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Autore: _Eleuthera_    18/03/2013    20 recensioni
Loki fugge da Asgard e da un supplizio terribile. Fugge tra gli universi, finché non cade su Midgard. Cade, e perde la memoria. Non sa di essere un dio, non sa più nulla, e gli dèi scelgono di abbandonarlo.
Un'eternità dopo, Thor cerca su Midgard il fratello perduto, e si imbatte in un cantastorie di nome Silvertongue: un narratore formidabile che ama raccontare le vicende degli dèi, ma soprattutto quelle del Dio degli Inganni...
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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SILVERTONGUE

 




Questa è la storia, così come accadde e non come fu raccontata:
Quando Thor figlio di Odino ebbe imprigionato Loki dalla lingua d'argento, lo condusse alla dimora degli Aesir. Qui gli dèi si riunirono affinché il traditore fosse giudicato per le sue azioni. Dopo tre giorni e tre notti concordarono un supplizio esemplare: ago e filo sarebbero stati forgiati dai nani, che non avevano eguali nella loro arte, e con essi la bocca di Loki sarebbe stata cucita, perché nessun inganno potesse mai più solcare le sue labbra.
Ma Loki fuggì. Percorse sentieri segreti e attraversò i nove mondi, e gli Aesir radunarono i propri guerrieri e si lanciarono al suo inseguimento. A lungo furono sulle sue tracce, finché Loki non poté più correre e cadde. Cadde per molti universi, cadde attraverso il tempo. Su Midgard, infine, la sua caduta cessò con un tonfo secco e con una pozza di sangue scuro tra i capelli.
Quando gli Aesir lo trovarono, Loki non sapeva dare nome a nessuno dei loro volti. La sua fuga tra le stelle aveva salvato la sua lingua, ma si era portata via il suo senno e le sue arti. Di divino gli restava solamente il corpo, ma nemmeno ricordava di essere stato un dio.
Per altri tre giorni e tre notti gli dèi si consultarono. Alla fine conclusero che la sorte aveva dato a Loki la punizione che aveva meritato; e poiché nulla ormai lo rendeva più pericoloso per gli uomini di quanto lo fosse per essi un altro uomo, lo lasciarono su Midgard affinché il supplizio fosse completo.
Loki era perduto, nessuno avrebbe più cantato di lui; e presto gli uomini lo avrebbero dimenticato.

 

