Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
Ricorda la storia  |      
Autore: heyyouthere    27/03/2013    7 recensioni
"La trovò con lo sguardo in quel piccolo gruppetto di persone. Le luci erano soffuse, il locale era quasi buio, ma non aveva certo bisogno di chissà quale riflettore o luce che le illuminasse la faccia per riconoscerla."
Si tratta di una piccola one shot senza troppe pretese. Può essere vista come una specie di seguito all'altra mia fanfiction 'So let's freefall and see where we land', ma allo stesso tempo può essere letta benissimo anche da sola e senza sapere di cosa parla l'altra.
Fatemi sapere cosa ne pensate, belle persone C:
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Heei! Come promesso, sono tornata a stressarvi di nuovo la vita, lalalalalaa.
Ogni tanto perdo il mio tempo e poi vengono fuori queste cose. Mammamia. 
In pratica stavo ascoltando questa canzone 
https://www.youtube.com/watch?v=CkA4xcIAvuw troppo stupenda e quindi ho scritto questa cosina. 
L'avevo un poco immaginata come una piccola oneshot per descrivere magari un episodio che faccia un po' da seguito a 'So let's freefall and see where we land', ma solo perchè ho riciclato i personaggi e la loro storia passata. Giuro però che può essere benissimo letta da sola senza aver guardato l'altra, perchè tanto è solo una one shot ed è un po' così.
Non so, magari è un pochino senza senso, però la mia mente malata alle volte partorisce queste cose e si diverte molto. 
Allora, belle fanciulline, fatemi sapere cosa ne pensate, perchè mi piacciono molto le recensioni. Come i gatti, i gatti sono molto carini.
ok, vado a sprecare la mia vita a guardare un po' di telefilm. 
A presto, bellezze.
-xo



Il ragazzo dai capelli arancioni posò la bottiglia sul tavolino, osservando il liquido muoversi, fino a raggiungere una calma piatta, nemmeno una bollicina sulla sua superficie.
Naturalmente. Quella birra era stata aperta più di mezzora prima dalla cameriera, che aveva appoggiato sotto la bottiglia anche un foglietto strappato dal suo block notes con il proprio numero sopra.
Edward però, dal canto suo, non si era nemmeno degnato di rispondere allo sguardo ammiccante della ragazza. Non che non fosse carina, con i suoi capelli neri corti sulle spalle e la maglia striminzita a mettere in mostra le sue forme. Fosse stata un’altra sera, avrebbe anche scambiato qualche battuta con lei e, sotto i suoi occhi, magari si sarebbe infilato in tasca il pezzo di carta, facendole capire che probabilmente l’avrebbe chiamata.
Ma quella non era esattamente la sera giusta. Non era successo niente di particolarmente clamoroso, ma dopo tutto quel girare incessante per città diverse ogni settimana, adesso che Elliot aveva fatto sapere che per il giorno dopo non avrebbero avuto nessuna esibizione, si era finalmente fatto raggiungere dalla stanchezza e da pensieri che fino a quel momento aveva sempre deciso di ignorare.
Pensieri e ricordi che si era sforzato di reprimere in un angolino della sua mente riaffiorarono involontariamente.
Si sforzò di ricacciarli dentro e non prestare loro attenzione ancora per un po’.
Rise distrattamente alla battuta di Greg e si lasciò cullare dalla conversazione sua e di Andrew in sottofondo, sorseggiando di nuovo la sua birra ormai tiepida.
Qualcuno aprì la porta, portando all’interno del locale una folata forte di vento. Chissà quali erano le previsioni per quella sera? Avrebbe piovuto di nuovo? Era Londra, dal tempo ci si poteva aspettare di tutto.
Quando sentì le risate forti del gruppo di nuovi arrivati, il rosso girò la testa verso il tavolo che quelli stavano occupando.
Gli era sembrato di sentire una risata molto familiare, ma non poteva essere.
Le possibilità di capitare lì insieme a lei erano troppo scarse. In una città grande come quella, con tutta quella miriade di abitanti sommata anche alla massa dei turisti, era pressoché impossibile ritrovarsi nello stesso pub, piccolo e buio, all’angolo di una strada di periferia.
Però era pur sempre Londra.
Sì, doveva ammetterlo, almeno con se stesso, che l’aveva anche considerato. Aveva concesso ai suoi pensieri di vagare intorno all’idea di un possibile incontro casuale.
Anzi, aveva quasi sperato in qualcosa come quello, ma poi si era preso in giro da solo, dicendosi che stava diventando un po’ patetico.
Tutto quello che avevano avuto da dirsi, se l’erano detti.
Si girò di nuovo – involontariamente, disse a se stesso.
La trovò con lo sguardo in quel piccolo gruppetto di persone. Le luci erano soffuse, il locale era quasi buio, ma non aveva certo bisogno di chissà quale riflettore o luce che le illuminasse la faccia per riconoscerla.
Certo che no.
Notò i suoi movimenti mentre spostava i capelli biondi con un tocco di mano dalla spalla destra con aria noncurante, ma allo stesso tempo attenta a non scompigliarli troppo. I tratti del viso erano decisamente quelli, aveva passato dei minuti buoni ad osservarli mentre una mattina lei non dava segni di volersi svegliare e continuava a sonnecchiare con la testa sul suo braccio. Riusciva ancora a distinguerli, nonostante la distanza.
Gli occhi si posarono sulla sua figura. La giacchettina di pelle nera le arrivava appena sopra la vita, a coprire il vestitino nero che le avvolgeva il corpo. Troppo corto se lo chiedi a me, soprattutto in presenza di così tanti ragazzi che non erano lui. Chi lo sa, magari sta cercando di fare colpo su uno di loro. Magari non aveva nemmeno bisogno di fare colpo, magari ce l’aveva già un altro.
Sentì una fitta di gelosia, mescolata a invidia – possibile che mi abbia cancellato così in fretta?
Scacciò via quel pensiero, ma gli tornò in mente la telefonata di qualche mese prima.

