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Autore: ragazzadiinverno    17/02/2013    89 recensioni
"Perchè la gente vede che ho un sorriso sul volto, ma non sa delle cicatrici sul mio polso."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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NB: questa storia è già stata pubblicata tramite un twitlonger dal mio account twitter @harrysjuliet_ ( adesso ho cambiato nick).

Nulla è stato rubato, è tutta opera della medesima persona. Grazie per l'attenzione e buona lettura :)


Love is louder than selfharm.


«Ahia!»

Una pallonata in testa. Uno dei modi migliori per cominciare la giornata, no? Sono riuscita perfino a cadere per terra, sulle ginocchia. Mezza stordita mi rialzo.
Tutti che ridono. Ridono di me. Posso sentirli. Posso sentirli esclamare: hai visto? Sophie la sfigata é caduta un'altra volta, hahaha. Oppure: e ti pareva che Sophie la soggetta prendeva una pallonata in faccia no? Imbranata com'é ahahaha, sarà per tutte quelle botte che è così stupida.
Il mio sguardo si sta riempiendo di odio. Butto le ginocchiere a terra con rabbia e mi indirizzo velocemente agli spogliatoi. Stupida pallavolo. Stupida educazione fisica. Stupida scuola. Stupida società. Stupida me. Stupida Sophie, imbranata sfigata che non sei altro, te lo dici pure da sola.
Mi accascio sulla prima panca che trovo e tiro un sospiro. Almeno qui non c'è nessuno. Guardo le mie braccia coperte dai soliti guantini che lasciano scoperte le dita e arrivano fino al gomito. Me li sfilo per un secondo. Osservo le cicatrici. Alcune vecchie, alcune ancora fresche, ma tutte causa dello stesso dolore.
Suona la campanella. Fra gli sguardi pieni di pregiudizi e di odio nei miei confronti, mi cambio velocemente e esco dalla palestra della scuola. Sto tornando a casa.

«Porca miseria Sophie, un'altra insufficienza. Spegni quel cazzo di computer e mettiti a studiare. Ah e porta fuori il cane.»
Sbatte la porta. Io non distolgo lo sguardo dal monitor del pc. È successo ancora. Mi mandano minacce in anonimo su internet. Fai schifo Sophie, è inutile che te lo dicono gli altri, lo sai pure tu. Tuo padre ti continua a torturare per la scuola ma tu non hai tempo per pensarci, troppo dolore è dentro di te, troppa sofferenza. Tu non hai nessuno, tu non sei nessuno.
C'è un casino nella mia testa. Apro il cassetto e cerco l'oggetto che allevia le mie pene, ben nascosto. Sollevo la manica e dopo un lungo respiro, premo la lametta contro la mia pelle, ad occhi chiusi. È l'unica cosa che mi fa stare bene. Portare il dolore da dentro a fuori.

«Sophie, cazzo, sei in ritardo. Sbrigati.»
La sveglia non ha suonato. Perfetto direi. A svegliarmi sono le grida di mio padre. Senza salutarlo mi alzo e mi vesto di malavoglia. Evito di fare colazione per non ritardare ulteriormente e mi dirigo verso la fermata dello scuolabus per andare alla mia scuola merdosa.
Lo vedo passare. Vaffanculo. Mi metto a correre ma niente, il mio fiato non regge e mi arrendo. Ho perso l'autobus.
Cammino a piedi fino all'entrata dell'edificio. Ci fanno entrare, ma nelle aule solo per la seconda ora. Ho il corso di biologia a quell'ora. Mi siedo dove sono tutti gli altri studenti ritartadari. 


Bum.

