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Autore: Tomi Dark angel    14/02/2013    7 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-DEAN!!! DEEEEEAN!!!- urlò Sam, dimenandosi nella stretta invisibile che lo schiacciava contro la colonna. Non poteva, non voleva, crederci. Dean e Castiel…  morti. Raphael aveva affondato una spada angelica nel petto di Cass e contemporaneamente anche il cacciatore si era afflosciato senza un lamento. La stretta invisibile era venuta meno sul suo corpo e solo allora Dean era scivolato a terra in un lago di sangue, gli occhi ancora spalancati e vuoti ormai privi di ogni luce e calore.
Bobby non aveva neanche avuto la forza di gridare. Si era limitato a fissare gli occhi in quelli vacui di Dean e poi di Castiel, ripetendo nella sua mente che no, non potevano essere morti. Quei ragazzi erano la sua vita… la sua famiglia. Senza di loro non era niente, se non un vecchio con un passato da ubriacone alle spalle.
Alla fine, Bobby chinò il capo e chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire due semplici lacrime. Aveva promesso di proteggerli, ma era stato tutto inutile: prima John, adesso Dean e Castiel. Era tutto perduto, per lui e per tutto ciò che aveva di più caro.
Sam si dimenò ancora, ruggendo il suo dolore. Raphael rideva, bagnandosi le mani nel sangue del suo stesso fratello.
In quel momento un sussurro distrasse Sam, che voltò il capo in direzione di Samael. L’angelo aveva il capo chino e tremava violentemente. Quando parlò, la sua voce vibrava della vera voce degli angeli, stavolta intrisa di una rabbia animale, spaventosa che fece zittire Sam e rialzare il capo a Bobby.
-Raphael…- ringhiò, mentre la colonna alle sue spalle cominciava a vibrare e a riempirsi di crepe. I due angeli che lo sorvegliavano guardarono il fusto interdetti. –Avevi promesso di non fargli del male… avevi promesso la sua salvezza… pagherai cara la tua menzogna e che l’inferno mi inghiotta se non sarò in grado di staccarti la testa con le mie stesse mani!-
La terra tremò violentemente, scossa dalle fondamenta da un potere nuovo che si sommava a quello già pronto a esplodere di Samael.
-Non sei solo.-
 All’improvviso il tetto tremò e grossi pezzi di marmo e pietra cominciarono a cadere dal soffitto, senza tuttavia sfiorare Samael, Castiel e i cacciatori presenti nella chiesa. La pietra gemette straziata quando una forza soverchiante, immensa, sradicò il tetto della chiesa, guglie comprese, gettandolo di lato come se non avesse peso.
I muri della chiesa tremarono, le colonne cominciarono a spaccarsi e a cedere una dopo l’altra.
Un abbaio feroce fece voltare Raphael verso Sindragon che entrava di corsa nella chiesa. Il cane attraversò in un istante la navata centrale e con un balzo atterrò sul petto di uno degli angeli che sorvegliavano Samael, stendendolo, e prima che l’altro compare potesse reagire azzannò con forza una delle catene che imprigionavano l’angelo. La catena andò in frantumi sotto la potenza delle mascelle dell’animale angelico e con uno strattone Samael liberò anche l’altro polso. Fece roteare la catena sulla testa e la abbatté sulle catene che imprigionavano Castiel con tanta forza da spezzarle di netto come burro reciso dalla lama di un coltello.
Mentre Sam e Bobby crollavano al suolo finalmente liberi, il povero corpo di Castiel cadde nel vuoto ma non toccò mai terra: due braccia forti lo afferrarono al volo, due immense ali azzurrine si spiegarono in tutta la loro ampiezza, irradiando un’aureola di luce candida che rincuorò Sam e Bobby, ricoprendoli di energia.
Balthazar atterrò davanti a Raphael, guardandolo con una tale gelida rabbia che l’arcangelo dovette reprimere l’istinto di indietreggiare.
-Balthazar!- esclamò Samael, stupefatto. Al suo fianco sopraggiunse Sindragon, che emise un basso ringhio gutturale a indirizzo di Raphael.
-Hai ferito mio fratello, hai fatto del male a te stesso e agli altri. In nome di chi è dall’Alto dei cieli, ti ordino di fermarti, Raphael!- ruggì Balthazar, poggiando Castiel ai suoi piedi.
Solo allora Sam, guardando meglio l’angelo vide che indossava una lucente armatura fatta di quello che sembrava cristallo decorato da arabeschi di zaffiro. Diverse placche sovrapposte ricoprivano il corpo di Balthazar, modellandosi al suo fisico. Gli spallacci rappresentavano bellissime ali dalle piume affilate come rasoi, il pettorale era inciso da un motivo di volute elegantissime che convergevano verso un unico zaffiro incastonato al centro del collare rifinito. Un diadema modellato in due onde laterali alle tempie si intrecciava al centro della fronte a formare un unico arabesco.
Era una visione bellissima e terribile. Un angelo venuto in terra si presentava agli uomini in tutta la sua gloria fatta d’armature e ali lucenti come stelle per combattere in nome del mondo e di Dio stesso.
-Chi sei tu per parlare in Suo nome?!- urlò Raphael, infuriato. –Chi sei tu per pretendere di aver parlato con Dio?! Io agisco in Suo nome, e in Suo nome ripulirò il Paradiso dalla feccia che vi abita! Castiel è stato soltanto il primo di una lunga lista!!!-
Balthazar strinse pericolosamente gli occhi mentre i due angeli sottoposti di Raphael avanzavano verso di lui, spade in mano.
-Così sia, fratello.- mormorò infine, chinando il capo.
La terra cominciò a tremare, l’aria vibrò di un potere che Sam conosceva bene e che aveva già provato sulla sua stessa pelle. Nel pavimento si aprirono diverse crepe e da esse ne scaturirono sottili fasci di luce che fecero indietreggiare Raphael.
