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Autore: Maya98    10/02/2013    4 recensioni
" -E così il grande guerriero dedito ad Ares che vidi partire è stato schiaveggiato dal servetto prediletto della Pallade Atena.-il suo sguardo trafiggeva la sua pelle come minuscole schegge condotte dal vento:-Quasi divertente. Da simposio.
E lui, nonostante il pericolo, nonostante l'onore, l'orgoglio e la voglia di vita, riusciva solo a pensare ciò che l'altro avrebbe detto se fosse stato lì, cioè che non era stato lui — devoto alla Sapiente — a catturare un guerriero di Ares, ma piuttosto le tremende frecce del figlio di Afrodite che avevano colpito e affondato entrambi, facendoli crollare avvinghiati dinnanzi alla Moira."
OldGreece!AU - Sherlock!Ateniese/John!Spartano
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Note di inizio pagina:

Risparmiatemi, vi prego, per ciò che sto per dirvi. Nella Grecia Antica i nomi cambiano. Ne sono consapevole. Per ciò sono stata costretta a fare altrimenti. Le consonanti dolci “ci” e “gi” non ci sono, e per rendere il più possibile il suono “Gh” simile a “Gi” ci ho messo una I di fianco. In sostanza, è saltato fuori che il nome John è diventato Ghiòn. Si declina come un nome della terza declinazione con tema in ni. Cioè Ghiòn, Ghiònos, Ghiòni, Ghiòna etc etc. non ditemi quanto fa schifo. Quanto a Sherlock...bè. Skerlòck? Santo cielo, è orrendo. E come dovrei declinarlo? Come un nome della terza con tema in gutturale? Skerlòcks, Skerlòckos, Skerlòcki, Skerlòka...orrendo. Eppure, ho fatto così. Vi scongiuro, se qualcuno ha un’idea migliore me lo faccia sapere!!!!!!!

Punto 2: Nomi di luoghi poco precisati e anche i tempi, perché non vorrei fare casino con qualche evento storico importante. Potrebbe esserci qualche cosa un po’ inadatta allo stile di vita, in tal caso sarei grato a chicchessia per avermelo fatto notare. Grazie. 

L’Incontro - Η ἔντευξις

Capitolo primo

 

Il sole scintillava con la sua potente luce riflettente nei flussi smossi e agitati, comandati da Poseidone, del mare sotto al porto di quella piccola città del Peloponneso. Strano a dirsi, ma vero: nonostante i chiari segnali di brutto tempo lanciati dagli dei per tutti i giorni precedenti, sembrava che alla fine i riti propiziatori condotti dall’orda di persone che si erano presentate per la partenza sembravano giunti allo scopo. Zeus si era risparmiato da inviargli oscure e minacciose nuvole contornate di saette scintillanti come nelle notti precedenti, e chissà che la spedizione non conducesse ad un arrivo al posto che ad un naufragio.

Ghiòn, da Sparta, se ne stava seduto sul bordo scivoloso e verdastro, bollente come la piastra folgorante di Efesto, con i piedi immersi nelle gelide acque dell’Egeo fino alle caviglie. Il fresco era un balsamo benefico per le sue temprate piante dei piedi, coperte di lividi ed escoriazioni. Abituato fin da bambino a camminare scalzo, anche nelle sue lunghe corse nei boschi verso le steppe dove campeggiavano gli Iloti, quando le dure schegge del legno e i sassi del terreno si conficcavano nella profondità del suo derma, come denti affilati di bestie selvagge. Si era seduto per un attimo in quel misero angolo di ombra, la mano ferma sempre sullo scudo, per ogni evenienza. La lancia appoggiata al fianco non era propriamente una lancia da guerra, ma dopotutto in guerra neanche doveva andarci, lui.

-Ghiòn?-lo raggiunse una voce alle sue spalle, tagliente quanto il filo di un rasoio. Colse nel tono la storta pronuncia dialettale caratteristica dell’Attica, e quasi storse il naso. Voltò appena la testa, appoggiando a terra lo scudo di bronzo in posizione tale che il sole lo colpisse il pieno e lo facesse scintillare alla luce bronzea di quel caldo pomeriggio, per poi mettersi in ginocchio, togliendo i piedi dall’acqua fresca, e alzarsi in piedi. Fissò il suo interlocutore dal basso all’alto, partendo dagli arti calzati da elaborati e comodi sandali, alla tunica piuttosto singolare. Ed infine, un paio di occhi marroni e capelli ramati, quasi rossastri. Ghiòn alzò un sopracciglio, poi si decise a rispondere, con tono controllato:-Ho l’onore di aver parola con chi?-chiese educatamente.

