Change never comes without pain
Malik aveva fatto ritorno alla
Sarif Industries assieme
agli scienziati, dopo essersi assicurata che fossero sani e salvi non
se n'era curata più e si era affrettata a raggiungere
Pritchard.
L'uomo, purtroppo, le disse che ormai era più di due ore che
non
aveva contatti con Adam, era sparito nel nulla così come
anche i GPS
di Sarif e degli altri.
Tuttavia Adam e Sarif non erano morti,
ma bensì stavano tornando proprio a Detroit. Avevano preso
uno dei
velivoli con i quali erano venuti, uno di quelli ancora intatti.
Per
quanto Sarif avesse cercato di portare Adam dalla sua parte tentando
di fargli diffondere il suo messaggio, l'uomo di fronte alla scelta
aveva esitato. Era rimasto a lungo a pensare a quale fosse la cosa
migliore. Svelare la realtà? Inseguire il sogno di Sarif?
Oppure
farsì che tutto rimanesse all'oscuro di tutti e che
quell'incidente
non fosse mai esistito? Una cosa era certa: non avrebbe mai seguito
il pensiero di Taggart, che per alcuni versi poteva sembrare anche
giusto... Ma alla fine, quell'uomo, era solo un arrampicatore ed un
arrivista, curava prima i propri interessi e poi quelli degli
altri.
Lungo tutto il viaggio nessuno spiccicò una parola. Sarif
ed i suoi uomini erano ancora provati dall'accaduto mentre Jensen era
stremato, confuso, e forse anche un po' spaventato.
Quando ormai
si trovarono alle porte di Detroit e da lontano poterono vedere il
palazzo delle Sarif Induestries, David si sporse in avanti,
appoggiando una mano sulla spalla del Cyborg.
“Adam... Grazie.”
Disse a bassa voce, con sincerità. Per una volta sembrava
quasi che
il capo si fosse inginocchiato davanti al soldato dimostrandogli
tutta la sua gratitudine.
Eppure... Eppure quelle parole non erano
abbastanza per rischiarar l'animo di Jensen il quale, tuttavia, fece
un cenno col capo.
“Dovere. Si prepari all'atterraggio.”
Rispose con voce piatta. “Pritchard, mi ricevi?”
“Jensen!
Grazie a Dio! Pensavamo fossi morto! Ma che diavolo è
successo?
Dov'è Sarif? E quel messaggio?”
“E' una storia lunga
Francis. Devo chiederti un favore, puoi dire a Malik di liberare
l'eliscalo? Abbiamo bisogno di atterrare.”
“Siete qui?”
Domandò. Si era allontanato dal suo ufficio e non
aveva avuto
modo di constatare che da un po' di tempo a quella parte i loro
segnali GPS avevano ripreso a funzionare.
“Sì, per
favore Francis, sbrigati. Jensen, chiudo.”
Pritchard rimase
interdetto. Per un attimo tutti avevano creduto – realmente
– che
fossero morti
Dopo che Faridah liberò l'eliscalo, Adam, Sarif ed
i suoi collaboratori atterrarono sani e salvi: sembrava essere
finalmente finita.
“Adam.” Lo richiamò Sarif, una volta
aver
messo i piedi a terra.
L'uomo si fermò, senza voltarsi.
“Vai
a casa, riposati... Ne hai bisogno e te lo meriti. Non appena ti
sentirai meglio torna qui e vieni nel mio ufficio. Abbiamo molte cose
di cui parlare.”
Solo a quel punto il cyborg si voltò,
lievemente. “Ed io ho tante domande alle quali deve darmi
risposta.
Penso che.. Me lo deva.” Rispose guardandolo negli occhi, da
dietro
le lenti scure.
Sarif non fece nemmeno in tempo a rispondere che
Malik, vedendo Jensen, gli corse incontro.
“Spione!!!” Gridò,
felice, prima di raggiungerlo ed abbracciarlo.
Adam dovette
ammettere che non si aspettava minimamente una simile reazione...
Tuttavia quando le braccia della ragazza gli cinsero la vita, dovette
ammettere che finalmente sentì un calore diverso e familiare
che lo
fece sentire a casa.
“Ehi, Malik..” Mormorò, portandole una
mano sulla schiena, vedendo in lontananza Pritchard uscire dalla
struttura e percorrere la passerella che portava
all'eliscalo.
“Pensavamo che non ti avremmo più
rivisto!”
Disse a quel punto la ragazza, scostandosi e guardandolo. Non sarebbe
mai riuscita ad esprimere ciò che provava nel rivederlo: una
gioia
immensa. Sentiva lo stomaco fare le capriole per
l'emozione.