Samael si levò in volo con due ampi battiti d’ali e risalì in ampie spirali verso il cielo, dove un’immensa nuvola lucente lo ricoprì per intero. La luce inondò il mondo e l’intenso profumo del vento generato dal battito di migliaia d’ali angeliche invase l’aria e le narici di Sam e Bobby.
-Facciamogli vedere chi siamo!- urlò la piccola Mary aggrappata al collo di Gabriel, anche lui abbigliato con la sua lucente armatura d’oro e cristallo, i capelli biondi al vento, le ali immense che sbattevano con vigore e la luminosa spada da arcangelo stretta tra le dita. La sua Grazia splendeva più di quella degli altri, le sue sei ali si stendevano per un’ampiezza di metri e metri.
Ciò che restava della soglia della chiesa fu varcato all’improvviso da una mandria di animali troppo grossi e troppo belli per essere normalissime creature terrene. Lupi, leoni, gatti, gazzelle e quant’altro giunsero dalla terra mentre dal cielo piovvero uccelli del paradiso, aquile, falchi e migliaia di altri volatili.
I Behemah Aqedà erano tornati a combattere, e con loro i rispettivi padroni: il Paradiso si stava finalmente rivoltando.
Raphael indietreggiò.
-Vi sbagliate se pensate di farcela con così poco!- urlò allora, schioccando le dita.
L’altra metà del cielo si ricoprì a breve di migliaia d’angeli dalle ali multicolori, brillanti come pietre dorate. Ogni piuma riluceva di luce propria, ogni angelo splendeva come un piccolo sole.
Samael virò con un veloce colpo d’ali per affiancarsi a Gabriel. Il suo corpo fu avvolto di luce che in pochi istanti espose il torso nudo del tramite e gli avvolse le gambe in pantaloni bianchi di seta, legandogli in vita una fascia color bronzo. Soltanto Gabriel e Balthazar indossavano l’armatura.
-Bentornato, tesoro.- sorrise Gabriel un attimo prima di fermarsi e spalancare le ali in tutta la loro grandiosità. Puntò la spada verso l’informe massa di angeli nemici, fissandoli con l’implacabile freddezza del guerriero. Il resto degli angeli alle sue spalle attese in silenzio, immobilizzandosi a mezz’aria. Il mondo fu abbracciato da una quiete momentanea, tesa e minacciosa che annullò qualsiasi suono. Tutti gli occhi erano fissi su Gabriel, i corpi tesi di tramiti donne e uomini coinvolti in una guerra di epiche dimensioni bloccati come bellissime statue di gusto classico.
La calma prima della tempesta. In quel momento lo tsunami di potenza che stava per generarsi stava chiamando a sé ogni briciolo di energia, annullando momentaneamente il normale scorrimento del mondo. Tutto dipendeva dalla spada levata di un arcangelo, dalla sua decisione e dal suo senso di giustizia.
C’è una cosa più potente di tutti gli eserciti del mondo, un’idea capace di abbattere muri e spezzare vite. Era così giusto combattere, tuttavia? Il fratricidio era una soluzione?
Gabriel incrociò gli occhi inespressivi dei suoi fratelli, scorse lo sguardo sui loro corpi, penetrando con gli occhi la carne di quei tramiti per lui insignificanti. Vide allora le Grazie di coloro che aveva visto nascere, crescere. Coloro con i quali aveva lottato, coloro che gli avevano coperto le spalle quando ne aveva avuto bisogno. I suoi fratelli.
Gabriel abbassò gli occhi e incrociò finalmente quelli di Sam. Il ragazzo lo fissava con un mezzo sorriso sulle labbra. Il suo sguardo fiducioso si riflesse in quello dubbioso di Gabriel e mentre Sam muoveva leggermente il capo per far tintinnare il campanellino appeso al collo, Gabriel capì:
Era giusto combattere per quanti come loro avevano scelto un amore rischioso, ma che valeva ogni sforzo.
Era giusto combattere per un mondo giusto e sbagliato che fosse.
Era giusto combattere per la vita, per Castiel, per tutto ciò in cui ogni singolo angelo lì presente credeva.
Era giusto combattere per la libertà.
Sam annuì, senza distogliere gli occhi dai suoi. Toccò ancora una volta il campanellino, lo strinse speranzoso nel giudizio di chi gliel’aveva regalato. Credeva in Gabriel, e questo non sarebbe mai venuto a mancare. Si fidava di lui.
Così sia, dunque.
Finalmente, Gabriel ricambiò il sorriso. Tornò a guardare in faccia i suoi fratelli e finalmente, abbassò l’arma, dando inizio allo scontro finale.
L’arcangelo lasciò cadere la piccola Mary, che precipitò con un grido ma fu afferrata al volo da un’aquila particolarmente grande che virò a est e la allontanò dalla battaglia.
Gli angeli alle spalle di Gabriel splendettero con forza, al punto che il cielo si trasformò in un’immensa cappa di luce purissima che ferì gli occhi di Sam e Bobby. I Behemah Aqedà di terra si slanciarono su Raphael, che sparì alla vista per poi ricomparire in testa alla sua schiera. Fu avvolto dalla luce e in breve un’armatura lucente identica a quella di Gabriel, con la differenza di essere decorata in arabeschi azzurrini, lo ricoprì. L’aria intorno alla sua mano si condensò, contorcendosi mentre una spada più corta, con la lama larga e piatta e l’elsa decorata da volute splendenti, si solidificava sul suo palmo.
Una spada d’arcangelo.
Una spada per combattere Gabriel.
Una spada per uccidere.
Le due schiere si slanciarono l’una contro l’altra risucchiando in loro ogni bagliore, ogni energia del mondo; perciò non ci fu da stupirsi quando i due eserciti si schiantarono con un boato, esplodendo tutta l’energia repressa dell’universo. La luce si dilatò come un’onda, abbracciando ogni cosa nel raggio di miglia e miglia, travolgendo città, foreste, case e persone. Alcuni morirono all’istante, altri ne rimasero accecati, altri ancora, i più vicini, si polverizzarono all’istante.
