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Autore: Raste    20/02/2013    1 recensioni
Ognuna delle cinque Regioni del Mondo Pokèmon ha la sua Lega, e ogni Lega il suo Campione, ex protagonista di un Videogioco Pokèmon. Ciascuno dei Campioni durante il suo viaggio ha affrontato con successo uno o più Team criminali, i capi dei quali dopo la sconfitta sono misteriosamente scomparsi senza lasciare traccia. Ma cosa accadrebbe se Ghecis, Cyrus, Giovanni, Ivan, Max e i loro sottoposti unissero le forze in cerca di vendetta? Questa è la storia di Anthony, Richard, Ian, Stephan, Mat, Elyse e Rick, i protagonisti dei videogiochi, che si troveranno a riaffrontare i loro vecchi nemici, più agguerriti e pericolosi di prima, per sventare il loro nuovo piano e salvare ancora una volta le cinque regioni. Compariranno moltissimi Pokèmon diversi e numerosi personaggi sia canonici che non, e non mancheranno ovviamente le lotte, oltre ad esplorazione, amicizia, amore e al legame importantissimo che unisce allenatore e Pokèmon.
A questo punto non mi resta che augurare buona lettura e buon divertimento a tutti, sperando che il lavoro vi piaccia :-D
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Unima.
Notte fonda.
In un sudicio vicolo di Austropoli tutto taceva. Solo un Rattata, uscito col favore delle tenebre dalle fogne in cerca di cibo,  zampettava lungo un muro frugando tra la spazzatura. Annusò un sacchetto abbandonato, che improvvisamente aprì gli occhi ed iniziò ad agitarsi. Il Trubbish, disturbato, soffiò una nube tossica sul Pokèmon Topo, che balzò indietro soffiando e rizzando il pelo. Improvvisamente un rumore bloccò entrambi i Pokèmon, i quali alla vista di un’ombra corsero a rifugiarsi dietro a delle casse. Un gruppo di uomini si muoveva circospetto verso una piccola porta nascosta nell’ombra. Quello che sembrava il capo era un uomo alto, massiccio, con una corta barba scura. In testa portava una bandana azzurra con uno strano simbolo: un ovale bianco con due monconi di ossa che spuntavano dal basso. Indossava inoltre una camicia nera aperta sul davanti, che mostrava i pettorali scolpiti. Aveva il volto e la pelle abbronzati, segnati dal sole e dalla salsedine, tutti indizi che rivelavano la sua natura di uomo di mare. Gli uomini che lo seguivano vestivano tutti una maglietta a righe e la medesima bandana del loro leader. Uno di essi ad un cenno aprì la porta, rivelando una vecchia scala che scendeva nel buio. Arrivati in fondo si trovarono a percorrere un corridoio stretto e angusto, fino ad una seconda porta da cui filtrava della luce. Entrarono. Era una grande sala illuminata, molto più curata del corridoio fatiscente che si erano appena lasciati alle spalle. Alle pareti vari computer e monitor ronzavano indisturbati mentre al centro era posto un grande tavolo rotondo, dove c’era già qualcuno seduto. Il marinaio lo riconobbe subito: i capelli rossi lunghi fino alle spalle, la tunica cremisi e nera, la grossa “M” ricamata sul cuore e un colorito pallido, come se vivesse più sotto terra che fuori. Fu proprio l’uomo seduto a parlare per primo: “Ma guarda un po’: Ivan. E così sei venuto anche tu” “Max. Che diavolo ci fai tu qui?” “Presumo la stessa cosa che ha spinto te a lasciare Hoenn sul tuo bel sottomarino per dirigerti in questa città. Ad essere sincero, nemmeno io conosco il vero motivo per cui siamo stati convocati” “Qualcuno ci ha mandato un messaggio dicendo di trovarci qui, ma se non sbaglio c’era anche scritto che stava cercando gente forte ” Ivan sogghignò: “Com’è che sei compreso anche tu?”