***

 
«Lui arrivò al villaggio in inverno, all'alba», disse la ragazza. Aveva trecce color del rame e la pelle chiara del suo popolo, ed ignorava che l'uomo pensieroso che aveva accolto in casa e con cui stava parlando fosse Thor, dio del Tuono e figlio di Odino. «Si presentò al capomastro, ma noi già sapevamo di lui, perché aveva attraversato ogni villaggio sulla via che porta al nord prima di giungere qui. Era uno straniero, veniva da lontano, ma parlava la lingua come uno di noi. Di lui dicevano che aveva appreso le sue storie dalla bocca di un dio. Lo ascoltammo quella sera stessa, attorno al fuoco: cantò le città e le montagne di Asgard, e le storie di tutti gli dèi».
«Quanto tempo è trascorso da allora?» domandò Thor. Cento volte era sceso su Midgard e cento volte aveva fallito, ma oggi sapeva di aver trovato ciò che stava cercando, e le domande con cui ingannava l'attesa non nascondevano il tremito nella sua gola.
«Oh, sono più di due inverni. Non credo che si sia mai fermato così a lungo in un solo posto», rispose la ragazza. Poi sorrise. «Alcuni dicono che adesso abbia un motivo per restare».
Thor poteva vedere sugli occhi e sulle guance della ragazza più amore di quanto ne potesse probabilmente scorgere lei, e per un attimo pensò che fosse suo dovere metterla in guardia. Poi ricordò che non era il suo dovere, e che comunque era una mortale, e i mortali vivevano di quello.
«Vi ha mai detto il suo nome?» domandò.
«Tutti lo chiamano Silvertongue», rispose semplicemente lei. «Ma forse, se glielo chiederete, vi dirà quale sia il suo vero nome. Sempre che non sia questo!».
«Spero di non essere causa di disturbo», fece Thor, chiedendosi se il battito del suo cuore avrebbe rallentato la corsa se alla fine si fosse trovato davanti un poeta qualunque, e non quello che stava cercando. «Ricevete spesso visite?»
«No, a dire il vero. Silvertongue è un uomo solitario, anche se non disdegna la compagnia di taluni. Ha un allievo, il giovane Sturluson. E poi ci sono io». La ragazza gli rivolse un sorriso incoraggiante che mai gli avrebbe rivolto se avesse saputo che era un dio. «Ma sono certa che sarà felice di ricevervi».
Thor ricambiò il sorriso, ma il suo era nervoso, fragile quasi come quello di un mortale. «Come fate a dirlo?».
«Be'», fece lei, e arrossì. «In qualche modo, voi mi ricordate lui».
«Abbiamo ospiti?»
Prima ancora di riconoscere il viso, Thor riconobbe la voce. Si voltò verso le scale che Loki stava scendendo con lo stesso portamento regale che aveva avuto quando viveva tra gli Aesir. Incontrò i suoi occhi di ghiaccio e per un istante pensò che Loki lo avrebbe riconosciuto così come lo aveva riconosciuto lui, che il contrario sarebbe stato assurdo e impossibile; ma Loki gli mostrò un sorriso educato, come se non lo avesse mai visto prima.
«Ebbene, cosa posso fare per voi?» gli chiese ancora con quella voce, la sua voce.
Thor batté le palpebre, e si sforzò di fingere nel modo in cui non era mai stato capace.
«Sono soltanto un viaggiatore attirato dalla vostra fama», disse. «Giunto fin qui per udire una delle vostre storie e per conoscerne il formidabile narratore».
Loki rise, mentre circondava con un braccio la vita della ragazza che aveva accolto Thor in casa. «Credervi mi risulta quasi impossibile! Ho una certa notorietà, questo sì, ma sono sempre stato io a viaggiare perché le mie storie fossero ascoltate. Ditemi, da dove venite?»
«Dalla costa, sulla terraferma. I marinai hanno un'ottima memoria e le vostre storie viaggiano con loro», rispose Thor. Con occhi segretamente stravolti osservò Loki e la ragazza guardarsi increduli e poi ridere ancora, un riso complice, allegro e assolutamente umano.
«Incredibile! Bisogna festeggiare. Sarete mio ospite. Sigun, portaci dell'idromele!»
La ragazza, Sigun, corse via, e Loki fece cenno a Thor di accomodarsi sulle panche accanto al fuoco. Nei pochi secondi di silenzio che passarono prima che Sigun tornasse con l'idromele, Thor osservò Loki soffermandosi su ogni particolare. Il viso era il suo, gli stessi zigomi affilati e i capelli neri e gli occhi chiari, come se non fosse passato nemmeno un giorno da quando era caduto su Midgard. Anche i modi erano gli stessi, ma più gentili dell'ultima volta: erano i modi del Loki migliore che ricordasse, di certi momenti in cui era stato sereno e aveva scherzato e chiacchierato con lui, quando ancora credevano di essere fratelli. Thor ricordava così bene che una fitta di nostalgia gli attraversò il cuore, mozzandogli il respiro. Nel frattempo Loki sorrise a Sigun e la baciò su una guancia.
«Allora, messere, cosa dicono di me sulla terraferma?» chiese Loki, appoggiandosi allo schienale. Thor, dritto e rigido sulla panca, brandiva il boccale come se non avesse saputo che farne: con il Mjolnir in pugno sarebbe stato più a suo agio.
«Dicono che siete avvolto dal mistero. Nessuno sa quale sia la vostra patria, o il vostro nome».
«Dicono il giusto. Nessuno sa da dove vengo, compreso il sottoscritto». Un'ombra passò sul viso di Loki e Thor rivide una malinconia che ricordava bene e che aveva imparato a temere. Ne ebbe paura anche adesso, istintivamente; ma Loki nemmeno se ne accorse e proseguì la sua storia. «Fui trovato a vagare in una foresta, nella parte occidentale dell'isola. Accadde molti inverni fa, e io non ricordo nulla prima di quel giorno. Qualcuno si occupò di me finché non recuperai le forze, ma la memoria non tornò mai. Tuttavia dovevo guadagnarmi da vivere in qualche modo. Sapevo parlare bene e quindi ho iniziato a raccontare. Quanto al nome, se mai ne ho avuto uno che non fosse Silvertongue, non lo ricordo».
Loki tacque, e anche Thor rimase in silenzio. Per un lungo istante fissò il fondo del boccale che stringeva tra le dita. Poi, quando fu sicuro di riuscire a controllare la propria emozione, parlò.
«Dicono che fu un dio in persona a rivelarvi in gran segreto tutte le storie che raccontate», disse senza alzare lo sguardo.
Loki ammiccò. «Mi rincresce deludervi, ma gli dèi hanno faccende ben più gravose a cui pensare che le rime di un cantastorie».
«Dicono che le vostre rime celino magie capaci di far fare a un uomo qualunque cosa».
«Le parole di chiunque possono far fare a un uomo qualunque cosa, se messe nell'ordine giusto e pronunciate con la corretta intensità».
«Dicono che c'è un dio di cui amate particolarmente cantare», aggiunse Thor, e con enorme sforzo alzò lo sguardo su di lui. «Loki, il Dio degli Inganni».
Loki lo fissò negli occhi per un momento. A Thor parve di vedere il fantasma di qualcosa balenare sul suo volto e immaginò come sarebbe stato se Loki gli fosse scoppiato a ridere in faccia e lo avesse schernito e si fosse arrabbiato, sprezzante come lo era stato l'ultima volta. Ma Loki batté le palpebre e inclinò la testa con quella che, al massimo, poteva essere aria di sfida.
«Sì, è così. So molte storie su di lui».
L'attimo di silenzio che seguì fu troppo breve perché Thor potesse sperare di scorgere qualcos'altro negli occhi del fratello. Loki lasciò il suo boccale sulla panca e si rimise in piedi. «Venite ad ascoltarmi, stasera. Se vi farà piacere, canterò del Dio degli Inganni».
Thor si alzò in silenzio. Adesso distingueva nell'espressione di Loki i dettagli dell'orgoglio. Sentì la fortezza che si era costruito attorno al cuore cedere sotto il peso della nostalgia. Sapeva di essere venuto lì per ordine di Odino, ma lui, Thor, era lì perché voleva rivedere suo fratello. Solo che la persona che stava davanti a lui non era Loki. Avrebbe potuto esserlo, ma in un'altra vita, in un tempo che era già stato e che sarebbe stato, da qualche altra parte.
«Mi renderete felice se canterete di lui», rispose.