Balthazar si voltò verso Sam e gli altri e spalancò le ali in loro difesa, respingendo con fatica l’ondata di potere che li travolse mentre i Behemah di terra si slanciavano sui corpi dei due angeli rimasti a terra. Haniel sfuggì alla loro presa appena in tempo e scomparve, ma l’altro angelo riuscì a stento a snudare le ali che una marea di bestie gli fu addosso, sbranandolo, dilaniandolo, calpestandolo. Con un grido, l’angelo si accasciò.
-Restate qui!- ordinò Balthazar, sbattendo le ali così forte che il vento generato sbatté Sam e Bobby contro i detriti più vicini.
L’angelo biondo si levò in volo, si avvitò a mezz’aria e, chiudendo le ali intorno al corpo come un bozzolo di zaffiro, si scagliò come una freccia in basso. L’attacco fu così veloce che nessuno dei presenti vide la spada angelica saettare nei corpi dei nemici, abbattendone tre in rapida sequenza.
Sam vide diversi angeli cadere urlando, i corpi trafitti o straziati in diversi altri modi. Un tuono piovve dal cielo improvvisamente anneritosi di nuvole e si concentrò nella mano di Gabriel, che lo scagliò contro i nemici con un semplice gesto del polso. La saetta impalò diciotto angeli, rifulgendo splendente fino a esplodere nei loro corpi di carne umana.
Samael decapitò un nemico con un veloce colpo di spada e con tre frenetici battiti d’ali sovrastò la calca. Levò al cielo un grido bestiale, sollevando la spada angelica intrisa di sangue e Grazia celeste. In risposta alla sua chiamata, i Behemah alati si divisero in tre ali, aggirarono la calca con fare compatto e, levatisi in cielo, si riunirono alle spalle di Samael come un’ombra minacciosa composta di artigli e becchi affilati. Come un sol corpo, Samael e gli uccelli piombarono dal cielo, dritti sulla battaglia e mentre le aquile accecavano e dilaniavano le ali degli angeli, Samael li faceva a pezzi con la spada.
Da terra, Sam si guardò intorno fino a incrociare con lo sguardo una schiera di angeli che abbatteva uno dopo l’altro i Behemah. Volavano basso, molto basso per poter uccidere gli animali terrestri che si arrischiavano a balzare per cercare di azzannarli.
No, i Behemah no.
Una grossa tigre bianca alta almeno due metri al garrese lo affiancò, irradiando una flebile luce dal pelo candido striato di nero. Sam incrociò i suoi occhi azzurri, si riflesse nel chiarore delle sue iridi. Fu un semplice scambio di sguardi, ma bastò ad entrambi per decidere.
-Bobby, prenditi cura di loro.- disse Sam, alludendo ai corpi di Dean e Castiel e raccogliendo da terra una spada angelica, stringendola convulsamente tra le dita.
-Ragazzo, che accidenti vuoi fare?!- si allarmò Bobby, ma Sam non gli diede ascolto.
La tigre si accucciò docilmente mentre Sam gli montava in groppa, aggrappando la mano libera al pelo striato e luminoso. La spada nella sua mano splendette di luce minacciosa e Bobby non poté fare a meno di tentennare davanti a quel Sam dall’aria implacabile, epica, tipica del guerriero.
-Andiamo.- ordinò con voce ferma.
Con un ruggito talmente potente da far tremare i detriti sparsi in giro, la tigre scattò. Le zampe si abbatterono ripetutamente al suolo, le zanne si snudarono in un ringhio feroce. Al suo fianco sopraggiunse Sindragon, leggero nella sua rincorsa ma altrettanto maestoso con l’enorme massa di pelo nero accarezzata dal vento e le orecchie basse.
Sam tirò leggermente il pelo della tigre e mentre la bestia spiccava un salto verso uno degli angeli nemici, Sindragon si abbatté pesantemente contro una colonna pericolante rimasta miracolosamente in piedi. Lo schianto fu talmente forte che il fusto si inclinò pericolosamente.
Sam incrociò le lame con uno degli angeli, torse il polso e in due veloci stoccate deviò l’arma. L’angelo si distrasse per pochi istanti, ma tanto bastò agli altri Behemah per arpionargli le ali e trascinarlo giù. La colonna allora cadde, colpendo sulla schiena altri due angeli, che Sam decapitò ancor prima di vederli schiantarsi al suolo.
Dall’alto, Raphael vide lo stillicidio che Sam stava compiendo sui suoi fratelli ed emise un profondo ruggito di rabbia. Si slanciò verso il cacciatore, le ali aderenti al corpo, ma qualcosa di grosso e pesante lo intercettò, schiantandosi contro di lui con la forza di una valanga. Raphael e Balthazar persero quota, avvinghiati l’uno all’altro in un corpo a corpo senza esclusione di colpi, le ali affilate che sbattendo disperatamente ferivano nemici e alleati durante la caduta.
Raphael cercò di piantare la spada nello stomaco di Balthazar, ma questi gli bloccò il polso e glielo torse fin quasi a spezzarlo. Inutile. Banale resistenza.
L’arcangelo sbatté le ali e piantò le piume in quelle lucenti di Balthazar, facendolo urlare di dolore. Fu un attimo, una distrazione di poco conto ma che valse oro per il nemico. Raphael levò al cielo la spada angelica e con un grido belluino la affondò in profondità nel petto di Balthazar, spaccando l’armatura.
Gabriel trafisse l’ennesimo angelo nemico e si voltò verso il fratello in caduta libera che spalancava la bocca in un muto grido di dolore e sorpresa. Per un attimo incrociò i suoi occhi chiari, limpidi che lo fissarono quasi ringraziandolo con lo sguardo prima di inondarsi di luce accecante.
Le ali s’incendiarono, l’armatura andò in pezzi e mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere, Balthazar si schiantò al suolo, incidendovi a fondo il marchio delle sue ali incenerite. I suoi occhi erano ancora aperti, sbarrati su un mondo che non potevano più vedere.
Gabriel sentì le forze venirgli meno e gli occhi inondarsi di lacrime. Si guardò intorno, smettendo di combattere, sordo ai richiami di Samael che cercava di incitarlo a difendersi.
