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Autore: Nick95    28/03/2013    2 recensioni
POV. CARLISLE
1918. Piccola One-shot sulla trasformazione di Edward Masen in Edward Cullen.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Edward Senior Masen, Elizabeth Masen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Carlisle e le sue trasformazioni'
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IMPOTENTE, MA POTENTE


Strano. Sono un vampiro, eppure mi sento impotente di fronte agli umani, specialmente in questo periodo.
La Guerra è nel pieno del suo svolgimento, e per fortuna Aro si è imposto a tutti i vampiri: nessuno poteva prenderne parte. Per questo, io mi limito a guarire i feriti. Ma purtroppo, preferirei un ferito piuttosto che questo.
Una terribile influenza. Ecco qual era il problema.
Due giorni fa ho visitato la Spagna. Unica potenza mondiale non in guerra, e le notizie spagnole sono tutt'altro che quelle americane. Corrugo la fronte nel mio studio personale. Osservo ancora un giornale spagnolo. Appena in tempo averlo recuperato.
Cerco di venirne a capo sul modo per curarla. Niente. Quasi duecentosettant'anni ad occuparmi di medicina, sembrano inutili di fronte a questo.
Per fortuna sono stato un periodo in Spagna, laureandomi anche lì in medicina, quindi non è un problema tradurre lo spagnolo. Appena in tempo, ripeto fra me nel pensiero. Un'altro giorno, e il governo spagnolo avrebbe censurato tutte le notizie della Guerra, includendo anche quelle di questa grave pandemia. Appena in tempo, ripeto ancora. Ma non bastava. Il giornale descriveva alla perfezioni i sintomi, come quelle di una semplice influenza. Ma ho provato queste cure ad almeno cento umani, con il risultato contrario. Ho visto morire migliaia di persone, sentendomi impotente, nonostante il mio 'essere vampiro'. La compassione era tanta, troppa. L'altro giorno, altri due pazienti. Mamma e figlio, il secondo di appena diciassette anni, venuti a morire di influenza. E io non potevo farci niente.
Osservo l'orologio, appeso nell'angolo della mia abitazione. Mezzanotte meno dieci. Mi toccava il turno all'ospedale. Alla mia velocità, mi vesto, per andare a vedere altre persone morire, impotente.
Impotente.
Una parola per autodescrivermi.
Esco sul balcone e con un agile balzo salgo sul tetto.
Mi muovo ad alta velocità, tetto per tetto, fino a raggiungere l'ospedale.
Raggiunto il quartiere dell'ospedale, deserto. Non c'è un umano in circolazione. Influenza talmente contagiosa che gli umani preferiscono stare alla larga addirittura del quartiere intero. Tutta Chicago.
Mi lascio cadere silenzioso sull'asfalto asciutto, vicino al palazzo adiacente all'ospedale.
Nei limiti dell'umanità raggiungo l'ospedale.
Distrattamente compio tutti gli atti burocratici, prima di recarmi al solito reparto.
Passando dal laboratorio osservo degli scienzati osservare al microscopio il virus dell'influenza. Nemmeno le mie tre lauree in bio-chimica mi avevano permesso di venirne a capo, tutti i fondi spesi dallo stato per quel microscopio all'avanguardia, senza risultati positivi.
Proseguo verso il reparto assegnatomi tempo fa. Influenze gravi.
Il medico all'entrata di quell'area mi offre una mascherina di protezione. Non mi sarebbe servita, la indosso ugualmente per non dare nell'occhio.
"Vediamo, dottor Cullen..." sfoglia l'elenco dei medici per reparto, io trovo quello assegnatomi prima di lui, ma aspetto
"Sala 4" dice infine.
I Masen, mi toccano ancora loro. Elizabeth ed Edward.
Accetto distrattamente e mi dirigo alla sala 4.
"Aspetti" mi dice toccandomi la spalla.
Mi fermo e lo guardo "Mi dica"
"Dottor Cullen...i Masen. Hanno avuto un peggioramento grave, due ore fa. Non resta molto tempo"
Mi infurio leggermente "Dovevate chiamarmi" mi ricalmo, dicendo infine "Faccio il possibile"
Mi dirigo verso la sala. Le urla dei malati mi sconvolgono.
Fatico a rimanere lucido, restando nei limiti dell'umanità.
Respiro profondamente per ricontrollarmi. E la gola avvampa, il veleno riempie la mia bocca. Osservo la sala che stavo attraversando. Un malato perde sangue. Finalmente posso ringraziare i miei duecentocinquant'anni, di astinenza dal sangue. Forse la caccia di tre giorni prima mi ha aiutato.
Proseguo.
Penso ancora ai possibili modi per curare quel povero diciassettenne e sua madre.
Tutti i modi che mi vengono in mente sono già stati provati, invano.
Raggiungo la sala ed entro, osservando i pazienti.
I loro cuori battono ancora, a stento, e riesco a sentire i loro deboli respiri. Edward Masen aveva gli occhi chiusi, ma non dormiva, cercava di contenere tutto quel dolore, e la sua imminente morte.
Elizabeth, sua madre, invece, mi guarda, contemplandomi.
Che fare con i due? Se avessi potuto piangere, l'avrei fatto da un pezzo. Provavo molta compassione per loro, specialmente Edward, sentendomi sempre più impotente.
"D-d-dottor...C-C-Cullen" sento Elizabeth balbettare, affannata da quello sforzo. Il cuore stentava a battere.
Mi avvicino a lei, in preda allo sconforto.
Lentamente allunga la mano per prendere la mia. Lascio fare.
Sembra una fiamma la sua mano. Ma è malata, non si sarebbe accorta della mia temperatura corporea.
Con gli occhi guarda suo figlio.
"La p-p-prego, lo s-s-salvi...lei ha q-q-qualcosa di speciale, lo s-s-sento, la prego, f-f-faccia qualcosa per l-l-lui"
Ha capito, allora. Ma non l'avrebbe detto a nessuno. Non avrebbe potuto. Il cuore cessa di battere, e poco dopo le manca l'aria. Muore. E io non ho potuto fare niente. Mi vergogno di me stesso.
Guardo Edward, che sorride aspettando la sua ora. Lui no. Non avrebbe fatto questa fine. L'avrei salvato. Forse mi odierà per quello che sto per fargli, ma lui non avrebbe smesso di vivere ad appena diciassette anni, non così. Lo prendo in braccio.
Mi avvicino alla finestra e con un balzo salto fuori, stringendo Edward.
"Resisti" gli dico "Manterrò la promessa di tua madre, Edward"
Lui non risponde, il suo cuore batte ancora, facendo uno sforzo immane.
Salto subito sul tetto, e a tutta velocità sfreccio verso casa.
Chicago scompare tanto è grande la velocità con cui corro.
In pochissimo tempo arrivo a casa.
Entro dalla finestra, e mi dirigo in salotto.
Poso Edward morente sul divano. Per miracolo è ancora vivo.
Rievoco i ricordi di duecento anni or sono. Guidavo un gruppo a caccia di streghe, vampiri e licantropi nella Londra del '600, quando decisi di proseguire da solo. E mi imbattei in un vero covo di vampiri. Uno di loro mi morse. Ricordo ancora i suoi occhi rossi, come il sangue, che io ho avuto solo il mio primo anno da vampiro, ancora saturo del mio sangue. Poi scoprii un modo per non stroncare vite umane, e diventai ciò che tutt'ora sono. Ricordo i tre giorni di agonia, e riesco a ricordare le ferite che mi furono riportate. 
Era passato un secondo appena, ed Edward vive ancora, mancano pochissimi minuti.
"Farà male, ma è l'unico modo" gli sussurro nell'orecchio. Lui sorride ancora.
Mi avvicino al collo, respirando ancora.
Come al solito la gola avvampa, e questa volta l'avrei accontentata. Per la prima volta.
"Preparati" dico infine.
E gli mordo il collo, iniettando quanto più veleno possibile nelle arterie. Gli mordo il braccio, gli mordo anche la spalla, passando poi a mordergli sulla gamba, mordo l'addome per ultimo.
La gola è impazzita. Per la prima volta da vampiro, non avevo mai bagnato di sangue umano le mie labbra fredde.
La mia gola è irriconoscibile. Mi induce a continuare. A bere il sangue.
Facendo un grandissimo sforzo, riesco a tenerla a bada, aiutandomi anche trattenendo il respiro.
Osservo poi Edward.
Si contorce dal dolore.
"Brucia!" grida.
"Lo so" mi limito a dire "Questo è l'unico modo per salvarti"
Con una grandissima forza di controllo riesce addirittura a tacere, io quando ero stato morso non cessavo di urlare.
Sento il veleno introdursi nell'aorta. Presto avrebbe raggiunto il cuore. Tocco il suo braccio. La temperatura stava diminuendo lentamente. Fra due giorni sarebbe un vampiro.

