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Autore: Shinkocchi_    22/02/2013    3 recensioni
"Ἐν οἴνῳ ἀλήθεια
In vino veritas
In wine there is truth
Comunque si voglia metterla, alla fine il concetto non cambia…"
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[UsUk]
Auguri Cucchiaia :"D
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SeraH a tutti, gente :"DDD
E finalmente sì, pubblico una UsUk. Non penso di poter trovare parole per esprimere il mio amore nei confronti di questa pair, e vi basti sapere che è la mia OTP con la lettera maiuscola di Hetalia u.u
Io mi sento molto più simile ad Arthur che ad Alfred, caratterialmente, tuttavia, non so come mai, finisco sempre con lo scrivere con il pov del personaggio che meno mi somiglia...mah. (?) Essendo questa la prima volta che scrivo su di loro assieme, spero di non essere caduta nell'OOC. Inoltre, è la prima scena di bacio non het che pubblico (ho perso l'aureol-*cough*). Bah.
Il titolo viene dalla famosa espressione latina "in vino veritas" che ho scoperto venire dal greco Ἐν οἴνῳ ἀλήθεια, e che io, per motivi pratici, ho deciso di tradurre in inglese...in fondo, mi sembrava più realistico, considerando che è la lingua di America e Inghilterra u.u
Vorrei dedicare la fic a tutte le persone che ho conosciuto e con cui ho potuto condividere la passione per questa coppia, in particolare Fay, Ameriko_, Cali, Woland in Moskau :"DDD
Prima fra tutte, però la dedico alla mia Cucchiaia (?) perchè oggi compi gli anni caraH, e perchè sì (?)
Beh, detto questo, ho detto tutto u.u

Buona lettura
*








Ἐν οἴνῳ ἀλήθεια

In vino veritas

In wine there is truth

 

  Comunque si voglia metterla, alla fine il concetto non cambia…

 





 
Arthur avrebbe dovuto perdere quello stramaledetto vizio, prima o poi…
 
Alfred sospirò, seduto sulla sedia e poggiato con i gomiti al balcone del bar in cui aveva trascorso la serata assieme ad Inghilterra e Francia.
Non era un’abitudine, la sua, nient’affatto, tuttavia, ultimamente, un po’ per caso, un po’ per scelta, era successo abbastanza di frequente. Anche quella sera si era lasciato trascinare senza troppi complimenti da quei due, dopo la conferenza che aveva preso luogo nel pomeriggio. Ma, per sua fortuna, avendo un po’ di senso della misura, non aveva mai avuto particolari problemi con gli alcolici…ehm. Almeno, non lui…
-Baaaaaaaka!- la voce lamentosa di Arthur lo riportò alla realtà, facendolo sobbalzare –Portamene un altro!- esclamò battendo con foga la mano sul balcone.
-Non credi di aver alzato un po’ troppo il gomito questa sera, Angleterre?-
-Non osare sfottermi, damned frog!- lo additò concitatamente mentre questo rideva, divertito, bevendo un altro sorso di vino –I-Io sto…hic...benissimo!-
-Oh, ma certo! Lo vedo, mon cher!- rispose il francese sentendo poi le gambe di uno sgabello stridere sul pavimento –Te ne vai già?- chiede, Alfred rise.
Si infilò la giacca –Beh, domani abbiamo un altro meeting, e poi…ho seriamente bisogno di mangiarmi un hamburger!-
-Mh, capisco…- sorrise, ambiguo, per poi riprendere a parlare –Allora fammi un favore…- disse rivolgendo il pollice verso Arthur, che aveva smesso di dimenarsi e si era accasciato al balcone –Portamelo un po’ via!-
-Eh?!- esclamò contrariato –W-What…? Perché?!-
-Oh, io ho già da fare questa sera…- diede un’occhiata di sottecchi ad alcune ragazze sedute poco distante e America, per quanto potesse essere ritenuto ingenuo da molti, capì alla perfezione, ed arrossì.
-Su, su!- lo canzono Francis sollevando di peso l’inglese e gettandolo letteralmente fra le braccia dell’altro –Un eroe si preoccupa di proteggere la quiete e non esita mai ad aiutare chi ne ha bisogno, no?-
-…-
-Tu non affermi forse in continuazione di esserlo?- insinuò, serafico, e America non replicò, punto nell’orgoglio, perché sì, diamine! Lui era un eroe! Era l’Hero!
Corruggiò le sopracciglia, assumendo un’espressione piccata –Certo che sì!-
-Mh, tres bien, mon amie! Allora lo lascio a te, eh!-
Alfred annuì con orgoglio, dirigendosi verso l’uscita con il più grande sottobraccio e, non appena la porta si chiuse alle loro spalle, Francis si poggiò al palmo della mano con il mento, chiamando con un cenno dell’altra il barista –Il conto, s’il vous plait.-
-Se ne va già?-
-Sì…domani avrò una giornata impegnativa- ridacchiò –E poi, io, il mio lavoro l’ho già fatto.-
 
