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Autore: claudineclaudette_    23/02/2013    2 recensioni
Storia ambientata alla fine dell'episodio 6x04 "La moglie del Dottore".
Casa ha eliminato tutte le camere da letto, anche quella di Rose, realizza il Dottore con una stretta al cuore. Ma il TARDIS c'è sempre, per il Dottore, e gli ha lasciato un ultimo, triste, regalo.
Un po' di viale dei ricordi per noi! :)
Il Dottore/Rose Tyler - Conteggio parole: 1080
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Rory Williams, Rose Tyler, TARDIS
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’Autore: Piccola one-shot! Come accennavo nel riassunto, è ambientata esattamente alla fine del quarto episodio della sesta stagione (The Doctor’s Wife o La Moglie del Dottore), dopo che Casa ha eliminato tutte le stanze da letto. Un po’ mi dispiace aver spostato il punto di vista dal TARDIS a Rose…quella puntata era davvero splendida…ma non ho resistito! Spero vi piaccia, fatemi sapere come vi sembra! Un bacione e alla prossima!
p.s. Rose Tyler nei personaggi l’ho inserita più come linea guida visto che sua presenza aleggia più che esserci fisicamente!

 

Il Dottore fermò il suo maneggiare tra i cavi e gli ingranaggi del TARDIS, soffermando il suo sguardo su Rory. “Stai bene?” gli chiese.

“No. L’ho guardata morire. Non dovrei lasciarmi toccare da questo, ma mi accade ancora. Sono un infermiere.”

“Lasciarti toccare…sai come si chiama? Essere vivi. E’ la cosa migliore che ci sia.” Anche se non siete insieme. Anche se non vi potete toccare. Essere vivi…sapere che si sta vivendo la vita al meglio delle proprie possibilità. Non è tutto, ma è il meglio che si possa chiedere. “Essere vivi ora, è tutto ciò che conta.” E forse un giorno arriverà anche la felicità. “Quasi finito: ancora due minuti e partiamo. L’occhio di Orione è tranquillo, se amate la tranquillità. Io non riesco mai a capire davvero come si fa, a stare tranquilli. Cosa ne pensi, cara? Dove portiamo i bambini questa volta?”

“Ma guardali, quei due. Siete sempre tu e lei, vero? Anche dopo che noialtri non ci saremo più. Un ragazzo e la sua cabina, in giro a vedere l’universo “ rise Amy guardandolo trafficare con una serie di cavi sotto la console del TARDIS.

“Beh, lo dici come se fosse una cosa brutta.” Se non ci fosse lei sarei davvero, completamente solo. Perché tutti se ne vanno, prima o poi. Chi viene lasciato indietro, chi deve andarsene, chi mi dimentica. “Ma francamente è la cosa migliore che ci sia.”

Un’altra scintilla eruppe dai cavi. Per fortuna aveva gli occhialetti protettivi.

“Casa ha eliminato tutte le camere da letto. Dovrei farne una nuova per voi due. Vi piacerebbe, vero?”

Rory si chinò in avanti per sussurrare qualcosa all’orecchio di Amy che un momento dopo si fece avanti per tutti e due. “Ok” disse con determinazione. “Dottore, potremmo lasciar perdere i letti a castello questa volta?”

“No…i letti a castello sono forti!” si lamentò il Dottore continuando a dondolare sull’altalena di cavi. “Un letto…con una scala!” esclamò incredulo cercando di farli rinsavire. “Non c’è niente di meglio!”

Amy non rispose, si limitò a fissarlo con sguardo implorante. Rory abbandonò la testa su una mano, girandosi poi per guardarlo con un’espressione esasperata.

“E’ la vostra camera da letto” si arrese allora il Dottore. Fece un gesto, indicando la porta che portava alle stanze da letto. “Su per quelle scale, continuate a camminare finché non la trovate. Via!”

I due ragazzi si tirarono su in piedi e cominciarono a salire le scale. Rory rallentò un secondo prima di fermarsi. Si chinò in avanti, appoggiandosi alla balaustra con i gomiti. “Dottore, ma tu ce l’hai una stanza?” domandò curioso, corrucciando la fronte, ma Amy lo afferrò per un braccio e lo portò via prima che potesse ricevere una risposta.