“Pensavate?” Chiese allora lui.
“Sì: io,
Pritchard e gli altri.”
“Pritchard..? Ne sarà stato
entusiasta.” Asserì sarcastico.
Malik sorrise. “Macché!
Scherzi? Non lo ammetterà mai ma era preoccupato!”
“Jensen!
Signor Sarif!” Esclamò l'uomo tirato in questione,
una volta
arrivato.
“Pritchard, è un piacere rivederti.” Lo
salutò
Sarif. “Ora perdonami, ma abbiamo tante cose di cui
occuparci, non
appena puoi raggiungimi nel mio ufficio.” Ordinò
l'uomo prima di
dileguarsi.
“Certo, sicuramente.” Rispose l'altro,
osservandolo allontanarsi, dopodiché si voltò
verso i due compagni.
“Jensen! Non avremmo scommesso un soldo bucato che ce
l'avresti
fatta... Stai bene?”
“Attento Francis, sembra quasi che tu ti
stia preoccupando per me.” Disse sarcastico, con voce bassa
ed un
lieve sorriso.
Malik sorrise mentre Pritchard arricciò appena il
naso in una smorfia contrariata. “Ma che stai
dicendo?” Rispose
irritato, incrociando le braccia al petto.
La ragazza rise ma ben
presto fu proprio Adam a farla tacere, con la sua domanda.
“Dov'è
Megan?” Domandò a quel punto con voce piatta,
tornando serio.
Era
ovvio... Era normale. Ora che aveva scoperto che Megan non era morta
sul serio tutta la sua attenzione sarebbe tornata su di lei. Non
c'era posto nel suo cuore per un'altra donna, pensò a
malincuore
Malik, ritirando il braccio che gli teneva intorno alla
vita.
“L'ultima volta che l'ho vista era nella mensa assieme
agli altri scienziati.” Rispose noncurante l'informatico.
“Bene,
vogliate scusarmi.” Disse l'altro congedandosi.
Ritirò il braccio
che teneva sulla schiena della ragazza e si diresse verso
l'entrata.
Malik sospirò, osservandolo allontanarsi mentre
Pritchard la guardò – ancora a braccia conserte
– alzando le
sopracciglia.
“E' un cyborg, che cosa ti aspetti?”
Cercò di
consolarla lui, anche se non nel migliore dei modi.
“Ma che stai
dicendo?!” Rispose lei accigliata, guardando il collega.
“Adam è
più di un cyborg! Non avrebbe fatto tutto questo se fosse un
semplice 'pezzo di latta' come tutti quanti chiamano quelli come lui!
E ci ha salvato il culo Frank, che tu lo voglia oppure no!
Probabilmente gli devi la vita perché se le cose fossero
andate in
modo diverso non oso immaginare il caos che si sarebbe potuto
diffondere e che fine avremmo potuto fare noi! Dovresti smetterla di
trattarlo in questo modo e mostrargli un po' di
riconoscenza!” Lo
canzonò, non rendendosi conto che in realtà lui
avrebbe solo voluto
tirarla su di morale, vedendola così abbattuta.
“Ahhh, sì!
Vabbè!” Rispose l'altro con voce quasi
gracchiante, stringendosi
nelle spalle.
La ragazza lo guardò male. Scosse il capo e si
diresse verso l'entrata.
“... Ahh, donne!” Disse tra sé e
sé
a quel punto Pritchard.
Jensen raggiunse la mensa e –
come si aspettava – trovò seduti ad un tavolo la
dottoressa Nia
Colvin, il dottor Eric Koss e Declan Faherty... Ma Megan?
Dov'era?
“Jensen! Sei vivo!” Esclamò Nia Colvin,
vedendolo
avvicinarsi.
“Già.” Rispose fermandosi accanto al
loro
tavolo.
“Sai dirci quando il Signor Sarif ci riceverà?
Aveva
detto di avere delle questioni urgenti da risolvere e poi ci avrebbe
fatto chiamare ma si è dileguato nel nulla poco
dopo.” Disse
Koss.
“Non ne ho idea. Dov'è Megan?”
Passò subito al
punto.
“Non lo sappiamo.” Rispose ancora la donna.
“Se n'è
andata da un pezzo.”
“Andata dove?!” Adam sembrava
cominciare ad agitarsi.
“Non lo sappiamo, ha detto che aveva
delle cose molto urgente da controllare e che sarebbe tornata
subito... In effetti è passato un po'.”
“E non l'avete
fermata?” Domandò con la voce di un tono
più alto.
“N-no..?
Avremmo dovuto?”
