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Autore: Ronin_ai    17/03/2013    0 recensioni
Mentre fuggono dalla Dimora della Strega, Squall e gli altri incontrano un Molboro. Squall lo attacca per coprire la fuga di Rinoa e della squadra, ma viene esposto alla tossina mortale del mostro. Mentre lui lotta per restare in vita, Rinoa lotta per aiutarlo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

DELIRIUM
scritta da Ronin-ai, tradotta da Alessia Heartilly

"MOLBORO! CORRI!"

"Squall! Squall, non..."

"TORNA INDIETRO! Quistis, portala alla Lagunarock! Vi copro la fuga!"

"No! Squall, ti ucciderà!"

"VA' E BASTA!"

"SQUALL!"

Rinoa si svegliò boccheggiando, e sospirò di sollievo al suono regolare e ai difficili respiri irregolari che le dicevano che Squall era ancora vivo. Che combatteva ancora contro il veleno che gli correva nel corpo. Le ore? Giorni? da quando lui l'aveva salvata dalla Dimora della Strega e l'aveva stretta così teneramente tra le sue braccia tanto che le era venuta voglia di piangere, si erano confuse insieme in un incubo di stanchezza.

Il Molboro li aveva attaccati mentre correvano nel deserto verso la Lagunarock. Squall aveva ordinato loro di correre mentre si voltava ad affrontare il mostro per rallentare il suo inseguimento. Per quanto goffo e orrendo apparisse quel mostro, si era mosso sorprendentemente veloce.

Squall si era mosso più veloce, e lo aveva ferito abbastanza da rallentarlo, così che potessero scappare... ma gli era costata l'esposizione alla tossina mortale della creatura.

Rinoa non aveva avuto idea di quanto fosse letale la tossina fino a quando non aveva visto l'espressione devastata sui visi sia di Quistis che di Zell, quando Squall all'improvviso era sembrato impazzito e li aveva attaccati. Tra tutti e due, erano riusciti a sottomettere il loro nuovo Comandante fuori di testa, e bloccarlo nell'Infermeria della Lagunarock. Non solo per la loro sicurezza, ma anche per quella di Squall. Avevano cominciato a usare Energia ed Esna, nello sforzo di contrastare gli effetti del veleno.

Squall emise un gemito sottovoce, voltando la testa da una parte all'altra, con i pugni che si stringevano e si aprivano mentre lottava contro le corde che lo tenevano legato al letto. Gli tenevano le braccia immobili, così che l'elisir curativo intravenoso che Quistis aveva iniziato non appena erano entrati nell'Infermeria non sarebbe stato disturbato.

"Tienilo calmo, Rinoa. So che puoi farlo. Tienilo calmo e lascia che la pozione faccia il suo lavoro, e potremmo riuscire a salvarlo. Ma più batte veloce il suo cuore, più velocemente il veleno si diffonde nel suo corpo," le aveva detto Quistis, con gli occhi che tradivano la preoccupazione che non sarebbe stato abbastanza.

Rinoa deglutì e ricacciò indietro le lacrime, poi si allungò verso un catino sul comodino, prese una pezza bagnata e la strizzò. Poi pulì delicatamente il sudore sulla fronte di Squall, sperando che il suo tocco e la pezza fresca e bagnata lo calmassero. Sentì un'ondata di sollievo quando il suo respiro si calmò e tornò a dormire.

Erano riusciti a salvargli la vista. L'Esna aveva contrastato almeno quell'effetto, così come la Berserk che aveva contribuito al suo delirio. L'Energiga gli aveva curato le ferite, ma non era efficace contro il veleno. C'era molto poco tra le magie curative che lo fosse. Non contro le tossine di Molboro, almeno. L'elisir che stava attualmente scendendo nelle sue vene era il più forte che avessero disponibile, e tutto quello che faceva era rallentare il veleno.