E ti pareva, dovevo farmi riconoscere anche adesso. I libri che tenevo in mano sono caduti. Risolino generale, a me viene da piangere. Mi chino per raccoglierli ma una mano sfiora la mia. Una sensazione mai sentita, calda, sicura invade il mio corpo anche se per un secondo. Un ragazzo mi sta aiutando a raccogliere i libri.
«...grazie.» mi rialzo.
Lui non risponde, si limita a fare un cenno. Se non sbaglio è quel ragazzo che sta nel mio stesso corso di arte. Non aveva mai attirato la mia attenzione prima ma dopo questo gesto, lo esamino meglio. Carnagione scura, olivastra, capelli neri, occhi scuri, profondi, dalla forma leggermente allungata, che fanno pensare possa essere di origini straniere. Un tipo riservato. Manca ancora mezz'ora alla seconda ora. Cerco nel borsone a tracolla le sigarette e le tiro fuori. Cazzo, non ho l'accendino. Rifletto se chiedere a qualcuno se c'è l'ha e alla fine con il poco coraggio che mi é rimasto, lo chiedo. Sembra che nessuno lo abbia. Arrivo al tizio dei libri di prima.
«Senti, scusa, che hai da accendere?»
Senza rispondermi, con aria indifferente tira fuori le sue sigarette dalla tasca della giacca e se ne mette una in bocca, tirando fuori l'accendino.
«Andiamo fuori, tanto anche io devo fumare.»

Restiamo in silenzio per un po', a consumarci tra la nebbia e il freddo mattutino. Ho un freddo cane, ho lasciato la giacca dentro. Tento di nascondere il battere dei miei denti invano.
«Tieni, stai morendo di freddo.»
Si toglie la giacca e me la porge. Lo guardo stranita. Strano gesto da una persona perfettamente sconosciuta. Esito prima di accettare l'offerta.
«Non ne ho bisogno.»
«Stai tremando da un quarto d'ora. Preferisci ammalarti? Ok, come vuoi.»
Tiro una boccata di fumo. Mi guardo i piedi con le punte rivolte verso l'interno. Tiro fuori la mano dalla tasca della felpona e quasi scocciata prendo la sua giacca.
«...grazie.»
Passano altri cinque interminabili minuti, stiamo muti come pesci. Forse prima sono stata un po' scortese col tipo. Anche se lui è stato freddo, ma vabbè, tentiamo di spiccicare due parole almeno.
«Senti, grazie per la giacca e l'accendino e scusa se sono stata un po' fredda prima ma la mattina sono mezzo rincoglionita.»
Senza distogliere lo sguardo dal vuoto risponde con una boccata di fumo.
«Figurati.»
«Comunque credo di averti già visto.» gli dico io.
«Al corso di arte della professoressa Mcclellan. Sei seduta in terza fila al penultimo banco vicino la finestra.» risponde indifferente.
Lo guardo sconcertata; lui continua a fissare il vuoto con la sigaretta in mano.
«...si, è esatto.» Il suono della campanella mi salva da ulteriore imbarazzo.
«Vieni, andiamo dentro.» si volta e si dirige nell'atrio senza di me.
«Aspetta.» gli grido da lontano mentre lui è già nell'edificio.
«Dimmi Sophie.» si volta. aspetta, come cazzo sa il mio nome?
«Come ti chiami?»
«Zayn.»

Pausa pranzo. Odio questo momento della giornata. Tutte le ochette della scuola si riuniscono e fanno le troiette con gli altri, che cosa insopportabile. Mi siedo al tavolo da sola. Vedo in lontananza arrivare quella scassa palle di Clarisse, si dirige al mio tavolo. Che vuole adesso?
«Ciao Sophie.» si siede al mio tavolo con un sorisetto malizioso e le sue amiche oche alle spalle.
«...o dovrei dire ciao sfigata?» chiudo gli occhi e faccio finta di non sentire.
«Sai, credo proprio che tua madre abbia fatto bene a morire piuttosto che avere una figlia come te. Vero ragazze?» le amiche alle sue spalle approvano ridendo. Questo è troppo, veramente troppo. Con calma provo a replicare.
«Senti clarisse, se adesso hai finito di scassare le palle e sei soddisfatta della tua performance sei pregata di andartene.»
«Oh lala! La signorina si sta arrabbiando! Cosa farai ora? Farai morire anche tuo padre di cancro?»


Resta calma.

RESTA. CALMA.

R E S T A  C A L M A.

Un cazzo che resto calma, questo è troppo, T R O P P O. Mi alzo di scatto.
«Senti clarisse, se veramente non la finisci ti..»
«Cosa mi fai, sentiamo? cosa mi fai? Hahah fai solo ridere sfigata.» non ce la faccio. Non posso resistere per molto, vedo le sue amiche ridere. 
«Faresti meglio a morire, nessuno se ne accorgerebbe.»

