Capitolo 1: Autostop
Sunday POV
Dintorni
di Doncaster, ore 8.18 p.m.
Osservo
sconsolata l'ultimo pullman per Londra imboccare la superstrada: l'ho
perso. Ho corso per più di un chilometro, questa maratona mi
ha
letteralmente sfiancata, ho rischiato di essere investita una decina
di volte...e nonostante ciò ho perso quel dannato e fottuto
pullman.
Dio
ce l'ha con me,
penso sedendomi
sulla valigia stracolma per riprendere fiato. E, come se tutte queste
sfighe non bastassero, una fitta dolorosa mi attraversa il ventre.
Appoggio la mano sinistra sul mio pancione di ormai più di
otto
mesi, pensando che sia solo il bambino che scalcia. Mi illudo che sia
così, per il momento non voglio dover avere altre
preoccupazioni per
la testa.
-
Non preoccuparti, amore mio – mi rivolgo a mio figlio,
accarezzandolo attraverso il pancione e sentendolo scalciare
nuovamente – ora la mamma trova una soluzione –
dico, forse per
rassicurare più me che lui.
Rassicurare?
Un momento, ma chi voglio prendere in giro? Forse è meglio
che sia
realista una volta tanto, anche se la verità è
difficile da
affrontare: sono nella merda.
Ma non solo nella merda, sono finita dritta in una discarica di feci.
Forse
scappare di casa non è stata una buona idea. Forse avrei
almeno
dovuto aspettare di compiere diciotto anni. Oddio, ora magari mia
madre chiama la polizia. Ma no...figurarsi, non si accorgerà
nemmeno
che sono scappata! Però ora che ci penso, essendo minorenne,
non
posso neanche alloggiare da qualche parte da sola perchè i
documenti
me li chiederanno di sicuro. Ma cosa mi è saltato in mente?
Cazzo. È
che non ce la facevo più a sopportare mia madre. E sono
scappata
senza pensare alle conseguenze. E la mia mente non controlla
più i
miei pensieri, sto sproloquiando.
No,
non posso arrendermi così. Dannazione, ce la devo fare. Non
posso
darle la soddisfazione di vedermi tornare a casa. Immagino
già il
sorriso falso che farebbe, come a dire "questa è solo la
conferma del fatto che tu sia ancora una bambina ingenua che da sola
non può fare niente".
Ero
scappata anche un'altra volta, due anni fa - però ero andata
da zia
Jessie, non a Londra da sola - e mia madre, quando mi aveva vista
tornare solo il giorno dopo, aveva detto quella fottuta frase che mi
aveva tormentata per secoli.
Ma
questa volta ho organizzato tutto. Ieri sera, appena mia madre
è
uscita di casa, ho deciso di agire. Mi sono fiondata nella camera
matrimoniale che una volta divideva con papà e ho cominciato
a
frugare nel terzo cassetto del comò. Oggetti ricercati:
vecchie foto
di quando ero piccola, di quando ero felice, di quando mia madre non
era ancora diventata una squilibrata, e di quando c'era ancora
papà.
Dopo aver preso le foto più belle sono passata al quarto
cassetto
del mobile. Oggetti ricercati: soldi. So che mia madre li tiene li,
dentro un vecchio portagioie. E so che potrò sembrare una
ladra, ma
con tutto quello di cui è riuscita a privarmi lei negli
ultimi anni,
non riesco a sentirmi in colpa. Sono riuscita a racimolare 380
sterline; direi che mi è andata di lusso, aggiungendovi i
miei
risparmi sani e salvi sulla mia carta prepagata. Per fortuna ho
lavorato per due anni come cameriera in un locale qui a Doncaster,
così qualcosa sono riuscita a mettere da parte. Poi ho preso
la
valigia che era già pronta sotto il letto e sono uscita da
quell'appartamento – da quella prigione – che mi ha
rovinato
l'adolescenza.
E
ora eccomi qua, in ansia come un cantante al suo primo concerto o
alla sua prima esibiz...scacciai subito quel pensiero. Esibizione.
Concerto. Sebastian.
Il
mio umore già nero peggiora ulteriormente a questi ricordi.
Sunday,
non pensare,
mi dico. Perchè in
un modo o nell'altro queste immagini mi tornano sempre in mente?
Perchè non ho ancora superato l'accaduto? Basta.