In breve, il meglio che potevano fare era supportare Squall e dargli una possibilità di lottare contro la tossina che lo stava uccidendo lentamente. Forse il suo corpo avrebbe prevalso, era forte...

Ma quando la febbre di Squall balzò verso l'alto, e i suoi segni vitali divennero sempre più abbozzati, Rinoa iniziò a temere davvero che avrebbe perso questa battaglia.

"Rinoa?"

Rinoa si voltò per salutare Quistis che entrava a controllare i segni vitali di Squall, sospirando.

"Non è cambiato niente," disse.

Rinoa scosse la testa, con le lacrime che minacciavano ancora di cadere.

"Lui... lui continua a lottare per liberarsi. Sto cercando di tenerlo calmo, ma..." Soffocò un singhiozzo.

"Lo so. Stai facendo un buon lavoro, Rinoa. Non sta migliorando, ma non sta nemmeno peggiorando, e adesso la prenderò come una vittoria. La verità è che è la nostra migliore speranza per salvarlo. Con tutte le tossine che gli scorrono nel sangue adesso, non oso cercare di sedarlo," disse Quistis, con la voce che tradiva la sua preoccupazione.

"Che cos'ha detto la dottoressa Kadowaki?" le chiese Rinoa.

"Praticamente le stesse cose. Un antidoto per le tossine del Molboro non esiste, perché è semplicemente troppo pericoloso cercare di prenderne un campione. Nessuno è riuscito a farlo e sopravvivere. Squall è riuscito a tagliare circa quattro tentacoli, e potremmo riuscire ad ottenere abbastanza veleno da questi, ma la creazione di un antidoto è un processo lento. Non ha tutto quel tempo, temo," disse Quistis, con lo sguardo che tornava su Squall.

"Perché non fai una pausa? Mangi, fai una doccia, quello che devi. Starò qui io con lui," suggerì Quistis, osservando la stanchezza di Rinoa e i suoi occhi rossi.

"Ma..." esitò Rinoa.

"Vai pure. Ti chiamerò se cambia qualcosa," la rassicurò Quistis.

"Va bene. Tornerò il prima possibile," rispose Rinoa, alzandosi dalla sedia al capezzale di Squall che aveva occupato per troppo tempo.

Sospirando, si stiracchiò e fece una smorfia quando la schiena e le giunture schioccarono per la lunga immobilità. Ruotando il collo, e sentendo schioccare anche quello, uscì rigidamente dall'infermeria e andò alla cambusa.

Nonostante il vuoto nello stomaco, Rinoa non riuscì comunque a costringersi a mangiare. Invece giocherellò con il cibo nel piatto, con la preoccupazione che era un costante dolore logorante peggiore della fame. Sospirando si alzò e buttò via gli avanzi, vagando svogliatamente per l'aeronave.

Alla fine arrivò alla sua stanza e prese alcuni vestiti. Forse una doccia avrebbe aiutato. Di certo non poteva farle male. Con quel pensiero, Rinoa si spogliò e si infilò sotto la doccia, sistemando la temperatura fino a quando fu piacevolmente calda.

Si lavò meccanicamente, cercando di ignorare la fatica che la trascinava. Squall l'aveva fatto più di una volta durante la loro avventura, e Rinoa era rimasta affascinata dalla sua energia apparentemente inesauribile. Da quella e dalla sua forza, e soprattutto dal suo coraggio davanti ad orrende avversità.

Rinoa aveva visto la paura nei suoi occhi, appena prima che si voltasse, li socchiudesse e attaccasse il mostro. Non si trattava di non avere paura, adesso lo sapeva; il suo coraggio veniva dal fare quello che doveva anche se aveva paura. La paura non aveva alcun potere su di lui.

La morte, comunque, era una faccenda del tutto diversa. Nessuno aveva potere su questo. Non proprio, in ogni caso.

Rinoa si riscosse dalla direzione macabra e fatalista che avevano preso i suoi pensieri, e chiuse l'acqua. Prese un asciugamano, uscì e si asciugò.