Guardò Castiel e Dean, riversi a terra in un mare di sangue.
Guardò Balthazar, il cui corpo spezzato ricopriva il terreno insieme a quelli di migliaia di altri fratelli.
Guardò Sam, il suo Sam, improvvisamente trasformatosi in un guerriero implacabile e bellissimo che non esitava a massacrare angeli in nome della rabbia e della vendetta contro chi gli aveva strappato suo fratello.
Quando all’inizio si era guardato intorno, Gabriel aveva visto la giustizia di una battaglia che meritava di essere combattuta, ma adesso? Adesso il terreno era coperto di sangue, lo stesso sangue che pioveva dal cielo insieme a piume e corpi spezzati, adesso i fratelli si ammazzavano a vicenda e lo facevano col sorriso sulle labbra. Come si era giunti a questo? Era davvero giusto combattere una guerra dove non ci sarebbero stati né vincitori né vinti?
Gabriel guardò la sua spada e provò ribrezzo per la lama sporca di sangue. Era stato lui a massacrare tutta quella gente? Era lui a muovere quegli eserciti fratricidi?
-GABRIEEEEEL!!!-
Gabriel si voltò come in trance verso l’ennesimo angelo che lo assaltava. Non ebbe la forza né la volontà di reagire: la spada angelica del nemico compì un arco nell’aria e aprì un largo squarcio in due delle sue sei ali. Sentì dolore Gabriel, ma non gridò. Semplicemente sbatté le ali sane con fare esausto mentre l’angelo che l’aveva ferito veniva massacrato da Samael.
Sam avvertì un forte dolore alla scapola sinistra e, rispondendo a un richiamo silenzioso dettatogli dal cuore, levò il capo verso il cielo, dove un mare inconfondibile di piume dorate precipitava e si schiantava al suolo, rotolando rovinosamente nel fango e nella terra.
Gabriel rimase accasciato e non provò neanche a rialzarsi. Cadde proprio accanto a Balthazar, i cui occhi vuoti sembravano scrutarlo con fare accusatorio, incolpandolo di non aver fatto niente, di non averlo salvato.
La tigre che Sam montava fu trafitta al petto da una spada angelica e con un ruggito sofferente crollò al suolo, trascinandosi dietro il corpo del cacciatore. L’impatto col terreno fu doloroso e in quell’istante Sam sentì un braccio spezzarsi e il collare sganciarsi dal suo collo. Sam vide la sottile striscia di cuoio rotolare nel fango, fin quasi a toccare la mano abbandonata di Gabriel. Un tempo quella mano aveva stretto una spada possente, ma adesso quella stessa arma giaceva conficcata nel terreno a pochi passi da lui, silenziosa, inerme.
Sam boccheggiò mentre il corpo pesante della tigre si accasciava su di lui, bloccandolo al suolo. I suoi occhi cercarono quelli di Gabriel, ma l’arcangelo aveva rivolto il viso verso Balthazar. Sam lo vide tremare dallo sforzo, sbattere l’unica ala rimasta sana anche dopo l’impatto col terreno.
Gabriel si levò faticosamente in ginocchio, il viso sporco di fango e sangue, le dita che convulsamente stringevano la roccia sottostante. Strisciò pietosamente verso il povero corpo di Balthazar e sotto gli occhi lucidi di Sam, Gabriel prese suo fratello tra le braccia e premette il viso contro la sua spalla, scoppiando in un pianto dirotto.
Se il mondo fosse stato giusto, ogni cosa si sarebbe fermata, ogni atto di violenza si sarebbe piegato dinanzi a quel pianto sincero e innocente di amore fraterno. Ogni lacrima, ogni singhiozzo di Gabriel sembrava risuonare nell’aria con una forza straziante, eppure nessuno lo udì piangere: ognuno continuò il suo massacro, ognuno continuò a combattere e nessuno vide le lacrime dell’arcangelo spezzato dinanzi all’implacabile morte dei suoi fratelli. Un pianto pulito di ogni malvagità, un pianto sincero e arrendevole all’insensato massacro della guerra. Le ali di Gabriel si afflosciarono definitivamente, il corpo si ingobbì, troppo pesante per trasportare il peso di tanta violenza.
Infine, Gabriel si arrendeva.
-Gabriel…- mormorò Sam, mentre Bobby lo raggiungeva e cercava di liberarlo dal corpo della tigre. Tese debolmente una mano verso il suo arcangelo spezzato e pregò.
Sì, Samuel Winchester pregò Dio, e lo fece non per se stesso, ma per colui che amava. Chiese un po’ d’attenzione, un pizzico di misericordia da quel cielo che aveva visto crollare la forza d’animo di un angelo tanto potente, eppure tanto generoso e fragile. Era giusto morire così, stringendo al petto ciò che restava del proprio fratello? Era giusto che Dio sopprimesse la giustizia in quel modo?
Non lasciarlo morire. Ti prego, non lasciarlo morire… non lui.
Raphael comparve alle spalle di Gabriel, stringendo tra le dita un’ala di Samael, prostrato ai suoi piedi. L’angelo perdeva molto sangue dalla testa, aveva diverse ossa spezzate e dalle sue ali squarciate piovevano gocce di Grazia.
Gabriel rivolse uno sguardo perduto a suo fratello, che lo fisso in silenzio, con disperazione. Anche Samael piangeva a dirotto, ma non lo faceva per i fratelli defunti: no, lui piangeva per coloro che ancora combattevano e che con la loro caduta sarebbero andati incontro alla morte. Era tutto perduto.
Raphael sorrise sadico prima di abbattere un piede fasciato dallo stivale dell’armatura su una delle ali dorate di Gabriel. L’arcangelo esplose nell’aria un grido sofferente espresso con la sua vera voce. I timpani di Sam e Bobby sanguinarono, ma questo mai quanto il cuore del giovane Winchester, il quale, con l’aiuto di Sindragon, riuscì a sfilarsi da sotto il corpo della tigre.
