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Autore: Emily27    16/02/2013    3 recensioni
Quando un profiler diventa vampiro...
(Scritta per il contest "Criminal Minds Vampire Version")
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'amore vero essendo infinito ed eterno, non può essere consumato che nell'eternità. (Aldous Huxley)

 

Morgan... Vieni giù, nel seminterrato. Credo che l'SI si trovi qui.”
Hotch parlava a bassa voce all'auricolare, nell'oscurità di quel luogo rotta soltanto dal fascio di luce che proveniva da una finestra in alto, quasi al livello del soffitto. Scese gli ultimi gradini di pietra e avanzò lentamente, aggirando alcune casse di legno e cercando di cogliere il minimo rumore che rivelasse la posizione dell'SI. Era sicuro che fosse lì, nascosto da qualche parte, dietro a delle assi o tra gli scatoloni impilati in un angolo. C'era odore di polvere e di muffa, di vecchio, il pavimento era di terra e le pareti di mattoni a vista, nello scantinato di quella casa antica ed imponente, che si poteva definire inquietante. Teneva la pistola puntata davanti a sé, all'erta, ma non udiva alcun suono, soltanto quello del suo respiro che si faceva pesante. Con cautela andò ad ispezionare i possibili nascondigli dell'SI, col dito pronto a premere il grilletto.
Constatò che là sotto non c'era nessuno. Eppure era convinto di aver visto il loro uomo scendere le scale, ne era sicuro. Si guardò ancora intorno, alla ricerca di una possibile via di fuga che avesse permesso all'SI di scappare, ma l'unica sembrava la finestra, troppo alta per poter essere raggiunta senza una scala.
Fu in quel momento che avvertì una presenza alle sue spalle.
Morgan, devo essermi sbagl...”
Si voltò e le parole gli morirono sulle labbra. Non era il collega ma l'SI, a pochi metri da lui. Sollevò la Glock e la puntò sull'uomo, che stava immobile e silenzioso e aveva qualcosa di strano. Hotch sbattè le palpebre più volte, pensando che la penombra gli stesse giocando un brutto scherzo, ma si rese conto che quello che vedeva era reale, incredibilmente e spaventosamente reale.
Non era possibile, ce l'aveva davanti agli occhi eppure faticava a crederci. L'uomo, o quello che era, fece un passo in avanti e Aaron, preso dal panico, fece partire uno, due, tre colpi contro di lui. Fu come se avesse sparato al nulla, non un lamento, non una goccia di sangue, solo l'eco di quegli inutili spari. Un'ondata di incredulità e terrore lo travolse, non fece in tempo a formulare alcun pensiero che, senza aver colto un solo movimento dell'uomo, si ritrovò atterrato ad opera di quest'ultimo, immobilizzato da una forza sovrumana. Poi fu inghiottito da una spirale senza fine e perse i sensi.
Quando si risvegliò udì la voce di Morgan in lontananza. “Hotch, Hotch...” La prima cosa che vide fu il suo volto chino su di lui e la finestra aperta, mentre prendeva coscienza di un dolore sordo nella parte interna del polso sinistro.

