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Autore: LarcheeX    06/03/2013    2 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
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Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Allucinazione? Miraggio? Avete bevuto troppo ieri sera (non fate gli gnorri, so che vi siete ubriacati come pigne ieri sera :3)?
No, non è una mera illusione, è un capitolo nuovo di Penumbra.

Pensate che era così tanto che non postavo un capitolo che non mi ricordavo più il font con cui solitamente scrivo le note :S
Buona lettura, le note in fondo alla pagina!

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Manca una chiave.

Sala interna del Cuore dell’Oltretomba, ore 07.04.

 

E, dopo quelli che parvero anni, sebbene fosse neanche un giorno che era giunto nell’Oltretomba, i suoi occhi rividero il cielo.

E non solo quello, perché, in effetti, anche se a prima vista sembrò non esserci nessuno, Xemnas vide in lontananza, molto in lontananza, la chioma rosa di Marluxia. La sua testa sembrava una capocchia di spillo, e questo faceva pensare a quanto in alto fosse effettivamente il soffitto, e ci volle qualche secondo prima che si accorgesse che, oltre a lui, c’era anche la capocchia di spillo di Zexion. Come aveva pensato, il Burattinaio Mascherato aveva bloccato il traditore fuggito alla sua sorveglianza. Non poté nascondere un sorriso compiaciuto.

L’unico problema era, però, che la visuale del cielo di una tersa aria mattutina fu immediatamente oscurata di qualcosa di enorme e nero come la pece. “È Cerbero!” esclamò Axel, che, nella foga del combattimento, si era trovato accanto a lui. “Non doveva essere morto?” chiese Xaldin, e Xemnas si disse che non aveva tutti i torti, ma poi, se Ade era tornato in vita, perché non avrebbe dovuto farlo anche quel malefico cane a tre teste?

Ma, piuttosto, come avevano fatto Marluxia e Zexion a finire contro Cerbero?

 

Monte Olimpo, ore 06.12.

 

Marluxia arrivò in cima verso le sei, lo poté capire benissimo dal colore del cielo: era di un azzurro fioco, segno che l’alba era passata e che il sole stava salendo, e, in un certo senso, ne fu più che grato. Uscire dall’Oltretomba era stato un grandissimo sollievo, sia per i suoi polmoni, stanchi di respirare l’aria stantia del sottosuolo, sia per i suoi occhi, che finalmente riuscivano a vedere qualcosa diverso dal buio e la penombra, e sia per il proprio potere, che non era più soggetto alla maledizione. Il fatto che non fosse così abituato a vivere nell’Oltretomba gli fece pensare che neanche nella sua vita ci avesse passato molto tempo. Chissà, forse era un semplice atleta che insieme a tanti altri si allenava alla luce del sole.

Comunque sia, il suo sollievo durò molto poco, perché non aveva calcolato che il numero VI potesse ancora trovarsi dove l’avessero lasciato con la loro caduta improvvisa. Aveva pensato che sarebbe sceso ad aiutare l’altro gruppo, o che almeno che avrebbe provato a rintracciare qualcun altro, ed invece non si era mosso dalle gradinate.

Quando lo vide spuntare dalla voragine lo guardò con uno sguardo interrogativo. Evidentemente non aveva previsto che qualcuno potesse fare quello in cui Marluxia era appena riuscito, e lui se ne compiacque, perché adorava essere imprevedibile.

“Che ci fai qui, numero XI?” chiese Zexion, inquisitorio.

“Potrei chiederti la stessa cosa, numero VI.”

Vide Zexion assottigliare lo sguardo, sempre più sospettoso: “Non sei con il gruppo del Superiore?”

Marluxia sapeva che l’altro avesse già intuito ciò che aveva fatto, ma la cosa non lo preoccupava più di tanto, poiché erano entrambi nella stessa posizione: se lui era accusato di aver lasciato la missione per motivi personali, l’altro era di sicuro imputabile di inerzia perché, nonostante avesse chiaramente visto dei compagni in difficoltà, non aveva mosso un dito pur di recuperarli. Si era seduto sulle gradinate più lontane dal crepaccio e si era messo a leggere.

Fu per questo che rispose in maniera piuttosto acida: “Non credo siano affari tuoi.”

