Trappola
"Ti
preferisco con la barba."
Yurij
si blocca.
La
schiuma bianca gli copre il viso ancora assonnato e la mano col rasoio
resta
sospesa a mezz'aria.
È
presto, e alle sette meno un quarto del mattino Ivanov non è ancora
perfettamente in grado di collegare i suoni alle persone, però la voce
di Julia
gli giunge chiara e il riflesso della donna poggiata allo stipite della
porta
nello specchio di fronte a lui è sfocato dal vapore.
Sorride (un accenno invisibile e addirittura indecifrabile dietro il velo
bianco che gli incornicia le labbra), e si volta verso la compagna.
"Dici?
Alle mie colleghe piaccio senza."
Il
tono è disinteressato, a tratti incolore, ma Julia conosce quel gioco e
gli
si avvicina con un asciugamano.
Yurij
la osserva in silenzio e, celando l'interesse negli occhi azzurri, si
limita a sorridere sempre di nascosto, sempre dietro al distacco dei
gesti – ma
il cuore lo inganna e sa che lo tradirebbe, se Julia fosse in grado di
udirlo
nel silenzio.
Tuttavia,
la spagnola sembra non rimanere assordata dall'incessante martellare
nel petto di Yurij e, mentre l'uomo ringrazia per una simile fortuna,
lei bagna
un angolo del telo che ha tra le mani, iniziando a sciacquare via la
schiuma.
Piano,
con una delicatezza che Yurij poche volte ha conosciuto, la donna svela
i lembi di pelle appena coperti dalle punte ispide di una barba né
incolta o
particolarmente lunga.
È
un'ombra che incornicia il volto del compagno, dandogli il fascino (almeno, così avrebbe azzardato a definirlo Julia) di un attore famoso.
L'uomo
sente il corpo caldo di lei premere contro il suo torace nudo, i seni
ancora celati da un discutibilissimo pigiama di pile sfiorargli il
petto; e a
quel punto teme davvero che l'altra possa scoprire il segreto della sua
tachicardia.
Ma
Julia è troppo concentrata sulle linee del suo volto, su quella
cicatrice, ora quasi invisibile, che gli sfiora uno zigomo e sui suoi occhi
immobili, per
soffermarsi sul suo cuore.
E
tante volte la giovane prova un senso di vergogna e di colpa. Infatti, nel fissare
quelle
iridi, desidererebbe vedere la gioia, la tristezza, anche la rabbia materializzarsi in quadri di chiara tempesta o di luce. Eppure, c'è sempre e solo quell'apatia ipnotica che
disegna
misteriosi ghirigori di sentimenti in sguardi che lei fatica ad
interpretare; e suggerirle che, magari, le basterebbe semplicemente restare in ascolto per comprendere
ogni
emozione dell'altro, quasi sminuirebbe la coraggiosa e caparbia ricerca
negli
occhi di Ivanov cui si dedica quotidianamente.
Infine,
quando il viso di Yurij è pulito, Julia lo fissa soddisfatta.
"Le
tue colleghe..."
"...
sono già fortunate che tu non sappia i loro nomi. Sei
ripetitiva."
La
spagnola a quel punto lo guarda indispettita, ma lui le ha già
istintivamente
stretto una mano.
Sto
scherzando.
Non prendertela.
Vorrei che sorridessi.
Ma
non riesce a pronunciare neanche una sillaba e si limita ad
intrecciare
ancora le proprie dita con quelle di lei.
Yurij
ha difficoltà a relazionarsi con gli altri, ma fortunatamente, col
tempo,
sul posto di lavoro ha imparato a fingere interessi e toni di voce o a
ripetere
coi colleghi vecchie battute e squallide osservazioni (di quelle che
fanno di
solito gli uomini) apprese leggendo o guardando la TV.
Quindi,
senza rendersene conto, si è ritrovato circondato da una schiera di
individui che le persone normali definirebbero "amici" – anche se
quando ne parla, Boris li chiama "smidollati" e Kei si limita a
schioccare
con disappunto la lingua contro il palato, perché è risaputo che
Hiwatari provi
un certo ribrezzo per l'umanità.
Però con Julia non può fingere.
Non
riesce a pronunciare versi d'amore shakespeariani, né frasi dolci
imbevute
di un romanticismo scialbo ed ipocrita.
Per
quanto ci abbia provato, non è in grado di ingannarsi, di mettere da
parte
se stesso e di vestire i panni di un cavaliere o di un amante disposto
a
cantare il proprio amore.
Alle
parole, alle tante metafore diabetiche ed evanescenti, preferisce un
bacio
che lentamente si fonde col profumo delle loro pelli nude, che lo
inebria non
col piacere del sesso, ma con l'essenza di Julia che è lì, che è sua, che
lo
guarda ed è bellissima.
E
lui, semplicemente, la stringe, le ruba il respiro, ma non può parlarle.
Si
sente come un giocattolo che è stato rotto, un meccanismo a cui manca
quel
fondamentale bullone per potersi riscaldare.
Ma Julia non pare lamentarsene: gioisce per i suoi muti gesti e non si
aspetta null'altro, perché sa quanto Yurij stia ancora cercando di
capire cosa
sia precisamente il
sentimento che
l'abbia spinto a restarle accanto.
E
a quel punto, ricambia la stretta di Ivanov, facendogli intendere che
ha
capito, che non è poi così permalosa, ma che, sì, gelosa lo è eccome, e
che quindi
lui farebbe meglio ad evitare le avance delle colleghe.
Poi,
con un bacio a fior di labbra, la spagnola scioglie il nodo delle loro
dita, per andare in cucina, lasciando che l'altro finisca di prepararsi.
Quindi,
quando il profilo di Julia si perde nell'ombra del corridoio, Yurij si
volta ancora verso lo specchio e, mettendo da parte il rasoio, chiude
gli occhi
poggiando la fronte contro la fredda superficie.
Sorride
ed anzi trattiene con fatica una risata.
"Sono
finito in una trappola davvero
infame."
E
il suo cuore concorda, avendo ripreso a battere finalmente con calma
all'allontanarsi di Julia.
*Owari*
Questa
piccola one-shot è nata dal nulla, per il solo piacere di scrivere su
questi due -che mi piacciono un casino. y_y <3
Spero
che la fic, pur nella sua brevità, possa essere stata gradita!
Un
bacio!
Iria.