Crollo.

Reagisco.

Senza rendermene conto prendo tutta la forza che ho e do un pugno in faccia a clarisse. Lei cade a terra, vedo il suo naso sanguinare. Cazzo. Tutti, incuriositi dalla scena, si avvicinano. Non sapendo che fare, cerco di dileguarmi fra la folla. Prima di lasciare la mensa noto che c'è Zayn. Mi ha visto, mi guarda con espressione indefinibile. Ha visto tutto.

Tre settimane di lezioni pomeridiane obbligatorie più una sospensione di una settimana con obbligo di frequenza. Ecco la mia punizione per aver usato la 'legittima difesa'. Perfetto direi. Con malavoglia mi trascino nell'aula di detenzione per le lezioni pomeridiane. Entro e mi siedo al banco più lontano dalla cattedra.
«Hey.» mi volto. È Zayn.
«Che ci fai qui?» chiedo senza neanche salutarlo.
«Ho fatto esplodere il laboratorio di chimica.» dice con un mezzo sorriso da beota. Trattengo una risata.
«Pff. Davvero?»
«Davvero.»
Sorrido. Il tipo mi ha fatto tornare il buon umore, che cosa strana.
«Ho visto quello che è successo oggi a mensa..»
«Possiamo evitare di parlarne?»
«...e credo che tu abbia fatto terribilmente bene a dare un pugno a quella. Non avevo mai visto fare una cosa del genere, da una ragazza poi.»
Lo guardo stranita. Lui assume uno sguardo compiaciuto e fissa il muro.
«Dovrei dire grazie per l'appoggio?»
«Forse.» risponde quasi ridendo. Entra la prof, lui si siede al banco vicino a me.

È passata una settimana. Stare in punizione di pomeriggio di certo non è divertente ma ogni tanto il moro riesce a distrarmi. È simpatico alla fine, mi fa sempre tornare di buon umore. È l'unica persona che sia mai riuscita a farlo in vita mia oltre ad essere l'unica che mi parla in tutta la scuola. Da quando è successo il casino con clarisse le cose vanno di male in peggio, riescono solo a rivolgermi sguardi di odio. Solo lui mi è vicino come non lo è mai stato nessun altro. Chissà perché poi lo fa, di solito vengo vista come la pecora nera e invece lui mi parla come se fossi 'normale'. E questa è una cosa che mi ha sorpreso molto di lui. Potrò fidarmi veramente?

Lunedì, inizia la seconda settimana di punizione. Cammino a sguardo basso fra i corridoi della scuola, passo svelto e raggiungo il mio armadietto. Ma improvvisamente mi si para davanti lei. Si, Clarisse, con le sue amichette dietro e un mega cerotto sul naso. E pensare che l'ho ridotta io così.
«Ciao Clarisse.» dico senza neanche guardarla e mettendo a posto i libri nell'armadietto.
«Ciao puttana.»
«Come scusa?»
«Ha, è pure sorda, sentito ragazze? Ho detto ciao puttana.»
«Ah, e quindi la puttana sarei io eh? Quella che se la fa con mezza scuola e pensa solo a divertirsi.» controbatto.
«Ehi ma come ti permetti?»
«Mi permetto eccome.»
«Non dire una parola di più sfigata o vedi che ti succede. vengo sotto casa tua e ti strangolo di notte, pezzo di merda che non sei altro che non meriti neanche di vivere.»


Mi pietrifico.

'..non meriti neanche di vivere.'

Quelle parole si congelano nella mia mente e cominciano a torturarmi. Non so come reagire.
«Ehi, lasciala in pace.» interviene una terza voce. Io non mi muovo. Sento qualcuno avvicinarsi a me. È Zayn.
«Fortunata, è venuto il salvatore. Non finisce qui, stronza.» Clarisse se ne va.
«Ehi, tutto bene?»
«..credo di si.» no, che non va bene. Ho le lacrime agli occhi cristo santo.
«..S-scusa un attimo..» corro in bagno. Non ce la faccio, a tutto c'è un limite. Scoppio a piangere. 