La chiave girò nella toppa, rompendo il silenzio nel corridoio vuoto dell’albergo con il suo suono metallico, e Alfred diede una leggere spinta alla porta con il piede, aprendola. Cercò faticosamente la luce a tastoni, e si trascinò verso la camera da letto dell’inglese, che se ne dormiva beatamente sulla sua schiena, e ogni tanto borbottava qualche parola sconnessa che non riusciva a capire.
Riportarlo indietro era stato più faticoso del previsto…Arthur era inciampato due, tre volte. Poi aveva vomitato. Si era alzato in piedi, cantando l’inno inglese a squarciagola. Poi aveva nuovamente vomitato. Ed era inciampato. Di nuovo. E di nuovo. Alla fine aveva perso il conto delle volte, e ci aveva rinunciato, prendendolo in spalla.
Lo gettò sul letto a peso morto, e questo si rigirò, cominciando a scalciare.
-Bloody hell!- imprecò contrariato –W-What…hic…che cazzo combini, moccioso ingrato?!-
-Ah…- tirò un sospiro –Com’è possibile che tu ogni volta ti riduca così?- chiese scotendo la testa con aria di superiorità –Dovresti ringraziarmi! Se non ci fossi qua io, in qualità di grande eroe…- si portò una mano al petto, orgoglioso –Eh! Chissà dove saresti ora!-
-S-Shut…up.- piagnucolò con tono lamentoso –Dovresti…hic…dovresti mostrare un po’ più di riconoscenza a chi ti ha cresciuto e-…e ti ha reso quello...quello che sei, shit!-
Alfred alzò gli occhi al cielo, arricciando il naso e sbuffando. Ancora con quella storia? Per quanto tempo aveva intenzione di continuare a rinfacciarglielo? Era così seccante, e menoso, e aveva sempre da ridire su tutto…l’alcol era solo un’attenuante, in quel caso.
Ah…dannazione…perché con lui doveva essere sempre tutto così complicato?
-Beh, io il mio lavoro l’ho fatto, quindi ti saluto, Inghilterra!- disse seccato, facendo un cenno con la mano per poi muovere un passo avanti –Il mio hamburger mi sta asp-…AAHHH!- non fece in tempo a finire la frase che cascò a terra, inciampando nella gamba del tavolo e finendo a gambe all’aria, provocando un’immediata reazione di ilarità da parte dell’altro.
-AHAHAHAHAHAH!- si rotolò sul letto, le mani allo stomaco, facendo venire ad America la voglia di sparire mille metri sotto terra.
Oh, bene. Ma che gran figura di…
-Lo trovi tanto divertente?- chiese rimettendosi in piedi e squadrandolo con fare palesemente offeso.
Inghilterra fece un sorrisetto, le guance colorite a causa dell’alcol –Hai un bel culo!- esclamò come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo, facendolo quasi morire strozzato con la propria saliva.
-C-C-C-CHE DIAVOLO STAI DICENDO?!- gridò con il viso in fiamme e gli occhi sgranati, rischiando più volte di mordersi la lingua nella foga.
Si girò, stizzito, cercando di nascondere tutto quel rossore che gli si stava imperterritamente diffondendo in faccia…che razza di discorsi erano quelli? Com’era che se ne saltava fuori con un’uscita del genere tutto ad un tratto?!
Scosse compulsivamente la testa, scacciando tutti quei pensieri…tanto, ubriaco com’era, avrebbe dimenticato tutto nel giro della nottata...vero?
-Al?- sentì una voce flebile chiamarlo e si voltò, abbassando lo sguardo e incontrando gli occhi verdi del più grande, che era sdraiato sul letto e lo stava fissando in silenzio.
-C-Che…succede?- non riuscì ad evitarsi di balbettare, sorpreso, perché, che diamine, se l’era sognato o lo aveva appena…lui…aveva…
-Al?- ripetè quello, dando un’effettiva conferma ai suoi dubbi.
Per nome, oh man. L’aveva chiamato per nome. Quand’era l’ultima volta che era successo?
-S-Sì?- chiese, cercando inutilmente di darsi un tono, mentre l’altro continuava a fissarlo, tranquillo, con sguardo vacuo.
-Tu…i miei scones…li odi così tanto?-
America sbattè le palpebre –Eh?- biascicò appena, completamente inebetito, non del tutto certo di aver compreso a fondo la domanda dell’altro, posta, per di più, con un tono che a lui sembrò quasi dispiaciuto.
