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Autore: Fluxx    07/02/2013    4 recensioni
“Non funzionerà, è ancora troppo debole. Non possiamo aiutarlo se lui per primo non vuole alzarsi e combattere.” Sentì una prima voce, parlare in arabo.
“E cosa proponi di fare? Lasciarlo al suo destino?” Una seconda voce, in italiano.
“Non ne uscirà vivo in queste condizioni, soprattutto se continua così.” Riprese la prima. Era assurdo come capisse due lingue totalmente differenti dalla sua e come – queste due persone – sembrassero capirsi.
Desmond riaprì piano gli occhi, alzò leggermente il capo e notò ai piedi del letto – nello stanzino dove lo tenevano accanto all'Animus – Ezio ed Altair.
“Oh no.. Ancora.” Mormorò il giovane, lasciando ricadere pesantemente il capo sul cuscino. La stanza era diversa, più buia, e gli antenati risaltavano bene nell'oscurità: emanavano quasi una luce, un alone luminoso fasciava i loro corpi. Era un sogno?
I due Assassini, sentendo la voce del ragazzo, si voltarono verso di lui.
“Bentornato nel mondo dei vivi, Desmond.” Disse Altair.

Amareggiati dal finale di AC III e dalla morte di Desmond? Ecco qui cos'è accaduto dopo.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Desmond Miles, Quasi tutti, Rebecca Crane, Shaun Hastings, William Miles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nova Era