Avevano evitato l’argomento il periodo subito successivo alla sua partenza, ma ormai le conclusioni stavano diventando evidenti. Non l’avevano mai detto esplicitamente, quando si erano salutati il tutto sembrava così irreale che non si erano nemmeno immaginati che la storia avrebbe avuto vita breve. Molto breve.
Le telefonate cominciarono ad essere sempre più rare, i messaggi sempre più brevi e superficiali.
Restava poco di quello che c’era stato. Le buoni intenzioni andavano lasciate da parte, aveva detto lei. La distanza era una barriera ed era inutile negarlo. Inutile e infantile, e loro erano ormai adulti.
Lei  sarebbe partita per l’università dopo qualche giorno e lui era in giro per l’Inghilterra a inseguire il proprio sogno.
Non sarebbe stato d’aiuto a nessuno continuare a fingere che le cose erano ancora come prima, aveva detto lei, ma lui poteva giurare di aver sentito la sua voce spezzarsi sulle ultime parole, cercando però di convincere più se stessa che lui di quello che stava dicendo.
Lui rimase in silenzio per un po’.
Fu di nuovo lei a parlare, a fargli sapere quanto questa situazione fosse uno spreco inutile di energie, come la cosa non andasse da nessuna parte.
Forse era meglio staccare per un po’, non sentirsi più avrebbe reso il tutto più facile e più efficace ai fini di un distacco desiderabile per l’interesse di entrambi. Avevano entrambi concordato su questo.
Nessuno dei due voleva ammettere che avevano una voglia matta di rivedersi, di stare appiccicati come colla per ore e ore.
La telefonata finì con un ‘ci si vede.. eventualmente’, dopodiché lei riattaccò, rimanendo con la mano posata sul telefono per un po’, mentre sorseggiava il vino direttamente dalla bottiglia.
Lui si accese una sigaretta, nonostante non fosse permesso fumare all’interno del bus. Aprì il finestrino dopo soli due tiri e lasciò che il vento caldo portasse via l’odore di fumo. Non aveva voglia di parlare, quindi decise di eliminare qualsiasi spunto per un’interazione, fosse anche una sgridata.
Lei si trascinò a letto, calciando dentro il borsone le ultime cose che erano rimaste fuori. Lasciò la finestra socchiusa e si tirò le lenzuola fin sopra la testa, determinata a soffocare tutti quei pensieri che si ammucchiavano nella sua mente.