Fu mentre si vestiva che sentì... qualcosa. Istintivamente, seppe che era Squall, anche se non poteva identificare come facesse a saperlo. Era un nuovo senso che aveva acquisito, insieme ai suoi nuovi poteri di Strega. Poteva percepire cosa provava Squall, a volte, se gli era vicina. L'aveva aiutata, quando sentiva che lui era a disagio, a calmarlo e rassicurarlo.

Finì di vestirsi in fretta e tornò in infermeria, con la preoccupazione che la divorava ad ogni passo.

Quando entrò, vide Quistis che cercava di calmare Squall, che stava cercando di tirarsi su a sedere e guardava con urgenza nella stanza, chiedendo, "dov'è Rinoa? Sta bene, dov'è?"

"Squall, sta bene, sta benissimo. L'hai salvata," disse Quistis dolcemente, cercando di rassicurarla.

"N-no... Lei... Non la vedo... Stavano..." La testa gli ricadde sul cuscino, di nuovo madida di sudore, e chiude gli occhi, ansimando pesantemente.

Quistis alzò gli occhi quando Rinoa si avvicinò al letto con sollievo evidente sul viso. "È qui, Squall, vedi? Sta bene."

Si alzò e sussurrò a Rinoa, "grazie per essere tornata, iniziavo a preoccuparmi. Vorrei che avessi fatto una paura più lunga, ma sono contenta che tu abbia deciso di tornare, invece."

Rinoa annuì a prese il posto di Quistis accanto a Squall, e gli strinse forte la mano.

"Squall?" sussurrò. Il suo respiro si regolò e aprì gli occhi, girando la testa sul cuscino per guardarla.

"Ri... Rinoa..." mormorò stringendole la mano. Rinoa desiderò piangere per quanto pallida e cerea fosse la sua pelle. Lui aveva gli occhi fissi sul suo viso, ma Rinoa non era sicura di quanto fosse lucido. Non poteva capirlo solo guardandolo.

"Sono qui," disse dolcemente, allungando la mano libera verso il catino e strizzando la pezza. Lui chiuse gli occhi quando gliela passò sulla fronte e sulle guance.

"Caldo," disse. "Ho caldo." Fece un respiro profondo e si mosse, a disagio.

"Hai la febbre," disse Rinoa calma, continuando a inumidirlo.

"Non posso muovermi. Perché non posso muovermi?" chiese, guardando le corde ai polsi e al petto, accigliandosi.

"Devi stare fermo. Hai una flebo in un braccio, e non vogliamo che si stacchi. Continuavi a muoverti, quindi abbiamo dovuto legarti," spiegò Rinoa.

"Oh," fece Squall, sospirando e chiudendo di nuovo gli occhi. "Stanco."

"Allora dormi. Il resto ti aiuterà," disse Rinoa, sperando che fosse vero.

"Non posso dormire. Troppe cose da fare. Devo..." disse Squall accigliandosi, ad occhi ancora chiusi.

"Ssh... riposati e basta per adesso," lo incoraggio Rinoa bagnandogli ancora la fronte.

"N..no. Devo... Artemisia. Non posso permetterle di prenderti ancora. Non glielo lascerò fare. Non lo farò. Non può averti! Non possono!" disse Squall con la voce che si alzava ad ogni sillaba sconnessa.

Gli occhi di Rinoa si riempirono di lacrime mentre gli posava fermamente la pezza sulla fronte e la teneva lì per un momento, fermando dolcemente l'incessante muoversi della sua testa.

"Lo so. Non vado da nessuna parte. Ora per favore sta' tranquillo e riposati," sussurrò Rinoa. Era così difficile stare calmi davanti al suo delirio. La spaventava vederlo così disfatto. E quello che percepiva da lui non la rassicurò. Era una massa confusa di pensieri ed emozioni che salivano e scendevano con la febbre.