L'ansia
sta salendo ulteriormente. Probabilmente non sarei molto preoccupata
se dovessi badare solo a me stessa, il problema è che ogni
mia
decisione ora si riscuote su due persone: me e mio figlio.
Quindi,
visto che voglio
raggiungere il mio obiettivo (cioè la mia fuga), decido di
fare
qualsiasi cosa pur di andarmene. A partire dall'autostop: la prima
opzione che mi passa per la testa. Non so in quanti vadano da
Doncaster a Londra di venerdì sera, ma, come si suol dire,
tentar
non nuoce.
***
Harry POV
Ma
porca di quella troia. No, ma ditemi dove cazzo sono adesso.
"Svoltare
a destra" continua
a
ripetere la fottuta voce metallica e femminile di questo fottuto
navigatore. "Svoltare a destra".
Guardo a destra: non c'è una strada neanche a pagarla oro,
dove
vuole che svolti, nel bosco?! "Svoltare a destra"
blatera ancora la donna-tom-tom.
-
Ma porca troia, stronza puttana, non vedi che a 'sta cazzo di destra
non c'è neanche una fottuta strada di merda?! - sbraito
contro
l'aggeggio meccanico come se potesse sentirmi. Stupida tecnologia. E
stupido Louis che non è voluto tornare a Londra con me,
almeno lui
avrebbe saputo la strada, porca miseria! Invece no! Gli mancavano
troppo le sue sorelline, e ha voluto prolungare la sua vacanza,
costringendo me a tornare da solo, rassicurandomi che con l'"aiuto"
del navigatore non mi sarei perso. Si, come no. Infatti ora sono qui
in una superstrada sconosciuta e non riesco a trovare l'autostrada
per Londra. Dannazione, i veri uomini non si perdono mai.
Sono
incazzato nero, così spengo il navigatore – che se
prova a parlare
un'altra volta lo lancio fuori dal finestrino, lo giuro – e
mi
guardo attorno alla ricerca di cartelli stradali o persone a cui
chiedere indicazioni. Persone. Chi credo di poter trovare ormai alle
9 di sera in questa zona fuori dal mondo? Oddio non voglio essere
costretto a chiedere indicazioni ad una prostituta. Sarebbe troppo
imbarazzante, e poi io sono Harry Styles, non vado a puttane. Magari
mentre sto per chiedere indicazioni una salta su credendomi un
cliente. Magari mi riconoscerebbe e mi filmerebbe di nascosto, e poi
venderebbe il video di Hazza che va a puttane,
mi immagino già i titoli di quegli insulsi giornali di
gossip.
Magari la mia carriera finirà così. Ma cosa sto
dicendo? Ho seri
problemi, si, ne sono consapevole. Magari
invece...
Sono
questi i pensieri che mi frullano per la testa, quando vedo una
figura poco più avanti di me. Comincio a rallentare e noto
così che
è una ragazza, di spalle, che si trascina dietro una valigia
enorme,
mentre la sua mano destra è ben evidente e tiene il pollice
alzato.
Autostop? Beh almeno non è una prostituta (credo), bene,
tutti i
miei pensieri precedenti sono inutili.
Accosto
titubante. Magari potremmo fare uno scambio equo: io le do un
passaggio e lei mi da indicazioni.
Quando
fermo il mio range rover accanto a lei, si volta. E io ci resto di
merda.
Cosa...?
È incinta? Ma se avrà si e no vent'anni! Oddio,
penso guardandola curioso per poi abbassare il finestrino.
Lei
mi guarda imbarazzata così decido di parlare. - Ciao, io sto
andando
a Londra, ti serve un passaggio? - chiedo gentilmente sistemandomi il
mio adorato cappello verde. Non ho mai fatto autostop nè ho
mai
preso sù qualcuno quindi spero di aver detto il necessario.
-
Oddio si! - risponde lei sorridendo sollevata. - Oddio non ci credo,
grazie! - esclama ancora. Così scendo dall'auto per aiutarla
a
mettere la valigia nel bagagliaio, decidendo di spiegarle subito il
mio "problema".
-
Misonopersoperò –
borbotto imbarazzato, a voce bassissima. Solo io potevo perdermi come
un idiota.
-
Cosa? Non ho capito – chiede la ragazza mentre io chiudo il
baule.
-
Mi... - confessare di essermi perso è più duro di
quanto avessi
immaginato, gli uomini non si perdono mai, che figura pessima - ...mi
sono...perso – concludo guardandola di sottecchi.
