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Autore: fiftyfiftyhere    03/03/2013    0 recensioni
Nella mia vita c’era un sogno sempre ricorrente fino a quandro non mi trasferii a Los Angeles con la mia famiglia e…. magicamente il sogno divenne realtà!!!!
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buio. Era tutto buio:mi mancava  l’aria, ero sola e sperduta. Si vedeva solo una fermata dell’ autobus a Los Angeles, con un ragazzo, non sapevo chi fosse e nemmeno perché mi trovavo li, ma tutto, soprattutto il suo sguardo, mi terrorizzava, ma allo stesso tempo mi tranquillizzava.
 Era difficile non notare la sua maglietta verde con un 3 bello grosso al centro e i suoi occhi color miele. In qualche modo mi attraeva quel ragazzo.
Il mio respiro si faceva affannoso. Il suo viso, dallo sguardo indifferente, mi metteva a disagio………… ad un certo punto si girò verso di me, fece qualche passo per avvicinarsi di più, si fermò e mi guardò dritto negli occhi per qualche secondo prima di incominciare a parlare:
”Questo non è un sogno è la realtà,  la vita che vivi è solo un sogno!”.
A queste parole mi ghiacciai, non avevano alcun senso!
Che cosa significava tutto ciò? Lui restò li fermo a guardarmi per un po’, fino a quando non fece un altro passo, mi mise una mano su una spalla, e disse:
”Non ti preoccupare,  al momento giusto capirai..” sembrava quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
Mi risvegliai di soprassalto. Erano ormai diverse notti che facevo sempre lo stesso inquietante sogno.
 Solo una cosa cambiava ogni notte: il numero sulla sua maglietta, andava in ordine decrescente, la prima volta che ho fatto quel sogno era stato il giorno in cui mia madre mi disse che ci saremmo dovuti trasferire a Los Angeles.
Mancavano 24 giorni alla nostra partenza e infatti sulla sua maglietta quel giorno c’era il numero 24 e ora che mancavano solo 3 giorni c’era il numero 3.
Forse era un segno..ma che cosa significavano quelle parole: questo non è un sogno è la realtà e la vita che vivi è solo un sogno……...èèèèèè??? ma mi prendeva per scema??     chi era quel ragazzo??     avrei dovuto dare retta alle sue parole??     Erano coincidenze quelle??.
 “Drinnnnnnnn!!!!” venni interrotta dal suono della mia sveglia che non riuscivo a spegnere, odiavo quel rumore frastornante che di prima mattina rimbombava nelle mie orecchie.
Riuscita a spegnere quell’ aggeggio infernale che suonava andai al bagno, mi lavai,mi vestii e scesi giù a salutare i miei genitori e a fare una ricca colazione.
 “Buon giorno mamma, buon giorno papà” li salutai andandomi a mettere seduta a tavola pronta per mangiare.
 “Buon giorno” disse mamma poggiando la marmellata sul tavolo.
 “Buon giorno” disse papà sedendosi a capo tavola e chiamando i miei due fratelli, Alessandro ed Erik,  che stavano ancora dormendo.
Qualche minuto dopo li vidi scendere dalle scale come due zombie non si reggevano in piedi, Erik era stato tutta la notte a giocare con i video game e Alessandro era uscito con i suoi amici e sicuramente era tornato tardi come al solito.
Facemmo colazione tutti insieme, non parlammo molto, finché mamma non incominciò a parlare di Los Angeles eccetera , eccetera.. Non la stavo ascoltando, rincominciai a pensare a quel sogno.
“Keira mi stai ascoltando” mi interruppe la voce di mia madre, “si, si, continua” le risposi.
Non era vero che la stavo ascoltando ma mi sarei fatta dire tutto da mio fratello dopo, anche se sembrava che anche lui non stesse ascoltando. Ma in qualche modo me la sarei cavata.
            Infatti: mamma aggiunse:”Allora ricapitolando:ora voi andate a preparare gli scatoloni e i vestiti e io finisco di mettere i libri nelle scatole.” Fece una piccola pausa, “capito. È chiaro per tutti?” e tutti quanti in coro rispondemmo,”siii!!”
Andai in camera mia era piena di scatoloni come il resto della casa,iniziai a selezionare i vestiti da mettere in valigia e quelli che avrei donato, perché erano diventati ormai piccoli.
Ci vollero un paio di ore ma terminai in tempo per poter uscire e andare a salutare mia cugina che non sarebbe partita con noi e che per un po’ di tempo non avrei più rivisto.
          Lei era come una migliore amica per me.
Gli raccontavo tutto,e lei anche mi raccontava tutto dilei.
 Ero contenta di partire, perché sapevo che a Los Angeles mi sarei rifatta una vita e non sarei più stata presa in giro dai miei compagni di classe, che erano tutti dei bulli.
Non  ero stata capace di trovarmi neanche un’amica in quella scuola,erano tutte vanitose e antipatiche.
Solo mia cugina Katy mi capiva, anche lei la pensava come me.
  
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