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Autore: Vandel    24/03/2013    0 recensioni
rieccomi a scrivere qui dopo un luuungo momento di assenza. voglio commenti su cosa ne pensate o come dovrei migliorare!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno i cittadini di Roma poterono udire un rumore, assai raro, di zoccoli, per le loro strade. Nella frenetica città, tra il caos e lo smog, tipico dell’ora di punta, un cavaliere, con tanto d’armatura che i raggi del sole facevano scintillare e la spada dietro le spalle, si trovava a varcare quei sentieri oscurati e inchiostrati dall’asfalto.
I suoi folti capelli neri, schiacciati dall’elmo grigio, terminavano in una incolta barba e due baffi appena accennati che non tradivano la sua giovane età. Ma d’altronde nel Medioevo, da cui proveniva, i cavalieri venivano iniziati alle armi già dalla fanciullezza.
Così, ritto e rigido sul suo destriero, questo combattente si guardava intorno, spaesato e confuso al pari di un bambino, da tutte quelle cose a lui estranee.
“Quante torri vi son, in così parca terra!” commentava volgendo lo sguardo ai palazzi, al lato della strada “E cosa sono questi animali strani? Perché mai donargli un’ armatura?!” continuava facendo muovere il cavallo a zig zag fra le macchine.
“Le armature dovrebbero piuttosto mettersele loro!” disse poi, scambiando occhiate con le persone sul marciapiede, che si erano bloccate a fissare quella stranezza, pensando forse che fosse la sceneggiatura di un film. E si sarebbero fermate anche le macchine, se la fretta e la paura di tardare a non so quale degli innumerevoli appuntamenti del giorno frenetico, non avessero avuto il sopravvento.
“Ma quali abiti indossano?! Ah, che terra sciagurata mi sono trovato a calpestare…”.
Capitò poi che a frenare i suoi pensieri fu il rumore del suo stomaco che, gorgogliando rabbiosamente, reclamava al più presto qualcosa da mangiare.
“Valoroso compagno, credo sia opportuno soddisfare i bisogni alimentari, prima di proseguire il cammino!” disse il cavaliere, sporgendosi fino all’orecchio del suo cavallo. Poi lo spronò a raggiungere il bordo della strada e a salire il marciapiede, dove due ragazzi, studenti probabilmente di ritorno visto che portavano sulle spalle uno zaino, si fermarono a guardarlo sorpresi. Il cavaliere si girò e pronunciò al ragazzo, che si era messo a protezione della ragazza, queste parole: “Giovin garzone, potrebbe indicarmi il più vicino punto di ristoro?”.
Appurato che quell’uomo non era pericoloso, ma soltanto un po’ tocco, il ragazzo rispose con aria titubante: “Intende un ristorante? Bè qui dietro l’angolo c’è un McDonald se vuole…”.
“Ti ringrazio vivamente!” esclamò il cavaliere lanciando qualcosa al ragazzo che lo afferrò al volo, poi fece dietro front e si diresse nel luogo indicatogli.
Il giovane aprì la mano per vedere cosa fosse, e anche la ragazza si sporse.
“E’…è una moneta, vero?” commentò, confuso.
“Si, ma di qualche secolo fa!” rispose obiettiva la ragazza mentre riprendeva il cammino.