Thor sapeva che gli uomini cantavano storie sugli dèi. Ne aveva udito gli echi, qualche volta, su Asgard. Alcune delle storie erano vere, altre no. Da giovane era rimasto compiaciuto da certi racconti di cui gli era giunta voce, ma col tempo non ci aveva più pensato, finché le storie degli umani non avevano più avuto alcuna importanza per lui. Non si era mai chiesto come le raccontassero. Non si era mai chiesto quando questo accadesse o quanto fosse importante. E adesso si trovava fra i mortali per ascoltare storie che parlavano di dèi come lui; e il caso voleva – o forse non era il caso – che sarebbe stato suo fratello Loki a raccontarle.
Thor sedeva immobile fra gli uomini. I fuochi splendevano e scaldavano e le stelle sopra di loro erano tutte d'argento. Gli uomini attendevano, e Thor attese con loro senza sapere esattamente cosa stessero aspettando. Nella sua mente i mortali avevano sempre evocato un'immagine di confusione e disordine, come foglie sparse nel vento, ma adesso sedevano attorno ai fuochi in perfetto silenzio, uno accanto all'altro, con una disciplina che lo disorientava. Come andrà a finire, pensò Thor, se le cose non sono più come gli dèi se le immaginano?
Quando Loki avanzò tra i bracieri il silenzio si riempì di mormorii. Gli uomini lo salutavano e gli sorridevano e Loki rispondeva a ciascuno. Eppure, Thor ebbe l'impressione che non fosse questo ciò che gli uomini stavano aspettando. Capì cosa stavano aspettando soltanto quando Loki cominciò a raccontare.
Loki era veramente bravo con le parole. Lo era sempre stato. Gli dèi lo avevano odiato per questo, quando era stato un dio; gli uomini, invece, per questo lo amavano. Nelle parole di Loki si intravedeva un universo, un mondo che evocava con i suoni e con i silenzi. Thor ne fu rapito. Ma Thor non era un mortale e gli bastò qualche istante per accorgersi di che cosa fosse fatto il mondo di Loki.
Loki cantava di Asgard. Cantava di dèi e di dèe che esistevano veramente, parlava di episodi che Thor ricordava di aver vissuto - ma non li aveva vissuti nella forma in cui Loki adesso li raccontava. Con la gola inaridita e gli occhi spalancati, Thor ascoltò Loki parlare di Loki, di Loki che si faceva beffe di tutti gli dèi e di tutte le dèe, che svelava la terribile, vergognosa verità su ciascuno di essi. Le malefatte di Loki, del Loki creato dalle parole di Loki, svelavano un male più grande, rendevano giustizia al dio che con gli inganni scopre gli inganni. Gli occhi di Loki brillavano e tutto sul suo volto diceva che era felice. Anche gli uomini ridevano, ed erano felici, ma la felicità di Loki andava oltre tutto questo. Thor non l'aveva mai visto così felice.
Quando ebbe terminato il suo racconto gli uomini lo acclamarono a gran voce. Thor, in silenzio, lo guardò sorridere.Sigun gli prese il volto tra le mani e lo baciò, e Loki ricambiò il bacio avvolgendola tra le braccia. Thor distolse lo sguardo e pensò al fratello che aveva perduto.
 
