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Autore: Iccia    27/03/2013    1 recensioni
Non volevo che portasse via la mia bambina, non ora che le cose andavano a meraviglia.
Quando gli avevo detto che ero incinta, non ci aveva pensato due volte ad andarsene.
Mi aveva lasciata da sola e distrutta con un bambino senza sapere neanche cosa fare.
Se non ci fosse stata lei con me, credo che a quest’ora sarei nella depressione più totale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Heather Morris, Naya Rivera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fui riscossa dal tepore del sonno a causa della suoneria del mio telefono.
Era un messaggio, da parte di Taylor.
Il panico s’impossessò di me, cosa voleva ora?
 
Desidero vedere mia figlia.
 
Rilessi almeno dieci volte il messaggio, il mio più grande incubo si stava avverando.
Cosa potevo fare?
Non volevo che portasse via la mia bambina, non ora che le cose andavano a meraviglia.
Quando gli avevo detto che ero incinta, non ci aveva pensato due volte ad andarsene.
Mi aveva lasciata da sola e distrutta con un bambino senza sapere neanche cosa fare.
Se non ci fosse stata lei con me, credo che a quest’ora sarei nella depressione più totale.
Mi voltai nella sua parte di letto, trovandola vuota e notai un bigliettino sul cuscino.
 
Ci vediamo questa sera amore mio
                                                               XoXo
 
Era solita lasciarmi dei post-it la mattina se usciva prima che mi svegliassi.
Se sono qui ora, così felice e così in pace devo ringraziare solo lei : Naya.
È stata vicino a me per tutto il tempo, ancora mi ricordo il giorno che le diedi la notizia…
 
… … …
 
Ero agitata e preoccupata.
Avevo paura di cosa avrebbe detto, la nostra storia segreta era ancora troppo fragile, appesa a un filo di seta, questa notizia poteva solo portare guai.
Con che coraggio glielo avrei detto?
Con quale faccia?
Ero seduta sul divano, tormentandomi le mani, quando il campanello suonò.
Aprii la porta e l’agitazione sfumò via non appena la vidi in tutta la sua bellezza.
Indossava un paio di jeans attillati, una maglia bianca con lo scollo a “V”, gli occhiali neri tirati sui capelli, decolté neri ai piedi con tacchi vertiginosi, il tutto completato da una giacca di pelle nera.
-           Dove sei stata? – le chiesi incuriosita.
-           Avevo una riunione con la casa discografica… Tu, piuttosto, cos’è successo? 
Entrò, poggiò la sua immancabile borsa nera con gli inserti oro di Yves Saint Laurent e si andò a sedere in salotto.
-          Allora? – mi domandò preoccupata.
Mi sedetti vicino a lei.
-          Vedi… Io…
Avevo pensato a mille discorsi, tutti diversi tra loro, ma nessuno mi sembrava perfetto, così rinunciai nell’impresa e diedi tutto in mano al destino, solo che ora mi trovavo in difficoltà.
Sopraffatta dall’agitazione, cominciai a piangere gettandomi al suo collo.
-          Heather, tesoro, così mi fai preoccupare… - mi disse facendomi posizionare sulle sue ginocchia, i miei piedi lungo il divano, mentre mi teneva stretta e mi accarezzava la schiena.
Aspettò che mi calmassi, continuando a stringermi e lasciandomi di tanto, in tanto qualche bacio in fronte.
-          Hai voglia di dirmi cos’ è successo? – mi domandò una volta che mi calmai.
Presi un respiro profondo e nascondendo di più il viso nell’incavo del suo collo dissi ciò che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
-          Sono incinta.
La sentii irrigidirsi, aveva persino smesso di respirare.
Calde lacrime ricominciarono a rigare il mio volto, pochi secondi dopo sentii che cominciava a rilassarsi e mi strinse più forte a sé.
-          Dì qualcosa ti prego… - la supplicai trovando il coraggio di guardarla negli occhi.
Stava piangendo anche lei, i suoi occhi erano più neri che mai in quel momento.
Quegli specchi sempre vispi, allegri non mi erano mai sembrati più profondi in quel momento, solo che brillavano di apprensione.
-          Taylor? – mi chiese in un sussurro.
-          È sparito… non ne voleva sapere niente e-e … io non so che fare… non sono pronta ad avere un bambino, n-non ora… - le dissi tra i singhiozzi.
-          Oh, amore mio… - mi abbracciò.
-          Non sarai sola… prometto che ti starò vicino, ogni volta che ne avrai bisogno…io ci sarò… - mi promise prima di lasciarmi un bacio pieno di amore e sicurezza, che ricambiai con necessità.
-          Ti amo… - le dissi.
-          Ti amo anche io, amore…
 