Il Lexicon apparve in mano all’illusionista dell’Organizzazione: “Ora che ho preso un traditore con le mani nel sacco, direi che, sì, sono affari miei.” L’aria vibrò, segno che stava già cominciando a preparare il campo di battaglia con una delle sue maledette magie, tanto che Marluxia evocò la propria falce. Non era per nulla un eccesso di zelo, quell’ostilità di Zexion, sapeva bene che, per lui, se lui fosse stato un traditore o no non gli sarebbe importato per nulla, semplicemente non voleva procurarsi guai con Xemnas. Alla fine, Marluxia ne era a conoscenza da tempo, anche Zexion ad un certo punto aveva deciso di non obbedire più agli ordini del Superiore e fare di testa sua, solo che, al contrario del Leggiadro Sicario, non era il tipo di persona che si esponeva facilmente, quindi preferiva rimanere nell’ombra insieme al proprio tradimento.

“Ovviamente.” Ghignò, complimentandosi per l’acutezza del proprio ragionamento e scartò di lato per evitare tutti i Blizzaga che gli erano stati lanciati contro. Zexion era ancora troppo lontano perché lui potesse colpirlo con la falce, e avrebbe dovuto far crescere qualche pianta per colpirlo alle spalle, ma non gli lasciava neanche il tempo di pensare, gli stava lanciando incantesimi su incantesimi senza neanche curarsi di colpirlo. Stava organizzando qualcosa, Marluxia se ne rendeva conto, e quelle magie erano solo uno scudo per permettergli di creare un’illusione potente, ma non riusciva a capire cosa stesse cercando di fare. Che stesse ancora attuando la costruzione del campo di battaglia?

Neanche fece in tempo a porsi la domanda che il terreno sotto i suoi piedi, dallo sterrato che era, si trasformò in sabbia e poi in sabbie mobili. Riuscì ad uscirne fuori facendo crescere una liana che fece attaccare alla parete di fronte a lui, quella con le grate, con la quale balzò fino al muro.

Nell’attimo in cui poggiò i piedi sulla superficie verticale della parete, però, si accorse che, di Zexion, in quel momento, ce n’erano due, uno che lanciava gli incantesimi, l’altro che manovrava le illusioni. Quando era ancora in piedi di fronte a lui non se n’era accorto perché vedeva le cose in prospettiva ma, cambiando visuale, il trucco era saltato fuori. Ora rimaneva da scoprire quale fosse quello vero. Probabilmente era quello che manovrava le illusioni, ma non poteva essere assolutamente sicuro.

Posati per un secondo i piedi sul muro, usò quella stessa spinta per lanciarsi in avanti, in direzione del proprio avversario che ancora non aveva fatto in tempo a orientarsi di nuovo per colpirlo. Per questo Marluxia non si era munito di neanche uno scudo per il suo attacco a mezz’aria, tanto era sicuro che Zexion non avrebbe fatto in tempo a modificare il proprio schermo di battaglia per provare a scalfirlo, e perciò rimase piuttosto sorpreso quando vide una decina di Firaga venirgli incontro troppo velocemente per essere schivati, cosa che comunque non avrebbe potuto fare, essendo praticamente in volo.

Pertanto fu preso in pieno da tutti gli incantesimi, che esplosero al contatto col suo corpo, avvolgendolo in una nube grigia impenetrabile.

Zexion osservò con indifferenza il numero XI venir colpito da tutti i suoi incantesimi, e sapeva bene che, nonostante fosse stato colpito tutto il suo corpo, la battaglia non era assolutamente finita lì. Perciò rimase in piedi accanto alla propria copia, in attesa.

Quando la nube si dissolse, vide Marluxia accovacciato per terra, dietro alla lama della sua falce, che aveva lievemente attutito i danni, ma non li aveva evitati, e si vedeva, poiché il cappotto risultava bruciacchiato in più punti, il guanto destro, con cui teneva la propria arma, si era completamente disintegrato e il viso era per metà scottato.

Il Leggiadro Sicario si alzò in piedi, barcollò leggermente ma poi acquisto pienamente l’equilibrio. Si sfiorò la guancia che doveva bruciare con la mano nuda e, sorpreso, la trovò fredda come quella di un Nessuno in stato normale doveva essere. E allora capì, e si mise a ridere.

“Capisco.” Sghignazzò: “Ho capito!” sembrava sinceramente divertito, non smetteva di ridacchiare, tanto che Zexion, mosso più dalla finta irritazione che dalla curiosità, chiese: “Cosa hai capito?”