Max non sembrò colpito dalla frecciata del rivale, che proseguì: “Ti sei fatto mettere i piedi in testa da un moccioso per ben tre volte, e come se non bastasse non sei neppure riuscito a tenere uniti i tuoi uomini dopo la disfatta di Ceneride. Infatti vedo che sei solo, mentre io ho ancora con me le mie reclute e miei Idrotenenti. Non capisco proprio chi possa avere bisogno di uno come te”. A questo punto l’altro balzò in piedi, furioso: “ Ah sì? Beh non mi pare tu abbia fatto una figura migliore, caro il mio uomo pesce. Se non vado errato quel ragazzo ha preso a calci anche te. E io non mi faccio criticare da chi dopo una sola sconfitta ha dichiarato forfait” “Come ti permetti, lurido topo di caverna? Ripetilo se ne hai il coraggio!”
“ADESSO BASTA!” Una terza voce si levò da un altro punto del tavolo. Veniva da un uomo vestito di un impermeabile nero, dal fisico robusto. Portava un cappello a falda larga scuro che gli copriva gli occhi, ma si capiva che doveva avere sui cinquant’anni. “L’uomo che ci ha convocati qui lo ha fatto per un motivo ben preciso, e quindi deve avervi scelto perché le vostre capacità sono all’altezza. È del tutto inutile litigare sul perché dovremmo o non dovremmo essere presenti stasera”.
“Giovanni ha ragione” disse una quarta persona. Tutti si voltarono. Dall’ombra, da una porta laterale, uscì una figura piuttosto alta, con lunghi capelli verdognoli. Era forse poco più vecchio di Giovanni, vestito di una lunga tunica nera, con uno strano visore che nascondeva l’occhio destro. Al centro del petto faceva bella mostra uno stemma: uno scudo bianco e nero con una grossa “P” blu sovrapposta a una saetta.
“Vi chiedo scusa per l’attesa. Il mio nome è Ghecis, e sono colui che questa notte vi ha riuniti” “Quello che vogliamo sapere è perché” , lo interruppe Ivan”. “Al tempo, al tempo” rispose Ghecis con calma “Manca ancora un ospite, e credo che stia per arrivare. Giovanni, credo tu abbia capito di chi sto parlando”. Lo sguardo dell’uomo si indurì: “Non sarà per caso…?” Non riuscì a finire la frase, perché proprio accanto a loro si aprì improvvisamente un sorta di buco nero, da cui sbucò una catena fatta di piccole gemme rosse, la quale si ancorò saldamente al pavimento, come se fosse magnetizzata. Dietro di essa uscì lentamente il quarto e ultimo dei convocati di Ghecis.
Se Max era pallido, questo era quasi cadaverico, come se non vedesse la luce del Sole da mesi, o addirittura anni. Magrissimo, con una lacera tuta grigia e i capelli blu disordinati e tagliati alla bell’e meglio. Il suo sguardo però era vivo, freddo, deciso. Lo sguardo di un uomo che non si arrendeva davanti a nulla. Uscendo, riavvolgeva la catena sul braccio.
“Cyrus…” concluse finalmente Giovanni. Ghecis sorrise: “Esatto: Cyrus. Lo conosci bene tu, vero?” “Lo conosci?” chiese Ivan.
Fu però il nuovo arrivato a rispondere: “Certo che ci conosciamo. Da giovani abbiamo collaborato a lungo per cercare di creare un nuovo mondo usando i poteri dei leggendari Dialga e Palkia, ma ad un certo punto lui ha deciso di abbandonare tutto e di tornare a Kanto, perché si era convinto fosse un’impresa impossibile. Credeva fosse più facile conquistare il mondo da soli, sfruttando i Pokèmon più comuni. Io invece non mi sono arreso, ho continuato i miei studi da solo, e alla fine…” “…alla fine sei rimasto rinchiuso in quel buco nero che tu chiami Mondo Distorto. Direi che in un modo o nell’altro non sei riuscito a raggiungere il tuo scopo” concluse Giovanni.