Seguì un momento di silenzio, nel quale l’americano capì che l’altro era terribilmente serio, per quanto un ubriaco poteva essere considerato serio…
-N-Non è che…li odio- biascicò in imbarazzo –Solo…è solo che sono…- “immangiabili”, avrebbe voluto dire, ma si bloccò, non sapendo nemmeno lui il motivo, ma probabilmente perché non aveva il minimo coraggio di  infierire contro un Arthur ridotto in quello stato tanto pietoso, quanto, ahimè, lo doveva ammettere, adorabile.
Incontrò nuovamente lo sguardo confuso di Inghilterra, anche se non sapeva se lo era per via della sua reazione o per la quantità di alcol ingurgitata. A quel punto si chiese anche se davvero capiva quello che gli stava dicendo.
Sentì le parole premergli con forza sulle labbra per uscire fuori, all’aria e lo fissò qualche secondo, in silenzio.
…Tanto, Arthur non si sarebbe ricordato nulla di quella serata. Cosa c’era di male?
-…i tuoi scones non sono la cosa migliore che io abbia mangiato, affatto.- disse con tono calmo, muovendo un passo verso il letto –Ogni volta che ne mangio uno ho voglia di correre al gabinetto e vomitare, e mi prende un mal di stomaco tale che non ricordo di aver mai avuto in altre circostanze…- sospirò, prese fiato –Però…nonostante il sapore, la consistenza, l’odore, nonostante tutto…- mosse ancora un passo, ritrovandosi ancora più vicino -Nonostante tutto questo, io sono davvero felice, quando tu me li offri, anche se mi insulti come il peggiore degli idioti.-
Trattenne il respiro, tenendo gli occhi abbassati, persi nel vuoto, finchè non sentì le dita dell’altro sfiorargli dolcemente la guancia, per poi risalire fino alla base del collo, aggrappandosi alla spalla. Aveva uno sguardo così dannatamente serio…
 –A-Arth-…- le sue parole vennero soffocate dalle labbra dell’inglese, che si premettero delicatamente sulle sue.
Alfred trattenne il respiro, rimanendo immobile, fermo, con gli occhi spalancati, e la sensazione del vuoto più assoluto che si impadroniva di lui. Il suo cervello, come ogni singola cellula del suo corpo, si spense, e il giovane non riuscì a percepire nulla, se non una sensazione di formicolio non del tutto spiacevole pervaderlo completamente e metterlo in subbuglio.
E caldo, oh sì, tanto caldo. Senza contare che doveva ancora mettere a fuoco l’intera situazione, ecco…
Sentì ad un tratto l’aria cominciare a mancargli e il sapore di alcol nella bocca dell’inglese fargli girare la testa ancor di più, unito a tutta quella situazione.
Poi ossigeno. Aria. Le labbra di Arthur si staccarono nello stesso modo in cui si erano congiunte alle sue, e l’inglese si lasciò ricadere sul letto a peso morto, lasciando l’americano lì, ancora immobile, come un emerito idiota di prima categoria.
-Wh…at?- gli sfuggì un flebile sussurro, ma a lui sembrò rimbombare con la stessa potenza di un tuono in tutto quel silenzio.
Vuoto, vuoto, solo tanto vuoto. Cos’era successo esattamente?
-…fred…- un lieve sussurrò dal tono spezzato di Inghilterra lo fece sussultare, e America abbassò lo sguardo, ancora nella confusione più totale, incontrando la sua figura adagiata sul letto, che ormai era sprofondata nel mondo dei sogni.
-…Eh?- chiese, quasi aspettandosi una risposta, chinandosi su di lui, che aveva la faccia schiacciata nel cuscino, per riuscire a sentirlo meglio.
-I miss you…Alfred.-
Un altro tonfo al cuore, rimbombò all’interno della stanza ancora più forte dei precedenti.
-I miss you so much…-
Restò immobile, nuovamente, con gli occhi di quel meraviglioso blu terso che vacillavano, mentre quel così fastidioso vuoto nel petto veniva riempito da una crescente sensazione di calore e euforia a cui non riusciva a dare un nome.
E fece l’unica cosa che non si sarebbe mai aspettato di fare, alla fine.
-I’m with you now, Arthur.- gli accarezzò piano I capelli, sedendosi sul bordo del materasso e spostando una ciocca dal suo viso.
E da lontano si sentì rintoccare la mezzanotte.
 
