Il
ragazzo venuto dai sogni.
Lory si stropicciò gli occhi, erano già le sette
e trenta e la sveglia non aveva suonato.
“Accidenti, vecchio catorcio!” esclamò
furiosa.
La sua abitazione era lontana parecchi chilometri dalla
città, circondata da un verde rigoglioso che dava
l’illusione di vivere in un mondo ancora incontaminato.
Si sollevò e scostò il lenzuolo. Tentò
di soffocare uno sbadiglio e dopo aver infilato le ciabatte, si
trascinò verso il bagno. Aprì il rubinetto e con
le mani spruzzò l’acqua fresca sul viso, era un
toccasana visto che aveva fatto le ore piccole per leggere un libro.
“Devo sbrigarmi, il prof. stavolta non mi
perdonerà.”
Si soffermò un istante ad osservarsi davanti allo specchio:
aveva il pallore caratteristico delle rosse, grandi occhi azzurri e
labbra carnose.
“Dannati capelli, mai che riesca a pettinarli come voglio
io!” disse, provando la
tipica scontentezza degli adolescenti.
Non era mai soddisfatta del suo aspetto e si sfogava mangiucchiandosi
le unghie, che erano corte e frastagliate.
Sospirò.
Senza perdere altro tempo, indossò un paio di blue jeans
strappati e una maglietta azzurra molto aderente che metteva in
evidenza la rotondità dei seni.
Mise lo zaino a tracolla e uscì chiudendo la porta alle
spalle. Scese gli scalini a due alla volta, arrivando in soggiorno.
Fece pochi passi per raggiungere la cucina ampia e confortevole.
La sua gatta bianca le venne incontro, arricciando la coda e
strofinandole la testa contro la caviglia.
“Ciao Chichi, hai fame, vero? Papà si è
dimenticato anche di te!” disse, osservando
la ciotola vuota sul pavimento. Il felino la guardò con due
occhi curiosi.
“Non dirmi che è ancora chiuso nel laboratorio,
non è andato a dormire! Quando torno a casa mi
sente!” Non poteva essere certo lei ad obbligarlo, il padre a
volte sembrava un bambino, ma doveva ammettere che aveva una mente
geniale.
Non riuscì più a pensare, trasalì
udendo un susseguirsi di rumori provenienti dal piano inferiore,
piccoli boati e scosse che facevano vibrare i vetri degli infissi.
La bocca, arricciandosi, divenne una smorfia. Era difficile convivere
con un genitore che aveva dedicato la vita a strampalate ricerche.
La giovane prese un pacco di croccantini dalla credenza e
rovesciò l’alimento nel recipiente
dell’animale, dopo di che sgranocchiò un biscotto
al cioccolato, non aveva tempo per fare una colazione decente.
Poco dopo era già sul motorino e percorreva le curve
contorte della strada di campagna.
Sospirò quando finalmente arrivò
all’incrocio che sfociava nel traffico caotico, abilmente
zigzagando superò una serie di autovetture, il nodo allo
stomaco era stretto, doveva farcela ad arrivare in tempo.
Posteggiò davanti alla scuola, il cancello era ancora aperto
e la campanella doveva essere appena suonata.
Altri ragazzi stavano salendo l’ampia scalinata di marmo, lei
li superò, fermandosi solo in cima per riprendere fiato.
Il lungo corridoio sembrava interminabile, l’aula era proprio
in fondo.
I passi rimbombavano e il cuore accelerò i battiti, ogni
secondo era prezioso, doveva sbrigarsi.
“Ciao pazzoide, la tua casa prima o poi salterà in
aria, vero? Scommetto che hai fatto tardi perché hai visto
Dragon Ball fino a notte fonda.”
Un ragazzo moro sbucò fuori all’improvviso da una
rientranza. Ridacchiando fece alcuni versetti imitando le gesta degli
eroi della saga.
“Togliti di mezzo Kevin e lasciami passare, puoi ringraziare
che è tardi altrimenti ti darei una lezione!” Per
nulla intimorita cercò di scansarlo.
Tutti i giorni era costretta a subire le angherie dei suoi compagni di
scuola, in molti conoscevano la sua grande passione per il manga
giapponese e non perdevano occasione per deriderla.