… … …
 
E così era stato.
Era con me alla prima ecografia, con me quando avevamo scoperto il sesso del bambino, con me nei miei tanti sbalzi d’umore.
Mi aveva sopportato sempre, senza mai lamentarsi, cercando ogni volta di tranquillizzarmi.
Quando per me era arrivato il momento di entrare in maternità, mi aveva invitato ad andare ad abitare da lei.
Non voleva che rimanessi da sola durante il giorno in un appartamentino come il mio.
Casa sua era molto più grande e confortevole, provvista di un cuoco e di una governante, così avrei sempre avuto compagnia.
Naya lavorava tutto il giorno, si destreggiava tra set cinematografici e la casa discografica ma, quando poteva rifiutare qualche invito a qualche party, lo faceva molto volentieri per rimanere a casa con me.
Durante i nove mesi di gravidanza Taylor non si era mai fatto sentire e mia madre come lui, presa dall’imbarazzo verso il suo “pupillo”.
Si era presentata a casa di Naya l’ultima settimana del nono mese.
Avevamo discusso perché lei voleva essere lì quando nasceva il bambino, ma i dottori erano stati chiari, in camera durante il parto ci poteva stare solo una persona con me.
E non avevo dubbi su chi dovesse essere.
Pochi minuti dopo la discussione cominciarono le doglie…
 
… … …
 
-          Sono tua madre! Devo entrare con te!
-          Te ne ricordi ora che sei mia madre?! Dove sei stata durante tutti i nove mesi!?
-          Non puoi volere quella Naya durante il parto con te! Lei  non è nulla per te! – mi urlò contro.
Quel giorno ero già di mal umore di mio poi ci si era messa anche mia madre.
Da quando mi ero svegliata mi sentivo strana e non ero in vena di discussioni.
Ma sentirla parlare a quel modo di Naya, mi fece salire il sangue alle vene.
-          Naya è tutto per me… mi è stata vicino quando né tu né il tuo adorato Taylor ne siete stati capaci… il figlio che porto in grembo non era niente per Naya, ma lo ha comunque accettato, e ci ha dato quello di cui avevamo bisogno.
Naya entrerà con me.
Poco dopo cominciai ad accusare forti dolori, talmente acuti che mia mamma mi portò subito in ospedale.
Durante il tragitto inviai un messaggio a Naya dicendole che era ora.
Cinque minuti dopo il mio arrivo, la vidi entrare nella mia stanza con al seguito Dianna.
Indossava i pantaloni della tuta larghi e grigi che si stringevano sulle caviglie e le fasciavano il sedere sodo, con delle sneakers e una canottiera nera.
Stessi vestiti di Dianna, evidentemente stavano lavorando insieme.
Appena mi vide corse ad abbracciarmi.
-          Ho paura… - le sussurrai.
-          Sarai bravissima – mi assicurò.
-          Rimarrai dentro con me quando sarà il momento di spingere?  - le chiesi cautamente.
-          C-cosa? – mi domandò incerta guardandomi negli occhi.
-          Ti prego, dentro ci può stare solo una persona…. Ho scelto te… - le risposi sicura.
-          Ok… - mi rispose tranquilla con un sorriso.
Verso le dieci e mezza di sera Dianna e mia madre tornarono a casa, lasciandoci sole.
Stavo soffrendo come mai nella vita, ma ancora non ero dilatata abbastanza per cominciare a spingere.
Durante tutta la notte Naya mi aveva tenuto la mano, mi accarezzava il viso o i capelli e, qualche volta, si era presa la libertà di accarezzarmi il pancione e, avvicinandoci il viso, sussurrava “Ehi, dolcezza, sarà ora di uscire? Tua mamma non ne può più…”facendomi sorridere.
Ero sicura che se qualcun altro mi avesse detto le stesse parole in quel momento, per di più toccandomi la pancia, lo avrei sbranato, ma come poteva darmi fastidio un gesto tanto dolce fatto da lei?
Quando era arrivato il momento di spingere si era messa vicino a me, senza guardare cosa succedeva dall’altro lato, non che non mi avesse mai visto nuda, l’amore lo avevamo fatto spesso, ma ero convinta che le facesse impressione.
Durante tutto il travaglio mi incitò tenendomi per mano, accarezzandomi di tanto in tanto e sussurrandomi parole dolci all’orecchio.
Quando, finalmente, la bambina nacque, scoppiai in un pianto liberatorio e lei con me.
-          Sei stata bravissima amore mio, sono orgogliosa di te… - mi sussurrò.
Le diedi un bacio veloce prima di girarmi verso i dottori.
-          Perché non mi portano mia figlia? – le chiesi preoccupata.
-          Prima devono lavarla e vestirla, dopo te la portano… vado a vedere… - mi rassicurò.
La vidi mimetizzarsi tra i dottori, parlare un attimo con loro e, dopo che il dottore mi aveva visitato uscirono tutti lasciandoci con la nuova arrivata.
Si avvicinò verso di me con il piccolo fagotto in braccio.
Lo spettacolo più bello  che avessi mai visto.
-          Ecco la tua bambina… - mi disse porgendomela.
Era una bella bambina, bionda con le guanciotte piene.
La mia piccolina paffuta.
-          Ho paura di farla cadere… - sussurrai.
-          Non credo che ci riusciresti…
Quando entrò un’infermiera per dirmi come dovevo allattare, Naya uscì per chiamare Dianna e annunciarle il lieto evento.
Il giorno dopo sarebbero venuti a trovarci tutti i ragazzi del Glee.
Quando rientrò stavo ancora allattando e l’infermiera era uscita.
-          Domani avrai molte visite… - mi annunciò baciandomi la guancia.
-          Lo avevo immaginato… le tue chiamate con i ragazzi del Glee sono a catena…- le risposi ironica.
-          Allora, hai deciso come la chiamerai?
Annuii orgogliosa.
-          Marie….
Mi guardò dubbiosa, era un nome troppo semplice per una persona fuori dal comune come me.
-          È il tuo secondo nome… mi sei stata vicina in questo periodo, mi hai aiutato in tutto… anche quando pensavo che non ce l’avrei fatta, sei arrivata tu come un angelo custode, il nostro angelo custode, e mi hai ridato la speranza… questo mi sembrava un bel modo per dirti grazie… anche se non sarà mai abbastanza… - le spiegai commossa.
-          Ti amo da morire… - continuai.
-          Ti amo anche io, amore mio… - mi rispose prima di baciarmi commossa.
 