Lui si calmò di nuovo all'incoraggiamento di lei, sospirando, e sembrò quasi che affondasse nel letto. Per un orrendo istante, Rinoa pensò che avesse esalato l'ultimo respiro, tanto rimase immobile. Ma la mano stringeva ancora forte la sua, nonostante la tossina e la febbre che ne era seguita l'avessero indebolito. Il suo cuore aveva ancora un battito regolare e rassicurante.

Rinoa rimase al suo capezzale e lo aiutò a combattere. Ore, giorni, non le importava. Dopo un po' si confusero tutte insieme. Gli tenne la mano e lo consolò mentre Quistis cercava disperatamente di abbassargli la febbre, arrivando a coprirlo di tutti i pacchetti di ghiaccio che riuscì a trovare. Gli bagnò il viso e il petto con acqua fredda per aiutarlo, calmandolo mentre lui boccheggiava e rabbrividiva per reazione.

E per tutto il tempo, si sentiva del tutto inutile mentre lo guardava combattere, e diventare sempre più debole. Lo guardava mentre la tossina iniziava a vincere. Era una strega, con un'enorme riserva di potere inutilizzato e mai testato, e non aveva idea di come usarlo per salvargli la vita. A che serviva un tale potere se non poteva usarlo per guarire l'uomo che amava?

"Rinoa." La voce di Squall, un sussurro debole, la svegliò dal suo dormiveglia.

Rinoa alzò la testa da dove l'aveva appoggiata sul letto, sbattendo le palpebre velate per guardarlo. Lui la guardò fermamente, e per una volta sembrò che ci fosse lucidità nei suoi occhi. La febbre era scesa? O stava succedendo qualcosa di peggio?

"Hey Squall," sussurrò, passandogli le dita tra i capelli aggrovigliati e bagnati di sudore. Passargli le dita sulla fronte e sentire ancora il calore che irradiava le fece venir voglia di piangere di nuovo.

"Perché sono legato al letto?" le chiese.

Chiedendosi se fosse davvero lucido, Rinoa gli chiese, "ti ricordi cos'è successo?"

Squall chiuse gli occhi per un momento, e Rinoa pensò che fosse tornato all'incoscienza. Passava dall'essere cosciente al non esserlo da un po', sul bordo del coma ma sempre combattendolo, riluttante a cedere. Rinoa temeva che una volta che fosse entrato in coma, non sarebbe mai riuscito a tornare indietro, e lo avrebbe perso per sempre. La situazione era peggiorata al punto che si trovava a svegliarlo di proposito di tanto in tanto per vedere se riusciva ancora a risponderle.

"Ricordo la Dimora della Strega. Noi... ti abbiamo salvato. Ricordo che correvamo," sussurrò, con gli occhi ancora chiusi.

"Sì. Ecco. Mi hai liberata," disse Rinoa.

Squall inghiottì. "Ricordo... Un Molboro..."

"Sì," confermò Rinoa.

Lui sospirò piano e aprì di nuovo gli occhi, guardandola sbattendo le palpebre come se fossero troppo pesanti per tenerle aperte a lungo.

"Sono stato avvelenato, vero?" le chiese.

Con gli occhi che si annebbiavano di lacrime non piante, Rinoa annuì. "Sì."

Gli occhi di Squall si chiusero mentre sussurrava, "quindi sto morendo."

Rinoa scosse violentemente la testa, con le lacrime che le scendevano sulle guance.

"No. No, non stai morendo," disse, in pura fase di negazione. "Non stai morendo!"

"Non c'è antidoto per il veleno di Molboro," disse Squall con gran sforzo.

Rinoa soffocò un singhiozzo a quella frase. Era vero. Tutti i loro sforzi avevano solo rimandato l'inevitabile, a quanto pareva. Altre lacrime le bagnarono le guance, mentre lo guardava impotente.

"Mi dispiace," sussurrò lui sostenendo il suo sguardo. Poi chiuse gli occhi.

