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Autore: LORIGETA    11/10/2007    15 recensioni
“Tu sei in un altro mondo adesso; non troverai qui quello che cerchi, perché nella realtà non esiste la Città dell’Ovest!"
Era la seconda volta che leggeva uno smarrimento nei suoi occhi celestiali e lo vide inarcare un sopraciglio: non sembrava convinto che stesse dicendo la verità. “Cosa mi nascondi e chi sei veramente? Complotti con i cyborg, forse?” chiese alzando il tono di voce.
La rossa sorrise lievemente e scosse il capo in segno di diniego.
Temeva che le cedessero i nervi; stava parlando davvero con Mirai Trunks, per di più la stava accusando di essere una spia.
Genere: Romantico, Avventura, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Trunks
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo venuto dai sogni.

 

Una tenue luce filtrava dalla finestra.
Lory si stropicciò gli occhi, erano già le sette e trenta e la sveglia non aveva suonato.
“Accidenti, vecchio catorcio!” esclamò furiosa.
La sua abitazione era lontana parecchi chilometri dalla città, circondata da un verde rigoglioso che dava l’illusione di vivere in un mondo ancora incontaminato.
Si sollevò e scostò il lenzuolo. Tentò di soffocare uno sbadiglio e dopo aver infilato le ciabatte, si trascinò verso il bagno. Aprì il rubinetto e con le mani spruzzò l’acqua fresca sul viso, era un toccasana visto che aveva fatto le ore piccole per leggere un libro.
“Devo sbrigarmi, il prof. stavolta non mi perdonerà.” 
Si soffermò un istante ad osservarsi davanti allo specchio: aveva il pallore caratteristico delle rosse, grandi occhi azzurri e labbra carnose.
“Dannati capelli, mai che riesca a pettinarli come voglio io!” disse, provando la tipica scontentezza degli adolescenti.
Non era mai soddisfatta del suo aspetto e si sfogava mangiucchiandosi le unghie, che erano corte e frastagliate.
Sospirò.   
Senza perdere altro tempo, indossò un paio di blue jeans strappati e una maglietta azzurra molto aderente che metteva in evidenza la rotondità dei seni.
Mise lo zaino a tracolla e uscì chiudendo la porta alle spalle. Scese gli scalini a due alla volta, arrivando in soggiorno. Fece pochi passi per raggiungere la cucina ampia e confortevole.
La sua gatta bianca le venne incontro, arricciando la coda e strofinandole la testa contro la caviglia.
“Ciao Chichi, hai fame, vero? Papà si è dimenticato anche di te!” disse,  osservando la ciotola vuota sul pavimento. Il felino la guardò con due occhi curiosi.
“Non dirmi che è ancora chiuso nel laboratorio, non è andato a dormire! Quando torno a casa mi sente!” Non poteva essere certo lei ad obbligarlo, il padre a volte sembrava un bambino, ma doveva ammettere che aveva una mente geniale.
Non riuscì più a pensare, trasalì udendo un susseguirsi di rumori provenienti dal piano inferiore, piccoli boati e scosse che facevano vibrare i vetri degli infissi.
La bocca, arricciandosi, divenne una smorfia. Era difficile convivere con un genitore che aveva dedicato la vita a strampalate ricerche.
La giovane prese un pacco di croccantini dalla credenza e rovesciò l’alimento nel recipiente dell’animale, dopo di che sgranocchiò un biscotto al cioccolato, non aveva tempo per fare una colazione decente.
Poco dopo era già sul motorino e percorreva le curve contorte della strada di campagna.
Sospirò quando finalmente arrivò all’incrocio che sfociava nel traffico caotico, abilmente zigzagando superò una serie di autovetture, il nodo allo stomaco era stretto, doveva farcela ad arrivare in tempo.
Posteggiò davanti alla scuola, il cancello era ancora aperto e la campanella doveva essere appena suonata.
Altri ragazzi stavano salendo l’ampia scalinata di marmo, lei li superò, fermandosi solo in cima per riprendere fiato.
Il lungo corridoio sembrava interminabile, l’aula era proprio in fondo.
I passi rimbombavano e il cuore accelerò i battiti, ogni secondo era prezioso, doveva sbrigarsi.