Mondo Distorto?” domandò Max. “Esatto. Una dimensione in cui Tempo e Spazio sono mescolati e deformati, e in cui io vivo volontariamente da un sacco di tempo. La Rossocatena – mostrò loro l’oggetto – è l’unica chiave per poter entrare o uscire da esso. Mi ci sono voluti mesi per recuperare i vari pezzi sparsi in tutti gli angoli di quel mondo. Più la Catena è lunga, più il varco è resistente. Di solito esco solo la notte, avendo rifiutato questo universo come mio”
“Hai rifiutato questo universo? Tu sei completamente pazzo amico” lo schernì Ivan. Cyrus si limitò a sogghignare, poi si rivolse a Giovanni: “Nemmeno tu però hai avuto più fortuna, non è vero?” “Perlomeno i miei uomini non hanno mai smesso di credere in me, a differenza dei tuoi che adesso fanno gli ecologisti” “E’ vero, ma a me basta anche uno solo di loro, e quello che mi è rimasto è più intelligente di cento reclute”
“A questo proposito – intervenne Ghecis – c’è qualcuno che ti stava aspettando”. Si fece da parte, lasciando entrare un vecchio scienziato piccolo e gobbo, stempiato ad eccezione di due ciuffetti viola e con un paio di occhialini tondi. “E’ bello rivederti, Cyrus” esordì. “Plutino. Mi auguro tu abbia fatto ciò che ti ho chiesto”. Lo scienziato gli consegnò delle Pokèball: “Ecco qua. Li ho curati e tenuti in forma, come mi hai ordinato il giorno in cui me li hai affidati” Cyrus prese le sfere con un ghigno soddisfatto, ed esse parvero fremere, come se i loro abitanti fossero felici di essersi riuniti al loro allenatore.
“Bene – disse Ghecis – ora che ci siamo tutti è il momento di rivelarvi perché siete qui. Ho riunito i cinque leader delle cinque maggiori organizzazioni del mondo. Giovanni, del Team Rocket; Cyrus, del Team Galassia; Max, del Team Magma; Ivan, del Team Idro, e io, Ghecis, leader del Team Plasma. Ognuno di noi aveva un sogno, un’ambizione, che ci è stata strappata da dei mocciosi, dei ragazzini, che adesso sono considerati i più forti allenatori del mondo. Quelli che adesso si fregiano del titolo di Campioni della Lega Pokèmon. Ebbene, io voglio che voi mi aiutiate a realizzare un nuovo, grande piano, che portato a compimento farà cadere non una regione, ma il mondo intero nelle nostre mani, e contemporaneamente ci permetterà di sbarazzarci di quei dannati ragazzini, che pagheranno, e saranno testimoni impotenti della nostra rinascita! Ma per fare ciò, ho bisogno di tutti voi. Ci state?”
I quattro leader si guardarono tra loro, e fu Cyrus a rompere il silenzio: “Tutti noi desideriamo vendetta, e stai certo che ti appoggeremo, ma prima vogliamo che tu ci riveli esattamente cosa hai intenzione di fare”
Ghecis sorrise diabolicamente: “Molto bene…”
 
 
Qualche ora dopo, Ivan si infilava in un sottomarino attraccato vicino a uno dei moli, dove venne accolto da una donna che indossava la divisa del Team Idro, con tanto di bandana che le tratteneva i lunghi riccioli castani. “Allora?” gli domandò. “Ada, ordina di accendere i motori e dirigerci a Sud. Abbiamo del lavoro da fare”
Contemporaneamente Giovanni saliva su un elicottero silenziosissimo atterrato in una piazza deserta, mentre Max, a dorso di uno Skarmory, si levava silenziosamente nella notte, sparendo in lontananza.
 
  
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