Due giorni dopo.

Osservo Edward. Ripenso al lavoro di due giorni prima.
Aveva smesso di respirare ieri, e il suo cuore si era fermato appena due ore dopo averlo morso.
Guardo ancora Edward, toccandogli il braccio. Temperatura identica.
Ce l'avevo fatta.
Due giorni prima mi sentivo così impotente. Ora sono soddisfatto. Finalmente una persona si era salvata.
Edward apre gli occhi. Ovviamente, rossi sangue.
Si guarda intorno, come feci io. Sorpreso dalla sua vista perfetta. I suoi occhi si soffermano su di me.
"Ciao, Edward" saluto.
"Dottore!" esclama con la sua nuova voce vellutata "Che mi succede?"
"Sei un vampiro" gli dico, senza mezzi termini.
Lui non reagisce, continuando a guardarmi.
"Vedi e senti alla perfezione, e senti anche l'odore del sangue dei vicini" proseguo.
"Vero" dice.
"Sopravviverai anche senza respirare, e sei immortale" aggiungo.
"Già"
"Sei fortissimo, e potresti respingermi facilmente, ti devo chiedere di resistere al sangue umano, se per te è possibile"
"Credo di farcela" dice "Ma ho sete"
"Trattieni il respiro, ti aiuterà"
Il respiro cessa.
"Adesso ci allontaniamo dagli umani, ti faccio cacciare sangue animale, sopravviverai ugualmente, anche se non è il massimo"
Annuisce.
"Non ti stancherai mai più, pertanto non dormirai per l'eternità, e il tuo quoziente intellettivo è pari a cento volte quello da umano"
Sorride, sempre trattenendo il respiro.
"Se ti va, potresti vivere con me. Cambieremo posto, di tanto in tanto, perchè dobbiamo tenere segreta la nostra esistenza" aggiungo poi.
Annuisce di nuovo.
"Perfetto. Andiamo a caccia. Sei più veloce di me, quindi dovrò chiederti di stare al mio passo, se per te non è troppo"
Annuisce ancora.
"Usciamo dalla finestra" dico infine "Salta, non ti succederà niente.
E guido mio figlio verso una nuova, eterna, vita.

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One-shot, chiaramente POV. CARLISLE, che racconta il momento in cui trasforma Edward Masen. Recensite in tanti!!
  
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