 
Il suo ufficio, quelle quattro mura familiari e amiche, che lo avevano sempre fatto sentire a suo agio, ma ora non più, ora nessun posto era il suo posto, quella che stava conducendo non era più la sua vita, si sentiva estraneo a quanto lo circondava e soprattutto a se stesso. Non poteva continuare quell'esistenza che era diventata un inganno. Doveva andare via, lontano dalle persone che amava e per le quali costituiva ormai una minaccia.
Il suo piccolo Jack non aveva più un padre, era morto quel giorno.
E poi c'era lei. Aveva intravisto un futuro per loro, qualcosa di bello era stato sul punto di nascere, ma il destino aveva deciso diversamente.
Aaron lasciò la scrivania e andò ad affacciarsi alla vetrata, per guardare Emily, la donna che aveva avuto al suo fianco per tanto tempo senza che si rendesse conto dei sentimenti che provava per lei, probabilmente perchè il suo cuore non era ancora pronto ad accoglierla. Adesso era troppo tardi e si maledisse per tutto il tempo che aveva sprecato. Non chiedeva altro che di poter essere ancora felice, era forse un desiderio troppo grande? Forse sì, per un uomo destinato a vivere nell'ombra.
L'amava, per questo doveva allontanarsi da Emily, con lui vicino non era al sicuro.
E la desiderava. Avrebbe voluto fare l'amore con lei, spesso immaginava come sarebbe stato sfiorare il suo corpo, baciare la sua pelle e infine averla, ci stava pensando anche in quel momento, e poi, ecco, quella sensazione che gli saliva dal profondo, stava arrivando ancora una volta ad invadere il suo corpo e la sua mente. No, no! Tirò giù veloce la veneziana e si allontanò dalla vetrata e dalla tentazione, indietreggiando fino a fermarsi contro la scrivania, mentre quella forza si impadroniva di lui senza che potesse fare nulla per ostacolarla. Si diresse alla finestra, perchè il suo sguardo potesse spaziare oltre quelle mura, forse placando il suo istinto, ma l'unica cosa che vide fu il suo riflesso sul vetro che si stagliava contro il grigiore del cielo. Occhi vitrei e due canini aguzzi, il suo volto si era trasformato in una maschera di malvagità, diventatagli ormai orribilmente familiare, e tutto il suo essere urlava quella voglia: il suo sangue. Voleva affondare nella sua carne e nutrirsi di lei. Strinse i pugni con la fronte che gli si imperlava di sudore, lottando contro il suo demone, invano, era un bisogno fisico e mentale ciò che sentiva, che lo divorava. Voleva il sangue, adesso, subito!
Chiuse gli occhi serrandoli forte, respirò profondamente lottando ancora contro il suo tormento, finchè quella sensazione finalmente iniziò ad abbandonarlo.
Hotch...”
Non si era accorto del suo arrivo.
Quando si voltò verso Rossi il suo volto aveva ripreso le solite sembianze, anche se il cuore non aveva cessato di martellargli nel petto.
David posò un incartamento sulla scrivania.
Il rapporto.”
Grazie” disse Aaron cercando un tono di voce e un atteggiamento normale.
Rossi si fermò a guardarlo, studiandolo.
Stai bene Hotch? Sei pallido.”
Sì, tutto okay, sono solo stanco.”
Il profiler anziano non sembrò molto convinto di quella risposta, non era la prima volta che lo vedeva così, da un po' di tempo a quella parte aveva qualcosa che non andava.
E' quasi Natale, approfittane per prenderti qualche giorno di ferie.”
Ci penserò” promise Aaron sforzandosi di piegare le labbra in una parvenza di sorriso. Quando Rossi se ne fu andato ritornò alla scrivania, si sedette e, ignorando il rapporto, si prese la testa fra le mani. Cosa sarebbe successo se il collega fosse entrato pochi istanti prima? Non voleva neanche immaginarlo.
Quello non era più il posto per lui, perchè non era più lui, l'unica soluzione era andarsene e l'avrebbe fatto quel giorno stesso, come aveva deciso la sera prima, quando aveva messo a letto Jack ed era rimasto a guardarlo mentre dormiva. Non poteva più fargli da padre, come genitore desiderava solo il meglio per lui e per questo doveva lasciarlo. Lo aveva baciato dolcemente sui capelli biondi e poi in silenzio era uscito dalla stanza, guardandolo ancora una volta. Sapeva che Jessica lo avrebbe cresciuto nel migliore dei modi, ma il cuore gli aveva fatto male e avrebbe continuato a farlo per sempre.
Un leggero bussare bastò a farlo trasalire, sollevò la testa mentre la porta si apriva e lei entrava nell'ufficio. Emily gli sorrise e depose il rapporto su quello di Rossi. Se anche lo trovò teso e provato non lo diede a vedere.
Ho inserito la valutazione sull'operato della polizia locale, come avevi chiesto.”
Hotch annuì. “Va bene.”
Prentiss fece per uscire, ma lui si alzò e disse: “Emily, aspetta...”
Lei, ferma sulla soglia, attese.
Aaron tacque, non c'era niente di sensato che potesse dire, voleva soltanto guardarla ancora una volta, forse l'ultima, gli occhi nei suoi per un lungo istante, mentre un nodo gli stringeva la gola e il cuore le diceva ciò che provava, riempiendosi di tristezza.
Dimmi, Aaron.” La voce di Emily suonò incerta, spezzata.
Nulla. Vai pure.” Hotch la mandò via, prima che il mostro potesse svegliarsi di nuovo.
Prentiss chiuse piano la porta dietro di sé, scese la scaletta e lentamente tornò nell'open space, dove si sedette alla sua postazione. Restò immobile per un po', con lo sguardo fisso e vacuo ed i pensieri che volavano lontano, poi si alzò prendendo la borsa e il cappotto dallo schienale della sedia e se ne andò alla svelta, senza dire niente a nessuno.