… … …
 
Quello era stato il giorno più bello della mia vita.
 In quello seguente tutto il Glee era venuto a trovarmi con una sorpresa: Naya, la mattina, l’avevo rimandata a casa visto che la notte non aveva dormito, tanto io sarei rimasta in buone mani con le infermiere, però mi aspettavo che per pranzo tornasse da me, invece arrivò alle quattro con tutti i ragazzi e, oltre ai palloncini rosa e ai fiori arrivarono con una canzone originale dedicata a me e Marie.
La mattina si erano radunati a casa di Mark e si erano messi a comporla.
Quindi avevo dedotto che comunque non aveva dormito, ma riusciva ad essere sempre piena di energie e bellissima come solo lei poteva esserlo.
Il giorno dopo ero uscita e Naya si era presa tre giorni di ferie per rimanere a casa con me.
La governante mi era saltata addosso appena mi aveva visto e mi aveva fatto le congratulazioni, come anche il cuoco.
Mia madre ci venne a trovare, ma poi ritornò a casa, dicendomi che sarebbe ritornata presto.
La notte, quando Marie si svegliava piangendo, molto spesso si alzava  Naya che le dava il latte dal biberon e la canticchiava la ninna nanna.
Marie si tranquillizzava immediatamente quando la sentiva cantare, era abituata a sentirla da quando era in grembo…
 
…. … …
 
Ero stesa sul divano in preda alla nausea, ero riuscita a mangiare solo una minestra, sapendo che non andava bene, ma non riuscivo proprio a mandare giù niente.
Naya sarebbe ritornata tra qualche minuto e non vedevo l’ora.
Mi era mancata più del solito quel giorno.
-          Eccomi! – la sentii annunciare mentre chiudeva la porta.
-          HeMo... – mi chiamò accucciandosi davanti alla poltrona.
-          Come stai?
-          Uno schifo… ho la nausea da questa mattina… - le risposi insofferente.
-          Povera cucciola…
Si stese di fianco a me sul grande divano ed io nascosi la testa nell’incavo del suo collo.
Cominciò a canticchiarmi una canzone per tranquillizzarmi.
La bambina, che fino a quel momento non aveva smesso un attimo di muoversi e scalciare, si fermò di botto.
Feci un sospiro di sollievo.
Naya, capendo al volo la situazione, mise una mano sul pancione e cominciò ad accarezzarmi rendendomi la persona più felice al mondo.
Lì, in quel momento, capii che non potevo desiderare di meglio dalla vita.
Naya era la persona perfetta per aiutarmi a crescere mia figlia, anche perché credevo sul serio avesse un ascendente sulla bambina.
 
