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Autore: AlexEinfall    20/03/2013    2 recensioni
3 Marzo 1849: un uomo in preda ai deliri lascia come testamento un taccuino. Presente: un ragazzo si sveglia dopo tre anni di coma irreversibile, portando via con sé un bracciale particolare. Sam e Dean sono sulle tracce del fuggiasco quando inciampano in un vecchio mistero.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
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Autore: AlexItimia
Titolo: The Poe's Journal
Capitoli: 5
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel, Nuovo Personaggio
Rating: Giallo
Avvertimenti: OC
Introduzione: 3 Marzo 1849: un uomo in preda ai deliri lascia come testamento un taccuino. Presente: un ragazzo si sveglia dopo tre anni di coma irreversibile, portando via con sé un bracciale particolare. Sam e Dean sono sulle tracce del fuggiasco quando inciampano in un vecchio mistero.
Declaimer: Ogni riferimento storico è liberamente stravolto. I personnaggi non mi appartengono, tranne Daniel, che è tutto mio (<3). Nessuno scopo di lucro.
Note: Lo premetto: molti dettagli riferiti a Poe sono liberamente manipolati, non se la prenda chi ne è fedele.
Questa storia partecipa al contest L'orologio delle fanfiction.




I

Baltimora, 3 ottobre 1849


Baltimora dormiva insolitamente deserta. Era già sceso l'inverno e con esso una costante e sottile umidità che faceva lacrimare i lampioni. Piccole gocce si ungevano nel sudore intrappolato tra i capelli radi e corvini dell'uomo che arrancava, come se sostenesse il peso del mondo sulle palpebre.
"Reynold" gridava all'aria, strisciando i piedi sul suolo freddo.
Nessuno lo ascoltava, ma non gli importava. Nelle pupille erano racchiuse immagini che nessun uomo avrebbe potuto sostenere, così grandi e inafferrabili da farlo precipitare nell'abisso. Tra le dita ossute stringeva con devozione e ostinazione pagine consumate dal tempo, dalle preghiere e dalle notti.
Sentiva la fine avvicinarsi.
Il mondo era un garbuglio di colori e ogni cosa era priva di senso al suo sguardo, così lontano che neanche la minaccia di morte potè destarlo.
Si trascinò ancora, finché le gambe cedettero e la mente esplose. Sentì a malapena la pressione sulle ossa del craneo e il rilascio. Alla fine la sua umanità si era arresa, rivelandosi troppo debole, troppo limitata, troppo reale.
Si accasciò al suo, pregando un Dio distratto di salvare la sua anima. Ma sapeva che non c'è salvezza per chi sceglie l'inferno.

+

Hellen, 3 Aprile 2011

Apre gli occhi.
Strappa la maschera che gli serra il viso.
La bocca si spalanca.
Sta annaspando e i polmoni si accaparrano tutta l'aria che riescono a trattenere, la friggono e risputano via incandescente.
Il corpo acquista forza velocementre, troppo. Salta giù dal letto e i piedi nudi si assestano sul pavimento freddo. Si guarda intorno. Sa di aver dormito molto, ma non ricorda altro. Ha un vago sentore di innaturalezza, come se quelle sue membra si siano risvegliate troppo facilmente.
Non ci bada. Intravede il cielo oltre le tende bianche. Le scosta e la luce di mezzogiorno è abbagliante.
Fa scorrere l'anta e controlla: non c'è nessuno alle sue spalle. Sale sul davanzale graffiandosi i talloni, ma non fa attenzione neanche a questo.
Bene, sono solo due piani, dovresti farcela.
Si butta giù e per un attimo gli sembra che le cose prendano senso dall'aria: vola. E' un microsecondo, abbastanza perché il contatto col terreno lo spaventi.
Rotola male, la spalla è contusa, ma sta bene. Si tira su e controlla ancora di non essere seguito: c'è solo un'ambulanza parcheggiata pigramente sotto il sole. Non sa perché, ma si sente minacciato.
Si guarda il polso, passa i polpastrelli su quella ferita, saggia al tatto la sagoma di quella mano marchiata perennemente. Le dita di fuoco si allungano come un'ombra su tutta la circonferenza dell'osso sporgente, come se un demone in fiamme lo avesse afferrato per trascinarlo all'Inferno. Il solo pensiero di quel luogo gli gela il sangue e rabbrividisce rendendosi conto che una persona qualunque non riuscirebbe neanche ad immaginarlo.
Lui sì.
Non c'è tempo di ricordare, devi fuggire.
Così si avvia a passo spedito attraverso il prato e poi comincia a correre, con l'erba che gli graffia i palmi dei piedi e la mantellina che svolazza liberamente.
Corre e non sa dove sta andando.
Numeri gli circolano nella mente. Non ricorda cosa siano e non riesce nemmeno a metterli a fuoco.
Ci penserai quando sarai al sicuro.
Non crede sia possibile.

