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Autore: LunaNera17    11/03/2013    1 recensioni
Arya e Nasuada sono due donne forti, accomunate da un destino molto simile. Entrambe regine del loro popolo, entrambe costrette a lasciarsi alle spalle l'uomo amato, entrambe guerriere. Cogliendo queste grandi affinità, le due approfondiranno la loro amicizia, divenendo confidenti non solo in questioni diplomatiche ma anche personali. Come reagirebbero le due regine se fantasmi dal passato tornassero a visitare i loro pensieri?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano appena le prime luci dell’alba, quando l’elfa dai capelli corvini si svegliò. Prima di alzarsi definitivamente dal suo comodo giaciglio si immobilizzò per ascoltare i rumori della natura: gli uccellini mattinieri si issavano sui loro nidi, dispiegando le ali arruffate e intorpidite dal sonno; uno scoiattolo correva sul davanzale della finestra, grattuggiando il legno con i suoi piccoli artigli. Ad un tratto si fermò e puntò il suo nasino arricciato verso il cielo, annusando il dolce profumo di miele dell’alveare lì accanto.

La quiete dell’alba era impareggiabile lì a Ellesmera, senza concentrarsi troppo era possibile udire il fruscio di ogni singola foglia degli alberi circostanti, platani, tigli, querce, olmi sussurravano i loro canti, così armoniosamente miscelati tra loro da formare una splendida orchestra.

Un mugolio nei recessi della sua mente la richiamò alla realtà. Anche Firnen si stava svegliando, scuotendo terra e aria accanto a sé.

Buongiorno, mio Firnen.

Ben svegliata, mia dolce Arya. Hai dormito bene?  Chiese il drago verde con la sua voce profonda.

Tutto tranquillo. Ho fatto sogni sereni e senza turbamenti.

Arya fece fluire nella mente del suo compagno le immagini colorate che avevano affollato le sue notti. Il drago notò alcune storture in quell’idillio ma non commentò, e la regina gli fu grata per questo.

Ottima giornata per volare, abbiamo il vento a favore. Aggiunse poi Firnen, ricordandole ciò che dovevano fare quel giorno.

Ormai completamente sveglia, Arya si alzò, lisciandosi la fresca camicia da notte sulle gambe. Indossò una vestaglia e chiamò un’ancella per farsi preparare i vestiti da viaggio, i più comodi seppur regali.

“Mia Signora, un messaggero desidera fare udienza con Lei, prima che Lei parta” annunciò l’ancella, inchinandosi brevemente di fronte alla regina.

Arya sbuffò, contrariata per l’imprevisto.

“Riferisci che sono di fretta, Alanna. Lo ascolterò, ma non potrò trattenermi per più di una decina di minuti”.

“Si mia Signora” fece  la giovane elfa. In pochi secondi sparì dietro la porta, facendo svolazzare la sua treccia bionda.

Che scocciatori, persino nell’unico giorno in cui ci allontaniamo dalla capitale ti trattengono. Commentò Firnen.

Doveri di una regina.

Indossò una tunica bianca, lunga fino al ginocchio, e la strinse in vita con una cintura in cuoio. Fasciò le gambe con calzoni stretti, calzò stivali anch’essi in cuoio e completò con bracciali e orecchini dorati. Sua madre le aveva insegnato che una regina doveva mostrarsi sempre elegante, ma lei aveva apportato al termine eleganza una nota più sportiva.

Abbandonò le sue stanze e si diresse verso la sala conferenze, dove un elfo dai lineamenti duri e la chioma albina la stava aspettando.
“Mia regina” salutò, con un profondo inchino.

“Buongiorno. Cosa necessita così tanta urgenza da far ritardare la mia partenza?” domandò con più durezza di quanto avrebbe voluto.

“Chiedo scusa, Regina Arya, ma mi è stato ordinato di parlarle il prima possibile. E’ una questione piuttosto urgente…”

“Parla dunque”

“Vengo da Nadindel, il governatore vuole informarla che un gruppo di giovani avventati ha tentato una sommossa, ma è stata sedata piuttosto in fretta… pare fossero insoddisfatti delle ultimi sviluppi del commercio con Silthrim”

Arya inarcò un sopracciglio, tradendo la sua impazienza. “Tutto qui?”