-Non ti stanchi mai di perdere, Gabriel?- disse Raphael, premendo più forte il piede contro l’ala piumata. L’arcangelo biondo emise un lamento basso e prolungato, oscillando il capo a destra e a sinistra, ma non lasciò andare il corpo di Balthazar. Era colpa sua se suo fratello era rimasto ucciso: lui, Gabriel, era sempre stato il maggiore e ciò aveva sempre implicato che si prendesse cura dei più piccoli. Dov’erano adesso Balthazar e Castiel? Dov’erano i loro occhi, la loro vita, la speranza che avevano riposto in lui?
Gabriel singhiozzò ancora mentre Raphael levava in alto la spada, pronto a calarla sul capo del suo stesso fratello. Prese lo slancio e la lama scintillò minacciosa un attimo prima di fermarsi a poca distanza dal corpo che aveva stretto a sé quello indifeso di Gabriel, circondandolo con le braccia.
Sam avvolse i fianchi dell’arcangelo con tenerezza e premette l’altra mano contro il suo capo per spingerlo contro la sua spalla. Entrambi feriti, entrambi distrutti e senza fratelli.
Avevano perso qualcosa, ma si erano trovati ugualmente.
Erano rimasti soli, eppure sapevano di essere insieme.
Nella vita, nella morte, finanche nell’aldilà, se per quelli come loro un aldilà esisteva.
L’aveva promesso. Sam aveva promesso di non lasciarlo solo, e avrebbe mantenuto la sua parola. Gabriel era sempre stato lì, pronto a proteggerlo con le sue ali e col suo corpo, ma adesso era il suo turno. La morte sarebbe giunta, ma li avrebbe colti preparati e insieme.
Sam chiuse gli occhi, inspirando il dolce profumo emanato da Gabriel.
-Sono qui. Siamo insieme.- mormorò amorevolmente, accarezzandogli i capelli con fare consolatorio. –Và tutto bene.-
Gabriel si aggrappò a lui, chiudendo gli occhi a sua volta. Premette la fronte contro la spalla di Sam, affidando ogni parte del suo essere a quel ragazzo che più di ogni altra cosa gli aveva insegnato ad amare davvero. In tutta la sua semplicità, Sam era riuscito a istruirlo sui sentimenti umani, donandogli quel pezzo che gli era sempre mancato, quella parte di cuore che in quel momento lo fece sentire completo.
Nell’oscurità delle palpebre, Gabriel si rivide intento a baciare quelle labbra morbide mentre affondava le dita nei capelli lunghi, consapevole del sorriso di Sam contro la sua bocca. Gli parve di udire lo scampanellio del collare da gatto, la risata felice del giovane Winchester. In quella visione andava tutto bene: nessuno soffriva, Dean e Castiel si abbracciavano poco lontano da loro e Bobby stringeva a sé il piccolo corpo di Mary mentre con l’altra mano accarezzava Sindragon. Questa era giustizia, questa era pace… questo era un futuro negato.
Gabriel singhiozzò ancora mentre il riflesso della spada di Raphael gli attraversava il viso. La lama calò nuovamente, stavolta per davvero e mentre il fragore della battaglia si infrangeva contro il silenzio del mondo intero, due amanti abbracciati spiccavano nella loro tenerezza agli occhi dell’universo e della morte che veniva a prenderli.
§§§§
Dean socchiude gli occhi, ferito dalla luce del sole. Non sa dove si trova, non capisce perché è lì, ma se è per questo non ricorda nemmeno cosa è accaduto prima di arrivarci. La sua unica certezza è che quel posto è bello, tranquillo e l’aria è pulita.
Si trova in un’immensa distesa di tulipani argentati. Non ha mai visto dei fiori così belli, così delicati. Osserva i pistilli giallo limone, i petali stiracchiati talmente sottili da lasciar intravedere le venature biancastre nell’argento della membrana. I gambi sono lunghi, le foglie spiegate come ali al vento leggero che soffia e li smuove leggermente.
La prateria si stende a vista d’occhio, verso colline lontane che si innalzano imponenti verso il cielo slavato di bianco e azzurro. Non c’è una nuvola, solo sole splendente ma dal calore leggero, delicato, ben diverso dall’arsura estiva che Dean si sarebbe aspettato.
Dean avanza lentamente, facendo attenzione a non calpestare i tulipani che gli accarezzano le gambe fasciate dai jeans. Sa che quei fiori sono importanti perché gli ricordano vagamente qualcosa, forse per il colore e per la delicatezza che espongono al mondo. Dean non ricorda, ma dopotutto non gli interessa più di tanto per il momento. È felice lì, vorrebbe distendersi tra i fiori profumati e godersi il sole mattutino, ma le sue gambe avanzano come di propria iniziativa, conducendolo a est.
Dean cammina per quelle che sembrano ore, ma non si stanca mai e l’unico segno del passare del tempo è lo spostamento del sole che cala lentamente dietro le colline, irradiando una criniera d’oro e arancio sul mondo. Dean cammina, continua a camminare.
“ Devo trovarlo. ”
Dean non sa cosa sta cercando, ma cerca comunque. Sa che da quelle parti si trova qualcosa di importante, un pezzo di se stesso perduto ma del quale il cacciatore necessita per essere davvero felice, per riempire il vuoto che avverte al centro del petto.
A un certo punto, Dean lo vede: è seduto tra i tulipani troppo alti per quel piccolo corpo da bambino di appena cinque anni, ma nonostante la diversità dell’aspetto attuale, Dean lo riconoscerebbe sempre e comunque.
Occhi blu, grandi e innocenti; trench gigantesco, troppo grande per quel minuscolo corpo con indosso abiti larghissimi che gli nascondono mani e piedi come una coperta; capelli scuri e scompigliati. Alle sue spalle, distese per metri e metri di lunghezza, quattro gigantesche ali di piume argentate si afflosciano nell’erba, quasi fondendosi col colore dei tulipani. Sono ali troppo grosse per quel piccolo corpo, un po’ come i vestiti che indossa.