 
Era buffo, Emily stava camminando lungo la stessa strada che aveva percorso con lui tempo prima, con la differenza che adesso ai lati del marciapiede c'era un freddo manto bianco e tra lei ed Aaron non esisteva più neanche l'ombra della magia di quella sera.
Dopo mesi di sguardi e sorrisi, mezze frasi ed esitazioni, finalmente Hotch le aveva chiesto di uscire. Erano andati a cena in un ristorantino dall'atmosfera intima e dopo avevano passeggiato proprio su quella via, nell'aria ancora tiepida di una sera di fine settembre. Si era sentita leggera, felice, come quando un sogno si realizza, e il delicato bacio che si erano scambiati quando lui l'aveva riaccompagnata a casa aveva aperto le porte ad un nuovo amore.
Il giorno successivo erano partiti per un caso a Pittsburgh e quel sogno si era spezzato.
Aaron all'improvviso era cambiato, diventando cupo, distaccato e a tratti scostante, sembrava anche preoccupato e, cosa peggiore, si comportava come se tra loro non ci fosse stato nulla. Emily, non riuscendo a spiegarsene la ragione, aveva tentato di parlargli, ma lui l'aveva allontanata pregandola di dimenticare quella sera. Il tono disperato delle sue parole l'aveva gelata. Cosa gli stava succedendo? Non era più l'uomo che le sorrideva con dolcezza, che l'aveva presa per mano mentre camminavano e l'accarezzava con lo sguardo.
I loro rapporti erano diventati esclusivamente di tipo lavorativo, l'aveva tenuta a distanza e lei si era limitata ad osservarlo da lontano, senza mai rassegnarsi.
Finchè tutto aveva avuto un senso.
Emily salì la lunga scalinata dell'imponente e antico edificio che ospitava la Biblioteca del Congresso di Washington, insieme a gruppi di turisti che la stagione invernale non aveva scoraggiato. Entrò nell'atrio dal soffitto alto e decorato da affreschi, dove un cartello indicava come orario di chiusura al pubblico le diciotto, aveva tutto il tempo. Erano trascorsi diversi anni da quando era stata in quel luogo, ma si ricordava che l'ala riservata ai libri antichi si trovava al primo piano. Salì uno scalone di marmo bianco e arrivò ad un corridoio, che percorse camminando fra due file di colonne con capitelli corinzi e statue raffiguranti gli Dei dell'Olimpo, intorno a lei visitatori solitari vagavano senza una meta col naso all'insù e la guida in mano. Giunse ad una porta di legno scuro intarsiato, con davanti una scrivania a cui stava seduto un uomo anziano chino su un registro.
Dovrei consultare alcuni volumi” gli si rivolse Emily.
L'uomo si levò gli occhiali e si alzò a prestarle attenzione, magro e distinto nel suo completo blu scuro.
“Solo i membri del Congresso e i ricercatori possono accedere a questa parte della biblioteca, o chi dispone di un permesso. Lei ne possiede uno?” le domandò con gentilezza.
“No... ma ho questo” rispose lei esibendo il distintivo.
L'anziano inforcò di nuovo le spesse lenti e si sporse un po' in avanti a leggere le credenziali di Prentiss.
“E' sufficiente” decise, poi con un gesto della mano la invitò a passare oltre la scrivania. “Prego.” Aprì egli stesso la porta e lei lo ringraziò con un sorriso.
Emily entrò in uno spazio meno grande di quanto si era aspettata, dove erano allineati diversi scaffali di legno pieni di libri. Tre alte finestre erano coperte da tendaggi di broccato scuro e l'ambiente era illuminato da due lampadari in ferro battuto, probabilmente per impedire che la luce solare danneggiasse i testi. Emily avanzò nella biblioteca, dove non c'era nessuno, rompendo il silenzio con il rumore dei suoi passi sul pavimento di pietra, e si aggirò tra gli scaffali cercando con lo sguardo fra i libri vecchi di secoli.
Voleva sapere e avere conferme, apprendere le verità intorno a ciò che già conosceva, le verità raccontate da quelle vecchie pagine e non le montature create dal mondo moderno. Avrebbe dovuto farlo prima, invece aveva sempre rimandato, come se il fatto di non approfondire avesse potuto tenerla lontana da una realtà troppo spaventosa e ardua da accettare, ma adesso non poteva più aspettare, non ce n'era il tempo.
Scelse tre libri e si diresse nell'adiacente sala lettura. Là, due uomini con l'aria da professore e un ragazzo smunto erano intenti a studiare alcuni volumi, soltanto il giovane alzò la testa per guardarla con due occhi cerulei, che subito riabbassò sulle pagine che stava leggendo. Emily andò a sedersi ad un tavolo lontano da loro ed accese la lampada da lettura. Iniziò da un libro che doveva avere soltanto una trentina di pagine, era un manoscritto con la copertina di cuoio che recava sovrimpressa una croce egizia. Era stato proprio quel particolare ad attirare la sua attenzione. Lo aprì. Fino a qualche settimana prima non avrebbe creduto a qualunque cosa ci fosse stata scritta, mentre ora sapeva che quelle pagine contenevano il vero.