“Veramente no, mia Signora. Dall’avamposto le nostre guardie hanno visto qualcosa… qualcuno, sorvolare il lago Rona. Non possiamo esserne sicuri, ma a tutti è parso un drago rosso fuoco, piuttosto possente”

La mente di Arya cominciò a lavorare freneticamente. Possibile che fossero tornati? Un drago rosso fuoco, di grossa taglia, non poteva essere nessuno dei nuovi nati. Si trattava quindi…

La regina si chiese che intenzioni avessero, se fossero riusciti a smaltire la rabbia che li divorava, se provassero ancora rancore verso il mondo intero.

“Mia Signora?”

“Non credo che Murtagh e Castigo siano una minaccia per noi, allo stato attuale delle cose. In ogni caso informa le tue sentinelle di tenere gli occhi aperti e di inviarmi un messaggio per qualsiasi novità”

“Sarà fatto… ma, ho un dubbio, Regina Arya… come hanno fatto a superare i controlli alla frontiera della foresta?”

“Saranno stati scambiati per qualche giovane Cavaliere. Col via vai di apprendisti che c’è di questi tempi, si fa meno caso a chi entra e chi esce”.

Era vero. Molti giovani draghi erano nati negli ultimi anni, e coi loro Cavalieri erano partiti alla volta della Valle Rayrim, dove tra monti e foreste il Maestro Eragon li avrebbe addestrati.

Il pensiero di Eragon le provocò una dolorosa fitta al cuore, il quale aveva assunto un ritmo irregolare già da quando il nome di Murtagh era aleggiato nell’aria intorno a loro.

“Bene. Se non c’è atro motivo per cui io debba trattenermi qui, comincerò il mio viaggio. In mia assenza, per qualsiasi cosa rivolgetevi a Ithilbor”.

Detto questo, Arya marciò fuori dal palazzo, accompagnata dai profondi inchini dei presenti e dai loro auguri di buon viaggio. Si legò i capelli in una stretta coda, perché in volo non le dessero fastidio. Infine, una volta all’aperto, salì in sella al suo Firnen e insieme salirono verso il cielo luminoso.

Volare era sempre un piacere per lei, il vento che accarezzava la pelle le donava nuovo vigore e la metteva di buonumore.

Stai bene, Arya? Chiese Firnen preoccupato.

L’elfa non rispose subito, lasciando che le immagini nella sua testa chiarissero il suo stato d’animo.

E’ solo un momento. Passerà.

Il drago mugolò con partecipazione. Anche a lui Saphira mancava. Nonostante avessero avuto poco tempo per conoscersi, Firnen aveva trovato in lei una compagna di giochi e d’amore unica. Ma erano entrambi ancora giovani, nella loro lunga vita avrebbero potuto assaporare nuovi amori. Per Arya era diverso. La vita l’aveva privata di ogni persona che aveva desiderato al suo fianco. Prima Faolin, ucciso brutalmente dagli Urgali sotto ai suoi occhi, poi Eragon, andato incontro al suo destino con onore e rassegnazione.

I suoi pensieri si concentrarono sull’ultimo, il valoroso Cavaliere che aveva liberato Alagaesia dal dominio di Galbatorix. Chissà cosa stava facendo… pensava a lei ogni tanto? Era felice?

Smettila di tormentarti, Arya, non serve a nulla. Ora riposati e goditi il paesaggio, saremo a Ilirea prima che tu possa dire Eitha.

Grazie, Firnen.

Il sole si alzò e si abbassò due volte, prima che giungessero alle porte della capitale degli Umani. Si erano fermati a riposare qualche ora lungo il fiume Ramr, col manto di stelle come unico tetto, ma per il resto  avevano volato spediti, veloci come comete nel firmamento.

Quando infine videro svettare le mura di Ilirea di fronte a loro era quasi sera. Dall’interno della città provenivano rumori concitati e un sottofondo di musica allegra, quasi come se ci fosse una festa.

Sono proprio curiosa di sapere quali novità ha la cara Nasuada. La sua ultima lettera era così misteriosa…

Lo vedremo presto, tesoro mio, Lady pelle d’ebano ci sta aspettando.

