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Autore: Walpurgisnacht    29/03/2013    0 recensioni
Versione riveduta e corretta di Two-Part Secret Heart. Riciclo l'introduzione della versione grezza perché non c'ho la sbatta.
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Nerima è un paese diverso dopo Secrets. Incontrato gente, fatto cose, visto posti, rotto equilibri. Poi un ragazzotto con la bandana e il senso dell'orientamento di un opossum morto torna dopo un anno.
Avete preparato l'armatura per difendervi, vero?
[EIP fra _Mana e Kaos, seguito di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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"Ahi! Ahi ahi ahi, piano!".
"Sta’ buono Ranma, sto cercando di essere il più delicato possibile..." commentò il dottor Tofu applicando del ghiaccio sul naso di Ranma "... certo che devi aver proprio fatto imbestialire Akane, non ti ha fratturato il naso per pura fortuna".
"E lei come fa a...?".
"Ti ricordo che i primi tempi in cui abitavi in casa Tendo venivi qui in ambulatorio almeno una volta al giorno" rispose il dottore, fissando sul naso di Ranma un pezzo di benda adesiva "e di solito per ferite e contusioni causate da Akane. In effetti era un po’ che non ti si vedeva, segno che le cose tra voi due vanno per il meglio... a parte questo".
Ranma rimase in silenzio, consapevole che il dottor Tofu aveva ragione.
“È che… non so nemmeno cosa ho fatto per provocarla, stavolta!” sbuffò “Anzi, mi stavo scusando con lei quando il mio naso e il suo gomito hanno avuto un incontro ravvicinato come non ne avevano da tempo...”.
“... quindi avevi davvero qualcosa di cui scusarti. Vedi?”.
Il giovane medico sorrise a Ranma, riuscendo ad ammutolirlo ancora una volta.
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“Già di ritorno, Don Giovanni? Era parecchio che Akane non ti accarezzava come solo lei sa fare, vero?”.
Ecco, l’ultima cosa di cui Ranma sentiva il bisogno era di ritrovarsi Nabiki sulla porta di casa coi suoi commenti al vetriolo.
“Non sono affari tuoi, Nabiki” rispose di malavoglia togliendosi le scarpe.
“Attento a come parli, Saotome, tu e Ryoga siete ancora in debito con me per la gita al centro commerciale... e non vogliamo che il tuo aumenti ancora, vero?”.
Ranma deglutì, terrorizzato solo all’idea.
“N-no...”.
“Bravo bambino” sorrise compiaciuta “e ora dimmi: cos’hai fatto alla mia sorellina per farla imbestialire così?”.
"Perché tutti partite dal presupposto che sia stato io a fare qualcosa?" disse Ranma in tono difensivo mentre scostava la mediana delle Tendo per entrare in casa.
"Oh, non lo so. Forse perché ha sempre funzionato così, per esempio?".
"Le cose sono cambiate da queste parti, per tua informazione. Una con il tuo spirito d'osservazione non può farsi sfuggire delle cose tanto evidenti".
"Cambiate, Saotome? Cos'è cambiato fra voi due, esattamente?".
"Te lo lascerò scoprire da te".
"Non era una domanda, Ranma. Era un ordine. Rispondimi".
"No".
Gli occhi di Nabiki si incendiarono. Non era abituata a sentirsi opporre un rifiuto. E la cosa, se da una parte la infastidiva mortalmente, dall'altra risvegliava il suo istinto di primeggiare.
"Ti ho in pugno, Ranma. Non puoi rispondermi così e sperare di non subirne le conseguenze. Hai dieci secondi da ora per dirmi quel che voglio sentire o...".
"Nabiki, piantala. Non sono dell'umore adatto".
"Dieci. Nove. Otto...".
"Sì sì, d'accordo". Decise di tagliar corto, non aveva tempo da perdere con queste fregnacce senza senso. Si diresse verso il dojo, dove sperava di trovare Akane per poter finalmente chiarirsi.
Nabiki, ancora impalata di fronte alla porta d'ingresso, sussurrò quasi a bassa voce uno "zero" intinto nel veleno.
"Hai firmato la tua condanna a morte, Saotome" sussurrò, prima di lasciarlo andare verso il dojo "verrò a riscuotere al momento opportuno".