'Non meriti neanche di vivere.'
'Faresti meglio a morire, nessuno se ne accorgerebbe.'
'Credo che tua madre abbia fatto meglio a morire piuttosto che avere una figlia come te.'
Troppe cose, tutte messe insieme. sto scoppiando. Cerco disperatamente le forbici nello zaino per alleviare il mio dolore.
«Ehi ehi, che ti prende?» no, ora pure lui, Zayn, basta.
«Niente.» gli dico rabbiosamente.
«Senti, io non si che ti abbia detto quella lì, qualunque cosa non la stare ad ascoltare, sa solo blaterare. Perché hai le forbici in mano?»
Mi viene da ridere a quella domanda ed infatti scoppio in una specie di ghigno maligno. Sembro una pazza. In bagno siamo solo noi due.
«Perché? Vuoi sapere veramente perché, eh? guarda, guarda qui!» Alzo di scatto la manica della maglietta mostrando i tagli. Non so perché lo sto facendo, ho perso totalmente il controllo di me stessa.
«Forse, tu non hai idea di come sia la mia vita. Forse tu non hai idea di come mio padre mi tratti. Forse tu non hai idea di quanto io mi faccia schifo da sola, non ti rendi conto della mia voglia di sparire da questo cazzo di mondo e farla finita. Non sai quanto io soffra, non sai quante volte io mi sento morire dentro. Non sono mai abbastanza. mai abbastanza per gli altri ma nemmeno per me. Faccio schifo, Sono inutile. Fa bene la gente a chiamarmi pezzo di merda e dire che mia madre ha fatto bene a morire piuttosto che crescermi, non merito nemmeno di vivere. Eppure come una cretina mi dico sempre che questo tutto un giorno finirà, mi illudo del fatto che sarò felice un giorno. Ma il dolore che porto dentro è troppo grande. Li vedi questi, eh? Questi mi aiutano. Mi aiutano ad alleviare le mie sofferenze. Perché ogni volta che non ce la faccio più, premendo quella lametta sulla pelle mi dimentico per un secondo di tutto il dolore che ho dentro. Ma nessuno si è mai accorto di tutto questo. È facile nascondere tutto dietro un falso sorriso. Perchè la gente vede che ho un sorriso sul volto, ma non sa delle cicatrici sul mio polso.»

Rimango sorpresa di come mi siano uscite tali parole di bocca.
Zayn mi guarda come se fosse tra lo spaventato e l'incredulo. Restiamo in silenzio per alcuni secondi che paiono interminabili. Alla fine lui mi prende delicatamente il polso e mi abbassa la manica del maglioncino, io lo lascio fare. Con altrettanta premura e rimanendo in silenzio mi sfila le forbici dalla mano.
«Queste non ti servono più.» le getta fuori dalla finestra aperta. Sono sconcertata della sua reazione calma.
«Sai, è da tempo che ti osservo. Ho sempre notato che avevi qualcosa da nascondere, un segreto, un peso da portare dietro che non volevi dire a nessuno. Per questo ho tentato di avvicinarmi a te. Non capivo perché una ragazza come te dovesse essere così sola rispetto agli altri. Ma non avrei mai immaginato tutto questo. Come hai detto le persone sono solo capaci di vedere il tuo sorriso, non le ferite che hai dentro. E anche io vedevo solo quello come uno stupido. Non hai nulla da perdere in questa vita, puoi ricominciare tutto da capo se vuoi.»
Pff, come se fosse facile.
«Io sono disposto ad aiutarti. Io voglio aiutarti.»
«Non voglio nè l'aiuto nè la pena di nessuno. Non avrei dovuto dirtelo.»
«Ma potrebbe servirti se non ne hai mai parlato con nessuno. Veramente, voglio aiutarti. Sei troppo preziosa per ridurti in questa maniera.» quella frase mi lascia interdetta. Un brivido mi percorre la schiena. Ho combinato un casino.
«Nessuno lo doveva sapere.»
«Non dirò nulla a nessuno, lo prometto.»
«Vattene.» gli dico fissando il vuoto improvvisamente in preda alla collera.
«Ma io..»

«Ho detto vattene.» mi fissa per un lungo istante e poi se ne va. Sa tutto. Non voglio più vederlo.