Il bambino guarda l’orizzonte con occhi persi e quasi non si accorge di Dean che con gesti lenti e moderati si accomoda al suo fianco, affondando i palmi nell’erba.
-Cass?- chiama lui e finalmente quel grosso vuoto che gli riempie il petto vibra gioioso, restringendosi un poco. È quello il pezzo mancante, il necessario per riempire il nulla nel cuore di Dean: quegli occhi, quelle labbra, quel trench. Quelle ali. –Che stai facendo?-
-Aspetto.- rispose il bambino con voce acuta e tanto diversa da quella del Castiel adulto.
-Che cosa?-
-Non lo so. Non sono qui per sapere cosa aspetto, ma per aspettare e basta.-
-Dovresti porti qualche domanda ogni tanto, sai?-
-Non mi è concesso domandare. Mio Padre non vuole.-
Allora Dean capisce che quel Castiel deve essere molto giovane, anche per un angelo. Forse è appena nato, forse lo è da poco, ma quell’aspetto puerile dovrebbe rispecchiare in pieno la giovinezza dell’angelo. Niente domande, niente risposte. Lui è addestrato a non pensare con la sua testa e questa condizione lo rende un automa che aspetta e basta senza un reale perché.
-Perché invece non provi a chiedermi qualcosa?- dice allora Dean, sfiorando la spalla del bambino per attirare la sua attenzione. Castiel lo guarda, sbatte le palpebre con quella che sembra una leggera confusione.
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Chiedimi qualcosa, Castiel.-
“ Ti insegnerò a parlare. ”
Allora Castiel annuisce con aria impenetrabile e si chiude in un silenzio pensieroso. Socchiude gli occhi per la concentrazione e Dean aspetta paziente che parli.
-Chi sei?- dice allora il bambino, con tutta l’aria di chi ha ingoiato un limone. Castiel sa di aver disubbidito e aspetta che da un momento all’altro arrivi uno dei suoi fratelli maggiori per rimproverarlo. Chiude gli occhi, in attesa della punizione, ma non accade niente. Stupito, torna a guardare il buffo ragazzo seduto al suo fianco e si perde nei suoi occhi cristallini, colto da una strana sensazione. Qualcosa in fondo al suo petto gli sussurra che quel volto gli è familiare, che quella persona è importante per lui, ma Castiel non sa perché.
-Mi chiamo Dean e sono tuo amico.-
Dean. Sì, Castiel conosce quel nome… dove l’ha sentito?
All’improvviso la terra trema violentemente, tanto che Dean la sente spaccarsi sotto i piedi. Cerca di alzarsi in piedi, ma cade un’altra volta mentre un enorme crepaccio si apre sotto di lui, trascinandosi dietro erba e fiori sradicati. Solo il piccolo Castiel resta immobile e torna a guardare il sole come se non stesse accadendo nulla intorno a lui.
-Mi fanno male le ali.-dice soltanto, e questo è tutto ciò che sente Dean prima di sprofondare con un grido nel crepaccio nero… profondo… pieno di ricordi.
§§§§
Dean atterra di schiena su quello che sembra il letto bagnato di un ruscello. Sente la giacca infradiciarsi e ricoprirgli la pelle di brividi fastidiosi. Per sua fortuna, il vento non soffia più.
Dean apre gli occhi e si alza a sedere. È sera adesso e migliaia di leggere goccioline di pioggia  piovono dal cielo nuvoloso come una cortina sempre in movimento.
Il ruscelletto, così sottile e basso da scivolare sotto forma di acqua tra le pietre del suo letto con un basso mormorio, si srotola in lontananza, verso quella che sembra una foresta fitta e silenziosa.
Stavolta Dean non ha bisogno di camminare per trovare ciò che cerca. Un ragazzo di appena diciotto anni appoggia i polsi sulle ginocchia piegate, le mani giunte e lo sguardo blu zaffiro rivolto nuovamente in lontananza. Gli abiti che indossa gli vanno ancora larghi, tanto che trench, camicia e pantaloni sono stati arrotolati più volte per lasciar intravedere mani e piedi.
Il viso è ancora acerbo, con ancora qualche rotondità di bambino e i capelli appena più lunghi del solito. Gli occhi sono più giovani e lo sguardo leggermente più rilassato, ma Dean nota in quelle iridi brillanti un accenno di tristezza. La pioggia bagna ogni centimetro di quel corpo, appiccicandogli i capelli alla fronte e costringendo Castiel a socchiudere le palpebre. Alle sue spalle, di nuovo le quattro immense ali argentate, anche stavolta schiacciate al suolo in modo sgraziato.
Anche Dean è fradicio adesso, ma non se ne preoccupa. Raggiunge Castiel e anche lui si accuccia al suo fianco, senza tuttavia sedersi per terra.
-Ciao, Cass.- saluta dolcemente, sfiorandogli nuovamente la spalla in un gesto che Castiel riconosce. Guarda Dean con occhi pensierosi ma per nulla sorpresi della sua presenza.
-Ciao.-
-Cosa fai qui?-
-Sto cercando.-
-Cosa?-
-Non lo so. Non posso muovermi di mia iniziativa, perciò cerco semplicemente con gli occhi.-
-E perché non puoi muoverti?-
-Perché non mi è stato ordinato di farlo.-
Dean sorride, intenerito dall’espressione persa dell’altro. Si alza in piedi e gli tende una mano.
-Perché invece non provi ad alzarti?-
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Alzati, Castiel.-
“ Ti insegnerò a camminare. ”
Finalmente, Castiel fissa la sua mano con una punta di incertezza e la afferra, riempiendo un altro piccolo pezzetto del vuoto che circonda il petto di Dean. Il cacciatore strattona e lo fa alzare, ma appena l’angelo è in piedi un nuovo scossone muove la terra sotto di loro.
Castiel lascia la mano di Dean e torna a guardare il ruscello davanti a sé, ignaro o forse strafottente del terremoto che sta ricoprendo la terra di crepe. Dean perde l’equilibrio, cade all’indietro, tendendo ancora una volta e inutilmente la mano verso il suo angelo immobile.