Il Dottore si rimise gli occhialetti protettivi. Sospirò. Certo che ce l’aveva una stanza. Non che ci andasse spesso. Era così fredda. E solitaria. Collegò un altro cavo, questa volta con successo, e cominciò a salire le scale per tornare alla console.

Naah, perché avrebbe dovuto stare nella sua stanza? Non aveva bisogno di dormire, non come i suoi compagni umani. Gli bastava sonnecchiare quelle due orette sul sedile del pilota per stare bene.

L’unica stanza in cui aveva usato passare del tempo era…si immobilizzò a meta del movimento. Era la stanza di Rose.

Realizzarlo gli provocò una fitta al cuore. Quando aveva smesso? Era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui era andato nella stanza di Rose. L’ultima volta…era stata subito dopo aver incontrato Vincent Van Gogh. Perché aveva smesso?

Gemette, reggendosi alla console. Perché ogni volta che riusciva a non pensare a lei in continuazione saltava fuori qualcosa che gliela ricordava? Lei era felice. Nell’altro universo, con l’altro se stesso. Ricordava ancora così bene l’ultima volta che l’aveva vista…mentre baciava l’altro se stesso.

Nel corso degli anni aveva cominciato a passare sempre più tempo nella sua stanza, trattandola quasi come un santuario. Stando lì, se si concentrava abbastanza forte, riusciva quasi a convincersi che sarebbe entrata da quella porta da un momento all’altro. A convincersi che non se ne era mai andata.

Dopo essersi rigenerato si era imposto un allontanamento. Non poteva continuare per il resto della sua vita, lo sapeva, ma non aveva mai veramente smesso…fino alla Pandorica. Più o meno. Non era stata veramente una decisione cosciente. Aveva semplicemente…smesso.

E ora non avrebbe potuto tornarci mai più. Perché la stanza di Rose aveva smesso di esistere.

Si passò una mano sugli occhi, cercando di contenere le emozioni. L’ultimo legame che aveva con lei che se ne andava.

Sospirò. “Oh, sono solo un vecchio nostalgico. Bene! L’Occhio di Orione…o dovunque dobbiamo andare!”

Le luci sopra la console lampeggiarono due volte. Il Dottore si bloccò, guardandole con sospetto.

“Sei lì?” domandò esitante. Forse il TARDIS non se n’era andata del tutto.

Le luci lampeggiarono di nuovo, un poco più lontano, verso le cabine dove erano spariti Amy e Rory. Il Dottore fece alcuni passi in quella direzione, seguendo il lampeggiare delle luci e il TARDIS emise un ronzio di approvazione.

Il Dottore salì le scale e camminò attraverso gli infiniti corridoi del TARDIS, seguendo la sua guida. Si trovò davanti a una porta. Una porta molto, molto familiare.

Tese la mano verso la maniglia, gli tremava un po’. Com’è possibile? pensò.

Spalancò la porta ed entrò. La stanza di Rose era intatta, come l’aveva lasciata, non era cambiato niente. Tutta rosa, come piaceva a lei. Un poco disordinato: i trucchi ancora aperti sul comodino, dei vestiti usati buttati su una sedia.

Il Dottore inspirò duramente con qualcosa di molto simile ad un rantolo. Gli bruciavano gli occhi. “Ma com’è possibile?” bisbigliò esitante, incredulo. Era un miracolo.

Oh, non so… gli sembrò di sentire una voce riecheggiare nella sua mente. Forse perché è una di quelle poche stanze di cui ho fatto un triplo backup. Tanto per sicurezza. Non è certo una stanza che possiamo permetterci di perdere, mio splendido idiota. Era la mia figlia dorata dopotutto. Ciao ladro. Ciao Dottore.

Il Signore del Tempo si coprì il volto con una mano, lasciò l’altra, tremante, accarezzare i piedi del letto di Rose. La sua stanza era ancora qui: il TARDIS l’aveva salvata. Per lui. L’ultimo legame con lei. L’ultimo legame con Rose Tyler, che continuava a vivere la più bella delle vite in un altro universo. Perché essere vivi, anche se distanti, è la cosa migliore che ci sia. Soprattutto se sei felice.

Uscì dalla camera e si chiuse la porta alle spalle. Trattenne le dita sulla maniglia della porta per qualche secondo, dando l’ennesimo addio. Quante volte avrebbe ancora dovuto dirle addio? E, quietamente, tornò verso la cabina di pilotaggio.

   
 
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