"Squall?" chiamò Rinoa, con la voce tremante per le lacrime. Quando non rispose, cadde in singhiozzi da spaccare il cuore. Stava ancora respirando, il suo cuore batteva ancora, testardo... ma era entrato in coma, e Rinoa sapeva che era solo questione di tempo prima di perderlo completamente.

*~*~*~*~*

Bruciava. Si bloccò. Fluttuava nel nulla, e il dolore era lancinante. Nel corpo, nella mente, nel cuore. I suoi pensieri erano frammentati, sconnessi, un miscuglio di ricordi e incubi. Dollet. Timber. Deling City. La Prigione del Deserto. Rinoa che giaceva in coma tra le sue braccia, e poi moriva nella spazio (ma non era morta là...)

Gli veniva portata via, ancora e ancora, un infinito ciclo di solitudine e dolore. Correva per liberarla dalla Dimora della Strega ed era troppo tardi, troppo tardi per salvarla dalla morte vivente di Adele (ma l'aveva fatto).

Voci dolci gli sussurravano all'orecchio, e mani delicate gli rinfrescavano i deliri della febbre, e lo calmavano mentre scacciavano incubi e cattivi ricordi. Poteva sentirla, la malattia nel suo sangue che gli portava via la vita. Poteva sentirne la pesantezza, mentre costringeva il suo corpo a combattere e cercare riposo allo stesso tempo.

E per tutto il tempo, mentre il suo corpo faceva male e bruciava, lei era lì. Ogni volta che apriva gli occhi, lei era lì.

Cercò di parlare, ma la sua mente confusa poteva mettere insieme solo parole confuse a malapena coerenti. Anche quando era abbastanza lucido da riuscire a pensare con chiarezza, anche se solo brevemente, non era capace di parlare abbastanza razionalmente da dire a Rinoa quello che voleva che lei sapesse.

Ed era così stanco...

L'oblio nero lo chiamava e gli prometteva riposo, ma lui lo respingeva con tutta la sua forza. Non aveva ancora finito. Aveva ancora un lavoro da fare, una cliente, una Strega, da proteggere. Sì, una strega, ma non gli importava. Lei era la sua responsabilità. Lei era la sua... C'era un'altra strega, Artemisia, da combattere e il mondo, (Rinoa, il suo mondo.) da salvare. Non poteva ancora dormire, non fino a quando non avesse finito il lavoro che gli era stato assegnato.

Nessun riposo per i cattivi, sembrava. Che pensiero strano. Da dove era venuto?

Ma il veleno nelle sue vene crepitava, penetrava in ogni cellula del suo corpo. Con la sensibilità soprannaturale indotta dalla febbre, immaginava di poterlo vedere, una strisciante ondata rossa di morte, che lo uccideva cellula dopo cellula. Vedeva l'elisir che gli stavano somministrando per via venosa, l'elisir curativo che era un luminoso opposto alla morte rossa e spessa della tossina. Si dissipava quando entrava in contatto con il veleno, mescolando e poi scomparendo.

Incompleto. E inefficace. Non lo avrebbe salvato, gli avrebbe solo dato tempo. Tempo per cosa? Soffrire mentre il veleno faceva il suo lavoro?

Tempo per pensare e desiderare che le cose fossero andate diversamente? Che avesse avuto il tempo di capire completamente quello di cui stava solo iniziando a prendere coscienza? Camminare sul ponte tra FH ed Esthar, saltare avventatamente nello spazio, sfidare la stessa Esthar per togliere Rinoa dal loro giudizio... La ragione di questo, e di tutto il resto che aveva fatto per la sua cliente, stava nel suo cuore.

Aveva un nome. Qualcosa di cui non aveva mai pensato di essere capace. Era amore.