Si era fatto tardi e il buio era calato già da un po', quando Aaron uscì dall'edificio in cui aveva sede la BAU. Si era trattenuto in ufficio finchè tutti i membri della squadra avevano terminato la loro giornata ed erano passati a salutarlo prima di tornare a casa, senza sapere che quel saluto era stato un addio. Emily invece aveva lasciato gli uffici molto presto, senza dire a nessuno dove stesse andando, e forse era stato meglio così, perchè vederla ancora una volta gli avrebbe solo provocato ulteriore dolore.

Si tirò su il bavero del cappotto e si incamminò verso il parcheggio, sotto ai piccoli fiocchi bianchi che cadevano dal cielo leggeri e che avevano già imbiancato l'asfalto, i lampioni e le poche macchine ancora rimaste. Stava lasciando la sua vita, senza sapere dove sarebbe andato, cosa avrebbe fatto, chi sarebbe stato, sapeva solo che quella era la decisione più giusta.
Mentre il freddo gli pungeva il viso maledisse il suo cuore. La sua persona si era trasformata in qualcosa di terrificante, perchè il cuore non ne aveva seguito le sorti? Perchè gli permetteva ancora di provare dei sentimenti? Sarebbe stato tutto più facile se fosse diventato malvagio nell'animo, non avrebbe sofferto come stava facendo ora.
Il suo suv si trovava in una zona isolata del parcheggio, lo vide in lontananza, anch'esso già innevato.
In quel momento sentì dei passi affrettati dietro di lui e una voce. La sua voce.
Aaron!”
Hotch si fermò e chiuse gli occhi per un istante. Emily, perchè?
Si voltò mentre lei lo raggiungeva. Con i candidi fiocchi che si posavano su di loro, restarono a guardarsi in silenzio per un lungo attimo, come a volersi scrutare dentro, indovinare l'uno i pensieri dell'altra. Fu Emily a parlare per prima, con un tono di voce calmo e sicuro.
Era un addio, vero? Oggi, nel tuo ufficio, mi hai detto addio.”
Come poteva mentirle, niente avrebbe potuto farle credere il contrario, lo aveva capito.
Devo andare via, lo devo fare. Non sono più lo stesso, l'uomo di quella sera, non domandarmene la ragione, ricorda solo quei momenti, perchè io lo farò.”
Emily ascoltò la sua voce, dal timbro dolce e profondo, vide i suoi occhi lucidi e pensò che non era cambiato, ne era certa. Allungò la mano e la posò delicatamente sulla sua guancia liscia.
No, sei sempre lo stesso.”
No che non lo sono” disse Aaron scuotendo la testa e prendendole la mano per abbassarla. Emily stava rendendo tutto più difficile e doloroso. “Non puoi capire.”
Invece sì” affermò lei con sicurezza, poi fece una pausa preparandosi a quello che stava per dire. “Ti ho visto a Monterey, la notte prima che tornassimo a Quantico.”
Per Aaron fu come essere investito da una doccia gelata. Restò senza fiato e senza parole, annientato da quella rivelazione. Lei conosceva il suo terribile segreto, per tutto quel tempo lo aveva saputo e lo aveva tenuto silenziosamente dentro di sé.
Oh Emily... Non doveva succedere, non volevo che nessuno sapesse” disse angosciato e provando quasi vergogna. “Dimenticatene, ricordami per quello che ero” la pregò mentre si domandava quali fossero stati i suoi pensieri riguardo quella scoperta, di sicuro lo credeva un mostro, eppure se si trovava lì in quel momento era soltanto per lui, lo aveva accarezzato dicendogli che non era cambiato, forse il suo sentimento non si era spento. Che stupido, perchè preoccuparsi di ciò che lei provava, quando il loro era un amore impossibile.