«Il mio ospite dalla terraferma», lo salutò Loki quando Thor gli si avvicinò, dopo che gli uomini si erano dispersi e le braci si erano spente. «Vi è piaciuta la Lokasenna
«Ne sono stato ammaliato», rispose Thor, lo sguardo fisso su di lui.
Loki sorrise. Con un cenno, lo invitò a seguirlo mentre si dirigeva verso casa. «Bene, molto bene, ne sono lieto. E' una delle storie che preferisco. Non vedo l'ora di scriverla».
«Silvertongue sta scrivendo tutte le sue storie», aggiunse Sigun comparendo sulla soglia. «È, un'idea meravigliosa. Nessun cantastorie prima di lui ha fatto tanto. Vorrei poterle leggere».
«Ti insegnerò» fece Loki, baciandola sulla fronte. Sigun rise, e alzò le spalle, sollevando il viso verso di lui. «Preferisco ascoltare».
Nei suoi occhi c'era tutto l'amore del mondo.
Thor seguì Loki in casa, il cuore pesante. Si sedette con lui accanto al fuoco, e per qualche istante nessuno disse nulla.
«Da dove nascono le vostre storie?» disse Thor ad un tratto.
«Antiche leggende che passano di padre in figlio, di villaggio in villaggio», rispose Loki. «Leggende che col tempo cambiano aspetto. Io le raccolgo, le ripulisco, le metto in ordine, e rendo di mio gusto quel tanto che non mi piace».
«La storia che avete raccontato stasera, non l'avevo mai sentita prima».
«Le leggende dell'isola sono diverse da quelle della terraferma».
Thor fissò il viso di Loki, cercando la verità, ma le uniche fiamme nel suo sguardo erano quelle riflesse del fuoco che stava guardando.
«Nella storia di stasera mancava qualcosa», scandì Thor con una voce che non pensava avrebbe mai usato fra gli umani. Loki si voltò e aggrottò la fronte. «Cosa?»
«Il finale. Al banchetto degli dèi, Loki svela la verità su ciascuno di essi. Gli dèi non fanno nulla per punirlo?»
«Perché dovrebbero?» Loki rise, ma adesso c'erano delle rughe nella sua fronte. «Ha detto la verità. Dovrebbe essere punito per questo?»
Thor guardò gli occhi di suo fratello. Li guardò a lungo, finché non li riconobbe.
«Naturalmente, avete ragione» rispose.

Thor passò la notte a casa di Loki, su un giaciglio che Sigun aveva allestito con infinita premura. Vi si sdraiò, chiuse gli occhi, ma non si addormentò mai. Doveva prendere una decisione, e le decisioni degli dèi sono difficili. Il loro errore è credere che siano più difficili di quelle degli uomini.   
 