… … …
 
E così infatti si rivelò.
Ora che Marie aveva un anno e camminava da sola ero sicura che Naya avesse una buona influenza su di lei.
La sera, quando tornava, la bambina le correva incontro e la riempiva di baci.
Era uno spettacolo vederle, erano entrate subito in sintonia.
Marie adorava Naya, d’altronde chi non lo faceva.
Anche io l’avevo adorata subito, dal primo momento che l’avevo vista sul set di Glee, e non finirò mai di benedire quel giorno.
Avevo costretto Naya a guardarsi con noi due i film della Walt Disney e, quando si addormentava sul divano, io e Marie le saltavamo in braccio svegliandola a suon di baci.
Segretamente, quando eravamo sole, e parlavo a Marie di Naya, la chiamavo “Mami”, al contrario di me che ero “Mamma”.
Per me eravamo una famiglia, anche se Naya era contraria a farsi chiamare in questo modo.
Perché diceva che lei non era uno dei suoi genitori.
Così lo facevo solo quando lei non c’era.
Ma, inevitabilmente, fui scoperta…
 
… … …
 
Me ne stavo in salotto mentre piegavo i panni appena stirati.
Naya stava preparando il pranzo con Marie in braccio, quando ad un tratto mi chiamò.
-          HeMo tua figlia ti ha chiamato…. – mi disse eccitata  appena entrai in cucina.
-          Come mi ha chiamato? – le chiesi dubbiosa.
-          Ha detto la sua prima parola! Senti… Cucciola, chiami la mamma? – chiese diretta alla bambina.
-          Ma-mi – disse Marie mentre continuava a toccare la guancia di Naya.
-          Oh-oh – dissi.
-          Oh-oh che? Tua figlia ha appena detto mamma e tu dici solo “oh-oh”? – mi chiese sospettosa.
Vedendo che non rispondevo si avvicinò e mi disse:
-          C’è qualcosa che vorresti dirmi HeMo?
-          Aspetta qui….
Mi fiondai al secondo piano, nella cameretta di Marie e presi una fotografia dal comodino.
Ritraeva me, Naya e Marie in spiaggia, una vacanza che avevamo fatto con Dianna e Lea qualche mese fa.
Ritornai in cucina e mi piazzai davanti alle donne della mia vita.
-          Marie, tesoro… chi è questa? – le domandai indicando la faccia di Naya sulla foto.
-          Ma-mi… - rispose nuovamente.
-          Heather…. – sbuffò Naya girandosi e mettendo la bambina seduta nel seggiolone davanti all’ isola della cucina.
La guardai colpevole.
-          Te l’ho detto cento volte che non mi dovevi far chiamare mamma, magari zia… ecco zia te lo avrei concesso… ma mamma è troppo…. – affermò girandosi verso di me.
Presi coraggio e le misi le braccia intorno al collo facendola indietreggiare finché non si appoggiò al piano della cucina.
-          Andiamo… non ti piace essere chiamata mamma? – le domandai sorridendole.
-          Senza dubbio – rispose prontamente appoggiandomi le sue mani sui miei fianchi – ma, Heather, io non sono sua madre… lo potevo essere se, quando eri rimasta incinta, stavamo insieme e avessimo deciso di fare un figlio, insieme… ma non è stato così…
-          Ma ora noi stiamo insieme…
-          Sì, ma… come faccio a spiegartelo…. I genitori di Marie siete tu e Taylor non io… io sono soltanto la fidanzata di sua madre che si occupa di lei… e devo rimanere tale…. – cercò di spiegarmi.
Ci rimasi male da quella risposta, non me la sarei mai aspettata.
Sciolsi la presa dal suo collo e mi voltai verso l’isola della cucina, in modo che non vedesse i miei occhi lucidi.
-          Amore mio… non fraintendermi… io ti amo, come amo Marie… sono contenta che tu voglia che mi chiami mamma, sono la donna più felice del mondo… ma non è giusto nei suoi confronti… quando sarà grande cosa le dirai? – mi disse abbracciandomi da dietro.
-          Le racconterò di quanto è stato bastardo suo padre, e di quanto invece è stata dolce e fantastica l’altra sua mamma… - le risposi appoggiandomi a lei.
-          Ma non sarebbe giusto nei confronti di Marie – mi spiegò comprensiva.
-          Pensa a cosa penserà parlando di suo padre, al dolore che proverà nel sapere che l’uomo che l’ha creata non voleva saperne niente di lei… - continuò.
-          E cosa dovrei fare? – le chiesi quasi in una supplica.
-          Dovrai essere brava nel raccontarle tutta la storia senza incolpare nessuno… un giorno, se vorrà rivedere suo padre, potrà scegliere di farlo con la sua testa e non con quello che le dice sua madre… dovrai essere imparziale…
-          E tu?
-          Io rimarrò vicino a voi… altro non posso fare…
-          Ti farai chiamare “Mami”? – le domandai schietta.
-          Hai ragione in tutto quello che hai appena detto, ma Taylor per Marie non potrà mai essere il padre… non c’è mai stato per lei come ci sei stata tu… per lei sei sempre stata la sua Mami… poi, ormai, ha imparato a chiamartici e credo che continuerà… - affermai sicura.
-          Ok va bene… mi arrendo… avete vinto voi! – esclamò ridendo.
-          Ho paura NayNay…
-          Di cosa tesoro?- chiese lasciandomi un bacio in una spalla.
-          E se Taylor arrivasse un giorno e me la portasse via? – le domandai terrorizzata.
-          Non lo farà… anche perché non lo può fare… ci rivolgeremo ad un avvocato…e poi, sai che ti dico? Se si azzarda a farlo gli impedirò di contribuire alla crescita della popolazione americana… - esclamò ridendo.
Mi rigirai nel suo abbraccio e, stringendola a me, le diedi un bacio profondo e grato.
Continuammo a baciarci finché non sentimmo le risate cristalline di Marie.
Ci voltammo e vedemmo che stava ridendo mentre applaudiva con in mano il cucchiaio e il piatto con la minestra che intanto era caduta rovinosamente nel seggiolone.
-          Marie è la quarta volta questa settimana che fai cadere la minestrina addosso… fortuna che, conoscendoti, ne ho preparata di più… - affermò Naya sconsolata.
-          Ma che brava mammina... – la presi in giro baciandole la guancia.
-          Che scema…
-          Dai, guarda quanto è felice…
Ed era così, eravamo tutti felici.
Avevo la famiglia più bella che potessi mai desiderare.
 