La ragazza scosse leggermente la testa, come per scacciare quei piccoli pezzi di ricordi che erano riaffiorati per colpa di una faccia che le era sembrato di riconoscere.
Si rimproverò per gli improvvisi scatti della sua memoria. Non pensava a lui da un po’ di tempo.
Era riuscita a nasconderne le tracce, ma non le aveva mai cancellate del tutto. Questo solo perché era una codarda. Potevano testimoniarlo quella felpa di qualche taglia più grande e decisamente maschile nascosta in fondo al suo armadio, dietro il cumulo di trapunte inutilizzate. Oppure i fogli scritti, tagliati, corretti e riscritti nella sua grafia, infilati tra i vecchi biglietti natalizi dalla famiglia che non aveva avuto la forza di lasciare indietro quando si era trasferita.
Questi però erano i suoi piccoli segreti, dei piccoli vizi che si concedeva di assaporare solo ogni tanto, quando era troppo stanca per farsi troppi ragionamenti.
Aveva però deciso che era meglio chiudere quel capitolo, l’avevano deciso entrambi e di comune accordo, si disse.
Meglio così.
Notò alcuni dei suoi compagni formare le solite coppiette, sussurrarsi nell’orecchio con la scusa della musica alta, guardarsi con occhi languidi nella speranza di non essere visti da altri.
Mandò giù uno, due, tre di quei piccoli bicchierini che la tavolata aveva ordinato. Qualcuno avrebbe potuto definire il suo comportamento come affogare i ricordi nell’alcol, ma francamente non gliene importava più di tanto.
Diede un’altra occhiata al tavolo dall’altra parte della sala e si chiese se per caso non lo stesse facendo solo per darsi un spintarella, un po’ di coraggio.
Per fare cosa?
Qualsiasi cosa. Salutarlo da lontano. Andare da lui e parlarci, chiedergli se gliene importava ancora, se qualche volta pensava ancora a lei, se in qualcuno dei nuovi versi c’era davvero ancora una traccia di lei o se l’era soltanto immaginato. Marciare fino al suo tavolino e piazzargli un pugno dritto in faccia. Baciarlo per fargli capire quanto le era mancato.
Uno, due, altri tre bicchierini. Si alzò leggermente tremolante sui tacchi che ora sembravano decisamente troppo alti e salutò gli altri. Si lisciò piano la parte inferiore del vestito e si sistemò la giacchettina sulle spalle.
Mentre camminava, pensò a quante volte si era ripromessa di lasciarlo perdere. Decise di seguire quello che era sempre stato il piano A, ignorare il problema fino a quando il problema non se ne va da solo. Ignorare, ignorare, si disse, mentre oltrepassava quello stupido rosso, ma non poté fare a meno di girare gli occhi all’ultimo momento.
Il suo sguardo passò piano sul braccio del ragazzo e notò la piccola forma di zampa incisa con l’inchiostro nero sulla sua pelle chiara.
Lo guardò per un istante che sembrò lunghissimo.

 
 
Slow down, Lie down,
Remember it's just you and me.
Don't sell out, bow out,
Remember how this used to be..
 