“Certo che avreste dovuto!” Rispose Jensen,
visibilmente alterato, prima di voltarsi ed allontanarsi a grandi
passi.
Gli scienziati si lanciarono uno sguardo, perplessi.
Adam
aveva passato tutto il tempo in giro. Aveva cercato Megan in ogni
angolo di Detroit: a casa sua, a casa di lei, nei locali, nelle
stazioni... Eppure non ce n'era nemmeno l'ombra. Aveva cercato di
contattarla ma niente: sembrava essere svanita nel nulla. Aveva
pensato persino di cercare la madre e chiederle se avesse avuto
alcuna notizia, ma poi si disse che non era la cosa migliore: magari
ancora non aveva saputo che Megan era viva... E forse non era la cosa
migliore saperlo da lui soprattutto se la figlia, una volta tornata
in città, non aveva avuto la creanza di andare da sua madre
prima di
scomparire nel nulla.
Era terribile. Neppure lui sapeva che cosa
si era aspettato o cosa si sarebbe aspettato una volta trovata
– se
fosse accaduto. Era confuso e voleva delle spiegazioni da quella
donna, la donna che una volta aveva amato e che quando aveva appreso
della sua – finta – morte, gli aveva spezzato il
cuore in tanti
piccoli pezzi... Quel cuore che ormai tutti credevano che non avesse
più.
Era tarda notte quando fece il suo ingresso alla Sarif
Industries. Non sapeva bene cosa ci facesse lì, forse
sperava che
fosse tornata. Passò da Pritchard ma trovò la
porta chiusa,
dopodiché passò al suo ufficio, alla mensa e da
Sarif... Il quale
c'era, ma era impegnato.
L'uomo aveva quasi gettato la spugna così
decise che forse era meglio tornarsene a casa e pensarci l'indomani.
Era stanco e provato da tutto quello che era successo e forse era il
momento di riposare un po'.
Non appena uscì dall'ascensore e si
diresse alle scale per raggiungere l'atrio – e
così l'uscita –
passando davanti l'ufficio di Pritchard vide che la porta era ora
aperta. Si avvicinò piano, fino ad arrivare all'entrata e ad
appoggiare una mano allo stipite della porta.
L'informatico aveva
lo sguardo fisso sullo schermo, assorto tra le migliaia di codici ma,
non appena vide con la coda dell'occhio qualcuno avvicinarsi, si
fermò ed alzò lo sguardo rivolgendolo verso
l'entrata. Era
Adam.
Pritchard inspirò e dovette ammettere a sé stesso
che gli
era mancato quel rompiscatole sempre in mezzo ai piedi, fare di tanto
in tanto capolino alla porta del suo ufficio. Detestava crederlo ed
ammetterlo ma probabilmente stava cominciando ad affezionarglisi... E
si era davvero preoccupato quando avevano perso il segnale e non
riuscivano più a mettersi in contatto con lui. Alla fin
fine,
quell'ultimo periodo, anche Adam sembrava esser diventato
più
mansueto nei suoi confronti.
“Jensen.” Lo salutò.
“Francis,
ero passato prima ma era tutto chiuso.”
“Ero andato a
prendermi un caffè.”
“Come mai ancora qui?” Chiese il
cyborg, ancora sulla porta.
“Sarif mi ha chiesto il favore di
rimanere un po' di più per sbrigare alcune
faccende.”
“In
realtà, Francis... Anch'io avrei un favore da
chiederti.”
“Ohh,
avanti Jensen!” Cominciò lui in tono fintamente
polemico, quasi di scherno. “Non starai esagerando? Non sono
mica
il tuo migliore amico!” Tuttavia, Adam, poté
scorgere nel suo tono
più ironia che sarcasmo, ma rimase comunque serio.
Pritchard alzò
le sopracciglia, osservandolo in silenzio. “Beh? Di che si
tratta?”
Fu solo a quel punto che Jensen avanzò, superando
l'arco della porta e fermandosi di fronte la scrivania. Le lenti
scure erano ritratte e Frank poteva ben vedere gli occhi –
poco
naturali – di lui. Aveva lo sguardo stanco, forse anche un
po'
triste.
“Perché sei ancora qui, Adam?” Chiese
ancora l'uomo,
chiamandolo per nome, prima che l'altro potesse dire qualcosa.
“E'
per Megan. Non sono riuscito a trovarla... Sembra come sparita nel
nulla.”
Pritchard continuò ad osservarlo accigliato. “Ah,
capisco.. Ed è questo il favore che vuoi chiedermi, di
rintracciarla.”
“Sì, per favore.” Rispose guardandolo
dritto negli occhi a sua volta.
“E va bene.. E va bene.”