“Vai, vai e salutami Trunks, mi raccomando!” Lui
scoppiò a ridere e l’eco si udì in
tutto l’edificio.
Lory non aveva avuto il tempo di ribattere, ormai la porta era stata
chiusa.
I suoi lineamenti divennero tesi e fu costretta a bussare.
“Avanti.” rispose una voce dura.
Respirò a fondo ed entrò.
Quando si trovò di fronte all’uomo stempiato e
dagli occhiali spessi, impallidì. Lui inarcò un
sopraciglio e gli altri compagni seduti ai loro banchi, la fissavano
con interesse.
“Anche oggi in ritardo. Svelta, prendi
posto a sedere.” Il professore allacciò
nervosamente la giacca che stringeva sulla sua pancia prominente.
La giovane non disse nulla, sedette rapidamente, posò lo
zaino a terra estraendo dei libri, c’era un compito in classe
e se ne era completamente dimenticata.
“Tutto bene?” Una voce familiare le
arrivò da dietro alle spalle, Alex, era
il suo migliore amico. Un bel ragazzo piuttosto alto, dai lunghi
capelli biondi e gli occhi scuri. Si conoscevano da parecchi anni, ed
era l’unico con cui riusciva a sfogarsi.
“Sì, grazie Alex, soliti problemi.”
Prese un foglio cercando di scrivere un testo. Mettendo in bocca
l’estremità della penna, cominciò a
riflettere, ma non le venne in mente niente.
“Uffa, non ci riesco!” Eppure le piaceva, nei
ritagli di tempo e la sera, dedicava parecchio tempo alla scrittura.
Trascorsero i minuti e l’orologio appeso alla parete sembrava
osservarla minaccioso.
Gli altri erano tutti impegnati e lei cominciò a tracciare
uno schizzo sul foglio. La punta della matita scorreva, sembrava
guidata, il disegno prendeva forma, i capelli, gli occhi e il corpo
muscoloso, le pareva di sognare e non si accorse che qualcuno la
osserva attentamente.
“Ti vedo molto impegnata. ”disse una voce ironica.
Il prof. era davanti a lei con le braccia conserte e
gli occhi stretti.
“Vediamo che bel lavoro!” Continuò
richiamando l’attenzione e tutti sollevarono il viso, mentre
lui le strappò il foglio le mani.
“La prego, per favore...” Le guance si arrossarono,
avrebbe voluto alzarsi e scappare. Si voltò cercando il
volto di Alex che era davvero dispiaciuto.
“Che opera eccellente!” esclamò
mostrandolo agli studenti, che di risposta scoppiarono in una fragorosa
risata.
“Guarda, ha disegnato Trunks, lo dicevo che è
tutta matta! ”
Quella voce la colpì. Stringendo i denti, Lory
cercò di trattenersi e soffocò le lacrime.
La tristezza le pervadeva il cuore, si sentiva ridicola, come poteva
amare qualcuno che non esisteva veramente?
“Mio padre è molto impegnato, non sono sicura che
possa venire.” Spiegò con amarezza, ignorando
altre risate.
“Allora dovrò prendere dei seri
provvedimenti!” La guardò serio e
cominciò a scrivere sul registro.
Lei cercò di trovare delle scuse, ma rimase in silenzio
sentendo gli altri parlottare, si finse distaccata e orgogliosa, anche
se dentro di lei si sentiva fragile e insicura.
Suonò la campanella dell’ultima ora, la ragazza
dai capelli rossi fu la prima ad alzarsi e a dirigersi verso
l’uscita.
“Aspetta! ” La voce del suo migliore amico le
procurò un senso di benessere, si voltò di scatto.
“Accidenti, ma dovevi proprio fare quel disegno?”
Le disse con tono di rimprovero.
“Non ho bisogno di prediche e poi penso sempre a
lui!” ammise senza esitare.
L’amico sapeva che da tanto tempo era innamorata di quel
personaggio e talvolta provava persino una punta di gelosia.
I due ragazzi proseguirono il tragitto assieme fino al motorino.