L’uomo sembrò raddrizzarsi, alla risposta, prima di sbattere un paio di volte le palpebre e avvicinarsi di un passo allo Spartano, con andatura quasi baldanzosa, finché non gli giunse poche spanne dal petto, torreggiando su di lui con la sua barba incolta:-Sono Euskaliòs, l’Ecìsta(1), da Atene. Figlio di Lakàdros da Corinto.-aggiunse, dopo una breve occhiata obliqua:-Tu devi essere Ghiòn da Sparta, il celeberrimo.

-Non così celebre, Euskaliòs.-replicò Ghiòn, chinandosi per raccogliere la lancia e lo scudo da terra, per imbracciarli:-Nel mio paese, mi chiamano solo...

-Il guerriero di Ares.-concluse l’Ecìsta, alzando nuovamente un sopracciglio e stringendosi al petto la catasta di pergamene che sembrava star consultando:-Ne siamo consapevoli. Conosciamo anche la tua storia, figlio di Edìpsos, la tua sanguinosa e terribile storia. Grazie al favore che tuo padre deve a noi Ateniesi abbiamo un vero soldato, tra noi. Siamo onorati di aver fra noi un combattente così nobile e valoroso della tua stirpe.-sorrise con i denti, dando l’impressione di essere costretto a pronunciare ciò che realmente stava dicendo:-E di non esserti nemici.

-I preparativi per la partenza sembrano conclusi, vedo.-disse Ghiòn, alzando lo sguardo verso la splendida ed imponente, seppur piccola e veloce, triremi sulla quale sarebbe dovuto salire a breve, alla volta di una nuova avventura:-A quando la partenza?

-Non tra molto.-rispose Euskaliòs, sollevando una mano ad indicare a sua volta la nave, e poi il cielo:-Sicuramente prima che sorga la prossima alba.

-E i mari come si prospettano, favorevoli o contrari?-insistette lo Spartano, certo di voler essere sicuro di ogni sfaccettatura di quel viaggio. Era stato chiamato a favore per proteggere la spedizione degli Ateniesi a fondare una nuova colonia, e aveva intenzione di compiere fino in fondo il suo compito.

-Nettuno sembra esserci generoso, questa volta.-disse l’Ateniese, sospirando:-Non altrettanto Eolo. Ma importante non è così tanto, poiché sembra che i sacrifici a Zeus siano andati a buon fine. Speriamo che Ermes sia con noi, protettore dei confini e dei viaggi, e che nessuno dia ascolto a quello scellerato che ci ritroviamo sulla nave.

-Scellerato?-chiese Ghiòn, stringendo con forza più salda la lancia nella sua mano, finché non sentì il duro legno e la vernice opporre resistenza. Stringendo di più avrebbe forse potuto spezzarla, ma era una delle poche che aveva a disposizione e farlo sarebbe stato uno spreco. Ma il suo animo di combattente si infiammava se qualcuno lo informava di un pericolo imminente, e a quanto aveva esperienza gli scellerati non fanno altro che portare sventure.

-Una persona fastidiosamente importante e vitale allo scopo della spedizione, anche se terribilmente irritante.-si lamentò l’Ecìsta:-Ma assolutamente ottimale, rispetto a tutti gli altri incompetenti che ci ritroviamo. È il guaio di estrarre a sorte tra i volontari: famiglie che si spezzano, rabbia e furore che accecano gli occhi anche delle persone più giuste messe di fronte alla sorte. Mikès, figlio di Stamfròn, guaritore, ti farà conoscere la compagnia di quei pochi che vale la pena di conoscere. Non ci sono che umili contadini, aristocratici in rovina, politici perdenti e gente in cerca di fortuna. Non aspettarti compagnia di altri soldati, Ghiòn, perché non ce ne saranno. E guardati le spalle da chi Mikès ti indicherà, egli cerca di proteggere il nostro unico protettore.