Fioriva nel suo cuore, nella sua mente e nella sua anima come un virus. Più insidioso del veleno che lo stava uccidendo. Più dolce e più intossicante di vino mielato. Lo rendeva forte e coraggioso. Lo rendeva debole e impotente. Gli faceva venire voglia di darle il mondo, ma l'unica cosa che aveva da darle era il suo cuore.

E stava fallendo. Poteva sentire la forza che lo abbandonava, e per quanto volesse vincere per rivedere il suo viso, sentire la sua voce, gli strattoni dell'oblio stavano diventando troppo forti per continuare a combatterli. Stava perdendo.

Stava giusto iniziando a soccombere all'oscurità, che lo trascinava in maniera troppo forte per resistere ancora, quando qualcosa lo afferrò e lo trattenne.

Non andare. Per favore, non lasciarmi.

Rinoa?

Sì. Per favore Squall, resisti.

Sono così stanco.

Lo so. Ma non puoi dormire. Ho paura che non ti sveglierai, se lo fai.

Sto morendo.

Non posso lasciartelo fare. Sono una strega; posso salvarti, io... devo solo capire come.

...Perché?

Perché... perché ti amo.

Mi ami?

.

Sorpresa. Confusione. E qualcosa di caldo... qualcosa di cui aveva appena scoperto il nome, ma che doveva ancora pronunciare o riconoscere del tutto.

Poi... la luce lo riempì. Scacciò via il buio, bruciò la tossina nel suo sangue. Aggiunse l'ingrediente mancante che serviva all'elisir curativo che c'era già nel suo sangue, e divenne un catalizzatore. L'elisir venne potenziato dal catalizzatore e un caldo formicolio lo riempì ovunque, allargandosi nel suo corpo, spegnendo il fuoco, lenendo il dolore.

E Rinoa era lì, in qualche modo una parte di lui, in un modo che non capiva e non poteva comprendere del tutto.

Penso... Penso di avercela fatta. Come ti senti?

Non vedo più il veleno. Non... lo sento. Ma sono ancora stanco.

Il tuo corpo ha bisogno di riposo. Va bene cedere, adesso. Sarò qui con te.

Allora il sonno lo avvolse. Sonno vero. Sonno curativo, non turbato da incubi indotti dalla febbre, non disturbato dal dolore. Rinoa ritrasse la mente da quella di Squall, e lo lasciò solo.

*~*~*~*~*

Una mano che le toccava leggera ed esitante i capelli svegliò Rinoa dai suoi sogni senza forma ed esausti. O forse incubi. Non era più sicura che ci fosse davvero differenza. Si svegliò di scatto, spaventata dal tocco, e incontrò lo sguardo confuso di Squall, che ritrasse velocemente la mano. Imprecò tra sé e sé mentre guardava le sue barriere rialzarsi e la cautela tornargli negli occhi.

Sentendosi in qualche modo sconfitta, si tirò su a sedere e inarcò la schiena, poi si lasciò cadere contro la sua sedia.

"Rinoa? Cosa fai qui?" chiese lui, studiandola nella maniera acuta che aveva sempre avuto.

A Rinoa si seccò la bocca e le lacrime la minacciarono mentre guardava il suo normale, sano, sveglio, intelligente sguardo acquamarina. Qualcuno, forse Quistis, aveva tolto la flebo e le corde mentre dormivano entrambi.

Con le guance in fiamme, distolse lo sguardo e borbottò, "io... io devo essermi addormentata..."

"Sono stato ferito, vero? Di solito è il motivo per cui finisco qui," disse Squall. Rinoa sentì un fruscio di lenzuola quando lui si spostò, e si voltò per guardarlo stiracchiarsi e muovere braccia e gambe e controllare se aveva nuove cicatrici... e si accigliava, non trovandone.

"Non ricordi cos'è successo?" gli domandò curiosa Rinoa.

Squall scosse la testa. "Non proprio. Solo frammenti. Devo esser stato davvero ferito se sono qui. Di solito, un'Energiga o un elisir sistemano le cose senza problemi."