La risposta arrivò solo dopo qualche secondo, durante il quale Marluxia ebbe modo di scaricare l’eccesso di risa fasulle, solo per deridere apertamente il proprio avversario: “Sei quello che lancia illusioni.”

Scoperto. Gli si leggeva in faccia: “Come…?” boccheggiò, seriamente colpito. Riuscire a distinguerlo da una sua copia era difficile persino per lui, che spesso si era chiesto se lui fosse uno dei tanti cloni ed il vero Zexion stesse da un’altra parte, quindi come aveva fatto a capire?

“Non avevi tempo per programmare la copia a cambiare direzione, perciò hai dovuto agire come se fossi stato tu, però eri troppo impegnato a manovrare lo spazio accanto a te per usare contemporaneamente magie e illusioni, e hai usato attacchi illusori a forma di Firaga.” Spiegò, sornione, soddisfatto per aver intuito tutto: “Ma le illusioni hanno effetto finché si crede che siano vere, perciò nel momento in cui ho sentito la guancia scottata fredda come al solito ho distinto te e la tua copia.” Finita la spiegazione, schioccò le dita, e tosto un ramo spuntò fuori dal terreno, prendendo Zexion per il collo: “Beh, Xemnas sarà felice di sentire che il numero VI si è sacrificato eroicamente per proteggermi.” Il Lexicon cadde a terra, inutilizzabile.

La vista di Zexion si faceva sempre più sfocata mano a mano che la presa del ramo si faceva più stretta sul suo collo, e fu quasi certo di morire quando sentì Marluxia dire, con una risatina: “È stato un piacere rivederti di nuovo, numero VI.”

Ma, sebbene stesse già rimproverandosi per la propria debolezza, sicuro di morire ancora, niente delle proprie previsioni accadde.

Ci fu un tremito della terra che fece perdere l’equilibrio al Leggiadro Sicario, e quindi anche il controllo sul ramo, e, dopo qualche secondo di immobilità che Zexion impiegò a massaggiarsi il collo, stralunato, la parete con le grate esplose, facendo schizzare nella loro direzioni le macerie, tanto che Marluxia fu costretto ad innalzare una piccola barriera di rami.

“Che diamine…?” gridò, colto alla sprovvista, ma la voce gli morì in gola quando dal buio che fino a quel momento era rimasto sigillato dietro le grate emerse il corpo gigantesco di un cane a tre teste nero come la pece.

“Cerbero!?” esclamò Zexion: “Credevo fosse stato ucciso!”

“Credevi male, evidentemente.” Grugnì Marluxia. La situazione stava peggiorando a vista d’occhio, e ancora una volta la loro inesperienza con quel mondo del futuro ne era la colpa. Certo era che, se fosse stato informato che quella bestia infestava ancora il Monte Olimpo avrebbe evitato di ingaggiare un combattimento che lo avrebbe svegliato. Ma in quel momento era troppo tardi, tutte e tre le teste avevano fiutato il loro odore.

Un terremoto interruppe i propositi di Cerbero in quanto a far di loro la propria colazione, distraendolo e disorientandolo, e i due riuscirono ad indietreggiare, in modo da poterlo colpire con maggior precisione. Si scambiarono un’occhiata: in quel momento avrebbero dovuto dimenticare il combattimento di prima e avrebbero dovuto lottare insieme. Marluxia aveva sempre pensato che il potere delle illusioni di cui si fregiava il numero VI fosse un perfetto compagno per ogni tipo di capacità, poiché era in grado sia di replicare qualsiasi attacco, sia di nasconderlo per garantire l’effetto a sorpresa. L’illusione aveva un grandissimo potenziale, se lo si sapeva sfruttare.

Stava quasi per mettere a punto la propria strategia per uccidere Cerbero in breve tempo, ma non si era accorto che il suolo dell’arena, già vessato dalla scossa, da una voragine e dal peso dell’enorme animale, franò completamente, di nuovo, aprendo uno squarcio più piccolo ma largo abbastanza da far passare una testa del cane.

Distratto dal buco che si era aperto, non si accorse dei denti di Cerbero ad un centimetro dal suo viso, troppo vicino perché potesse schivare. Dopo Zexion, fu il suo momento di temere la morte che, però non venne perché proprio il Burattinaio Mascherato si intromise, lanciando una sorta di nuvola nera in direzione della bestia che, colpita da chissà cosa, indietreggiò e crollò a terra, guaendo.