Ghiòn pensò che forse anche lui andava inserito tra quelle folle di disperati. Da quando era tornato dalla guerra, non era più lo stesso. Chissà, avere ancora la speranza di un qualcosa che il Fato ci destina. Magari nella colonia avrebbe potuto iniziare una nuova vita.

Mikès era a pochi passi dall’Ecìsta, con una stazza grossolana e un viso rotondo di uomo colto eppure agiato. Fece un breve cenno a Ghiòn, che ricambiò sollevando la lancia. Lui e Mikès si erano già conosciuti in una delle tante visite di Stamfròn a Sparta, quando ancora non era successa la tragedia. Lo Spartano era sempre stato curioso riguardo all’arte dei guaritori, e spesso Mikès gli insegnava qualche scorciatoia. Ghiòn lo Spartano fu ben contento di allontanarsi dall’Ecìsta, che gli procurava una sgradevole sensazione, e accordò il passo a quello del guaritore per il principio del giro turistico.

-Aleksandrà, sorella tua, è in salute?-si informò cortesemente Ghiòn, mentre passavano vicino alla triremi con la schiena retta:-E la sua progenie?

-La sua nuova casa prospera e suo marito è un uomo d’onore.-replicò Mikès, con un sorriso spontaneo al pensiero della sorella. Erano sempre stati molto legati, e al tempo del matrimonio era stato molto in pensiero per la sua sorte:-Quanto alla tua, di sorella, Ghiòn, sono tempi migliori per lei?

-Non esattamente.-rispose il soldato, scuotendo la testa al ricordo:-La mia famiglia non è in un buon periodo, ora. Speriamo che Era sia generosa per la quarta nascita di mia madre. Tra un mese sarà il momento propizio. E Zeus sia lodato.

A Ghiòn non andava di pensare a sua sorella. Da quando era diventata una delle menadi (2), e si riuniva con Klarès e le altre in quegli impervi luoghi montuosi così distanti dalla civiltà e dalla popolazione, non era più la stessa. Asseriva di aver raggiunto una nuova dimensione spirituale, e questo l’aveva portata ad essere sempre più strana. Il suo matrimonio era saldo, poiché lui la tradiva con altre e lei lo stesso, soprattutto in compagnia delle sue amiche. La legge di Sparta non prevedeva nessuna pena per questo, ma Ghiòn credeva che, nonostante tutto, fosse un insulto agli dei. 

-Ho saputo delle tue imprese in guerra,-asserì Mikès, comprendendo che sarebbe stato meglio sviare l’argomento:-C’è di vero o sono i cantori che romanzano sui miti epici chiamandoti “Achille secondo”?

-Cantori da strapazzo.-sbottò Ghiòn, appoggiandosi un secondo alla lancia per sfuggire ad una forte fitta della gamba:-La maggior parte dei racconti sono veri.

-Sei stato ammirato per il tuo coraggio,-disse l’Ateniese, conducendolo verso un posto un poco più riparato dal sole cocente della Grecia, sotto il quale si trovavano diversi uomini dalla carnagione caramello e i capelli biondi scuri, a rilassarsi e a respirare un po’ di frescume concesso in quell’estate, dono di Persefone. 

-Ma mi hanno rimandato a Sparta.-concluse Ghiòn, non senza una nota di rammarico nella voce. Quella faccenda gli bruciava nel petto ancora più di sua sorella. Era convinto di essere stato colpito da una grande ingiustizia, ma si sa: Zeus non si assicura che esista, a lui rimane il ruolo di guardiano del Kosmos, l’ordine del Mondo.

-Ghiòn, questi sono Nepontès, nipote di Ghieren,-mormorò Mikès, giunto sotto il porticato, indicando un uomo alto e barbuto che si stava dissetando la gola riarsa con un fiasco di vino fresco:-Gregories, figlio di Lestradès di Argo;-aggiunse invece, facendo un cenno ad un uomo dalla pelle stranamente pallida e i capelli grigiastri:-Andresòn, figlio di Sylviòn, di Lesbo. E...-l’ultimo uomo aveva un’espressione truce e i capelli scuri piuttosto lunghi, che gli coprivano il volto. Era alto e magro, ma nel complesso forniva un’impressione nettamente sgradevole.

-O cari compagni d’avventura,-esordì Mikès, mentre quelli si facevano avanti per squadrare Ghiòn più da vicino:-Qualcun sa darmi notizia sua?