-Mi fanno male le ali.- ripete Castiel mentre Dean affonda ancora una volta nel crepaccio dei ricordi.
§§§§
Un dolce venticello lo accarezza, facendogli aprire nuovamente gli occhi. Dean si guarda intorno e stavolta capisce dove si trova: piove anche lì, molto più violentemente che in riva al ruscello e il cielo scuro soffoca quasi per intero la poca luce che tocca le rocce acuminate del monte Sinai.
Dean non ha bisogno di cercare per sapere dove trovare l’oggetto dei suoi pensieri. Avanza lentamente, contrastando a fatica la poca visibilità consentitagli dalla pioggia e infine lo vede, accucciato sulla stessa sporgenza che ha dato inizio ad ogni cosa.
Castiel, stavolta adulto, siede sul bordo dello spuntone e dondola i piedi nel vuoto sotto di lui mentre un’ala grondante di sangue penzola per metri e metri sotto di lui. Oscilla il busto con fare ipnotico e china il capo per combattere il fastidio della pioggia sul volto.
Dean si siede al suo fianco, scavalcando faticosamente le ali che gli ostruiscono la strada.
-Ciao, Cass.- dice, guardandolo di sottecchi. Castiel non si muove, non lo guarda, ma risponde ugualmente:
-Ciao.-
-Cosa fai qui?-
-Aspetto che arrivi la morte.-
-E perché la aspetti?-
-Perché mi è stato detto di farlo.-
Dean inclina il capo e stavolta gli sfiora il volto in una carezza gentile che fa scivolare un nuovo tassello al suo posto.
-Perché invece non provi a pensare con la tua testa?-
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Vivi, Castiel.-
“ Ti insegnerò ad essere libero. ”
Castiel solleva il volto e lo guarda, stupefatto. Stavolta le emozioni che ostenta sono umane, vive… libere. Sbatte le palpebre, confuso.
-Dean?-
Dean sorride e annuisce, afferrandogli una mano e stringendola. Ne bacia il dorso, inalando il profumo delicato di Castiel. Si alza e sotto i suoi occhi si sfila la giacca e la appoggia sull’ala ferita, cominciando a pulire le penne una per una con un tale amore che Castiel rabbrividisce.
-Cosa fai?- domanda allora l’angelo, ripetendo la domanda che gli aveva posto il cacciatore qualche minuto prima. Dean fa scivolare la stoffa della giacca sul rosso del sangue che inzuppa le piume di Castiel e la pulisce.
-Ti guarisco. So che ti fanno male le ali, l’hai detto tu.- risponde pazientemente senza alzare gli occhi dal lavoro che sta svolgendo diligentemente. Sa che l’ala è enorme, ma non lo preoccupa il tempo che spenderà per pulirla e curarla. Lavorerà ancora e ancora e se sarà necessario solleverà quelle stesse ali dalla polvere, a costo di spezzarsi la schiena nello sforzo.
“ Ti insegnerò a volare. ”
La terra freme anche stavolta, ma Dean non si allarma. Un guizzo rossastro gli illumina il viso mentre lo strapiombo sotto di loro si riempie velocemente di fiamme minacciose. Dean ode le grida di mille anime torturate, ascolta le risate dei demoni che le martoriano e riconosce l’inferno che l’ha accolto per quattro anni. Ha paura, Dean, ma si impone di resistere, di continuare a pulire le ali del suo angelo. Si aggrappa alla sua presenza, alla fiducia che nutre in lui.
D’improvviso però, lo spuntone di roccia frana, trascinando Dean verso il basso, verso l’Inferno.
Dean urla, tende nuovamente una mano verso Castiel in una muta richiesta di aiuto. Precipita verso le fiamme, ma non ha paura per la sua anima: si preoccupa per Castiel, per il percorso che dovrà seguire senza di lui. Non vuole abbandonarlo, l’ha promesso.
“ Ti insegnerò ad amare. ”
D’improvviso, un’altra mano sbuca dal nulla e afferra la sua in una stretta ferrea che arresta la sua caduta. Dean leva uno sguardo stupito mentre le quattro immense ali di Castiel sbattono una volta sola, generando un vento talmente potente che soffoca le fiamme dell’inferno, costringendole a retrocedere come bestie ferite. La sua pelle s’illumina, irradiando di Grazia il mondo intero, cancellando il male che l’ha percosso fino a quel momento.
Il vuoto nel petto di Dean si riempie e mentre il ragazzo incrocia gli occhi blu del suo angelo custode, un flusso di luce purissima si trasferisce dal petto del ragazzo al corpo di Castiel. La luce si sbriciola in tanti filamenti che abbracciano il petto dell’angelo, scivolando lungo la sua pelle come anguille luminose. Finalmente un nuovo paio d’ali, stavolta più grande e più luminoso dei precedenti esplode in un mare di luce purissima, candida oltre ogni dire.
Le piume sbocciano come tulipani d’argento, fremono come acqua di ruscello, si affinano di forza come rocce di un monte. Le piume sono nuove, pulite, lucenti come argento liquido.
Quelle ali sono sempre state lì, infuse nel piccolo pezzo di Grazia che Castiel ha abbandonato all’interno del corpo di Dean. Senza volerlo, oltre al Sacro Graal, l’angelo gli ha affidato anche una parte del suo essere.
Le ali troneggiano sul monte e sull’inferno mentre il Sinai alle loro spalle comincia a sgretolarsi con un ruggito di frane in movimento. Le rocce si staccano, la vetta và in frantumi, troppo debole per resistere alla potenza esplosa di un arcangelo.
Castiel piega il braccio e Dean si trova improvvisamente stretto al corpo dell’arcangelo  in un abbraccio saldo e colmo d’amore. Questo più di ogni altra cosa fa risplendere il vero essere dell’angelo, che finalmente guarda Dean e sorride radioso, colmo di forza e di luce. Gli accarezza il viso mentre davanti agli occhi stupefatti del cacciatore una nuova entità si sdoppia leggermente dalla figura di Jimmy Novak.