… … …
 
Ed ora il mio più grande incubo si stava avverando.
Taylor era tornato per conoscere sua figlia.
Ora che le cose andavano magnificamente bene.
Naya era una mamma presente e amorevole, mi tranquillizzava ogni volta che la bambina stava poco bene e io entravo nel panico.
Era la mia roccia.
Ci completavamo.
Non poteva arrivare ora lui dal nulla e rompere l’equilibrio che si era creato.
Non ne aveva nessun diritto.
Ed anche se Naya e l’avvocato me lo avevano ripetuto almeno un migliaio di volte, io credevo ancora che lui me la potesse portare via.
Andai nella cameretta di Marie e la trovai ancora addormentata.
Cos’avrei fatto se me l’avesse portata via?
Passai tutta la giornata a rimuginarci sopra, fortunatamente Greta (la governante) mi rallegrò con la sua spensieratezza.
Ancora non avevo ripreso a ballare, non me la sentivo di lasciare mia figlia, era ancora troppo piccola, così avevo deciso di rimanere un altro po’ a casa.
Prima di pranzo decisi di chiamare Naya per avvertirla.
-          Amore… - mi rispose.
-          NayNay… mi ha inviato un messaggio… - le dissi al limite della preoccupazione.
-          Chi?
-          Taylor… vuole vedere Marie… - dirlo ad alta voce lo fece sembrare ancora più reale e, inevitabilmente, scoppiai a piangere.
-          Ehi, ehi, amore, calmati… facciamo una cosa, il regista mi ha dato il resto della giornata libera, ora torno a casa e chiamiamo l’avvocato ok? – mi propose.
-          Sì… fai presto però… - le dissi in una supplica.
-          Ok… a tra poco amore mio…
Tornai in cucina dove trovai Antonio (il cuoco) intento a domare le pentole nel gas e Marie che giocava nel box dei giochi tutta tranquilla.
-          Dov’è Greta? – gli chiesi.
-          Hanno suonato al campanello… è andata ad aprire… - mi rispose sorridendomi.
Mi fiondai all’ingresso mentre la paura s’impossessava di me.
-          Vorrei vedere Heather… - sentii la voce familiare di Taylor parlare con Greta.
-          E lei sarebbe? – gli domandò
-          Sono il padre del bambino…
-          Bastardo estúpido! ¿Cómo te atreves a venir aquí ahora!
Y sería un adulto?
Vos sos un niño tonto.
              Eres un bueno para nada! – gli urlò contro Greta.
-          Greta, calmati… - intervenni appoggiandole le mano sulle spalle.
-          Non vorrai farlo entrare?! È uno stupido e bastardo! – inveì.
-          Come si permette? – le chiese Taylor paonazzo.
-          Oh mi permetto eccome! Voi maschi siete capaci solo a fare casini per poi lavarvene le mani per la vostra poca intelligenza! – detto questo ci lasciò da soli sorpassandomi livida di rabbia.
Greta aveva lo stesso temperamento di Naya, diceva tutto ciò che pensava senza rimorsi quando era arrabbiata, lasciando le persone basite.
-          Chi diavolo è quella pazza? E dove cavolo sei andata ad abitare?! – mi domandò esterrefatto.
-          L’unico pazzo qui sei tu.
E se non fosse stato per questa casa, e per chi vi ci abita, io a quest’ora non sarei qui. E tutto per colpa tua. – gli dissi gelida.
-          Heather mi dispiace…
-          Oh, non cominciare! Non iniziare a dire “mi dispiace per quello che ho fatto, sono tornato per rimediare”, potevi pensarci prima! Ormai è troppo tardi per rimediare al casino che hai fatto! Ed è già tanto se sto qui a parlare con te! – gli urlai.
-          Heather… io ti amo ancora…
-          Beh, io no! E non ti perdonerò mai per quello che hai fatto!
-          HeMo… lasciami spiegare…
-          E cosa vorresti dirle? “Non ero pronto ad avere un bambino, così ho pensato bene di andarmene…” non era pronta neanche lei ma c’è riuscita ugualmente… - intervenne Naya prima che gli saltassi addosso.
Bella come sempre, comparì dietro le spalle di Taylor, con l’espressione severa e le braccia incrociate sotto il seno.