-Nel bosco, con quelle sue diavolerie.-ringhiò Andresòn, spostandosi i capelli dal volto e aggiustandosi i sandali, la fronte imperlata di sudore liquido e viscoso causato da quella forte afa estiva.

-Quindi, ci troviamo davanti a Ghiòn il combattente di Ares?-chiese invece Nepontès, facendosi avanti con un sorriso ammirato verso lo Spartano:-Quale onore. C’è giunta all’orecchio la tua storia, o meglio, quella delle tue imprese. Ti sei distinto in guerra per valore e coraggio.

-Ogni combattente ha un obiettivo, quando si trova in guerra.-replicò Ghiòn, seccamente, scuotendo la testa mentre una fitta lancinante gli percorreva il corpo, dalla spalla fino alla gamba, e per qualche tempo temette che la lancia alla quale si teneva saldamente aggrappato si sarebbe spezzata sotto il suo peso:-Ma non tutti conseguono gli obiettivi che si erano posti, e altri ne raggiungono di indesiderati.

Mikès si mosse a disagio, quando calò un silenzio che sarebbe stato tale soltanto all’Ade, nella quiete oscura e nebbiosa dei morti, e alzò la testa con fare fiero, il guaritore:-Sarà meglio che lo presenti all’ultimo membro. E che Zeus lasci che lo riesca a trovare!

Eupèr (3), dalle scure e morbide chiome e le labbra sottili, si fece avanti con passo timido nella sua veste bianca. Suo fratello Krismòs non era nei paraggi, al momento, e per ciò le era concesso parlare con altri uomini:-L’ho poco fa veduto nella radura dietro a quegli ulivi.-disse, stringendo le mani alla veste candida:-Raccoglieva delle erbe per gli infusi.

-Che Era ti porti un buon marito e dei buoni figli, Eupèr graziosa, per la tua bontà.-la benedì Mikès, sorridendole grato:-E Ghiòn, procediamo alla ricerca dell’ultima presentazione.

Il bosco era ancora più fresco, e c’era un profumo di olio. Gli animali, spaventati da quei passi sul selciato, non si fecero vedere più di tanto. Soltanto gli uccelli tanto fedeli ad Apollo canticchiavano, intonando melodie sconosciute alla razza umana, e per quanto più ci si addentrava, la luce riusciva sempre ad illuminare tutto. Seguirono il sentiero per un tratto, poi svoltarono a destra e finirono per trovarsi in una radura bellissima, sicuramente dimora di una ninfa dei boschi devota ad Artemide. Un rigagnolo d’acqua proveniente dal mare, salata, scintillava alla luce del sole come poco prima aveva fatto lo scudo di Ghiòn, sul porto. Tra i cespugli, chinato a raccogliere ciuffi di erba valeria, c’era un uomo.

Mikès si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, ma quello si limitò ad un breve cenno del capo come saluto.

Aveva dei riccioli neri che sembravano un cespuglio colorato d’inchiostro, cresciuto incolto su un deserto di sabbia bianchissima. La pelle perlacea, risplendeva alla luce come le madreperle che ogni tanto, da piccolo, quando si trovava al mare, Ghiòn pescava sul fondo. Era alto, molto alto, la corporatura esile e fina. Quando finalmente si alzò, si riuscirono anche a scorgere due occhi incredibili e chiari di felino. Ghiòn si chiese se per caso non fosse mezzo divino.

-Mikès, mi presteresti la bisaccia che porti cinta alla vita? Ho scordato la mia alla nave, temo, e ho un fascio di Agrimonia che rischia di rovinarsi.

Ghiòn riconobbe all’istante il puro accento Attico di Ateniese di nascita. Eppure, quello che aveva davanti non sembrava affatto un Ateniese. Innanzi tutto, era scalzo, e gli Ateniesi comunemente si servono di sandali, al contrario degli Spartani. I suoi piedi, però, sembravano integri, senza alcun graffio o livido, pallidi quanto gli occhi vitrei dei morti.

-È piena di carte.-si scusò Mikès, ma Ghiòn non fu certo se fosse una bugia o meno. Avanzò di qualche passo, verso l’uomo, quasi attendendo che Mikès lo presentasse, come per gli altri:-Ecco,-disse, slegando il marsupio che teneva e porgendolo all’uomo:-Usa il mio.