“Ascolta, forse sarebbe meglio che cominciasi ad avere altri
interessi, sai che non voglio litigare con te, ma questa tua ossessione
comincia a preoccuparmi, è
solo un cartone animato!” Non era mai stato così
severo e riuscì a ferirla.
“Anche tu ti ci metti? Bene, ho tutti contro!
Ma tanto non riuscirete a farmi cambiare idea, lo amo
!” Lui la guardò allibito, non gli
lasciò il tempo di risponderle, sedette sulla sella del
ciclomotore e scomparve in mezzo ad un fiume di veicoli.
I lunghi capelli ramati ondeggiavano mossi dal vento e gli occhi
azzurri erano inumiditi da gocce di pianto.
Forse diciotto anni erano tanti per pensare ad un fumetto, ma quando lo
immaginava si sentiva felice, non le importa di essere criticata, non
intendeva rinunciare ai suoi sogni.
Il sole era alto nel cielo, quando giunse a casa, la ragazza
osservò estasiata il magnifico panorama, il mare sembrava
una distesa di cristallo dalle molteplici sfumature.
Dei rumori assordanti la riportarono alla realtà. Era
arrabbiata e decisa a fare quattro chiacchiere poco amichevoli con
quello scienziato svitato che si ritrovava per padre.
Al laboratorio si accedeva tramite una scala ripida e buia,
l’entrata era esterna. Lory percorse il vialetto, arrivo
d’innanzi ad una spessa
botola e dopo averla sollevata cominciò a scendere alcuni
scalini.
Vide dei bagliori e dovette tenersi al corrimano, stava tremando tutta
l’abitazione e seguì una potente esplosione.
“Papà!” urlò, sbiancando
quando lo vide a terra, ma poi si rilassò, l’uomo
stava alzando una mano in cenno di saluto.
“Cosa combini? E’ pericoloso!” Gli disse
posando le mani sui fianchi.
Intorno a lei vi erano strani
macchinari, un miscuglio di colori e suoni, sembrava di essere in una
sala giochi.
“Stavolta diventerò famoso, puoi giurarci, la
smetteranno di prendermi per pazzo!” Orgoglioso, le
mostrò un progetto raffigurante uno strano casco collegato
ad una cabina d’acciaio tramite un tubo flessibile.
La giovane spalancò gli occhi, era pazzesco quello che le
stava proponendo e non riusciva a capire cosa cercasse di ottenere.
“Papà, so che ci tieni, ma ti ricordo che hai
perso il tuo lavoro alla Metic Industrie e a noi servono
soldi!” Si guardò intorno, dappertutto vi erano
fogli sparsi, forse il padre stava veramente perdendo la ragione.
“Aspetta e vedrai piccola, avremo tanti soldi da non sapere
dove metterli.!” Era così convinto che per non
deluderlo, la figlia lo assecondò.
“Va bene, ti credo, come
al solito però non hai preparato niente per
pranzo!” disse, fingendosi seccata.
“Scusa, hai ragione, mi
spiace tesoro, ero troppo
preso!” Abbracciandola gli scivolarono gli occhiali sulla
punta del naso, era davvero buffo e adorabile.
“Ci penso io a cucinare qualcosa, però mi devi
promettere che domani verrai a scuola, il professore di italiano ti
vuole parlare.” spiegò arrossendo.
“Cos’è successo, niente di grave,
spero?” domandò perplesso, intento a trafficare
con degli strumenti.
“Niente di grave, però devi venire
assolutamente!”
Aspettò trepidante la risposta e sorrise quando lui fece un
cenno affermativo con il capo.
“Grazie, ora scappo perché sta per cominciare
Dragon Ball, oggi arriva Trunks dal futuro, è la mia puntata
preferita! ” Gli mandò un bacio e lui
ricambiò con enfasi.
“Peccato sia solo fantasia...” Aggiunse rattristata,
prima di scomparire nel buio della scala.
Era tutto quello che desiderava, chiudere gli occhi e sognarlo, poterlo
sfiorare anche solo per un istante. Non sarebbe mai successo
però.
“Eh già, peccato... ” replicò
lo scienziato.
Dopo ridacchiò e si rimise subito al lavoro, pensava con
soddisfazione alla sorpresa che le stava preparando, era sicuro di
renderla felice.
Continua...