La ringraziai mentalmente per essere arrivata in quel momento, non ce l’avrei fatta a reggerlo per altri due minuti.
-          Stanne fuori Naya, tu non centri niente!
-          Io non c’entro niente?! Taylor, se non lo avessi capito, da quando hai deciso di andartene hai perso tutti i diritti che avevi su questa bambina! Sei tu che non c’entri non io!
Quando è nata tu non l’hai riconosciuta come tua figlia ed ora, a meno che Heather non voglia concederti di vederla e di darle il tuo cognome, tu non sei niente. – gli disse sicura mostrandogli un foglio che teneva in mano.
Poi passò lo sguardo da lui a me, sempre severo.
Lo aveva scoperto.
Aveva scoperto che l’avevo segnata come una delle due genitrici della bambina.
Quando ero andata a segnare la nascita di Marie in comune, le avevo dato il mio cognome, ma avevo messo Naya come la “seconda mamma”.
Tutto a sua insaputa.
Avevo fatto la firma falsa.
Quel giorno avevo visto molte mamme, in comune, con i propri figli e mariti.
Mi ero sentita molto male, guardando la mia bambina e capendo che avrebbe avuto come genitore legale solo me.
Avevo cominciato a pensare che, se mai mi fosse successo qualcosa, quella bambina sarebbe rimasta sola, sì, certo, c’era Naya ma la custodia non sarebbe passata a lei.
Così scioccamente, seguendo il mio illecito ragionamento, l’avevo segnata come secondo genitore e avevo falsificato la firma.
Ora mi sentivo in colpa per averlo fatto.
-          Che cos’ questo? – chiese Taylor leggendo il foglio.
-          E’ il certificato di nascita di Marie… - gli rispose Naya avvicinandosi a me.
-          Nostra figlia. – affermò sicura, anche se la sentivo un po’ rigida.
Nostra figlia.
Aveva ammesso che era nostra figlia, ok, forse il tono non era dei migliori, e mi faceva presagire una discussione dopo che Taylor se ne fosse andato ma, almeno, lo aveva detto.
-          Heather, non puoi farmi questo… - supplicò lui.
-          Mi dispiace, ma non ho avuto altra scelta. – gli risposi.
-          Non finisce qui! Io chiamerò il mio avvocato e vi porterò in tribunale… riavrò indietro mia figlia.
-          Provaci… ma, finché non sarà Heather a decidere di riconoscerti come padre, tu non potrai fare niente di costruttivo. – ribadì Naya facendolo ragionare.
-          Posso almeno vederla? – chiese.
Naya non parlò, evidentemente stava a me decidere.
Annuii lievemente, non ero sicura che fosse stata la scelta giusta ma, almeno questo glielo dovevo, in ricordo almeno dei vecchi tempi.
Lo facemmo entrare in casa, Naya ritornò verso la macchina, che aveva lasciato aperta, non avevo neanche il coraggio di guardarla negli occhi.
-          Le has dejado entrar?
no trate de tocar a la niña! – gli disse Greta puntandogli il dito contro.
-          Cálmate Greta…. No haré nada de malo... lleva la niña a Heather… – la rassicurò Naya entrando.
Non capii niente di quello che dissero, come non avevo capito cosa aveva detto Greta prima a Taylor, ma le parole di Naya suonavano rassicuranti al mio orecchio inesperto e Greta se ne rintanò in cucina ricomparendo qualche secondo dopo con Marie e, un attimo dopo, me la porse.
-          È uguale a te…- esclamò Taylor appena la vide.
-          Speriamo che allora non abbia ripreso il tuo carattere…. – dissero insieme Greta e Naya, solo che Greta lo disse ad alta voce mentre Naya lo sussurrò.
Taylor le fulminò con lo sguardo e le due risposero con un’alzata di spalle indifferente.
Se non fossi stata così in apprensione, di sicuro mi sarei messa a ridere per la scena.
Marie intanto aveva notato Naya e si sporgeva per andarle in braccio.
-          Mami… - la richiamò muovendo le manine verso di lei.
-          Hola pequeña… - la salutò prendendola e lasciandole un bacio sul nasino.
Finalmente l’espressione di Naya era più rilassata e stesa, ma sapevo che era solo una facciata.