"Cosa ricordi?" domandò lei.

Squall si accigliò. "Ricordo la Dimora della Strega. Ricordo di averti liberata e di aver corso nel deserto. Ricordo di aver visto un Molboro... Il resto è tutto confuso e incasinato, dopo."

Rinoa si morse un labbro. Non ricordava la febbre. Il delirio. Non ricordava che lei gli aveva invaso la mente in un disperato, ma riuscito, tentativo di curarlo.

Squall si spostò di nuovo e Rinoa nascose un sorriso mentre cercava di passarsi le dita tra i capelli, e si fermava con una smorfia per i nodi.

"Ugh. Quanto sono stato qui, comunque? Ho davvero bisogno di una doccia," si lamentò.

"Non lo so. Ore? Giorni? So che piacerebbe una doccia anche a me," rispose Rinoa.

Squall a questo si accigliò, studiandola in silenzio per un momento prima di chiedere piano, "sei stata qui per tutto il tempo che sono stato incosciente?"

Non fidandosi della sua voce, Rinoa annuì soltanto. Qualcosa cambiò nell'espressione di lui, allora, addolcendola. La sua mano si allungò verso di lei, all'apparenza con volontà propria, e il dorso delle dita le accarezzò leggermente una guancia e poi i capelli. Poi deglutì e si leccò le labbra, con le guance macchiate di rosso, mentre distoglieva lo sguardo, con la mano che tornava sul letto.

"Grazie," disse piano.

Rimasero seduti in un silenzio imbarazzato per un poco; nessuno dei due era sicuro di cosa dire all'altro, eppure non volevano nemmeno lasciare la compagnia l'uno dell'altra. Non ancora, comunque.

Alla fine Rinoa chiese, "cosa facciamo adesso?"

"Non so te, ma io mi farò una doccia e mangerò qualcosa," rispose Squall.

"No, voglio dire di... di me? Del fatto che sono una strega," chiarì Rinoa. Si irrigidì per la sorpresa quando la mano calda di Squall si chiuse dolcemente intorno alla sua.

"Non lo so," rispose lui piano. "Ma lo capiremo."

*****
Nota dell'autrice: eccola qui, il mio primo contributo alla challenge Where I Belong. Stranamente, in origine doveva essere il SECONDO. Sul serio. Ho iniziato la prima delle mie storie per la challenge intorno a metà luglio (la challenge era nel mese di agosto, ndt) e QUESTA? Ieri. L'ispirazione random è davvero random. Questo, e la mia musa ha continuato a rifiutarsi di cooperare per la prima storia fino a quando ho scritto questa. Cosa posso dire? È una civetta capricciosa.
Non ho mai davvero lasciato il fandom di FFVIII... Non completamente. Mi sono semplicemente presa il mio tempo per arrivare qui su ffnet. Ci SONO stati otto anni circa di hiatus dalla scrittura di fanfiction, riscoperta circa due anni fa quando ho guardato l'ultima fanfiction che avevo scritto e non completato, e ho deciso di finirla. Ho anche riscoperto vecchi amici (Ashbear) nel fandom, e sono arrivata qui con il suo incoraggiamento. E me la godo da allora.

Nota della traduttrice: le storie di questa autrice sono spesso e volentieri tutte collegate tra loro. In quasi tutte ricorre l'idea che il potere da Strega di Rinoa crei un legame con il suo Cavaliere per cui è possibile anche che si parlino telepaticamente, percepiscano l'uno le emozioni dell'altra e i pensieri, a meno che si "proteggano". Lo dico solo perché sia più comprensibile ciò che riesce a fare Rinoa^^
Come al solito, ringraziamenti alla mia beta Little_Rinoa e ogni commento verrà tradotto e inoltrato all'autrice originale, e ogni eventuale risposta sarà ritradotta e inserita come risposta alla recensione nei siti che lo permettono. Alla prossima! Alessia Heartilly

  
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