E
lei, notando la fatica che ho fatto a confessarglielo, si mette a
ridere.
-
E che male c'è? - chiede lei continuandoo a sorridere
– Succede! -
mi tranquillizza mentre le apro la portiera dal lato del passeggero
per farla salire. Forse non c'è niente di male a perdersi,
sono io
che mi faccio mille seghe mentali.
Una
volta salito al posto di guida, però, i miei pensieri idioti
ricominciano. E adesso di cosa parliamo? O non parliamo? Facciamo
tutto il viaggio in questo silenzio imbarazzante? Oddio magari ora mi
riconosce e mi chiede un'autografo e mi fa domande in stile
intervista per tutto il tragitto, Dio, ti prego, no.
Penso
guardando una foto di me e i ragazzi incastrata sotto la radio. Dio,
fa che non la veda.
-
Oh! Tu sei Harry Styles giusto? - chiede invece dopo un paio di
minuti.
Ma
porca troia. - Si – rispondo sbuffando – ma non ho
una penna, mi
dispiace.
-
Una penna? Per cosa dovrei volere una penna? - chiede lei confusa.
Io
la guardo, ancora più stupito di lei. - Non...non vuoi un
autografo?
- chiedo titubante.
E
lei cosa fa? Ride. E io mi sento letteralmente idiota. Ma che cazzo
ride? Mi innervosisco. - Perchè dovrei volere un autografo?
- chiede
lei senza perdere il sorriso.
-
Emm...non so, perchè dovresti non
volerlo? Spiegami - chiedo
io di rimando, curioso.
-
Un autografo è la cosa più inutile che esista,
insomma, cosa ti
rimane dopo? Un pezzo di carta con una scritta sopra? Bello. -
comincia lei, e io con lo sguardo la invito a continuare - Io non la
penso...così, come tutte quelle ragazzine
che incorniciano le
firme delle star e magari baciano le loro foto prima di andare a
dormire, è...triste. Insomma alla fine è un
fottuto pezzo di carta,
uguale ad infiniti altri, e il tuo idolo non saprà quanto
è grande
la tua gioia nel riceverlo, o a quanto sei felice ripensando al fatto
che le sue mani hanno toccato quel foglio. È tristissimo.
Perchè io
devo fare queste cose per qualcuno che nemmeno sa che esisto? Se
proprio avessi un idolo io ci parlerei...normalmente. Trovo che sia
inutile sprecare quei trenta secondi in cui lo vedi per urlargli "ti
amo", cosa se ne fanno di un grido tanto stupido? Chiedigli
qualcosa di interessante, chiedigli qual è il suo colore
preferito e
perchè, chiedigli cosa prova quando canta, quando recita o
quando
balla. Ma non sprecare così quei trenta secondi –
conclude la
ragazza con naturalezza. Wow, che discorsone,
penso. Magari
non è la prima volta che le fanno una domanda simile.
Le
sorrido. - Quanti anni hai? - le chiedo, colpito da questo suo modo
maturo di pensare.
-
Tra due mesi ne faccio diciotto.
Cazzo.
- Wow, sei molto...molto giovane... – dico facendo cadere
involontariamente lo sguardo sul suo pancione.
-
Per essere incinta? - chiede lei un po scocciata – si, lo so.
Ora
prendi la tangenziale. - cambia argomento, gelida.
Ops,
forse era meglio se me ne stavo zitto. - Scusa – comincio
–
non...non volevo immischiarmi in faccende non mie.
Lei
sbuffa. - Non è un problema, scusami, è che
è un argomento un
po'...delicato, ecco – spiega lei senza però
tornare a sorridere.
Complimenti Harry! Sei un'idiota!
Decido
quindi di cercare di rimediare, cambiando discorso. - Come ti chiami
tu invece? - no, ma sono un genio, che discorsone! Idiota.
-
Ah già, Sunday, piacere – accenna un sorriso. -
Si, S-U-N-D-A-Y –
scandisce – lo so, è stran...AAAH! -
urla. Ma che sta
succedendo?
***
Sunday POV
-
AAAH! - un gemito mi fuoriesce dalle labbra in
seguito ad una
fitta alla pancia, molto più forte di quelle che avevo
avvertito
negli ultimi minuti. Harry mi fissa confuso, senza capire. Chiudo gli
occhi e mi porto le mani al ventre, sconvolta dal dolore. Comincio a
respirare sempre più velocemente, prendendo la mano del
ragazzo che
si trova sul cambio, anzi, stritolandogliela. Il male che provo
è
insopportabile, lacerante.