“Che gli hai fatto!?” domandò Marluxia, scioccato più per il fatto che Zexion l’avesse salvato che per Cerbero che piagnucolava come un normalissimo cagnolino. “È un’illusione che istilla dolore,” spiegò l’altro: “ma non ho fatto in tempo a costruirla bene, quindi durerà molto poco.” Quindi indicò l’apertura appena formata: “Conviene che ci buttiamo lì dentro.”

Prima di rispondere con un: “Ma che, sei impazzito!?” Marluxia guardò dentro la voragine. Riusciva a vedere del movimento, molto difficilmente, poiché ciò che stava tentando di osservare era molto in basso, ma poi, abituandosi di nuovo al buio, scorse tutti i propri colleghi impegnati a combattere, anche Larxene che, per un motivo che non capiva, stava combattendo contro Xigbar. C’erano pure gli dèi e Ade, chiuso a riccio dietro una barriera di fiamme per proteggere una luce che sembrava, anche se da così lontano era difficile da capire, la serratura.

“Oh, mi sa che hai ragione.” Disse, e, dopo aver raccolto tutto il potere che gli rimaneva, fece crescere una liana lunga e robusta, che, dopo essere stata lanciata in basso, aderì sulla colonna più larga, quella estremamente vicina ad Ade e dove, anche se Marluxia non poteva saperlo, era situata Kore. Fissò l’altra estremità alle gradinate e, dopo aver saggiato la resistenza, strappò un lembo di cappotto coi denti e, fissatolo alla liana, si lanciò nel vuoto.

 

Sala interna del Cuore dell’Oltretomba, ore 07.08.

 

Xemnas vide i due membri mancanti lanciarsi nella sala interna sulla corda di fibre vegetali di Marluxia, a mo’ di carrucola, e si accorse solo in un secondo momento che sarebbero arrivati esattamente sopra Ade, che probabilmente non si era accorto di nulla a causa del suo scudo di fiamme. Davanti ai suoi occhi si delineò la fine della loro prima missione, se il piano appena pensato avesse funzionato. Febbrile, lasciò perdere tutti gli Heartless che stava annientando e richiamò Xigbar e Larxene, che stavano combattendo uno contro l’altra: “Xigbar, Larxene non è una traditrice, piantala di attaccarla!” urlò: “Preparati a colpire Ade al mio segnale!” il numero II si riscosse, guardò la Ninfa Selvaggia come se dovesse cercare conferma di quanto avesse detto il suo Superiore, ma poi si mise in posizione d’attacco modificando le due pistole in un fucile da cecchino.

Xemnas ordinò di fare lo stesso anche a Demyx, Luxord e Xaldin, poi gridò, rivolto ai due che stavano scivolando verso di loro, sperando che la sua voce potesse superare il rumore della battaglia e arrivare fino a loro: “Marluxia, Zexion, colpite la colonna, siete gli unici che potete farlo!”

Affidare l’esito del proprio piano a Marluxia lo scocciava alquanto, sia perché questo sarebbe stato un pretesto per soffiargli la posizione di capo, sia perché lo avrebbe inorgoglito abbastanza da renderlo ancora più strafottente, ma, in quel momento, decise di non lasciare posto alla diffidenza, del resto, arrivando dall’alto, era vero che solo loro due avrebbero potuto colpire con un buon esito sia la colonna che Ade.

Il Leggiadro Sicario, come da nome, seguendo gli ordini di Xemnas, e accorgendosi che la colonna era più sottile al punto a cui si stavano avvicinando, fece dondolare con leggiadria il proprio corpo, aiutato dalla velocità che aveva acquisito, e, dopo qualche ondeggiamento sempre più ampio, riuscì a staccare la presa dal pezzo di stoffa che gli faceva da carrucola e posare i piedi sulla liana. Per Zexion fu difficile fare quel movimento, sia perché la sua massa, rispetto a quella di Marluxia, era nettamente inferiore, e quindi oscillava con più difficoltà, sia perché aveva sempre avuto una muscolatura gracile, sia perché aveva timore di schiantarsi al suolo con una manovra maldestra, tanto che il Nessuno dai capelli rosa, pur reggendosi a malapena in equilibrio e scivolando sempre più velocemente verso la colonna di Ade, si chinò alla stregua di un surfista, bilanciando il peso, e lo trasse sulla sua schiena, come se fosse una grossa bambola di pezza.