Ripeté l'altro, appoggiando le mani sui braccioli rigidi
della sedia
e tirandosi più su. Inarcò la schiena appena
indietro e la sentì
scricchiolare, dopodiché si portò una mano sulla
nuca, sotto la
coda, massaggiandola appena.
“Anche tu sei qui da parecchio,
avresti bisogno di riposare.” Commentò Adam,
notando i vari
bicchierini di caffè vuoti sparsi lungo tutta la
scrivania.
Pritchard trattenne uno sbadigliò. “A quanto pare
il
signor Sarif non è della stessa idea.” Disse
ironico prima di
digitare alcune cose sulla tastiera.
Il cyborg si limitò ad
annuire, dopodiché aggirò la scrivania e
cominciò a dare
un'occhiata in giro, nell'ufficio. Frank ultimamente sembrava essersi
calmato a sua volta e la 'convivenza' tra i due, così, era
molto più
semplice e quasi piacevole.
“Allooora...” Riprese
l'informatico dopo un paio di minuti di silenzio. “Sembra
essere
volata via.”
“Mh?” Adam, alle sue spalle, si voltò
verso di
lui e lo affiancò quasi, poggiando una mano sulla scrivania
e
l'altra sullo schienale della sedia del collega.
“Ho rilevato il
suo segnale poco più di mezz'ora fa e... Credo abbia preso
un volo
per..” Con lo sguardo scorse lungo le righe. “Per
Tokyo,
sembrerebbe, visto che è lì che si trova ora.. O
almeno mezz'ora
fa.”
“Cos..?!” Non ci poteva credere. “Puoi..
Puoi
mettermi in contatto con lei?”
“Jensen..” Sembrò volerlo
dissuadere.
“Francis. Fallo. Per favore.”
Lui sospirò,
dopodiché fece quanto detto. “Vai, è
tutta tua.”
“Megan,
che diavolo stai facendo?!” Partì subito spedito
lui.
“Adam?
Cosa..?” Si sentì la voce della donna,
lievemente
disturbata.
“Che succede? Perché sei fuggita
così??”
“Adam,
è più complicato di quanto tu possa pensare..
Lascia perdere, ok?
Per quanto mi dispiaccia dirlo ma tra di noi è
finita.”
“Non
si tratta di noi Megan!” Alzò la voce.
“Si tratta di te! Di ciò
che hai fatto! Di ciò che hai nascosto! Merito delle
spiegazioni!
Tutti le meritiamo!”
Pritchard volse il capo dall'altra parte,
poggiando un gomito sulla scrivania e la fronte sulla mano,
eclissandosi quanto più possibile dalla discussione e dalla
situazione.
“Adam... Mi dispiace, per tutto, anche se non
è
come pensi tu. Più di questo non posso dirti.
Addio.”
“Megan?
Megan?!!” Adam, furioso e ferito, sbatté la mano
contro la
scrivania.
Pritchard, il quale aveva cercato di estraniarsi,
sussultò, tornando attento.
“Jensen basta, basta..!” Lo
guardò. “E' inutile.. Calmati, mh?”
Il cyborg aveva
appoggiato entrambe le mani sulla scrivania, lievemente ricurvo in
avanti, la testa bassa. Aveva rischiato la vita per salvare quella
donna, ben due volte, in cui una stava per morire e nell'altra aveva
girato mezzo mondo. Era una missione affidatagli da Sarif ma lui
stesso voleva ritrovarla non appena era venuto a conoscenza del fatto
che lei era ancora viva. Non aveva esitato un attimo... Cominciava a
credere che tutta la loro precedente relazione si fosse basata solo
sulle sue potenzialità e sul suo DNA. Era stata tutta
finzione..?
Eppure i sentimenti che aveva provato lui erano reali. Probabilmente
non sarebbe più stato in grado di provare cose simili, non
dopo ciò
che era successo. Non dopo essere diventato ciò che era.
Pritchard
poté sentire la stanza piena della negatività,
dell'abbandono e
della demoralizzazione che stava provando il compagno, così
si
alzò.
“Adam..” Mormorò a voce bassa,
poggiandogli una mano
sulla spalla, inizialmente titubante.
L'altro volse il capo dal
lato opposto. Strinse le mani sulla scrivania liscia e lucida,
serrando i denti.
Frank pensò alle parole di Malik. Era vero,
probabilmente gli doveva la vita, ed almeno un minimo di
riconoscenza... E tuttavia non poteva fingere, si era affezionato a
lui e gli dispiaceva – in fondo – vederlo
così.
“Adam.. E'
normale che tu ti senta così.” Ruppe il silenzio.