-
Cazzo. Porca troia! - urlo. Ma lui non capisce, finchè, una
volta
fermati ad uno svincolo, comincia a fissarmi i leggins con
insistenza.
-
Hai...fatto la pipì addosso? Sulla...sulla mia auto? -
chiede
sbarrando gli occhi e trattenendo le risate.
Io
lo guardo incenerendolo con lo sguardo. Sono terrorizzata. - Ho... -
comincio con il cuore a mille – ho...credo di aver...rotto le
acque
– spiego. Cazzo e siamo ancora abbastanza lontani da Londra!
-
Oh – dice lui senza sapere cosa fare – cosa...cosa
devo...?
Lo
interrompo. - Mi serve un ospedale! - urlo terrorizzata e nel panico
più totale.
-
Ti...ti porto io? - chiede.
Ma
che domande sono? - Puoi? - chiedo invece.
In
tutta risposta schiaccia in modo disumano sull'acceleratore,
svoltando a sinistra, verso una cittadina sconosciuta.
-
Vuoi...vuoi qualcosa da mordere? - mi chiede.
Io
lo guardo come se fosse pazzo, senza capire. - Non si fa
così nei
film? Per...non far sentire il dolore? Ti danno un bastoncino di
solito...da mordere – continua.
Io,
seppur la situazione sia alquanto critica, mi metto a ridere. - Ti
prego – una fitta più forte delle altre mi
costringe a smettere di
parlare – per favore distraimi.
-
E come? - chiede.
-
Che ne so! Raccontami qualsiasi cosa! - esclamo cominciando a
respirare come una dannata.
E
mentre lui blatera del fatto che lui avrebbe sempre desiderato un
fratellino o una sorellina minore io mi perdo a fissarlo per non
pensare al dolore che mi trafigge.
Ora
che lo guardo meglio indossa un paio di pantaloni verde militare, una
maglietta...delle Tartarughe Ninja??, una felpa
aperta e un
paio di converse verdi. Due collane piene di ciondoli gli sfiorano il
torace muscoloso, ha un bel viso, un sorriso abbagliante adornato da
due fantastiche fossette e dei capelli...stra fighi.
-
Aaaah! Cazzo che male! Oddio cazzo! No, ti prego, ti prego, ti
pregooo – lo guardo, supplicandolo – ti prego non
voglio
partorire in una macchina! Morirò!
-
Oh santo cazzo che situazione – impreca lui – okay
Sunday,
respira, devi respirare - cerca di incoraggiarmi.
-
AAAAAH porca troia, respira tu che la fai tanto facile! Dio... - gli
urlo dietro, ormai fuori controllo.
E
mentre continuo a guardarlo guidare come un pazzo, io urlo come
un'ossessa. E – dei del cielo, non chiedetemi il
perché – lui
comincia ad urlare insieme a me.
-
Dio, ti prego, se esisti – prega – non farmi fare
il ginecologo.
Non sono pronto per una cosa del genere, non voglio. Dai Sunday,
resisti, ci siamo quasi.
-
Dio Cristo – ansimo – cazzo io mi uccido! Maledetto
il bastardo
che mi ha fatto questo, porca puttana! - urlo contro il finestrino.
Sto
per continuare con gli insulti, quando sento Harry urlare che siamo
arrivati.
I
minuti seguenti sono i più tragicomici che io abbia mai
vissuto.
Harry
scende di corsa dalla macchina, mi apre la portiera, afferra la mia
borsa con i documenti, mi prende in braccio – non so come
visto che
per la gravidanza sono ingrassata come un maiale – e comincia
a
correre verso l'ingresso dell'ospedale. E nel frattempo io cosa
faccio? Mentre Harry mi rassicura, io mi godo il contatto con i suoi
addominali paradisiaci e rassicuro il mio bimbo, parlandogli con voce
fioca e intervallando parole dolci con esclamazioni volgari contro il
dolore immenso che mi fa provare. Ogni tanto mi guardo attorno,
notando le facce stupite, divertite o preoccupate delle persone che
ci circondano. Che imbarazzo. Quando poi arriviamo nel salone con le
sale parto, una dottoressa ci accoglie con un'espressione di
disappunto e io vorrei sprofondare. La sento chiamare una sua collega
e sussurrarle – Questi giovani, che poco di buono, a
quest'età...-
ma vaffanculo dottoressa di merda! Che cazzo ne vuole sapere
della
mia storia? Queste
sono le cose
che mi fanno più incazzare in assoluto. La gente che giudica
pensando di sapere cose che non sa. Imbecille.