“Stiamo per salvare la situazione, numero VI” gli disse, estraendo la falce, chinato lievemente in avanti: “ora devi colpire la colonna il più forte possibile.” E, detto questo, lo lanciò, letteralmente, contro il sostegno principale del soffitto, che era ad una distanza più che buona per essere colpito in pieno da una decina di incantesimi e, sempre in volo, aprì il Lexicon e ne fece uscire tutti i Firaga che aveva forza di produrre.

La colonna tremò, colpita nel punto più sottile, mentre il rinculo di tutti le magie spedì Zexion nel vuoto. Preso dalla fretta, non aveva calcolato nessun punto di atterraggio, anche perché, poiché Marluxia l’aveva lanciato senza neanche un minimo di preavviso, non aveva avuto neanche un minuto per pensarci. A quel punto sentì Xemnas urlare qualcosa a Demyx, e la sua caduta fu fermata da una bolla d’acqua.

Fu letteralmente inghiottito dalla bolla, che si infranse non appena toccò il suolo, lasciandolo bagnato fracido, ma salvo.

Nel frattempo, Marluxia aveva approfittato del suo attacco per colpire un punto già indebolito del sostegno di Kore, che attaccata, emetteva dei lamenti che sembravano uccidere tutti gli Heartless mano a mano che diventavano più forti. Non aveva difese con cui evitare che venisse uccisa, la ragazza, infondo era solo una figlia di una dea non troppo potente che era stata rinchiusa contro la sua volontà, e, forse, voleva semplicemente essere liberata dalla sua triste condizione. Il numero XI menò un primo fendente quando la sua discesa libera lungo la liana finì, poi, sfruttando la spinta data dalla velocità, posò il piede sulla colonna e effettuò una capriola in aria, raddrizzandosi con un colpo a forma di mezzaluna che diede il colpo di grazia e tagliò in due Kore, che cominciò ad urlare di dolore.

Anche Marluxia fu recuperato da una bagnata bolla d’acqua, ma non ebbe modo di protestare perché, con le urla di Kore che si facevano sempre più forti e penetranti, il soffitto stava crollando, ed insieme ad esso l’enorme corpo di Cerbero.

“Presto, scappiamo!” ordinò Xemnas, ma il grido di Kairi lo costrinse a girarsi: “Riku!”

Infatti, dopo essere stato sbattuto contro una colonna dal terremoto precedente insieme alle altre due, Riku non aveva più ripreso coscienza, sia perché la ferita sul braccio si era riaperta e gli aveva fatto perdere una marea di sangue, sia perché, sbattendo la testa, aveva perso i sensi. Così, furono le due ragazze al suo fianco a portarlo in salvo nel corridoio per il quale erano entrati, mentre tutti i membri dell’Organizzazione riuscirono a trovare riparo in un tunnel sotterraneo che Axel aveva scoperto inciampando nella foga della corsa.

Ade, ormai intrappolato nelle sue stesse fiamme, non si accorse di ciò che stava accadendo, e morì

come un topo in trappola, schiacciato dal suo stesso Oltretomba, magari chiedendosi come fosse possibile che lui, un dio, potesse morire in un modo così ridicolo e senza gloria.

Demeter, invece, fu trascinata ad un lato sicuro della stanza, dove il soffitto non era ancora crepato tanto da crollare, ma non faceva altro che gridare di lasciarla andare, in lacrime, disperata.

Sebbene quel gesto avesse potuto mettere una fine a quegli anni di penosa vita sottoterra, sua figlia, la sua unica e amata figlia, era stata uccisa senza pensarci due volte, e lei, da madre, voleva morire con lei. Gli altri dèi si precipitarono a trattenerla, dato che i suoi soldati non riuscivano a resistere alla sua forza sovrumana. “Kore! L’avete uccisa, l’avete uccisa!” gridava, sempre più forte, sempre più incontenibile: “Kore!”

“Demeter, datti una calmata!” tuonò Zeus, spazientito, esasperato e preoccupato per il fatto che anche loro rischiassero di finire schiacciati sotto il peso dell’alto soffitto: “Tutti noi abbiamo perso almeno un figlio, quindi taci!” e, sottomessa all’ordine perentorio del padre degli dèi, Demeter  si accasciò e tacque, ma continuò a singhiozzare senza sosta, emettendo un gemito di tanto in tanto.