Emily nella sua mente rivisse quegli attimi agghiaccianti, quando i suoi occhi si erano spalancati di incredulità e sgomento e celata dalla notte aveva incollato il suo sguardo a qualcosa che poteva essere soltanto irreale, ma che non lo era. La realtà era però anche Aaron, lo stesso uomo dolce che l'aveva baciata e che non aveva mai smesso di esistere, nonostante tutto.
Ma sei ancora tu, lo sei sempre stato.”
Come puoi dirlo? Lo hai visto anche tu cosa sono diventato!”
Emily sapeva che la rabbia che traspariva dalle sue parole non era indirizzata a lei bensì a se stesso, e poteva immaginare come si sentisse, lo comprendeva. Lo amava.
Lascia che io vada” continuò lui addolcendo il tono.
Forse non hai capito... Se sono qui non è per guardarti andare via, ma perchè voglio stare con te, non importa se in questo posto o in un altro, io voglio te!”
Emily non intendeva rinunciare a lui, per nessuna ragione al mondo, quello che gli era successo non doveva rovinare tutto. Lei amava lui e lui amava lei, non era forse quella l'unica cosa che contava? Se ciò che era diventato Aaron costituiva un ostacolo, allora lo avrebbero superato.
Lo sai che non possiamo stare insieme, lo sai che cosa potrei farti. Ora apparteniamo a due mondi diversi, e non immagini quanto mi faccia male.”
Lo so... Hai ragione” ammise lei, e non mentiva. Non era come nei libri o nei film, quella era la vita reale e non la potevano vivere insieme in quello stato di cose, aveva appreso abbastanza conoscenze da esserne consapevole. “Ma potremmo fare in maniera di appartenere allo stesso mondo...” Emily lo disse in tono più basso, per dare maggiore intensità alle sue parole e a ciò che sottintendevano.
Ad Aaron ci volle un attimo per comprenderne il significato, e quando lo fece ne restò sgomento.
E' stato l'SI di Pittsburgh a farti questo, giusto?” continuò lei.
Stai scherzando... Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?”
E' l'unico modo che abbiamo per stare insieme.”
Non posso farti questo, lo capisci cosa significherebbe?”
“Certo, vorrebbe dire poterci amare. Desidero solo questo, non lo vuoi anche tu...?” domandò Emily con la voce che le tremava. Non voleva perderlo, non ora che si erano trovati.
“Immensamente...” rispose Hotch, mentre una parte di lui, quella irrazionale, come lo era l'amore, per un attimo prendeva in considerazione l'intento di Emily. Distolse lo sguardo da lei per scacciare quell'idea folle e quando tornò a posare gli occhi sulla donna che amava fu percorso da un brivido, perchè, destato dal pensiero che aveva formulato, il suo istinto inumano si stava risvegliando.

Aaron...”
Emily si mosse andandogli più vicino e lui indietreggiò per starle distante.
Adesso lasciami andare...”
Fece per allontanarsi ma lei gli afferrò un braccio costringendolo a voltarsi. Con le lacrime agli occhi e tutto il sentimento che provava, disse: “Lo sai da quanto sono innamorata di te? Stavi ancora con Haley!”
Lui restò immobile, intrappolato in un miscuglio di emozioni: il dover scappare da Emily e il desiderio di prenderla fra le braccia, avrebbe tanto voluto farlo, il tutto mentre sentiva crescere inarrestabile quel dannato bisogno.