Dean si trova nuovamente a rimirare l’entità bellissima e implacabile della vera essenza dell’angelo. Non gli bruciano gli occhi e il suo cuore si dilata, finalmente riempito.
Un nuovo arcangelo è nato dal suo legame con un piccolo, innocuo essere umano capace di scavare a fondo nell’animo di quella stessa creatura per insegnargli la vita e la libertà.
Castiel ha capito, Castiel ha scelto la sua strada. Per lui è il momento di riaprire gli occhi.
 
Angolo dell’autrice:
Ebbene sì, siamo quasi alla fine di questa piccola avventura. Ancora un capitolo e dovremo lasciar volare via i nostri bellissimi angeli, ma non è il momento di pensarci, giusto?
Piuttosto, ammetto di essermi impegnata davvero molto nell’ultima parte del capitolo. Sì, sono molto affezionata a Dean e Castiel e ammetto di aver pianto io stessa scrivendo la scena in cui Gabriel e Sam si abbracciano davanti alla morte. Credo tuttavia che per loro sia giusto così, no? Senza Sammy Gabriel non potrà più volare, e senza Gabriel Sam perderà un pezzo di cuore quanto di anima. Già, sono convinta che i nostri amici non potessero fare scelta migliore di questa.
Chissà fino a che punto potrò essere crudele nel prossimo capitolo, ohohohohohohohohoho!!! 
Gabriel: ehi, ti ricordo che qui le penne sono mie, perciò vacci piano!
Hai accettato l’incarico, perciò zitto e fai quello che ti dico!
Gab: ma qui sta scritto che devo confessare a Sam che sono suo padre! Che schifo, questo è incesto! E poi perché qui lo chiamo Luke?!
Lu… cretino, questo è il… Star Wars? Da dove hai preso il copione di Star Wars?
Gabriel: me l’ha portato Balthazar insieme a questa spada laser… seriamente, da quando gli angeli combattono con le spade laser? So che è figo, ma a questo punto poco ci manca che passiamo ai taser di Star Trek…
No aspetta, ora mi spieghi perché Bobby dovrebbe essere Yoda…
Bobby: ( compare dipinto di verde con due enormi orecchie a parabola visibilmente finte ) eh? Mi stai dicendo che ho passato un’ora intera a farmi dipingere di verde come un broccolo perché quel coglione pennuto ci ha giocato un brutto scherzo? CHE PALLE!!!!!!!
Samael: suvvia Bobby, il verde ti dona un sacco…
Bobby: e questo perché non hai ancora visto Castiel con addosso il vestito da principessa Leila…
Tutti: ………………………………………………………………………….
Ehm… dicevamo? Ah sì cre… CASTIEL, METTITI QUALCOSA DI DECENTE ADDOSSO, PER DIANA!!!
Dunque, tornando a noi, spazio ai ringraziamenti di coloro che più di ogni altro hanno contribuito all’avanzare di questa piccola storia, coloro che ringrazio con il cuore e dunque coloro ai quali dedico ogni mia fatica!

Babyve:  grazie per i complimenti, sei gentilissima e finalmente eccoti accontentata con un nuovo capitolo, benché sia il penultimo! Spero di non averti deluso, così come spero di leggere ancora qualche nuovo commento da parte tua. Un bacio e grazie mille!
Sherlocked: sì, in realtà io sono la figliastra di Kripke. Ohohohohoh, non volevo dirtelo così, ma ormai sono allo scoperto (Davvero? E cosa aspettavi a dirmelo? Ehi ragazzi, qui c’è una parte del parentado del coglione che vi ha fatti ammazzare! Nd Gabriel) (Si innalza orda di demoni, angeli, mostri e cacciatori accoppati durante la serie) Se accendi una candela per la morte di ogni personaggio ti conviene dare fuoco a qualche appartamento per la strage che sto compiendo qui dentro… a breve potrò appiccare le ali di Gabriel (sììììì, diventerò una fenice! Nd Gab)(No, diventerai un pollo allo spiedo.)( Poiana, prego. Io sono una poiana. Nd Gab)( ma chi te l’ha messa in testa questa idea della poiana?!) oh suvvia, Crowley col parrucchino alla Nino D’Angelo è adorabile!!! Lo sanno tutti che ha sempre voluto una chioma più folta per farsi prendere come testimonial della Pantene. E poi si chiedono perché detesta Sam, sono anni che gli frega il posto… comunque… be’, che dire? Torno a ringraziarti come sempre per le tue bellissime e spassosissime recensioni, non deludi mai e sai sempre scegliere le parole giuste per farmi sorridere e incitarmi a scrivere ancora! Graziegraziegrazie!!!
Fallen angel 4 Love: oh, e invece ti ringrazio eccome per i commenti, sono sempre bellissimi! Be’, che dire? Tra Cass e Dean c’è sempre stato qualcosa e, be’, credo che anche nella serie colpire Cass sia un po’ come colpire Dean. Insomma, il legame che li stringe l’uno all’altro ha sempre avuto qualcosa di speciale, perciò io mi sono semplicemente limitata a trasfigurarlo a modo mio ^////^ non è da me scrivere cose così smielate, ma quei due se le vanno a cercare! Maledetti!!! XD comunque grazie ancora e spero di leggere presto qualche nuova recensione da parte tua, sempre gentilissima! A prestissimo!
xena89:  oh, se potessi cesserei all’istante qualsiasi attività. Dopotutto scrivere è la mia vita e oltre a questa storia ho scritto anche una decina di libri che mi vergogno a portare dall’editore, ma questa è un’altra storia. Comunque spero di essere stata abbastanza veloce, ho pubblicato la storia a distanza di un giorno e ho fatto più in fretta che potevo! Non andarmi in astinenza che poi rischio di essere denunciata come spacciatrice! No, prendete il bacarospo, è tutta colpa sua! (Indica Gabriel). Ohohohohohoh a presto e come al solito grazie di cuore, angioletto recensore!
Tomi Dark Angel
 
 
 

 
 
 
 
  
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