“Riku, svegliati, per favore.” Mormorò Kairi, troppo tesa per piangere, cercando di ripararsi dai sassi che rotolavano verso di loro, nonostante fossero al sicuro dentro un corridoio. Cercò di creare un po’ di ghiaccio da mettergli sulla fronte, ma la paura di essere colpita da un sasso vagante le impediva di concentrarsi pienamente, anche perché Cerbero, praticamente caduto dal cielo e disorientato all’estremo, non faceva altro che azzannare indistintamente gente e Heartless, tanto che Artemide, in uno scatto di ira, gli lanciò tutte le frecce della faretra. “Stasera braciola di cane.” Sentì dire Kairi, dopo che l’ormai carcassa del cane a tre teste si afflosciò al suolo.

Poi, all’improvviso, le scosse finirono, il rimbombo delle urla dell’ormai morta Kore si estinse, il ringhiare di Cerbero di spense, e tutto tacque.

Incoraggiata dal silenzio improvviso, Naminé si arrischiò ad uscire fuori, e ciò che vide fu la più grande devastazione: la sala era crollata per metà, mentre il resto era senza soffitto, aperto in due a causa della fessura che avevano usato Marluxia e Zexion per calarsi giù, e la colonna di Kore era ridotta in frantumi sparsi per terra; i soldati raccoglievano i morti, in silenzio, e li disponevano in fila lungo una parete che era rimasta in piedi; gli dèi si erano tutti raccolti attorno a Demeter, cercando di consolarla, ma le sue lacrime sembravano infinite: si era rannicchiata per terra, tanto che sembrava aver perso il suo portamento divino per sembrare una qualunque povera donna che aveva perso qualcuno di importante; solo i Nessuno erano estranei a tutto il loro dolore, sebbene tra i deceduti figurasse anche il giovane soldato che aveva riscosso le simpatie di Axel, ed erano i Nessuno che riuscivano a vedere la parte positiva di quella devastazione: la serratura era libera e agibile.

Xemnas scostò con un piede il cadavere di Ade, allontanandolo definitivamente da ciò che cercava di proteggere, e si avvicinò per esaminare la tanto agognata prima serratura, ed eccola là, a brillare tenuamente come se si stesse per spegnere. Si trovava sull’unico pezzo della colonna di Kore rimasto intero, probabilmente per lo scudo naturale che si trovava attorno ad essa, ed era l’inizio definitivo della loro impresa disperata: aprendola, di sicuro Topolino avrebbe capito che l’Organizzazione XIII era entrata in azione, pronta a tutto e con nulla da perdere, e la battaglia sarebbe cominciata senza esclusione di colpi. Ora che il primo mondo era stato liberato, gli altri erano minacciati in egual misura, e sarebbero stati allertati. Il Monte Olimpo era stato il più veloce da conquistare perché Topolino non aveva fatto in tempo ad organizzarsi e dividere le truppe al di fuori della barriera, e perché Ade, pur essendo un dio, non costituiva una minaccia grande quanto altre persone sarebbero state, ma a partire da quella serratura tutto sarebbe stato più difficile, perché il Re aveva avuto un saggio della loro determinazione e, spaventato, avrebbe stretto la morsa fino a rendere gli altri mondi inespugnabili.

“Dove sono Riku e Kairi?”

“Riku è ancora svenuto.” Disse Luxord, guardando dalla parte di Naminé e quindi degli altri due.

“Tzè, è stato inutile per tutta questa battaglia e ora che ci serve dorme!” sbottò Larxene, resa ancora più acida dalla ferita sulla spalla che non aveva intenzione di smettere di sanguinare, nonostante provasse a tamponarla con un pezzo della propria divisa. “Oh, quante storie!” grugnì Xigbar: “Toh, ti va bene?” e, schioccate le dita, inviò un incantesimo di guarigione al giovane steso bocconi accanto a Kairi, nel corridoio in fondo alla grande sala.

“Cosa… è successo?” fu la prima frase di Riku che, nonostante fosse ancora confuso, ben si ricordava di essere crollato nel bel mezzo della battaglia, ma non ebbe modo di mettere a fuoco la situazione con la calma dovuta perché Marluxia e Zexion, che erano quelli più vicini alla sua posizione, lo richiamarono bruscamente alla realtà: “Siamo nell’Oltretomba.”