Emily gli lasciò il braccio e con gesti rapidi si aprì il cappotto e la camicetta, esponendo la pelle candida all'aria gelida e alla vista di Hotch.
Coraggio, sono io a chiedertelo” disse risoluta.
Forse era da pazzi e da incoscienti, ma non le importava, voleva solo vivere quell'amore. Aaron non si meritava un'esistenza fatta di solitudine e lei sarebbe stata al suo fianco.
Hotch non riusciva a distogliere lo sguardo dalla parte scoperta del suo corpo, e fu questione di pochi secondi che il suo volto si tramutò nuovamente in una maschera spaventosa.
Nonostante lo avesse voluto e quello che le stava di fronte fosse l'uomo che amava, gli occhi di Emily si tinsero di terrore ed il cuore iniziò a batterle furiosamente nel petto quando lui si avventò sul suo collo. Sentì un dolore acuto, poi la vista le si annebbiò e le forze l'abbandonarono. Perse i sensi.
Aaron la tenne fra le braccia mentre si piegava fino a terra sul freddo strato nevoso, la sorresse continuando a dissetarsi del suo sangue e saziando la sua voglia, finchè staccò la bocca da lei e il suo volto tornò gradualmente alle sembianze umane.
Si rese conto di quello che aveva appena fatto, guidato da una forza che non aveva saputo controllare, e si odiò.
No, Emily, no!”
Era diventata estremamente pallida e le sue labbra si andavano tingendo di un rosso intenso, il respiro era quasi impercettibile.
Emily, Emily!” la chiamò in preda al panico. Avrebbe dovuto correre via da lei prima che fosse stato troppo tardi, senza permetterle di fermarlo, invece era rimasto ad ascoltarla ancorato alle sue parole d'amore e quell'esitazione aveva portato all'irreparabile.
Nella luce gialla del lampione che rompeva il buio, sotto ai fiocchi gelati che scendevano sempre più fitti e con il freddo che gli penetrava nelle ossa e nell'animo, Aaron la strinse a sé e disse piano: “Ti prego, svegliati... E perdonami...”
Emily si mosse e per lui fu il sollievo. La guardò mentre apriva gli occhi e le sue labbra rosse si piegavano in un lieve sorriso.
Cosa dovrei perdonarti? Ci ameremo per sempre...” sussurrò, e sembrava felice.
Aaron, per la prima volta dopo mesi, sentì il cuore riscaldarsi, una sensazione che credeva perduta. Non potè fare altro che arrendersi, a lei, all'amore, al destino, e lasciare che la tensione, i sensi di colpa e la disperazione lo abbandonassero, smettendo di lottare contro ciò che non poteva essere cambiato e accettando quello che era stato il volere di Emily, lo aveva fatto per loro. Forse doveva andare proprio in quel modo.
Emily riacquistò le forze e aiutata da lui si rialzò. Non si sentiva diversa da com'era prima, anche se sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto fare i conti con il cambiamento avvenuto in lei, ma la cosa non la spaventava, perchè quello era il prezzo che aveva dovuto pagare per stare con Aaron e lo avrebbe pagato altre mille volte. A qualcuno poteva risultare difficile considerare tutto ciò come una via per la felicità, ma ognuno poteva dare a quel sentimento un significato diverso. Quella era la loro felicità.
Appoggiò la testa sul petto di Aaron e lui l'abbracciò, trasmettendole il calore del suo corpo e baciandola dolcemente sui capelli umidi.
Si sollevò a guardalo e vide nei suoi occhi la luce di quella sera, poi le labbra di Aaron scesero a baciarla, morbide e delicate, come la prima volta. Tutto sarebbe ricominciato da lì, da dove si era interrotto.
Lo prese per mano, gli regalò un altro sorriso e insieme si incamminarono verso dove li avrebbe portati il futuro.
Sarebbero stati insieme per il resto della loro vita immortale.
Per l'eternità.

 

 

 

  
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