“Ciao pazzoide, la tua casa prima o poi salterà in aria, vero? Scommetto che hai fatto tardi perché hai visto Dragon Ball fino a notte fonda.”
Un ragazzo moro sbucò fuori all’improvviso da una rientranza. Ridacchiando fece alcuni versetti imitando le gesta degli eroi della saga.
“Togliti di mezzo Kevin e lasciami passare, puoi ringraziare che è tardi altrimenti ti darei una lezione!” Per nulla intimorita cercò di scansarlo.
Tutti i giorni era costretta a subire le angherie dei suoi compagni di scuola, in molti conoscevano la sua grande passione per il manga giapponese e non perdevano occasione per deriderla.
“Vai, vai e salutami Trunks, mi raccomando!” Lui scoppiò a ridere e l’eco si udì in tutto l’edificio.
Lory non aveva avuto il tempo di ribattere, ormai la porta era stata chiusa.
I suoi lineamenti divennero tesi e fu costretta a bussare.
“Avanti.” rispose una voce dura.
Respirò a fondo ed entrò.
Quando si trovò di fronte all’uomo stempiato e dagli occhiali spessi, impallidì. Lui inarcò un sopraciglio e gli altri compagni seduti ai loro banchi, la fissavano con interesse.
“Anche oggi in ritardo. Svelta,  prendi posto a sedere.” Il professore allacciò nervosamente la giacca che stringeva sulla sua pancia prominente.
La giovane non disse nulla, sedette rapidamente, posò lo zaino a terra estraendo dei libri, c’era un compito in classe e se ne era completamente dimenticata.
“Tutto bene?” Una voce familiare le arrivò da dietro alle spalle, Alex,  era il suo migliore amico. Un bel ragazzo piuttosto alto, dai lunghi capelli biondi e gli occhi scuri. Si conoscevano da parecchi anni, ed era l’unico con cui riusciva a sfogarsi.
“Sì, grazie Alex, soliti problemi.”
Prese un foglio cercando di scrivere un testo. Mettendo in bocca l’estremità della penna, cominciò a riflettere, ma non le venne in mente niente.
“Uffa, non ci riesco!” Eppure le piaceva, nei ritagli di tempo e la sera, dedicava parecchio tempo alla scrittura.
Trascorsero i minuti e l’orologio appeso alla parete sembrava osservarla minaccioso.
Gli altri erano tutti impegnati e lei cominciò a tracciare uno schizzo sul foglio. La punta della matita scorreva, sembrava guidata, il disegno prendeva forma, i capelli, gli occhi e il corpo muscoloso, le pareva di sognare e non si accorse che qualcuno la osserva attentamente.
“Ti vedo molto impegnata. ”disse una voce ironica.
Il prof. era davanti a lei con le braccia conserte e  gli occhi stretti.
“Vediamo che bel lavoro!” Continuò richiamando l’attenzione e tutti sollevarono il viso, mentre lui le strappò il foglio le mani.
“La prego, per favore...” Le guance si arrossarono, avrebbe voluto alzarsi e scappare. Si voltò cercando il volto di Alex che era davvero dispiaciuto.
“Che opera eccellente!” esclamò mostrandolo agli studenti, che di risposta scoppiarono in una fragorosa risata.
“Guarda, ha disegnato Trunks, lo dicevo che è tutta matta! ”
Quella voce la colpì. Stringendo i denti, Lory cercò di trattenersi e soffocò le lacrime.
La tristezza le pervadeva il cuore, si sentiva ridicola, come poteva amare qualcuno che non esisteva veramente? “Domani esigo di parlare con tuo padre, questa situazione è insostenibile!” sbraitò l’insegnante appallottolando il disegno e gettandolo nel cestino. Ritornò verso la cattedra sbattendo un libro sul ripiano.
“Mio padre è molto impegnato, non sono sicura che possa venire.” Spiegò con amarezza, ignorando altre risate.
“Allora dovrò prendere dei seri provvedimenti!” La guardò serio e cominciò a scrivere sul registro.
Lei cercò di trovare delle scuse, ma rimase in silenzio sentendo gli altri parlottare, si finse distaccata e orgogliosa, anche se dentro di lei si sentiva fragile e insicura.
Suonò la campanella dell’ultima ora, la ragazza dai capelli rossi fu la prima ad alzarsi e a dirigersi verso l’uscita.
“Aspetta! ” La voce del suo migliore amico le procurò un senso di benessere, si voltò di scatto.
“Accidenti, ma dovevi proprio fare quel disegno?” Le disse con tono di rimprovero.
“Non ho bisogno di prediche e poi penso sempre a lui!” ammise senza esitare. 