Quando fu mattina, Thor consumò un breve pasto assieme a Loki e Sigun, al termine del quale annunciò che per lui era arrivato il momento di ripartire.
«La vostra partenza ci addolora», disse Loki. «Pensavo sareste rimasto più a lungo».
«Sono lontano da casa da troppo tempo», rispose Thor. «Ma vi sarò grato, Silvertongue, se mi accompagnerete fino al punto dove il sentiero si biforca; vorrei scambiare ancora qualche parola con voi».
Loki gli appoggiò una mano sulla spalla. «Chi sono io per negarvi questo desiderio? Andiamo, vi accompagnerò per un tratto».
Si lasciarono alle spalle il villaggio, seguendo il sentiero di terra battuta finché non si furono inoltrati nella foresta. Thor ponderava la sua decisione con ogni passo, ogni respiro. Si fermò in un punto in cui gli alberi coprivano quasi completamente il cielo e destinavano la foresta ad un eterno imbrunire. Inspirò a fondo il profumo della penombra, la quiete effimera del bosco, e pensò al potere delle parole, alle parole dei racconti di Loki e alle proprie, che in un istante avrebbero cambiato ogni cosa, distrutto ogni serenità. Gli stavano conficcate in gola, e parlare fu come gettarsi nel vuoto: la stessa morsa nello stomaco e gli stessi occhi umidi.
«Da quanto tempo hai recuperato la memoria, Loki?»
Per un momento, mentre cadeva nel vuoto e cercava negli occhi di Loki la conferma ai propri pensieri, solo per un momento pensò che forse si era sbagliato. Ma poi Loki scoppiò a ridere e i suo occhi brillarono, e Thor capì di aver avuto ragione, e continuò a precipitare.
«Non l'ho mai perduta, Thor. Mi chiedevo quanto ci avresti impiegato a capirlo. Per un attimo ho pensato che non l'avresti nemmeno scoperto».
«Quando cadesti su Midgard e noi ti trovammo, ti prendesti gioco di noi. Fu tutto un inganno».
«E voi mi condannaste al peggiore dei supplizi. Mi lasciaste qui».
«Ma tu volevi essere lasciato qui. Non è vero, Loki?»
Loki sorrise. Il suo viso, la sua voce, erano del tutto identici a quando era stato Silvertongue, eppure ora Thor poteva vedere che si trattava di lui, di Loki, del Dio degli Inganni; che quella sfumatura negli occhi era il suo dolore, e che le parole taglienti che pronunciava erano per lui.
«Stavo scappando. Volevate cucirmi le labbra, Thor! Volevo che mi lasciaste andare. E ha funzionato, perché non mi avete più cercato». Loki fece una smorfia. «Almeno, fino ad oggi».
Thor si chiese se fosse più lecito provare sollievo, oppure rabbia. Lui li sentiva entrambi.
«Non volevo lasciarti qui. Non volevo nemmeno che ti cucissero le labbra».
«Bugie, Thor. Non ricordi più?»
«Ricordo che mi sei mancato, fratello».
Loki gli diede le spalle, qualche maledizione stretta fra i denti.
«Cos'ha detto Padre? Ti ha mandato a prendermi perché sconti finalmente il supplizio da cui sono fuggito?»
La voce di Thor arrivò con qualche istante di ritardo, inaspettatamente flebile. «Ti ha perdonato».
«Peccato che io non abbia perdonato lui».
Loki camminò nervosamente avanti e indietro lungo le ombre del sentiero, e quando si voltò Thor si rese conto che tutto quello che ricordava di lui era ancora lì nei suoi occhi, che c'era lo stesso risentimento, la stessa vita disperata, e un nuovo tormento a cui non sapeva dare nome.
«Non tornerò. Non ti seguirò di mia spontanea volontà, né ti permetterò di condurmi via con la forza».
Thor sospirò e strinse i pugni. «Non posso lasciarti qui, Loki. Per quanto ne sappiamo, potresti rappresentare un pericolo per gli umani».
«E come, Thor? Dimmi, in che modo potrei nuocere ai mortali?» Loki spalancò le braccia. «Tutto quello che faccio è raccontare storie».
«Tu racconti menzogne, Loki».
«No, sono storie. Nessuna pretesa di verità. Fiabe».
«Il nostro posto non è tra i mortali».
«Il mio posto di certo non è tra gli Aesir».
Thor rimase in silenzio, e Loki gettò un'occhiata nervosa al sentiero. «Non ti seguirò, Thor, e tu non mi costringerai a seguirti. So che non lo farai. In fondo, lo vedi da te che agli umani non sto facendo altro che bene».
«Racconti loro un mucchio di menzogne», ribatté Thor, ma lo stesso non riuscì ad allungare la mano e ad afferrare il fratello. Aveva visto i suoi occhi mentre raccontava quelle storie, e semplicemente non poteva farlo. «La tua donna, Sigun», disse allora. «Sono menzogne anche quelle che racconti a lei?»
Loki si stava già avviando lungo il sentiero, ma subito si fermò. Si voltò verso Thor e per un attimo lo guardò con occhi freddi e feroci, con un dolore infinito. Poi sorrise, ma anche il sorriso era amaro.
«Ti ho detto che non sono menzogne. Sono fiabe».
Gli diede le spalle e si allontanò nella foresta. Thor lo guardò sparire tra gli alberi. «Tornerò!», gli gridò, ma non fece nulla per fermarlo.
 