Oggi mi sono inventata una scusa per rimanere a casa. Non ho voglia di vedere Zayn, sicuramente dopo quello che gli ho detto mi assillerà o peggio ancora lo dirà a tutti, per cui meglio evitare l'umiliazione. Non so se posso fidarmi di lui. Eppure è anche l'unica persona che mi rivolge parola. Non è scappato quando gli ho detto quelle cose, non mi ha abbandonato, non mi ha dato della pazza. Forse prova interesse per me? Ma dai, Sophie, non ti fare illusioni. Nessuno si è interessato mai a te e non lo sarà mai. Eppure lui è così diverso. Con quell'odore che emana che mi da sicurezza. L'unica persona con la quale riesco a dimenticare i miei problemi, l'unica che mi fa stare bene. Io..io..non capisco. Sono forse innamorata?

Il giorno dopo ritorno a scuola, vedo zayn che mi viene incontro.
«Ciao Sophie.»
«...ciao.»
«Come stai?»
«...bene.»
«Bene bene o bene per finta?» la sua domanda mi colpisce. Ha afferrato subito il concetto.
«...la sai la risposta.»
«Senti, riguardo a quello che è successo l'altro giorno..»
«Non voglio parlarne, devo andare a biologia. Ciao.»
Scappo via. Il cuore mi batte all'impazzata. Che mi sta succedendo? L'unica persona che parla con me e io la rifiuto scappando. Non so perché ma la mia mente dice che è meglio evitarlo e così decido di fare. Le mie guance vanno a fuoco, brividi continui sulla schiena.
Che stupida che sono. Mi sono innamorata.

Sono cinque giorni che evito Zayn, non ce la faccio più. Da una parte sento il bisogno di averlo accanto, dall'altra non voglio più averci a che fare dopo quello che è successo. Ho rifiutato tutte le chiamate che mi ha fatto, circa una decina. Sono sola in casa, suona il campanello. Apro la porta senza chiedere chi sia. Zayn. Non faccio in tempo a vederlo che gli richiudo la porta in faccia.
«Sophie, apri la porta dai.»
«...no.»
«Per favore.»
«...come hai avuto l'indirizzo di casa mia?»
«Sono andato in segreteria e ho portato un dolce alla segretaria corrompendola per farmi dare il tuo indirizzo.»
Tutto questo per me? Non so come reagire...apro la porta.
«...entra.»
Ci sediamo in cucina e gli preparo una tazza di tè.
«Perché sei venuto?»
«Ero preoccupato. Non ti ho più vista.»
Preoccupato? Per me? Lo guardo incredula.
«...nessuno si era mai preoccupato di me prima d'ora. Solo tu.»
«Allora perché continui a evitarmi?»
«Io...io...non lo so.» rispondo sconcertata. Dentro la mia testa si stanno accumulando troppe cose, il cuore riprende a battermi velocemente, gli occhi si riempiono di lacrime, i brividi lungo la schiena.
«Io...io...» scoppio in un pianto isterico. Zayn mi osserva impanicato.
«Ehi ehi, che succede?» 
«Non lo so...neanche io. È che...non ho mai avuto nessuno su cui contare e ora che ci sei tu...io...io mi sento così strana, non so.» Zayn si alza e viene ad abbracciarmi, affondo la mia faccia sulla sua spalla senza farci troppo caso.
«Mi prometti una cosa?» chiedo a Zayn.
«Tutto quello che vuoi.»
«Non abbandonarmi.»
«Non lo farò. Ma mi prometti anche tu una cosa?»
«Dimmi.»
«Escine. Esci dal mondo di dolore che ti sei creata, scavalca quel muro e fatti aiutare. Insieme possiamo farcela, possiamo uscirne.»
«...ok, te lo prometto. Zayn?»
«Dimmi.»
«Io...» prendo tutto il mio coraggio e glielo dico.

«...io credo di amarti.»
«...anche io.»

Sono passate tre settimane da quando io e Zayn abbiamo parlato. Lui mi sta aiutando veramente. Io mi fido di lui, so di poterlo fare. So di poterlo amare come lui ama me, è un sentimento sincero il nostro. Mi ha promesso che un giorno pianteremo nel giardino della scuola un piccolo albero di pesco, il mio fiore preferito. Grazie a lui sono due settimane che non mi taglio. Sto scavalcando lentamente quel muro che mi sono creata intorno a me, mi sento viva. Sto guarendo grazie all'amore.