Intanto il cavaliere continuava a percorrere il lungo marciapiede senza trovare osterie. Ovviamente non si era fermato all’insegna recante la M gialla, perché non sapeva cosa indicasse. “Che quel giovanotto ci abbia tirato un bidone!?” commentò cercandosi intorno.
In quel preciso momento si trovò a passare davanti ad un cancello nero da cui ne uscì una ragazza sulla trentina d’anni, con lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo dietro la testa e un completo grigio composti di giacca e gonna corta fino al ginocchio.
Con fare agitato, attraversò il marciapiede, chiavi in mano, per arrivare alla sua macchina, posteggiata lì sul bordo.
Fece appena in tempo a vederla, il nostro cavaliere, che dovette drizzare il suo cavallo sulle zampe posteriori per non investirla. Solo allora la donna si accorse di lui e lasciò cadere a terra la valigetta marrone che aveva nella mano destra, per la sorpresa.
“Oh, mio Dio!” esclamò appiattendosi contro la portiera della sua macchina, mentre il cavaliere rimise il suo destriero composto sulle quattro zampe.
“Lascia dir a me buon Dio! Faccia attenzion…” l’uomo parve bloccarsi appena la vide, poi stralunando gli occhi e a bocca aperta, continuò: “Oh, misericordia! Quale luce proviene da quegli occhi?! Tu sei la principessa ti riconosco, tu sei madonna Laura!”.
La donna era sempre più spaventata. “No…io mi chiamo Alba…hai sbagliato persona…” provò a dire lei, cercando d’aprire con le chiavi la macchina, senza farsi vedere.
“Cosa resta di bello in questa terra, che una fanciulla così pura come lei, ancora attira? Lei è una principessa, Dio buono!” continuava il cavaliere con gli occhi accesi di nuova speranza.
“No, davvero…io sono un avvocato…” mormorò lei.
Poi finalmente la macchina si accese e, veloce come un fulmine, la donna aprì la portiera fiondandocisi dentro e richiudendosela dietro. Quando il motore ruggì, il cavaliere indietreggiò di qualche passo, spaventato dalla rapidità della scena.
“Marrano! Come hai osato animale mangiarti la principessa!?” tuonò l’uomo, sguainando la spada dal fodero dietro la schiena con un movimento deciso e veloce.
La lama grigia risplendette al sole per qualche istante, prima di cadere precipitosamente sul cofano dell’auto con un tonfo.
“Marrano! Infimo essere!” continuava ad urlare il cavaliere mentre colpiva più volte ancora la carrozzeria dell’auto con il filo della sua spada.
Accadde poi che partì, sentendosi violata, la sirena antifurto della macchina che risuonò forte per la strada.
“Ruggisci quanto vuoi! Non sono stati gli infedeli in terra santa a spaventarmi e non ci riuscirai di certo tu!” urlava più forte il cavaliere.
Ormai in strada era il panico. Tutti erano fermi a fissare la scena, chi spaventato, chi divertito.
Unite alle urla dell’uomo e dell’antifurto c’erano anche quelle della sventurata donna che, terrorizzata da quanto avveniva, si copriva il capo con le braccia quasi a voler sperare che fosse tutto solo un sogno. Poi, aprì la portiera e si gettò sul marciapiede.


“Fermo!” urlò una volta in piedi, mentre la sua macchina iniziava a piegarsi sotto i colpi avventati dell’uomo “Fermo, pazzo che non sei altro!”.
Il cavaliere cessò i colpi e presto si ruppe anche l’antifurto.
“Ti è convenuto sputarla, brutta bestia!” disse puntando la spada davanti a se “E ora va via! Scappa!”.
Per qualche secondo calò il silenzio per quella via, con il cavaliere che ancora puntava la sua arma, in attesa che la macchina se la desse a gambe.
“Forse l’ho ucciso…” sussurrò il cavaliere, quasi pentito.
“Ascolta…” parlò la donna, cercando di attirare l’attenzione dell’uomo “…andiamo con calma…qual è il tuo nome…?!”. Voleva guadagnare tempo per pensare, anche se era troppo spaventata al momento.
Il cavaliere sorrise, fiero di quella domanda, poi rinfoderò la spada e simulò un inchino. “Il mio nome, principessa, è lord Alfred e sono uno dei più valorosi guerrieri del regno, ma forse la mia fama non è giunta in una così primitiva terra barbara…” concluse guardandosi intorno con schifo malcelato.
“Giusto…perché tu non sei a casa tua qui, no? Perché non te ne torni da dove sei venuto allora?” provò timidamente la donna, cercando di farlo ragionare.
Quello si drizzò fiero prima di rispondere: “Non prima di aver adempiuto ai miei doveri! La trarrò in salvo da questa giungla, principessa!” poi fece genuflettere il cavallo e porse la mano alla donna che ora era a due passi da lui, per aiutarla a salire.
“Magnifico…” sbuffò quella, iniziando ad allungare la mano titubante.
Poi un rumore di sirene interruppe i due e li costrinse a voltarsi. Tre volanti della polizia, a sirene spiegate, si stavano facendo largo tra il traffico per raggiungerli. Evidentemente, nel putiferio di poco prima, non era mancata un’anima cristiana che si era preoccupata di chiedere aiuto alle forze dell’ordine.
“Capisco, ho ucciso uno di loro…sono arrabbiati!” sussurrò Alfred alla donna, la quale guardava speranzosa quelle tre macchine.
Le auto si fermarono a pochi metri da loro e vi iniziarono ad uscire dei poliziotti, armati di pistole, che puntarono subito sul cavaliere.
“Dei soldati nemici! Ma allora c’è di più, hanno capito che voglio strapparvi a loro, principessa! Ma non temete, me la sbrigherò in un attimo!” disse Alfred sguainando nuovamente la spada e parandosi davanti alla donna per proteggerla.
I poliziotti erano pronti a sparare in qualsiasi momento. Momento che arrivò quando Alfred fece rizzare il suo destriero sulle due zampe posteriori, in una posa da statua classicheggiante.
“Assaggerete la furia del mio regno, barbari!” non fece neanche in tempo a pronunciare la frase che un colpo di pistola ferì il cavallo alla zampa, costringendolo alla genuflessione e ad un mugugno di dolore. Alfred perse l’equilibrio e rovinò a terra, sul marciapiede, battendo la testa e perdendo i sensi. 
  
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