La
nuova dottoressa è però molto più
gentile. Assieme a due colleghe
accompagna me in una sala parto, e, mentre mi sdraia sul lettino e
controlla la mia situazione, una delle due infermiere fa
firmare delle carte ad Harry che non le legge nemmeno
e gli porge una specie di camice verde, ricevendo in risposta da
quest'ultimo un'occhiata sconvolta. - No, io...io aspetto fuori... -
prova a dire, ma l'infermiera lo interrompe – Su, non essere
schizzinoso, la nascita di un figlio
è una cosa alla quale si deve
assistere! - gli sorride bonaria. Harry la guarda shockato, ma, preso
dal panico, esegue gli ordini senza fiatare.
Intanto
la dottoressa gentile mi spiega che è troppo tardi per
procedere con
l'anestesia e io vorrei uccidermi. Il dolore è ormai
insostenibile
e, senza rendermene conto, mi trovo a dover spingere per far nascere
mio figlio mentre fisso un Harry paralizzato in un angolo della
stanza.
Dopo
minuti che sembrano ore, dopo un dolore fisico che non credevo
sostenibile, e dopo una sequela infinita di parolacce e improperi,
nasce. Nasce un bambino stupendo. - Nathan
– sussurro –
piccolo mio, sei bellissimo.
Continuo
a guardarlo sorridendo come un'ebete. Harry mi si è
avvicinato e sta
sorridendo anche lui come me, mentre Nathan ci guarda curioso.
È
mio, mio mio mio mio, ma me lo lascino tenere in braccio solo per
pochi minuti, perché, vista la sua nascita leggermente
prematura,
ritengono più sicuro tenerlo nell'incubatrice per un po'.
Forse
potrebbero mettermici anche a me nell'incubatrice, sono così
stanca,
penso debolmente prima di vedere l'espressione preoccupata di Harry
e, infine, il vuoto.
*
* *
Hola
gente! Okay, non so come sia venuto questo capitolo
perchè...boh,
insomma la storia è ancora all'inizio e per capire bene
bisognerà
arrivare al secondo capitolo dove cuccederà una cosa...boom!
(?) Ma! Allooora, premettendo che non conosco Harry Styles e nessuno
dei suoi amici, e che con questo scritto non intendo offendere
nessuno di loro e bla bla bla...volevo spiegare un paio di cose.
La
prima è che spero di non aver plagiato nessuno, se
così fosse, vi
pregherei di farmelo sapere che provvederò a rimediare. Poi
volevo
dire che (ovviamente) non conosco Harry e lo
descrivo/descriverò
come penso che potrebbe essere, sperando di poterlo immaginare
abbastanza simile all'Harry che vedete voi (parlando per via del
carattere s'intende). Terza cosa: vi chiedo già perdono se
in futuro
dovessi sbagliare a scrivere qualche informazione su di lui o cose
simili.
Ah
già, dimenticavo: per vedere l'abbigliamento dei due
protagonisti
cliccate qui: Harry
e Sunday.
Detto
ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo
delirio e mi
ritiro nella mia grotta (?).
Adieu,
Lucia.
P.S:
Cosa avrà firmato Harry? "Chissene
frega" dirente voi. Invece no! È un
passaggio
cruciale (?).
P.P.S:
Cecy (si, proprio tu) se stai leggendo (cosa che
spero non
avvenga) sappi che, si, mi vergogno di aver fatto una cosa del
genere. Tanti baci.
P.P.P.S:
Giulia, dedicato a te (non uccidermi).
P.P.P.P.S:
Ah già! Quasi dimenticavo! Per chi volesse ecco a voi uno spoiler
del prossimo capitolo!
«
- Beh, pensavo che potresti venire a stare da me – continua
incerto. [...]
Okay,
sono stupita. Uno sconosciuto mi ha appena chiesto di andare a vivere
da lui assieme a mio figlio? [...] - Non sei un maniaco o cose del
genere, vero? - ridacchio. »