L’amico sapeva che da tanto tempo era innamorata di quel personaggio e talvolta provava persino una punta di gelosia.
I due ragazzi proseguirono il tragitto assieme fino al motorino.
“Ascolta, forse sarebbe meglio che cominciasi ad avere altri interessi, sai che non voglio litigare con te, ma questa tua ossessione comincia a preoccuparmi,  è solo un cartone animato!” Non era mai stato così severo e riuscì a ferirla.
“Anche tu ti ci metti? Bene, ho tutti contro!  Ma tanto non riuscirete a farmi cambiare idea, lo amo !” Lui la guardò allibito, non gli lasciò il tempo di risponderle, sedette sulla sella del ciclomotore e scomparve in mezzo ad un fiume di veicoli.
I lunghi capelli ramati ondeggiavano mossi dal vento e gli occhi azzurri erano inumiditi da gocce di pianto.
Forse diciotto anni erano tanti per pensare ad un fumetto, ma quando lo immaginava si sentiva felice, non le importa di essere criticata, non intendeva rinunciare ai suoi sogni.
Il sole era alto nel cielo, quando giunse a casa, la ragazza osservò estasiata il magnifico panorama, il mare sembrava una distesa di cristallo dalle molteplici sfumature.
Dei rumori assordanti la riportarono alla realtà. Era arrabbiata e decisa a fare quattro chiacchiere poco amichevoli con quello scienziato svitato che si ritrovava per padre.
Al laboratorio si accedeva tramite una scala ripida e buia, l’entrata era esterna. Lory percorse il vialetto, arrivo d’innanzi ad  una spessa botola e dopo averla sollevata cominciò a scendere alcuni scalini.
Vide dei bagliori e dovette tenersi al corrimano, stava tremando tutta l’abitazione e seguì una potente esplosione.
“Papà!” urlò, sbiancando quando lo vide a terra, ma poi si rilassò, l’uomo stava alzando una mano in cenno di saluto.
“Cosa combini? E’ pericoloso!” Gli disse posando le mani sui fianchi.
 Intorno a lei vi erano strani macchinari, un miscuglio di colori e suoni, sembrava di essere in una sala giochi.
“Stavolta diventerò famoso, puoi giurarci, la smetteranno di prendermi per pazzo!” Orgoglioso, le mostrò un progetto raffigurante uno strano casco collegato ad una cabina d’acciaio tramite un tubo flessibile.
La giovane spalancò gli occhi, era pazzesco quello che le stava proponendo e non riusciva a capire cosa cercasse di ottenere.
“Papà, so che ci tieni, ma ti ricordo che hai perso il tuo lavoro alla Metic Industrie e a noi servono soldi!” Si guardò intorno, dappertutto vi erano fogli sparsi, forse il padre stava veramente perdendo la ragione.
“Aspetta e vedrai piccola, avremo tanti soldi da non sapere dove metterli.!” Era così convinto che per non deluderlo, la figlia lo assecondò.
“Va bene,  ti credo, come al solito però non hai preparato niente per pranzo!” disse, fingendosi seccata.
“Scusa,  hai ragione, mi spiace tesoro,  ero troppo preso!” Abbracciandola gli scivolarono gli occhiali sulla punta del naso, era davvero buffo e adorabile.
“Ci penso io a cucinare qualcosa, però mi devi promettere che domani verrai a scuola, il professore di italiano ti vuole parlare.” spiegò arrossendo.
“Cos’è successo, niente di grave, spero?” domandò perplesso, intento a trafficare con degli strumenti.
“Niente di grave, però devi venire assolutamente!”
Aspettò trepidante la risposta e sorrise quando lui fece un cenno affermativo con il capo.
“Grazie, ora scappo perché sta per cominciare Dragon Ball, oggi arriva Trunks dal futuro, è la mia puntata preferita! ” Gli mandò un bacio e lui ricambiò con enfasi.
“Peccato sia solo fantasia...” Aggiunse rattristata,  prima di scomparire nel buio della scala.
Era tutto quello che desiderava, chiudere gli occhi e sognarlo, poterlo sfiorare anche solo per un istante. Non sarebbe mai successo però.
“Eh già, peccato... ” replicò lo scienziato.
Dopo ridacchiò e si rimise subito al lavoro, pensava con soddisfazione alla sorpresa che le stava preparando, era sicuro di renderla felice
.

 

 

 

Continua...    

 

 

  
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