 

***

Nasuada indossò la sua veste rossa, da cerimonia, e si fece pettinare e acconciare i lunghi capelli neri dalla fidata Farica. Era stanca, ma sapeva che a momenti la regina elfica, nonché sua grande amica, Arya sarebbe arrivata a palazzo, accompagnata dal suo inseparabile drago.

Da che la Grande Battaglia contro l’Impero era finita, lei e Arya avevano legato ancora di più. Entrambe regine del loro popolo, sentivano che un destino comune le avvicinava, e i loro spiriti affini si erano cercati per darsi conforto.

Prima erano solo compagne in battaglia, combattevano fianco a fianco e si consigliavano vicendevolmente sulle questioni di Stato. Poi, dopo la disfatta di Urû’ baen e la partenza di Eragon e Murtagh, avevano cominciato una fitta corrispondenza, utile sia ad aggiornarsi su questioni politiche e logistiche, sia a rattoppare i loro animi infranti.

“Grazie, Farica” mormorò, quando la donna ebbe finito di arrotolare anche l’ultima treccia sulla sua nuca.

“La aspetterò fuori, Lady Nasuada. Devo portare anche Ellione?”

“No, ora sta dormendo. Condurrò io Arya nelle mie stanze per mostrargliela”.

Con un breve inchino Farica si ritirò, e Nasuada ebbe il tempo di guardarsi un ultima volta allo specchio, prima che le trombe dalle alte torri del palazzo risuonassero gioiose, segno che Arya era comparsa all’orizzonte. La regina sorrise, e nella superficie dello specchio, vide comparire accanto ai suoi occhi una piccola increspatura della pelle, segno che il tempo stava facendo il suo corso.

Si precipitò fuori, affacciandosi alla grande terrazza del castello. Il drago verde Firnen si stava avvicinando, sbattendo le sue ali possenti e creando turbini d’aria intorno a sé. In pochi minuti era già sopra il bastione e, compiendo un’ampia spirale in cielo, atterrò nell’ampio patio a lui riservato.

“Lady Arya, che piacere vederti!” esclamò Nasuada, correndole incontro, per quanto la fatica glielo permettesse.

“Piacere mio, Nasuada, ho aspettato questo giorno con ansia”. L’elfa era sempre composta e solenne, ma i suoi occhi tradivano la gioia che provava nel rivederla dopo tanto tempo.

“Sei bella ed elegante come sempre, mia cara” commentò Nasuada, squadrandola da capo a piedi.
“Anche tu, credimi, e data la tua natura umana è un pregio assai migliore del mio”.

Si avviarono a braccetto all’interno dell’abitazione, seguite dall’acclamazione del popolo, che si era accalcato intorno al castello per salutare festante l’arrivo della regina elfica. Le due donne entrarono nell’ampia sala del trono e Firnen infilò quietamente la testa nel portone, scatenando il panico tra i servi della regina Nasuada.

“Spero che abbiate avuto un volo piacevole e senza imprevisti” proferì gentilmente Nasuada.

“Assolutamente, il vento ci ha favoriti in entrambi i giorni… ”.

E il sole non è stato oscurato neanche per un attimo. Siamo stati fortunati. Finì la frase Firnen.

Nasuada chiamò una delle guardie che sorvegliavano la stanza, la quale si avvicinò con passo svelto e fece un breve inchino.

“Va a chiamare mio marito e digli di attendere un poco qui. Saremo al più presto da lui” borbottò, poi congedò l’uomo con un gesto spiccio.

“Mia cara Arya, molto presto ci accomoderemo per raccontarci le nostre novità e fare riposare te e Firnen dal lungo viaggio, ma ti prego di pazientare ancora un attimo, prima vorrei farti conoscere una persona” annunciò la padrona di casa con voce sommessa, poi si rivolse al drago smeraldino “purtroppo temo che non ci sia abbastanza spazio per farti entrare nelle mie stanze, Firnen. Ti chiedo scusa. Pensi di poter pazientare qui qualche istante?”

Il drago mugolò, quasi divertito, poi il suo flusso di pensieri raggiunse la mente della donna.

Non c’è problema, Lady Nasuada, le mie ali e le mie zampe hanno bisogno di riposo. E poi, ciò che Arya vedrà potrò vedere anch’io, sarà come se fossi con voi.