+

Hellen, 8 Aprile 2011

"Sammy, sono cinque giorni che ci lavoriamo. Neanche a me piace l'idea di mollare un caso irrisolto, ma Mammina scorazza liberamente in giro, non è il caso di fare il detective rimuginoso" sbotta Dean, abbandonandosi al materasso butterato della stanza. Comincia a sentire il prurito per quel posto, nel quale sono rinchiusi da giorni.
Sam lo guarda accigliato e continua le sue ricerche, navigando alla cieca per siti e siti, solo per tenere le mani e la mente occupate.
Il maggiore decide di chiudere gli occhi e riposare un attimo, ma sa che continuerà a rimuginare lui stesso. Fa il punto della situazione, annotando mentalmente i pochi dettagli raccolti.
Erano alla ricerca di casi così insoliti da poterli portare sulle tracce di Eva, quando si sono imbattuti in questo: un ragazzo di ventitre anni, ricoverato da tre anni in coma irreversibile, si risveglia improvvisamente e fugge gettandosi dalla finestra del secondo piano. Nessuno lo ha riconosciuto dalle foto diramate dalla polizia locale, nessuno lo ha reclamato. Non aveva con sé alcun documento o oggetto personale, tranne un braccialetto di famiglia.
Il personale del reparto lo ha chiamato Daniel. Le circostanze sarebbero già state sospette di per sé, ma si aggiunge al quadro un altro elemento: una foto scattata al momento dell'arrivo in ospedale mostra il polso marchiato a fuoco da una mano, e a questo pensiero Dean rabbrividisce. Non ha alcun dubbio: sa cosa voglia dire quella cicatrice, la conosce fin troppo bene.
Riapre gli occhi, troppo irrequieto per riposate. Si alza e getta una rapida occhiata al fratello, chino nelle sue ricerche.
"Esco a prendere la birra" annuncia afferrando il giubotto.
"Uhm."
"Vuoi qualcosa?"
"No, grazie" dice Sam senza degnarlo di uno sguardo.
Dean sbuffa e afferra le chiavi dell'Impala.
Il trillo del telefono fa scattare entrambe le teste.
"E' Bobby" annuncia Dean prima di rispondere. "Ehy, Bobby, come va?"
"Che domande fai?" lo secca l'altro. "Piuttosto, scoperto nulla?"
"Solo buchi nell'acqua. Questo ragazzo sembra essersi volatilizzato."
"Uhm. Bhe, ho una novità io. Ieri è scomparso dal commissariato l'unico oggetto personale del ragazzo. La polizia si è affrettata a diramare una foto del bracciale, in modo da trovare qualche pista. Pare che questo caso abbia smosso la gente."
"Scomparso, dici?" sottolinea lanciando un'occhiata a Sam.
"Sei sordo?" bofonchia Bobby. "Comunque, qualcuno ha riconosciuto lo stemma sul bracciale. Un ragazzo, si chiama Allan Stevens. E' il figlio di un mio vecchio amico, morto qualche anno fa, un cacciatore. Ha chiamato me e non chiamerà la polizia, per ora. Segna l'indirizzo."
Dean si fa passare carta e penna e segna tutto.
"Grazie, Bobby. Hey, stammi-"
Non riesce a terminare che la cornetta dall'altro capo è già stata agganciata. Fa una smorfia e guarda il fratello.
"Almeno abbiamo una pista."
  
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