“Ma.. Lascia
perdere, non ne vale la pena. Davvero.” Mormorò
mentre la sua mano
scese lungo la schiena in una sottospecie di carezza. Non era
propriamente pratico in quelle cose.
“Non... Ne vale la
pena? Pritchard! Per colpa sua ho perso mesi, anni, tempo, forze,
energie! Ho perso me stesso, lo capisci
questo?!” Domandò a
quel punto tirandosi su e guardandolo.
Frank schiuse le labbra,
incrociando i suoi occhi. Il suo sguardo... Era terribile, poteva
vedere la sua anima lacerata riflessa nei suoi occhi. Non aveva fatto
i conti con questo: era vero, Jensen aveva perso sé stesso
per lei,
seppur non direttamente a causa sua.
“Adam io...” Non seppe
cosa dire. “Mi dispiace.”
“Maledizione!” Imprecò l'altro
in uno scatto d'ira, colpendo nuovamente la scrivania, poggiandovi
entrambe le mani.
Il monitor tremò, così come anche i fogli sul
piano liscio furono mossi dalle forti vibrazioni e dal lieve
spostamento d'aria.
Ci furono lunghi istanti di silenzio in cui a
Frank mancarono davvero le parole. Tutto quello di cui aveva bisogno in
quel momento Jensen era qualcuno che gli stesse vicino, ma lui non ne
era in grado... Poi, solo qualche istante dopo, vide una lacrima
cadere sul tavolino, frammentandosi in tante piccole goccioline dopo
l'impatto.
Fu solo in quel momento che – senza pensarci –
allungò una mano fino alla parte opposta del torace,
avvicinandosi e
tirandolo a sé. Chinò il busto lievemente accanto
a lui,
stringendolo.
“Vedrai che si sistemerà tutto, con il tempo..
Hai chi ti starà vicino e hai anche chi ti ama per quello
che sei.”
Ovviamente si riferiva a Malik.
L'uomo volse il capo verso di lui,
guardandolo negli occhi. Avrebbe voluto ringraziarlo... Ma si
limitò
a tirarsi su e ad abbracciarlo, come lui già –
più o meno –
stava facendo. Un po' per dimostrargli la sua gratitudine, un po'
perché ne aveva bisogno.
Forse era vero che non tutti i mali
venivano per nuocere. Forse aveva trovato finalmente un amico, un
vero amico... Colui che seppur lo aveva detestato, non gli aveva
voltato le spalle, non gli aveva mentito e non lo aveva soggiogato.
Per quello gli sarebbe sempre stato riconoscente, proprio
così come
Pritchard lo era verso di lui: in un certo senso si poteva dire che
aveva salvato l'umanità, e lui ne faceva parte.
Tuttavia il
dolore che Jensen provava dentro di sé era enorme, e non
solo per
Megan.. Ma per ciò che aveva passato, per ciò che
aveva visto, per
ciò che aveva vissuto. Per quanto quell'abbraccio fosse
consolatorio, oltre ad attenuare quella terribile sensazione, non
riusciva a farla scomparire del tutto.
“And
I've lost who I am,
And I can't understand
Why my heart is so
broken,
Rejecting your love, without,
Love gone wrong; lifeless
words carry on
But I know, all I know's that the end's
beginning
Who I am from the start,
Take me home to my
heart,
Let me go and I will run,
I will not be silent, all this
time
Spent in vain; wasted years wasted gain,
All is lost but
hope remains and this war's not over.
There's a light, there's a
sun,
Taking all these shattered ones
To the place we belong
And
his love will conquer all.
Yesterday I died; tomorrow's
bleeding...”
____________________________________
Angolo Autrice:
Ciao
a tutti!
Questa è la prima fiction che scrivo su Deus Ex (e a quanto
vedo anche l'unica FF su Deus Ex del sito :°D)
Spero che qualcuno lo abbia giocato perché è
davvero un gioco ben fatto è bellissimo. A mio parere uno di
quei giochi da giocar per forza!
Eeee... Quindi nulla, spero che la fic sia di vostro gradimento, visto
che non si sa nulla di che cosa succede dopo i finali, mi sono
sbizzarrita un po'!
In teoria inizialmente doveva essere una SOFT yaoi tra Jensen e
Pritchard ma poi ci ho ripensato ed è uscito questo!
Eeee... Poi in futuro voglio scrivere anche qualcosa su Jensen e Malik,
son così carini! u.u
Beh, spero che qualcuno conosca il gioco, sennò mi
sentirò forever alone x°D e spero apprezziate!
Se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate fa sempre
piacere! :)
Ahh eee.. Di regola: quale finale avete scelto?! :D
Alla prossima!