L’avevo combinata grossa.
-          Ti chiama mamma? – le chiese Taylor più sbalordito che mai.
-          Parla con Heather… - gli rispose lei gelida.
Sentimmo il telefono di casa squillare, Naya mi porse Marie e andò a rispondere chiudendosi in cucina con Greta e Antonio.
Rimanemmo così, per la prima volta, soli noi tre, la famiglia originaria, ma che non sentivo come tale.
-          Perché Marie? – mi chiese Taylor.
-          È il secondo nome di Naya, dovevo ringraziarla per quello che ha fatto per me e la bambina… - risposi sedendomi nel divano e lasciando la bambina giocare sul tappeto con i suoi giochi.
Taylor si sedette sulla sedia a dondolo al lato del divano.
-          Mi dispiace non esserci stato in tutto questo tempo… voglio davvero cercare di recuperare, io ti amo… e questa bambina è anche mia figlia, non puoi non riconoscerla come tale… - mi disse.
Stavo trattenendo a stento le lacrime.
Ma non volevo piangere davanti a mia figlia.
E lui non poteva farmi questo.
Rimasi in silenzio, non avevo la forze neanche per parlare.
Sentimmo la porta della cucina aprirsi facendo spuntare Greta che tolse la bambina da sotto i piedi di Taylor e una Naya più furiosa che mai mentre si avvicinava pericolosamente a lui.
-           Greta, porta via Marie.
C’è qualcosa che vuoi dire ad Heather? – domandò gelida.
-          Cosa dovrei dirle? – chiese non capendo.
-          Oh, non lo so… per esempio il vero motivo per cui sei venuto qui!
-          Per conoscere mia figlia…
Non fece in tempo a finire la frase che Naya gli assestò uno schiaffo in pieno volto, lasciandogli un segno rosso.
-          Naya… - sussurrai  mettendomi in piedi.
-          Fatti raccontare perché è qui! Fatti dire cosa vuole davvero questo infame! – urlò Naya mentre Greta aveva finito di vestire Marie per poi portarla a fare un giro fuori.
-          Non so di cosa tu stia parlando… - continuò Taylor.
-          Ah no? Allora ti rinfresco la memoria…. Sei stato licenziato e, sprecone come sei, ora sei al verde e i tuoi genitori non ne vogliono più sapere niente di te, perché hanno scoperto che hai usato tutti i soldi in giochi d’azzardo! Ed ora sei venuto qui usando Marie come scusa per far impietosire Heather e così rubare anche i suoi soldi! Ti ricordi ora?! Mi domando come fai a non farti schifo da solo! – gli urlò contro con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Rimasi immobile a fissare  Taylor sbalordita.
Come ha potuto fare una cosa del genere?
Con che faccia era riuscito a presentarsi?
Con chi sono stata per tutti quegli anni?
Come ho fatto a non accorgermi della persona che avevo a fianco?
-          È tutto vero? – gli domandai con voce tremante.
-          Sì… volevo da te solo i soldi, speravo ed ero sicuro di riuscirci… non avevo previsto che si mettesse in mezzo lei. – disse sprezzante indicando poi Naya.
-          Come hai potuto? Sei senza cuore… - lo accusai sempre più debole e scioccata.
-          Non mi è mai importato niente… stavo con te solo per i soldi e, quando mi hai detto che eri incinta, ho pensato di andarmene prima che mi potessi incastrare… - raccontò con un sorriso maligno.
Fu come ricevere una pugnalata in pieno petto: lui non mi aveva mai amato.
Stava come me per i miei soldi, non per amore.
Che stupida che ero stata!
Abbassai lo sguardo cercando di ricacciare indietro le lacrime.
-          Vattene. – sentii la voce gelida di Naya.
-          Vattene e non farti più vedere. – ribadì con veemenza.
Sentii dei passi svelti e una porta aprirsi.
-          Non finisce qui… - minacciò Taylor.
-          Oh, per te, caro mio, finisce eccome, senza soldi cosa vorresti fare?! Orami sei impotente. – gli rispose a tono sbattendogli la porta in faccia.
Mi accasciai ai piedi del divano singhiozzando.