-Arabo o Indiano?-chiese quello, afferrando la bisaccia e riempiendola con il fascio di erbe che teneva tra la braccia, senza ringraziare. Dovevano avere le spine, perché le sue braccia erano tutte graffiate, e le sue mani piene di sangue.

-Come?-chiese Ghiòn, certo di non aver compreso bene.

-La ferita alla spalla. Chi gliel’ha inferta, un Arabo o un Indiano?

Ghiòn si portò una mano alla bocca, per lo stupore. Giove padre, chi era quella creatura e come faceva a saperlo? Era forse il figlio di un dio? Di una dea? Era per caso uno spirito onnisciente?

-Arabo.-rispose, sfiorandosela inconsciamente con le dita:-Ma come fai a saperlo, o per Pallade?

-Devi essere la nostra guardia, immagino, dalla lancia e dallo scudo che porti.-replicò egli, senza degnarsi di rispondere alla domanda, legandosi la sacca a tracolla, e chinandosi a frugare in un cespuglio, per riemergere con i suoi sandali:-Sbaglio?

-No.-replicò Ghiòn, in soggezione, fissando Mikès in cerca di aiuto. Ma questi sorrideva saccente, e non gli fece nessun cenno che potesse salvarlo da quella strana situazione.

-Non oso immaginare le storie che ti avranno raccontato su di me,-sbuffò l’uomo, alzando gli occhi al cielo:-Che le Muse possano ispirare la loro fantasia, visto quanto rispecchiano la realtà.-scosse la testa, facendo ondeggiare i ricci, e Ghiòn batté le palpebre due volte.

-Questo è Ghiòn di Sparta.-disse Mikès, decisosi finalmente a intervenire:-Figlio di Edipsos.

-Molto bene.-disse lui, senza fare commenti sulla sua fama giunta addirittura fino ad Atene, come un distratto che non ne era stato informato:-Ora c’è stata la presentazione ufficiale, Mikès. Abbiamo finito, qui. Arrivederci sulla nave...Ghiòn.-fece un breve cenno con la mano, mentre mi avventurava tra la boscaglia scura.

-Un momento!-lo bloccò Ghiòn, alzando lo scudo e obbligando l’uomo a fermarsi e a trafiggerlo nuovamente con i suoi occhi di cristallo.

-Non mi ha..non mi hai reso noto il tuo nome.-disse lo Spartano, abbassando il braccio:-Per...per la bisaccia. In qualche modo dovrò riaverla.

L’uomo sembrò soppesare la richiesta con estremo eppure laconico interesse. Poi, lentamente, si volse verso la selva fitta, come richiamato da una voce oscura. Infine parlò, scandendo bene le parole:-Il mio nome è Skerlòck, di Atene, ma credo che quanto alla bisaccia sarò io a trovarti per rendertela.

Detto questo, sembrò svanire nell’oscurità tra le foglie e i rami di quella selva marittima.

Ghiòn volse lo sguardo su Mikès, che era ancora fermo a guardarlo, ed egli alzò le spalle:-Sì,-disse, alzando un sopracciglio:-È per questo che lo chiamano scellerato.

( continua )

 

Note:

  1. L’Ecìsta era colui che veniva nominato fondatore della Colonia.
  2. Menadi, cioè “Pazze”, chiamate anche Baccanti. Si trovavano in luoghi montuosi per compiere rituali orgiastici, sacrifici cruenti e fare danze spirituali in nome di bacco. Visto che è il dio del vino, penso che l’antica Harry potesse essere una di quelle sfrenate come alcolista.
  3. Eupèr è il nome che ho dato a Molly. Semplicemente perché non sapevo come cambiare il suo nome: ho deciso per il cognome. Hooper. Uper. Il problema è che “upèr” in greco è una preposizione. Quindi ho optato per rendere l’H una Eta, e farla leggere E. Da qui E+Upèr=Eupèr. Gli altri sono comprensibili, vero? Se avete dubbi chiedete pure.

 

Angolino della Skizzata:

Ebbene sì. Ho deciso di imbarcarmi in questa storia. Che masochismo, che masochismo, chissà quando aggiornerò

Amen. Recensioni gradite, anche negative, e soprattutto consigli. A chissà quando!!!

Maya

  
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