mai prima d’ora, costretta a uscirmene tutte le sere da sola!! Ovviamente io sono meno importante delle tue stupide prove e di tutti quegli idioti del tuo gruppo!! Perché non diventi gay e te ne vai con loro allora, se ti piace tanto stare in loro compagnia tutto il giorno?!!”
Selene aveva la voce impastata di lacrime e il naso chiuso, nonostante ancora non stesse piangendo.
“Ma Selene, cosa dici?!” chiese Tony sconvolto.
“Ah, sei anche blasfemo adesso!! Negare la verità è un peccato mortale lo sai?! Non puoi fingere di avermi trattato bene e avermi veramente amato in tutti questi ultimi mesi!! Mi hai sempre lasciato da sola!!”
Adesso la ragazza stava frignando, prossima alle lacrime.
“Ma Selene, lo sapevi che sarebbe stato un…periodo difficile…sai, il concerto…abbiamo una scadenza!!” protestò Tony, ferito.
“Bè, una scadenza non implica trascurare completamente la propria ragazza!! Mi hai letteralmente abbandonato!!!”
“Ma cosa…” mormorò il ragazzo “E avevi detto che mi avresti dato una mano a superare questo momento? E’ così che mi aiuti??!! Incolpandomi di colpe che non ho? Lasciandomi così su due piedi senza una vera spiegazione??!!” “Vuoi una mano??!! Eccotela la mano, la mano che da più di un mese ormai è di proprietà di un altro!!!”
Tony vacillò:”Un altro…?” sussurrò poco convinto.
“Si…se pensavi che stessi muta e ferma come un docile animaletto da compagnia, bè ti sei sbagliato!! Tu hai preferito la musica, io ho preferito lui!!”
Detto questo si alzò con vaga irruenza fissò per un attimo Tony negli occhi:”Pensaci Tony…” sussurrò con voce ansiosa “Non sarebbe mai potuta funzionare una storia così…divisa…eravamo sconosciuti nella stessa casa come si dice…”
“Nemmeno tu sei totalmente convinta che lasciarci sia la cosa giusta…” mormorò di rimando il ragazzo a testa bassa.
“Non…non tentare di corrompermi così!” esclamò piccata Selene.
“Sto solo dicendo la verità…”
“Ora basta!!”
Selene si allontanò stizzita lungo il fiordo, a pochi metri dal bordo ripido e scosceso, con passo leggermente malfermo e il vento contrario che le spazzava via le lacrime dal viso con violenza, senza permettere loro di arrivare neppure alle gote.
Sussultava e singhiozzava, disperatamente: mai avrebbe pensato che sarebbe stata lei a lasciare l’uomo che aveva amato di più in tutta la sua vita. Le sue scarpe ticchettavano sul fondo roccioso e il rombo sordo del mare copriva ogni altro rumore.
Una mano si posò delicatamente sulla sua spalla.
Lei si voltò di scatto, colta di sorpresa: da una smorfia vagamente spaventata la sua espressione divenne sollevata nel vedere che era soltanto Tony, poi tornò turbata.
“Cosa vuoi? Ti ho detto che è…finita…”
Sussurrò quell’ultima parola con uno sforzo immenso.
Tony le si fece vicino e le prese con delicatezza il viso tra le mani, asciugandole le lacrime con i polpastrelli e catturando sul mento le piccole gocce fuggiasche che sfuggivano alla sua pelle.
Selene chiuse gli occhi per un attimo, il petto invaso e appesantito da un dolore che non sapeva spiegare, il respiro lacrimoso e intriso di pianto: era passato troppo tempo dall’ultima volta in cui il ragazzo le aveva regalato una carezza così superficiale fisicamente eppure così carica di emozioni e significati.
Ora però quella carezza le appariva quasi un gesto meccanico.
Aprì gli occhi di scatto, pronta a discostarsi da lui.
Le dita di Tony si immobilizzarono all’improvviso, i suoi occhi si fissarono in quelli di lei e vi rimasero per molti attimi, forse ore, forse soltanto secondi, finché il suo pollice destro salì piano fino all’occhio destro: ne sfiorò il contorno, le ciglia, la palpebra, l’incavo scuro delle occhiaie…
L’orbita bianchissima risaltava ancora di più sopra l’occhiaia violacea e così faceva la pupilla di giaietto nell’orbita.
Fu un attimo e la visione limitata del viso della ragazza entrò far parte del paesaggio.
Cielo e mare, plumbei e lividi come mai li aveva visti prima, sembravano un’unica cosa, una fusione perfetta, un annullamento dell’orizzonte…uno sfondo perfetto.
E in tutto quel nero grigiore, lei.
Pallida come una piccola perla, l’unico punto di bianco in uno sconfinato oceano nero.
Perla…oceano…bianca…nero…
Perla bianca, oceano nero…
Tony lasciò scivolare via le mani dal viso di Selene: arretrò di alcuni passi guardando un ultima volta quell’immagine perfetta.
Selene lo guardava con aria stupita e intimidita, come si guarda un artista all’opera.
Aprì la bocca per parlare ma:
“Vai…”
la precedette Tony.
Alzò una mano come in segno di saluto ma rimase immobile a metà movimento, incerto su cosa fare.
Scelse la via più semplice: si voltò e se ne andò.
Semplicemente.
Forse Selene aveva ragione: lui aveva scelto la musica.
Arrivò dai ragazzi mentre stavano riponendo gli strumenti.
“Ritirate tutto fuori.” Ordinò con voce frettolosa, carica.
“Tony che succede?” chiese interrogativa una voce che non si diede cura di riconoscere.
Tony si girò:”Ho il testo. E il titolo.”

  
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