Thor fece ritorno a casa e raccontò al Padre di Tutto quello che era accaduto, con parole che uscivano a fatica dalle labbra.
«Le storie sono pericolose, e Midgard sta cambiando», disse Odino alla fine. Thor lo guardò con il terrore che già fioriva negli occhi.
«Convincerò Loki a tornare, Padre. Datemi un'altra possibilità».
«Loki non può essere convinto. Tornerà per sua scelta. Arriverà il giorno in cui tu scenderai di nuovo su Midgard, e lui ti seguirà.».
«Non accadrà mai».
«Il tempo degli dèi è lungo, Thor. Quello degli uomini è breve, e le storie muoiono con loro. Loki tornerà», disse Odino. Thor non replicò, perché non sapeva che cosa rispondere.
Così passò un'eternità e Thor attese paziente che passassero anche gli anni di Midgard, perché il tempo è leggero per gli dèi e pesante per gli uomini.
E quando il tempo degli umani fu trascorso, Odino disse a Thor di partire.
 
L'isola non era cambiata, ma se Thor avesse potuto conoscere i pensieri degli umani si sarebbe accorto che tutto era diverso. Non era sicuro di quanto tempo fosse passato su Midgard, forse dieci, quindici anni. Si diresse verso il villaggio dov'era stato l'ultima volta senza essere sicuro che Loki fosse ancora lì.
Quando cercò Silvertongue, gli abitanti del villaggio gli indicarono il promontorio, dove non c'erano che pietre e alberi. Thor non fece domande. Questa volta l'ordine di Odino gli pesava addosso, e aveva quasi paura per Loki. Avrebbe voluto non essere lì.
Loki era in cima al promontorio, come avevano detto gli uomini. Seduto sull'erba, dava le spalle a Thor, ma non diede segno di essere sorpreso.
«Che puntualità», disse. Poco lontano c'era un cumulo di terra smossa, e Loki vi gettò un'occhiata mentre si alzava. «Lei è morta ieri notte».
Nel grande silenzio che inondava la rupe ci fu all'improvviso anche il vuoto. Era qualcosa spaventoso ed estraneo, e Thor sentì il bisogno di dire qualcosa subito, all'istante. «Fratello, so come ti senti».
Loki rise, e non lo guardò nemmeno. «Sta' zitto, Thor». Si allontanò, si chinò per raccogliere qualcosa. Thor lo sentì parlare a voce bassa, bassissima. «La fragilità degli esseri umani è qualcosa di veramente imperdonabile».
Senza sapere più che cosa dire, Thor abbassò lo sguardo. C'erano le parole di Odino che gli ronzavano in testa come un ingranaggio meccanico. Loki tornerà e sarà una sua scelta. Thor capiva, ma non gli sembrava meno terribile di un rapimento o di una condanna, e strinse i pugni per condensare un dolore che non voleva che Loki vedesse.
«Allora, Thor, che dirai stavolta per convincermi a tornare?»
Thor batté le palpebre. «Niente, Loki. Adesso tornerai e basta».
Loki sbuffò. «Perché? Per questo? Sapevo che sarebbe successo così come sapevo che saresti tornato, così come so che Padre ti ha detto che il momento sarebbe arrivato, che occorreva soltanto essere pazienti. Giusto?».
Nel silenzio che seguì Thor annuì, pensando che non era mai stato un segreto. Loki sorrise, ma la sua voce era tutt'altro.
«Bene, il momento è arrivato. Contento?»
«No», rispose Thor, e fu Loki a tacere.
Poi rise. Rise in un modo che sembrava un pianto.
«Non ho mai amato Midgard, mai. Eppure ora il pensiero di andarmene mi è insopportabile».
«Mi dispiace, Loki, ma non possiamo restare qui».
«Parla per te. Con me Midgard è stata più clemente di Asgard».
«Sono uomini, Loki. Hanno un grande cuore, ma la loro memoria è sottile come la loro vita». Pensò alla donna che lo aspettava e gli si spezzò il cuore. «Dimenticano e muoiono».
Loki lo guardò sprezzante. «Sarebbe forse meglio dimenticare e vivere per sempre come voialtri?».
Gli diede le spalle, come se la distanza potesse essere una barriera, una difesa contro il tempo e contro la verità. Thor attese, la mascella serrata, impotente. Midgard era cambiata, suo fratello era cambiato, e lui era ancora lo stesso con le stesse parole di prima, che non servivano più.