Nasuada sorrise brevemente, poi fece strada all’amica verso una porta laterale, seminascosta da un tendaggio rosso. Un corridoio lungo e stretto dava accesso a numerose stanze, con porte tutte uguali e ugualmente imponenti. La donna ne scelse una e vi entrò piano, facendo cenno all’altra di non fare rumore. Nella loro fitta corrispondenza non c’era stato modo di parlare della grande novità che aveva scosso la sua vita, poiché Nasuada riteneva assai più saggio dare quel genere di notizie a voce. Era stata perciò molto vaga con l’amica a riguardo.

La stanza in cui entrarono era bianca e fiocamente illuminata da due finestre velate da tende leggere. Un salottino candido occupava parte della sala. La parete più lontana dalla porta ospitava invece un comò con un grande specchio, mentre al centro della  stanza troneggiava una culla bianca e rosa, coperta da due veli di tulle. Arya si avvicinò con leggiadria alla culla, i suoi passi erano così silenziosi che pareva levitasse.

Sollevò un velo e fissò rapita la piccola creatura che riposava nel lettino. Era una neonata di pochi giorni, un mese al massimo, a giudicare dalla grandezza.  Aveva le guance paffute e la pelle scura, ma non quanto quella di Nasuada. La sua manina era chiusa sulle coperte che la avvolgevano, e dormiva con la fronte aggrottata, come se fosse pensierosa.

“Tua figlia” sussurrò commossa Arya, senza staccare gli occhi dalla bambina. Nasuada si sistemò dall’altro lato della culla.

“Sì, la mia Ellione. E’ nata meno di un mese fa, non appena ho recuperato un po’ di forze ti ho scritto. Volevo che la vedessi di persona” rispose Nasuada.

“Io… non sapevo nemmeno fossi incinta, che sorpresa mia cara!” levò un dito e spianò la fronte della piccola, che continuò a dormire ma assunse un’espressione beata. L’elfa si rivolse infine a Nasuada e le sorrise, con gli occhi che brillavano di gioia. “Congratulazioni Nasuada! Sei diventata madre, quasi non ci credo. Sarà sicuramente una bambina splendida”.

La neo mamma sorrise modestamente, ringraziando. Abbracciò l’amica, poi la invitò a sedersi sul divanetto dall’altro lato della stanza e le si sedette accanto.

“Non pensavo che esistesse una gioia così grande, Arya. Ellione mi ha davvero cambiato la vita” fece una pausa, perdendosi un attimo tra i pensieri “mio marito la adora, e se si deve allontanare più di quattro stanze da lei fa in modo di avere sue notizie continuamente”.

Le due donne ridacchiarono. Arya guardò curiosa l’amica. Sapeva che era sposata, e la nascita di quella splendida bambina ne era la conferma, ma non aveva ancora avuto modo di conoscere il marito. Si chiese che tipo di persona fosse. Sapeva che era un nobile di Teirm ed era particolarmente esperto nelle questioni di commercio, nelle quali dava un considerevole aiuto alla regina. In generale era considerato un uomo di buon carattere e il giusto ingegno.

Quasi le avesse letto nel pensiero Nasuada spiegò “Tra poco finalmente conoscerai anche lui. Era emozionato all’idea di conoscerti. E’ un buon uomo e gli sono grata per tutto ciò che fa per me”.

Dopo aver parlato per qualche tempo nel salottino privato, le donne tornarono nella sala del trono. Lord Terish, marito di Nasuada, era un uomo alto, con capelli scuri e uno strato di barba tagliata corta a coprirgli le gote. I suoi occhi si posarono su Arya, non appena le due entrarono, e andò loro incontro con un sorriso gentile stampato sul volto.

“E’ un piacere fare la sua conoscenza, Regina Arya” esordì, inchinandosi con rispetto.

“Il piacere è mio. E congratulazioni per vostra figlia, è una bellissima bambina”. Firnen, dal fondo della sala, ruggì la sua approvazione. L’uomo si voltò di scatto, un po’ preoccupato, e Arya dovette trattenere un sorriso divertito.

“Firnen è felice per voi” spiegò l’elfa a Terish, che probabilmente non aveva mai avuto a che fare con un drago così cresciuto.