Sono due giorni che non lo vedo e non lo sento. Non viene a scuola e non risponde al cellulare, neanche a casa. Ho provato a cercare il suo amico Liam ma non sono riuscita a trovarlo. Come non detto, una sua chiamata sul cellulare.
«Pronto Liam.»
«Sophie.» mi risponde con una voce di pianto.
«Liam? Che succede?» dico agitata.
«Zayn. È in ospedale. Ha fatto un incidente bruttissimo. È in coma.» è uno scherzo vero? Trattengo le lacrime e il panico.
«Dove sei ora?»
«In ospedale con lui.»
«Arrivo subito.»

Eccolo lì, disteso su un letto bianco e squallido. Gli occhi chiusi, le palpebre adornate di quelle ciglia fini e lunghe. Sembra stia dormendo. I medici hanno detto che potrebbe non farcela o restare in stato vegetale, io non voglio credergli. Mi avvicino al letto, sono da sola nella stanza.
«...ciao Zayn. Nei film dicono che se parli ad un paziente in coma lui può sentire per cui...eccomi qua.» le lacrime scendono calde sul mio viso.
«Mi hai detto di rimanere forte. Mi hai detto che insieme potevamo farcela. Insieme, non senza di te. Non puoi andartene, io ho bisogno di te, io ho bisogno. Mi hai detto che non mi avresti mai abbandonata. Non farlo adesso.»

Le lacrime bagnano dolcemente le lenzuola del letto.
«Per favore, non lasciarmi. Senza di te io non posso continuare a vivere. Eppure ti ho fatto una promessa, che ne sarei uscita. Zayn, se proprio non dovessi farcela, anche se tu ce la devi fare, io ti prometto che ne uscirò, anche da sola, con tutte le mie forze, mi risolleverò e guarirò. Porterò sempre il tuo amore nel mio cuore, ti ho amato come non ho mai amato nessuno. Questa è una promessa. Ti amo Zayn.»

Non ho più avuto il coraggio di andarlo a visitare. 
Tre giorni dopo la mia visita Zayn è morto. Da allora sono passati sei mesi. Non mi taglio più e le mie cicatrici stanno scomparendo. Sto guarendo grazie all'amore che mi porto dentro. Posso finalmente sentirmi viva. Lui mi manca ma è come se fosse sempre con me, nel mio cuore. Il potere dell'amore è più forte di qualsiasi altra cosa, è in grado di curare tutte le ferite. Nel retro del giardino di casa mia ho piantato un piccolo albero di pesco come ci eravamo promessi.

L'amore ha vinto anche questa volta. L'amore ha trionfato. L'amore ha salvato un'altra vita, la mia.

Perché non c'è altra cosa più forte dell'amore. Grazie Zayn.




Nota dell'autrice:

Premetto che questa è la prima oneshot che scrivo. Come ho già scritto in alto, è stata precedentemente pubblicata in un twitlonger tramite il mio account twitter @harrysjuliet_ , anche se adesso ho cambiato nick.

Ringrazio infinitamente tutti coloro che recensiranno questa storia con una critica negativa o positiva, vi ringrazio per avermi dedicato un po' del vostro tempo.

E ringrazio infinitamente anche chi mi ha ispirato questa storia, persona che è riuscita ad uscire dal tunnel dell'autolesionismo facendosi aiutare poichè, ricordatevelo, nessuno si salva da solo.

Ed un ulteriore ringraziamento va a chi leggerà questa storia anche senza recensirla, per aver aperto questo testo ed essere arrivati a leggerlo fino alla fine.

Molti mi chiedono se sto scrivendo altro. Ebbene sì, sto lavorando ad un'altra oneshot. Ma sono molto lenta e soprattutto impegnata, per cui inutile darvi una data entro il quale finirò il mio lavoro.

Qualsiasi cosa vogliate chiedermi, dirmi, consigliare o altro, potete scrivere sul mio account efp tramite messaggio o contattarmi sul mio account twitter @perfeclou.

Un bacio e alla prossima lettura :)


Flami

 
   
 
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