Finalmente stavo liberando tutta l’angoscia e l’ansia della mattinata.
Due braccia mi strinsero subito in un abbraccio rassicurante.
Mi appoggiai al corpo esile di Naya beandomi delle sue attenzioni, sapevo che era la calma prima della tempesta, così me la volevo godere appieno.
Appena mi sarei calmata avrei dovuto affrontarla.
-          Shh… Heather, è tutto finito, tranquilla… - mi sussurrò lasciandomi un bacio sulla fronte.
-          Mi dispiace… - mormorai tra i singhiozzi.
-          Mi dispiace per il certificato… - continuai, coprendomi il volto con le mano.
Continuò a rimanere in silenzio, sempre accarezzandomi.
-          Per favore dì qualcosa… - la supplicai.
-          Che dovrei dire? Mi hai deluso, Heather… perché non me lo hai detto? È passato un anno! – mi disse amaramente.
-          Scusa… avrei dovuto dirtelo ma avevo paura… della tua reazione… - riuscii a dire tra i singhiozzi che si erano fatti più forti a causa delle sue parole.
-          Ed ora pensi che la mia reazione sia migliore? – domandò ironica.
-          No… mi dispiace, mi dispiace tanto… non volevo ma lì per lì ho avuto paura… c’erano così tante mamme con i papà… ero l’unica sola con una bambina… sentivo i discorsi che facevano, di come i papà erano presenti, che quando loro non c’erano erano sicure di lasciarglieli… mi sono ritrovata a pensare che io non potevo farle queste cose… mia figlia non aveva un papà…e, magari, un giorno, io non ci sarei stata più e non sapevo con chi sarebbe stata mia figlia, su chi si sarebbe appoggiata così, senza pensarci, ho falsificato la tua firma e ti ho messo come secondo genitore… scusa… non volevo deluderti- le raccontai in preda al pianto.
La sentii stringermi più forte a sé.
-          Per favore perdonami… - la supplicai.
Mise due dita sotto il mio mento e mi alzò il volto in modo da poterla vedere negli occhi.
-          Hai sbagliato ad agire così d’impulso, senza dirmi niente, hai sbagliato a pensare quello che hai pensato ed hai sbagliato a falsificare la mia firma… ma è stato lo sbaglio più giusto che tu potessi mai fare…- mi assicurò con un sorriso.
La guardai negli occhi, non c’era più ombra di delusione, di rabbia, vedevo solo l’amore e la felicità che provava in quel momento.
-          Non sei più arrabbiata? – le domandai.
-          No – mi rispose tranquilla.
-          Quindi ora siamo una famiglia a tutti gli effetti?
Non fece in tempo a rispondermi che Marie, rientrata con Greta, si accoccolò sulle mie gambe, cominciando a giocare con il braccialetto sul polso di Naya.
-          Sì… siamo una famiglia a tutti gli effetti. – mi assicurò poco dopo.
-          Ti amo – le dissi guardandola grata.
-          Ti amo, sempre e per sempre – mi rispose regalandomi il più bel sorriso che avessi mai visto.
-          Sempre e per sempre – ribadii come un mantra prima di avvicinarmi per scambiarci un bacio.
Un bacio nuovo, pieno di nuove e vecchie promesse, colmo d’amore, amore che sarebbe durato in eterno.
Non avrei mai smesso di ringraziarla per quello che aveva fatto, che faceva e che avrebbe sempre fatto per Marie e per me.
Era un angelo.
Il nostro angelo custode.



Eccomi tornata, desiderata o meno :D
Mi scuso per  il mio spagnolo, date tutta la colpa a Google traduttore se ci sono delle frasi sbagliate....:)
Vorrei ringraziare Rosita13 per l'immenso aiuto che mi da ogni volta che mi immergo nella scrittura.... Quanta pazienza deve avere! ;)
Scrivere questa storia è stata dura come partorire un bambino (tanto siamo in tema), non so se sono riuscita a esprimere al meglio tutti i concetti base, ci ho provato :)
ehm... che altro..... *si sforza di pensare a qualcosa*.... no basta non ho altro da dirvi.... 
Spero vi sia piaciuta, un bacione, alla prossima.... Ciao, Ciao!      ^-^/
 
  
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