Una cucciola d’uomo! Commentò il drago, includendo nella conversazione anche Nasuada e Terish, vi auguro ogni felicità e bene.

Lord Terish, tranquillizzato, baciò la mano della moglie e le si affiancò. Il gruppetto si accomodò a un lungo tavolo, imbandito per la cena. Ad Arya furono servite pietanze rigorosamente vegetariane, mentre Firnen fu viziato con le migliori carni della dispensa del castello.

Fu una serata piacevole. Nasuada fu deliziata nel sentire di persona racconti sulla du Weldenvarden, specialmente da una persona come Arya che nel corso della sua vita era stata a stretto contatto con ogni tipo di razza e ne aveva conosciuto usi e costumi: l’elfa parlava con affetto e partecipazione della sua foresta e della sua gente, ma allo stesso tempo sapeva trovarne pregi e difetti con razionalità.

La regina di Ilirea fu ancora più estasiata dall’invito che Arya rivolse a lei e alla sua famiglia di visitare Ellesmera. A pochi esseri umani era stato concesso un tale onore, poiché solitamente solo i Cavalieri ottenevano il permesso di visitare le terre della foresta elfica.

Il dessert era appena stato servito, quando un paggio entrò umilmente nella stanza, a capo chino.

“Mia signora” disse, “c’è una persona che vuole parlare urgentemente con voi, chiede di avere udienza subito”.

“Non può proprio aspettare?” chiese Nasuada, spazientita.

“Credo di no, mia regina” replicò il servo.

“Bene. I doveri di una regina non si trascurano neanche durante una cena” sospirò “Arya, vuoi farmi il piacere di accompagnarmi? Se questa importuna persona vedrà che sono in compagnia della Regina degli Elfi probabilmente mi lascerà in pace” scherzò Nasuada.

“Arriverò tra un secondo, tempo di lasciare al malcapitato la possibilità di spiegarsi” rispose con un sorrisetto Arya.  La prima si alzò ridendo e si avviò sola verso la sala del trono, ma una volta entrata la trovò deserta.

“Quindi? Dov’è quest’uomo impaziente?” chiese Nasuada alla stanza vuota “Se è uno scherzo, non è di buon gusto”.

“Nasuada? Ti disturbo?” fece una voce all’improvviso. Proveniva da quella stanza, ma il suo corpo non era lì. La regina capì immediatamente di chi si trattasse, e si diresse verso un grande specchio fissato alla parete vicino al trono.

“Eragon!” esclamò “Che piacere vederti, non avevo tue notizie da un po’ di tempo”.

“Mi sono messo in contatto con te non appena ho letto la tua lettera. Congratulazioni! Una figlioletta!”

Eragon era rimasto il solito ragazzo di tanti anni prima. I capelli biondi, il viso quasi completamente glabro e gli occhi azzurri gli conferivano un’aria da giovanotto appena entrato negli ingranaggi del mondo. Tuttavia il suo sguardo era solcato da una scintilla di saggezza e maturità che prima non possedeva, e che gli conferiva una buona dose di autorità.

“Grazie, caro amico, grazie” rispose Nasuada, girandosi automaticamente a guardare la porta. Sapeva di trovarsi in una situazione delicata. Eragon e Arya non si erano praticamente più visti né parlati, se non raramente per lettera, e un incontro tra i due poteva essere traumatizzante per entrambe le parti.

“Come procede la maternità? Lord Terish come sta? Come ha reagito?”

“Bene sai, non smette mai di guardarla. E’ innamorato di sua figlia. Quasi dimenticavo, Roran Fortemartello ti manda i suoi saluti. Come procedono le lezioni ai Cavalieri novelli?”

Eragon fece una smorfia di nostalgia sentendo il nome del cugino, ma si ricompose subito e rispose:

“Procedono bene, per fortuna finora ho avuto il piacere di insegnare a molti allievi volenterosi e solo a poche teste calde, ma…” si interruppe quando sentì la porta della sala aprirsi nuovamente.

Entrò Arya, che ignara di tutto si guardò intorno per sincerarsi con chi stesse parlando la regina. Infine il suo sguardo si posò sullo specchio e si immobilizzò. Nasuada vide l’amica irrigidirsi e cambiare espressione, e all’improvviso si sentì fuori posto, in quella stanza satura di parole non dette.