Era parecchio che Rebecca guidava senza meta, solo per allontanarsi dal tempio. Non aveva la minima idea di dove stessero andando.
Shaun, seduto sul sedile del passeggero, aveva visto il panorama mutare velocemente fuori dal finestrino. Nessuno aveva proferito parola. Nessuno aveva osato seppur ciò che si vedeva fuori dal veicolo era uno spettacolo piuttosto insolito: il cielo era completamente dipinto da scie irregolari e mutevoli di un verde intenso, brillante, che danzavano nel blu della notte.
William, Rebecca e Shaun non ne avevano idea, perché si trovavano in macchina, ma la terra sotto i loro piedi tremava. Lo avevano sentito uscendo dal tempio, ma forse erano troppo presi ed agitati dalla situazione per notarlo.
Tutti e tre probabilmente pensavano alla stessa cosa – o meglio – alla stessa persona: Desmond. E tutti e tre si ponevano lo stesso interrogativo: erano realmente salvi? Cosa significava il fatto che aveva liberato Giunone? Dovevano temere? Dovevano tremare? Troppi interrogativi e troppe poche risposte, pressoché nessuna.
Gli occhi della mora saltarono in un istante dalla strada alla spia rossa della riserva che si accese. Strinse il volante con le mani e tornò a guardare la stradina sterrata che stavano percorrendo: sulla sinistra v'era una lunga ed alta parete rocciosa mentre sulla destra alberi e cespugli, qualsiasi tipo di flora e – tra le fronde degli arbusti – si potevano intravedere gli alti palazzi di New York, in lontananza.
La ragazza non sopportava quel silenzio così colmo di tensione, tristezza, rabbia... Di parole non dette e di emozioni non esternate.
Strinse il volante con più forza e finalmente si decise a rompere quel silenzio che era divenuto opprimente, quasi assordante per via di tutti i pensieri che le vorticavano per la mente senza poi trovare una vera e propria via d'uscita, alcuna valvola di sfogo.
“Siamo in riserva.” Sibilò.
Silenzio.
Rebecca cercò lo sguardo del maestro Assassino nello specchietto retrovisore, tutto ciò che vide fu William seduto sul sedile posteriore, ricurvo in avanti con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani fra i capelli. Il viso affondava tra i palmi.
Serrò le labbra e lo sguardo si spostò nuovamente, con un leggero movimento del capo. Guardò Shaun.
L'inglese se ne stava a fissare il panorama di fuori, sembrava apparentemente assente. In realtà notò con la coda dell'occhio che la ragazza lo guardò per un istante così, a sua volta, volse il capo verso di lei con uno sguardo indecifrabile: sembrava quasi si fosse svegliato in quell'istante da un lungo sonno, quasi da un coma.
“Come? Hai detto qualcosa?” Domandò. La voce era piatta, priva di qualsiasi emozione.
A quel punto Rebecca notò quanto fosse stato sciocco il suo tentativo di rompere il silenzio – seppur ci fosse riuscita.
“Ho solo detto che.. Nulla.” Si morse la lingua e si sentì stupida, inadeguata ed inutile. Non c'era modo di alleviare i loro dolori, non c'era modo per far svanire le loro pene anche se avrebbe voluto farlo con un semplice schiocco di dita.
In quell'istante le parole di Rebecca rifiorirono nella mente dell'inglese, il quale percepì l'informazione che poco tempo prima la compagna aveva riferito ai due.
“Fermiamoci qui. E' tardi... Siamo tutti stanchi e provati, forse dovremmo fermarci, aspettare e vedere che cosa succede. Non farà la differenza se rimaniamo qui o in città se il mondo dovesse realmente... Beh.” Si bloccò.
E se il mondo fosse realmente finito? Non potevano averne la certezza finché... Finché cosa? Finché il 21 Dicembre non sarebbe passato? Il suo sguardo saltò incerto verso l'orologio del veicolo: erano le sette di sera appena passate.
Rebecca non osò completare la frase del compagno, si limitò semplicemente a fare come richiesto espressamente da lui: rallentò e sterzò leggermente verso destra, uscendo dalla stradina sterrata e fermando il furgoncino nell'erba sotto le fronde di alcuni alberi i quali, strusciando contro la carrozzeria del veicolo, provocarono un fastidioso stridio che però, grazie al cielo, finì solo qualche istante dopo.
La ragazza girò la chiave nel quadruccio ed anche il motore si spense, lasciando spazio ad un silenzio più pesante di quanto già non fosse prima.
Rimasero tutti fermi, nessuno proferì parola, fin quando Shaun non si alzò dal suo posto e si sedette dietro, di fronte a William. Appoggiò come lui i gomiti sulle ginocchia e con una mano gli sfiorò il braccio, prima di afferrarlo.
“...” Cosa avrebbe potuto dire? Qualsiasi cosa alla quale pensava gli sembrava di un cinismo assoluto.. Così si limitò ad aprire il suo cuore: per una volta gli sembrava la cosa più giusta da fare.
“William, io...” Fece una pausa e deglutì a fatica. Lanciò uno sguardo alla mora, la quale sembrava completamente estranea alla discussione ma che – in realtà – li stava osservando dallo specchietto retrovisore.
L'inglese tornò a guardare l'uomo, chiuso in sé stesso. Non poteva vederne gli occhi, lo sguardo, il viso... Era stato in silenzio tutto il viaggio quasi fosse diventato invisibile.
“Mi dispiace.” Asserì qualche attimo dopo, stringendogli il braccio. “Lo ha fatto per noi, lo ha fatto per salvarci noi tutti e...”
Non fece in tempo a finire la frase che William alzò il capo di scatto, quasi fulminandolo con lo sguardo, “Sì ma chi ha pensato a salvare lui? Chi ha pensato a salvare mio figlio?!” Domandò, alzando la voce, in un acuto misto di rabbia e disperazione. Nell'istante subito dopo ritirò il braccio, liberandosi dalla presa dell'inglese. Quest'ultimo si tirò appena più indietro, mortificato e interdetto: aveva visto nei suoi occhi la delusione di un Maestro il quale non era riuscito a portare a buon fine il suo lavoro, l'umanità lacerata di un uomo il quale era dovuto scappare da uno spettacolo orrendo e – non meno di tutti – la disperazione di un padre che aveva appena perso il proprio figlio.
“Io non intendevo..”
“Non mi importa cosa intendevi Shaun! Non mi importa!! Lo capisci?!” Si accanì contro l'inglese, prima di allungare un braccio ed aprire gli sportelli posteriori del furgoncino, uscendo.
William inspirò a pieni polmoni, riempendoli con l'aria fresca. Si sentiva distrutto, a pezzi. Non voleva prendersela con Shaun ma non riuscì a fare diversamente: dopotutto era lui che lo aveva fatto salire sul camioncino quasi contro voglia, forse covava un po' di risentimento per quello: per non averlo lasciato andare da suo figlio.
“Accidenti.” Bofonchiò stizzito l'inglese, osservando William allontanarsi.
Rebecca allora si alzò dal sedile di guida e lo raggiunse nella parte posteriore del veicolo. “Lascialo andare... Forse ha bisogno di stare un po' da solo.”
“Io non volevo..”
“Lo so Shaun, lo so.” Lo interruppe Reby poggiandogli una mano sull'avambraccio, sedendosi di fronte a lui nel posto prima occupato dal padre del loro – ormai – defunto compagno.
L'inglese appoggiò una mano su quella della ragazza, quasi in una gentile pacca, poi la guardò.
La terra tremò nuovamente. Rebecca rabbrividì. Strinse la mano del compagno e cercò di mantenersi lucida e positiva, per quanto quella situazione potesse farla rimanere positiva.
“Credi che Desmond...?” Azzardò la ragazza, senza aver il coraggio di finire la frase.
“Non lo so Rebecca, io credo.. Non lo so.” Si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo sulla sua mano, sopra quella della ragazza.
“Perché siamo scappati via?” Domandò ancora la moretta, ormai attanagliata dai sensi di colpa per aver lasciato il compagno di fronte ad un destino così buio, incerto e misterioso.
“Perché era così che doveva andare, perché voleva che andassimo via, perché era giusto così.” Rispose l'inglese. Si rese conto di quanto la sua risposta fu fuori luogo ma non ci poteva fare nulla, il cinismo era parte di lui.
“Era.. Giusto così?” Chiese la ragazza, interdetta. “Era-giusto-così? Ma ti rendi conto di quello che dici?! Sei sempre il solito cinico del cazzo!” Sbraitò la ragazza, prima di ritirare la sua mano e di alzarsi, tornando al sedile del guidatore.
Shaun schiuse appena le labbra, per dire qualcosa e difendersi, ma quello che uscì fuori dalle sue labbra fu solo un flebile sospiro. Non intendeva realmente dire ciò che aveva detto.
La ragazza non aveva alcuna voglia di sentire ancora la voce di quel cretino di Shaun, così ritirando una gamba al petto, appoggiando il ginocchio contro il volante, allungò una mano ed accese la radio.
Sembra una specie di enorme aurora boreale, non si è mai visto nulla del genere. I testimoni parlano di tempeste elettriche e di strani fenomeni atmosferici..”
Rebecca volse appena il capo verso Shaun, la quale la guardò e velocemente si alzò per raggiungere il sedile del passeggero, accanto a lei, alzando poi il volume della radio.
Le autorità invitano a restare in casa e ad aspettare. I geologi riferiscono di attività sismiche nell'intera zona interessata. Nel nord-est del Canada pare che sia in corso la grandinata più violenta mai registrata..” Di tanto in tanto il segnale sfarfallava.
I due compagni si guardarono.
Satelliti e trasformatori saltano ora che i fenomeni sono più intensi. In tutto il mondo ci sono black-out......” La trasmissione si interruppe nuovamente, questa volta per qualche istante, “.. Si sta calmando. Focolai di attività sismica e vulcanica sono ancora attivi... Ma l'intensità e calata drasticamente. Ovviamente ci vorrà del tempo perché gli esperti valutino la gravità dei danni causati dagli eventi di oggi. Tuttavia, sembra che il peggio sia passato. Continueremo a tenervi informati sui nuovi sviluppi.”
I due ragazzi si guardarono. Questo significava che...?
Shaun vide gli occhi della mora riempirsi di lacrime e la sua espressione mutò velocemente. Prima che potesse dire o fare qualcosa si buttò tra le braccia del compagno inglese, il quale strinse appena i denti e le portò le braccia intorno al corpicino della ragazza, scosso dai singhiozzi. La strinse contro il suo petto.
“Sta calma... Shh. Sta calma. Va tutto bene.” Sussurrò prima di spostarsi appena e scivolare dal sedile al pavimento del veicolo assieme alla ragazza che ormai si ritrovava tra le sue gambe, con il viso affondo nel suo petto.
Shaun allungò una mano e spense la radio, riportando poi il braccio intorno al corpo esile di lei. Poggiò le labbra tra i capelli dell'Assassina e rimase in silenzio, cercando quantomeno di farle sentire un po' di calore ed il suo appoggio.
L'inglese doveva ammettere che inizialmente non aveva preso bene l'aggiunta del pivellino nella loro squadra, quando Lucy l'aveva portato nel loro nascondiglio. Si era sempre comportato male con lui in modo scorbutico e sgarbato... Eppure pian piano aveva cominciato ad allacciarci un rapporto, lentamente, pian piano, giorno dopo giorno. Non era stato facile anche perché Shaun non era un tipo facile, non provava simpatia per chiunque, era difficile per lui legare con le persone. Eppure, l'inglese, poteva dire che alla fine tra i due si era formato un certo rapporto, un certo legame. Non poteva negare che gli dispiacesse per quel ragazzo, anzi, forse aveva cominciato da un po' – sempre a modo suo – a volergli bene. Lo apprezzava: non tutti avrebbero avuto la forza d'animo che avrebbe avuto lui, molti altri si sarebbero tirati indietro, non ce l'avrebbero fatta, sarebbero crollati. Shaun stesso non sapeva come si sarebbe comportato al posto del novellino.