 
Lei era andata a quella stupida fiera quel giorno senza di lui. Senza di lui, perché lui doveva essere all’incontro con il suo futuro nel mondo della musica.
Era tornato a casa prima di lei, aveva fumato almeno quattro sigarette prima di stendersi sul divano e aspettare che lei irrompesse dalla porta.
Quando finalmente lei fece il suo ingresso, lui la lasciò parlare, si fece raccontare la storia del piccolo adesivo arancione a forma di zampa, una storia che lei raccontava come qualcosa di davvero emozionante e pieno di pathos.
Lui la guardava e lei era bellissima.
Lei infilò la bustina nella tasca dei suoi pantaloni. Sapeva quanto le piccole cose come quella erano importanti per lei.
Avrebbe fatto di quel piccolo adesivo a forma di zampa il suo simbolo, l’avrebbe portato sempre con lui. Una piccola cosa incisa nella pelle. Una piccola cosa per ricordarne una molto più grande.

 
Ed vide la ragazza riprendere il passo e uscire dalla porta tirandola con forza, come faceva sempre quando non capiva qualcosa o quando litigavano e lei se ne andava come una furia nella sua camera.
Inseguirla probabilmente non era l’idea migliore, ma non riusciva a pensare ad altro. Aveva sperato, anche se segretamente, in un’occasione del genere, e ora che questa gli si era presentata non poteva farsela scappare. Doveva almeno provarci.
Salutò Greg e Andrew e si alzò in fretta, sfrecciando fuori dal locale e fermandosi sul marciapiede a guardarsi intorno. Realizzò che lei poteva essere andata in qualsiasi direzione e Londra era veramente grandissima.
La stupidità del suo piano lo fece quasi sorridere e si maledisse per essersi lasciato ingannare da quella stupida foga del momento. Nei film la fanno molto più facile, lì prendono le decisioni molto più in fretta e quando si precipitano all’aeroporto per dire cose smielate e senza senso, il loro tempismo è sempre perfetto.
Fece qualche passo in direzione dell’albergo e si accese una sigaretta da tenere tra le dita ancora tremolanti per l’adrenalina del momento.
Si appoggiò al muretto per qualche secondo.
“Un tatuaggio a forma di zampa. Una scelta interessante.”
Il ragazzo strinse la presa sul bordo del muretto. Era arrivato al punto di immaginarsi la sua voce? No. Era decisamente troppo chiara e distinta per essere solo nella sua testa.

 
 
I just want you closer,
Is that alright?
Baby let's get closer tonight..
 
 
Si girò e alla sua destra seduta proprio sul quel muretto c’era lei.
Doveva essere lei. Non poteva essere solo frutto della sua immaginazione.
Allora dopotutto la sua idea non era stata così irrealizzabile.
La vide sorridere in quel suo modo beffardo e sarcastico. Non poteva che essere Natalie.
Finalmente le loro labbra si incontravano, i loro corpi si toccavano. Poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata per una gioia folle.
Lei accarezzò i contorni della figura incisa sul suo braccio e lui sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
La baciò di nuovo e la teneva così stretta. Voleva sentirla di nuovo vicina.

 
 
Grant my last request,
And just let me hold you.
Don't shrug your shoulders,
Lay down beside me.
Sure I can accept that we're going nowhere,
But one last time let's go there,
Lay down beside me..
 
 
La luce della luna illuminava metà del suo viso e la spalla lasciata nuda dal lenzuolo. I suoi capelli biondi erano sparsi sul suo cuscino.
Il rosso cominciò ad accarezzarli piano, non voleva svegliarla.
Lei aprì gli occhi e lo guardò per un po’. “È stato stupido.”
“Già.”
“Non andiamo da nessuna parte.”
“Lo so.”
“Allora perché non ci siamo fermati?”
“Non ne ho idea.” Il ragazzo sorrise piano. La prese per mano e lei cominciò a disegnare piccoli cerchi immaginari con il pollice sulla sua, come faceva sempre. “Per adesso però voglio solo che tu stia qui con me, anche solo per stanotte.”
La baciò di nuovo e la teneva così stretta. Voleva sentirla di nuovo vicina.

 
 
I just want you closer,
Is that alright?
Baby let's get closer tonight.

 
 
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran / Vai alla pagina dell'autore: heyyouthere