«Dimenticano e muoiono», ripeté Loki fra i denti. «Era questo che volevate per me: che gli uomini mi dimenticassero, e che i pochi che ricordavano si portassero la memoria nella tomba. Ora dimmi, Thor, ti sembra che gli uomini mi abbiano dimenticato?». Fece silenzio per una risposta che non voleva attendere. «Era per questo che raccontavo quelle storie, perché non si dimenticassero di me. Non mi aspettavo niente di più dai mortali, ma invece c'era molto di più».
Solo allora Thor notò il manoscritto, abbandonato sulla roccia dove Loki sedeva poco prima. Loki se ne accorse e sorrise.
«Su Asgard usavo le parole per tessere quelli che voi chiamate inganni. Su Midgard ho scoperto che potevo intrecciare quelle stesse parole per raccontare una storia, ogni storia che volevo. Ho raccontato la realtà che immaginavo nella testa, quella che Asgard non mi ha mai dato. Ho raccontato i miei sogni, e ho raccontato i miei incubi. Ho raccontato storie incredibili e gli uomini mi hanno amato per questo. Ho fatto quello che nemmeno il Padre di Tutto ha potuto fare: ho creato un mondo e l'ho fatto con le mie parole. E nessuno, nessuno, mi ha mai detto che ero un bugiardo. Nessuno».
«Loki, fratello...»
«Gli uomini amano le storie. E non dimenticano le cose che vogliono ricordare, Thor. Ogni volta che quelle storie saranno raccontate, ogni volta che qualcuno vorrà ascoltarle, il mio mondo esisterà di nuovo. Esisterà per sempre». Poi la voce gli morì in gola, e Loki guardò il promontorio senza sorridere. Quando parlò era solo un sussurrò che nessuno tranne lui poté sentire. «Quanto alla morte, a quella non ho ancora trovato rimedio».
Thor, sconvolto, la mente confusa e una strana irrazionale paura dentro al cuore, fece fatica a trovare le parole giuste. «Loki, quelle storie sono solo fiabe. Me l'hai detto tu, ricordi?»
Loki si voltò verso di lui, la fronte corrugata. «No», replicò, non con l'arroganza del Dio degli Inganni, ma con la necessità di chi cerca disperatamente di farsi capire. «No, no. Mentivo, Thor. Non sono fiabe. Nessuna quelle storie è una fiaba, non come lo intendi te. Sono molto, molto di più».
Restò a lungo con lo sguardo inchiodato sul viso di Thor, ma poi emise un sospiro, quasi un suono di dolore, e tutt'ad un tratto sembrò solo un uomo rassegnato, un uomo che aveva perso. Thor non capiva. Loki lo sapeva, e rinunciò a spiegargli ancora.
Fece qualche passo e prese il manoscritto. Si sedette sulla roccia e lo strinse tra le mani. «Ricordi che scrivevo le mie storie? Ecco, ho finito. Sono tutte qui dentro, e il mio allievo, Snorri Sturluson, già le racconta e le scrive per conto suo. Ho vinto».
Thor si allungò verso di lui per prendere il manoscritto, e corrugò la fronte mentre lo sfogliava. Per un po' nessuno disse niente. Anche quella era una storia, e stava finendo. Era il silenzio a raccontare l'addio.
«Andiamo», disse Loki alla fine, mettendosi in piedi. Thor non si mosse.
«Questa è la Lokasenna », mormorò.
Loki gettò uno sguardo al manoscritto. «Ah, sì. Una serata memorabile». Fece un ghigno. Poi qualcosa cambiò in lui e parlò con la sua voce più sera. «Mi dicesti che mancava il finale. Ho provveduto. Una storia senza una fine è una storia che non può mai iniziare».
Thor non smise di leggere. Poi corrugò la fronte, scosse la testa, alzò gli occhi. «Loki, non può essere, non è mai successo».
«Cosa?»
«Scadi prese un serpente velenoso e lo legò sopra la faccia di Loki; da ivi gocciolava veleno», lesse Thor. «Sigyn, la moglie di Loki, gli si sedette accanto, raccogliendo le gocce di veleno in una bacinella. Loki, tutto questo non è mai accaduto. Sono bugie. Sigyn non esiste.»
La delusione negli occhi di Loki non era nemmeno la cosa peggiore. Fissò Thor con un odio senza pietà, con la certezza che non avrebbe capito, che nessuno avrebbe capito. Forse solo chi raccontava le storie avrebbe capito, ma era una magra consolazione.
Strappò il manoscritto dalle dita di Thor. «Certo che esiste», disse, gelido.
Sopra il promontorio incombeva una striscia sottile di arcobaleno, e Loki si incamminò da solo verso la propria vita senza fine, lasciandosi Silvertongue alle spalle. Dopo un istante, Thor lo seguì.