Maledizione, Desmond..”

______________________________
Angolo autrice:

Hellooo folks!
Ed eccoci qui con il secondo capitolo.
Qui come potete vedere ho lasciato un po' più spazio all'introspezione, più che altro a quella di Shaun e un po' a quella di Rebecca, la quale comunque si nota che prova un certo disagio.
Per una bella introspezione di William - mi riferisco soprattutto a
La Strega di Ilse che mi disse a riguardo nella rece - (approposito ti ringrazio! :D) bisognerà aspettare tra il prossimo capitolo e quello dopo, dunque il terzo ed il quarto. 
Ne varrà la pena, mi piacciono le cose drammatiche a me, e bisogna costruirle bene! Eheheh :°D
Ma solo io e lei ci siam rimaste male per il finale di AC III? E per il povero piccolo Desmy? ç___ç
Sigh. Comunque che dolci Shaun e Rebecca u.u *Love is in the air* aahahah xD
Sciocchezze a parte, ringrazio in anticipo chiunque vorrà recensire o inserire la storia da qualche parte! (Detto così pare brutto! xD)
P.s: ovviamente 'Nova Era' vuol dire 'Nuova era'.. Ma credo sia ovvio xD
Vabbè, mi dileguo u.u

Vi mando un bacio e al prossimo capitolo!




Evelyn

   
 
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