“Devi aprire la serratura.”

Perciò, seppur con poco equilibrio, ben conscio di quale fosse il suo compito, si alzò e, sorretto da Kairi e Naminé, si diresse, nel silenzio generale interrotto solo da qualche guardia infernale agonizzante che non era stata falcidiata da una divinità e i singhiozzi di Demeter, davanti alla serratura.

“Finalmente una serratura.” Mormorò, con un sorriso stanco che lasciava chiaramente intendere quanto fosse effettivamente lucido. Tuttavia, richiamò il proprio Keyblade e lo puntò verso di essa, seguito a ruota da Kairi.

Come la luce che fendeva le nubi dopo una tempesta, un raggio partì da entrambe le armi e si insinuò nella fessura di pietra della serratura, che si illuminò e diede il suono di una chiave che girava dentro una toppa, e sia Riku che Kairi che Naminé fecero un passo indietro, in attesa.

Però, a dispetto del fatto che ben due Keyblade si fossero adoperati ad aprirla, la chiusura rimase dov’era, muta ed enigmatica.

“Eh?” sbottò Demyx che, dopo tutto quel parapiglia che avevano scatenato, si stava aspettando che la faccenda finisse al più presto, ma, a quanto pare, invano. “Perché non è scomparsa?” chiese Larxene, infilzando i due custodi con un’occhiata accusatoria: “Non avrete sbagliato?”

“No che non abbiamo sbagliato!” ribatté Kairi, stizzita: “Non si può sbagliare.”

Questo, però, non tranquillizzava affatto gli altri tra Nessuno e divinità, tanto che si levò una sorta di mormorio pensoso, in cui ognuno cercava a modo proprio di capire perché la serratura fosse al suo posto.

Axel guardò dalla parte di Saïx, ben sapendo che sarebbe uscito dalla propria elucubrazione con un’idea intelligente, ma Ares, il dio che aveva le braccia slogate, intervenne prima di lui: “Quando sono venuti a metterla, erano in tre.” Dichiarò, aggressivo come se tutti gli stessero dando torto, cosa che atterrì sia Kairi che Naminé: non c’era assolutamente bisogno di parlare in quel modo.

“Ah.”

Quella sorta di suono a metà tra un sospiro e un gemito che provenne da Riku inquietò in un certo modo Xemnas, che, sempre più preoccupato, almeno idealmente, si rivolse verso di lui e chiese, non senza una velata aggressività, come se stesse sospettando di un’omissione di informazioni da parte del Keyblader: “Se devi dirci qualcosa, dillo, invece di sospirare.”

Riku lo guardò con stanchezza: “Qualche anno fa siamo venuti a sigillare lo scudo del palazzo in questo mondo, ed eravamo io, Kairi e Sora, e così per ogni mondo, o quasi. Non credevo ne servissero tre per togliere il sigillo.”

Gli occhi di Xemnas andavano da Kairi a Riku, come per cercare una spiegazione più felice, trovando, però, solo due Custodi. Naminé, percependo il pericolo di un’eventuale furia di Xemnas che, sebbene non avesse un cuore, era pur sempre in grado di fingersi furioso, si ritrasse verso la spalla del ragazzo accanto a lei, anche se le condizioni di Riku non l’avrebbero protetta per nulla.

“Ci stai dicendo che non possiamo in nessun modo aprire nessuna serratura?”

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Bene, ora che ho evitato il lincianggio addolcendo (?) i miei eventuali lettori con la lettura di questo malloppo di capitolo che conta ben 7 pagine di word (può sembrare poco, ma è assai u.u), posso cominciare con le note.

Dunque, come al solito, mi sono dilungata troppo, e il capitolo conclusivo del primo mondo è diventato il penultimo, ma giuro che nel prossimo saranno tutti a casa, e nulla potrà mettersi in mezzo ai nostri eroi e una bella dormita - e, di conseguenza, tra me e la tastiera di quel catorcio che pretende di essere il mio computer.

Comunque, credo che non abbia null'altro da dire, credo, se non ringraziarvi di cuore per aver letto, recensito, messo tra le seguite e tra le preferite <3

uhm, con questo font il cuoricino esce molto bene <3

beh, buona Pasqua a tutti, perché non credo ci sarà un altro capitolo prima delle vacanze di Pasqua... io ci proverò, ma non aspettatevi nulla, eh!

  
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