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Un'altra di quelle storie che saltano fuori quasi senza che me ne accorga. Non avevo pianificato questa stesura, non ci avevo pensato, è arrivata e basta, e in un mese di avanti-indietro in treno era già scritta. Questo non significa che sia stato semplice. Questa storia è un po' un mistero anche per me, ma quando ho finito di scriverla mi è piombata addosso una tristezza spaventosa. C'è qualcosa che mi distrugge, nel destino di Loki in questa storia, e forse è proprio per questo che l'ho scritta.
Io spero che vi sia piaciuta anche se alla fine con il movieverse ha ben poco da fare, a parte la caratterizzazione dei personaggi e un passato che fa riferimento (ma nemmeno troppo) agli eventi di Thor e The Avengers. Mi sono ripetuta un sacco di volte che dovevo piazzarci più collegamenti con i film per farla passare per una fan fiction, ma alla fine è nata così e così ce la teniamo.

Alcune note:
- Snorri Sturluson è esistito davvero. E' l'autore dell'Edda in prosa, una delle più proficue raccolte di mitologia norrena. E' vissuto in Islanda a cavallo tra il XII e il XIII secolo, location e periodo storico a cui questa fan fiction fa riferimento.
- Il manoscritto di Loki è l'Edda poetica: un testo precedente all'Edda prosaica che servì probabilmente come base a Sturluson per comporre la sua opera. Trovo assolutamente ironica l'idea che possa essere stato Loki l'autore sconosciuto dell'Edda originale...
- La traduzione del frammento della Lokasenna riportata nella fan fiction è stata tratta da qui:
http://edda-antica.blogspot.it/2012/09/lokasenna-le-offese-di-lochi.html

Colgo l'occasione per dirvi che ho completato la revisione della mia long-fic Hymeneal e che presto pubblicherò la versione corretta qui su Efp. Per restare aggiornati su altre novità, come il pdf o la versione cartacea che usciranno a breve, potete scrivermi un messaggio privato o seguirmi su facebook!

Grazie di cuore per leggere, e grazie ancora se mi lascerete un commento o se inserirete la storia fra preferite o ricordate.
Un abbraccio!
Eleu
   
 
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