Arthur avrebbe dovuto perdere quello stramaledetto vizio, prima o poi…
Se l’era detto, ripetuto fino alla nausea, in tutte le lingue del mondo, che doveva smetterla di scolarsi imprecisati bicchieri di “qualsiasi cosa fosse definibile alcolico”.
E allora non riusciva a capire come mai ogni volta finiva nello stesso identico modo…
Poggiò la fronte ai plichi che aveva in mano, ringraziando qualsiasi divinità conoscesse  che il meeting fosse finalmente giunto al termine.
Aveva pensato di morire, quando a quell’insopportabile mal di testa che sembrava volergli trapanare il cervello senza troppi complimenti, si era unita la voce di Germania, impiegato nel suoi soliti ben poco emozionanti discorsi, seguita poi da quella di Italia che si lamentava perché non gradiva il condimento della pasta, e Francia che…che…beh, a dire il vero aveva smesso di prestare attenzione al tutto con parecchia facilità…ma era sicuramente qualcosa di altrettanto stupido, conoscendolo.
Si alzò, barcollando appena, e dirigendosi verso l’uscita, quando all’improvviso sentì un dito picchiettargli sulla spalla e si voltò, guardando con delle occhiaie che peggio non si poteva l’americano di fronte a lui.
-Hello!- trillò pimpante, con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
-America…che diavolo vuoi?- fece scocciato, la voce strascicata.
-Vieni, andiamo!-
-Eh?! Cosa…? Andiamo dove, di grazia?-
-A fare un giro, mi pare ovvio.-
Arthur rimase un momento in silenzio, allibito –Che…che diamine stai dicendo?!- esclamò, facendolo sorridere  –Cosa…perché stai decidendo tutto te e…perché dovrei venire?-
-In qualità di hero- Alfred sottolineò bene l’ultima parola –Ho il compito di aiutare chi è in difficoltà, capisci?-
-E questo che centra con me?- chiese scocciato, picchiettando nervosamente il piede sul pavimento.
-Beh, guarda che faccia che hai!- rispose addentano il suo hamburger e annuendo concitatamente –Devi assolutamente prendere un po’ d’aria per toglierti quel colorito cadaverico di dosso!-
-…Cosa?!- rantolò esterrefatto, chiedendosi se la stupidità dell’americano potesse davvero avere un limite.
-Dunque? Che ci fai lì impalato? Vogliamo muoverci?-
-N-Non ho mai detto che accetto e-…blody hell! Dovresti smetterla di mangiare quelle schifezze!- sbottò nervoso.
-Mh…ancora con questa storia?-
-Certo! Se vai avanti così morirai giovane, senza contare che diventi ogni giorno più grasso!- esclamò poggiandosi le mani sui fianchi, per indicarli.
Alfred rimase un momento in silenzio, poi buttò giù il morso di hamburger che stava mangiando, mentre sulla sua faccia si dipingeva un sorrisetto divertito –Davvero?- chiese innocente, dandosi una pacca all’altezza del sedere –Eppure, ero convinto che ti piacesse, il mio fondoschiena!-
E Inghilterra sbattè le palpebre, inebetito, per poi assumere gradualmente una colorazione rosso vivo, degna di far concorrenza a quella che era solito assumere Romano –W-WHAT…WHAT THE FUCKING HELL?!- tuonò, gli occhi spalancati e l’espressione nel complesso non tanto intelligente –CHE CAZZO VUOL DIRE?!-
-Beh, io intanto vado, eh!- lo liquidò America, e subito Arthur lo seguì, urlandogli dietro, alla faccia del gentiluomo, tutte le imprecazioni possibili ed immaginabili.
Tuttavia, Alfred sorrise, sentendo di nuovo quella sensazione che proprio non conosceva farsi strada nel suo petto. E gli andava bene, tutto sommato, anche se non capiva cos’era, anche se lo scombussolava, perché in fondo bastava che questa gli permettesse di stare vicino ad Arthur…
-AMERICA NO BAKAAAA! TORNA QUA, BLOODY HELL!-

E chissà che magari, un giorno, invece non l’avrebbe capito sul serio.









 
  
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