 

***

Arya guardò nello specchio e il suo cuore perse un battito. L’ultima persona che avrebbe pensato di rivedere in vita sua la stava osservando dalla superficie dello specchio, con lo stesso sguardo sorpreso e la stessa velata emozione.

“Eragon” le uscì con un bisbiglio. Cercò di ricomporsi, ma per una volta non fu così brava a tenere a freno le sue emozioni.

“Arya…” Eragon sembrava confuso, ma poi si sciolse in un grande sorriso e disse “sono felice di vederti! Come stai? Come state a Ellesmera?”

Arya capì che dietro quell’aria allegra, Eragon celava una grande sofferenza, la stessa che sentiva lei dentro il suo petto nel vedere quel ragazzo, ormai uomo, che sembrava provenire direttamente dal passato.

“A Ellesmera regna la pace, come spero anche nella tua Accademia di Cavalieri. Stai facendo un ottimo lavoro, Eragon”.

Il Cavaliere chinò il capo in segno di ringraziamento.

“Stavo illustrando a Nasuada i progressi degli ultimi cadetti che mi avete mandato. Sono entrambi elementi molto validi, e non mi danno grattacapi”.

“Mi fa piacere” rispose Arya, senza riuscire a staccare gli occhi dal volto giovane del Cavaliere. Era come se dovesse saziarsi in quei pochi minuti dopo un digiuno durato anni.

La conversazione morì in un silenzio imbarazzato e carico di nostalgia. Fu Nasuada a riprendere la discussione, intavolando una questione diplomatica noiosa ma necessaria.

Il discorso dei giovani Cavalieri, però, fece ricordare alla regina elfica ciò che era successo solamente qualche mattina prima, e decise che quello era il momento migliore per informare entrambi gli amici di ciò che le era stato riferito. Avrebbe dovuto comunque farlo, prima o poi.

“Eragon, Nasuada, vorrei cogliere l’occasione di poter parlare con entrambi contemporaneamente per comunicarvi una notizia importante” esordì. I due si zittirono e si voltarono verso di lei.

“Mi è stato riferito da un messaggero che alcune mie sentinelle hanno avvistato un drago sorvolare il lago Rona. Era un drago rosso” si impose di guardare Eragon, perché non era sicura di poter sostenere lo sguardo di Nasuada “e non sembrava uno dei nuovi nati. Penso sia stato fatto entrare per errore nella du Weldenvarden. Eragon, a meno che tra i tuoi allievi non ci sia un Cavaliere con un drago rosso fuoco di grande taglia, dobbiamo supporre che Murtagh e Castigo abbiano deciso di tornare”.

Eragon era turbato, ma non appena Arya si voltò a guardare Nasuada, scoprì nel suo volto uno sguardo sofferente e amareggiato.

“Mi dispiace avervi dato questa notizia in modo così brusco, ne sono rimasta molto sorpresa anch’io” si scusò.

“E’ una sua scelta se tornare a Alagaesia o continuare il suo viaggio in terre lontane, ma se deciderà di ripresentarsi, verrà trattato con il dovuto rispetto e cortesia” era stata Nasuada a parlare, e Arya invidiò la sua forza d’animo e la sua fierezza. Il suo sguardo era risoluto e fermo.

Dopo qualche altra chiacchiera e qualche altro convenevole, Eragon si accomiatò, lasciando le due donne da sole. Non appena lo specchio tornò ad essere una normale superficie riflettente, Nasuada si sedette stancamente su un divano, e Arya le fu subito accanto.

Bastò uno sguardo tra le due per capirsi e stringersi in un abbraccio consolatore. In quel lungo momento le due si sentirono più affini che mai. Due regine, con il fardello di un popolo da portare, ma principalmente due donne, costrette ad allontanarsi dagli uomini, dai Cavalieri, che tanto avevano amato. Tanto avevano dovuto sopportare nella loro vita, e tanto ancora avrebbero dovuto affrontare, ma in quell’abbraccio, caldo, affettuoso, familiare, riuscirono a comunicarsi che si sarebbero supportate e fatte forza l’un l’altra, per qualunque problema, per sempre.

  
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