Ranma rabbrividì al solo pensiero, consapevole che quando sarebbe arrivato il momento avrebbe preferito perdersi ad Hokkaido con Ryoga. Ma non era il caso di pensarci adesso, aveva altro da fare.
Fece un bel respiro, e poi corse verso il dojo.

"E quindi tutto il tuo astio verso Ranchan nasce da un mancato scontro quando avevate quattordici anni?".
"Ehi, ho fatto una fatica immensa per riuscire ad arrivare al luogo dell'appuntamento! Poteva almeno rimanere ad aspettarmi!".
"Ma non hai detto che ci hai messo tre giorni a raggiungere il... cortile dietro casa? Ci credo che ti ha mollato lì...".
"Ugh... questi sono dettagli...".
Ukyo rise, bevendo un altro sorso di sakè. Era stata indecisa fino all'ultimo se servirlo o meno, visti gli esiti disastrosi dell'ultima volta... ma alla fine si disse che un'occasione del genere andava festeggiata nel migliore dei modi.
E poi, che male poteva fare un bicchiere?
O forse due, aveva già perso il conto. Ma non se ne preoccupava troppo: stava passando una bella serata come non le succedeva da davvero tanto tempo, si sentiva serena e libera da tanti pesi. E Ryoga, nonostante l'imbarazzo iniziale, si era rivelato una compagnia piacevolissima.
Mentre parlava l'aveva osservato a lungo, studiandone i lineamenti, i profondi occhi castani, per non parlare di quei canini aguzzi che le suscitavano strane sensazioni...
Certo, era bassino e per tanto tempo era stata abituata a rivolgere il suo sguardo solo a Ranma, decisamente più alto di lei, ma non era nulla di troppo grave.
Sorrise, chiedendosi se era lei o l'alcool a parlare. E si chiese come mai non aveva notato quanto Ryoga Hibiki fosse carino.
"E tu, Ukyo? Ti sei ricordata di una promessa morta e sepolta per legare a te un ragazzo che non vedevi da dieci anni?" fece lui, sogghignando. Nell'atto di abbassare la testa non vide bene la faccia di lei, arrossita dalla frecciata.
La cuoca fece girare ancora un paio di volte l'okonomiyaki che stava preparando per lui, visto che lei non aveva particolare appetito e si era risparmiata il pasto. La domanda era legittima, comunque. E di facile risposta, almeno come contenuto.
"Eeeeeh, nessuno è perfetto caro Hibiki. Mi sono avvinghiata a una promessa vecchia come il cucco per ottenere qualcosa che non sarebbe mai stato mio. Succede. Imputo questi errori alla gioventù, in fondo abbiamo solo diciassette anni e mi sembra normale attaccarsi al primo amore in questo modo. Tra l'altro, non voglio suonare scortese ma non credo che parlare di Ranma o di Akane sia la cosa migliore... per noi due".
Lui la guardò, sbattendo un paio di volte le palpebre. E a Ukyo il cuore mancò mezzo battito. Era davvero bello. Non sapeva dire se fosse la luce soffusa messa ad hoc per dare al tutto quella giusta atmosfera vagamente romantica, il fatto che fosse vestito come una persona che conosce il significato della parola eleganza o cos'altro, fatto sta che Ryoga le apparve davvero un bel ragazzo.
"Sì, credo che tu abbia ragione" confermò "questa non è la serata dei ricordi e dei rimpianti. Se tutto andrà bene, anzi, potrebbe essere il primo passo verso qualcosa di splendido".
Lei si ammutolì. La sua mente cosciente andò a farsi un giro e cominciò a immaginarsi scene via via sempre più... intime?
Torna in te, Kuonji. Non è il momento dei castelli in aria.
"Tutto bene, Ukyo?" le chiese sventolandole una mano davanti al viso un poco paonazzo.
"Sì sì, sto bene. Mi sa che ho bevuto troppo".
"Ma se Ranma mi ha raccontato della piccola avventura che tu e Akane avete affrontato assieme nella Magica Terra del Whisky?".
"Per favore, evita. E proprio perché non voglio ripetere quell'esperienza sarà meglio che mi fermi qui con il sakè. A meno che non vogliamo passare la notte io ubriaca marcia sulle tue spalle e tu perso per le vie di Nerima cercando un posto conosciuto dove potermi far prestare soccorso".
La risata di Ryoga le ferì le orecchie. Ecco, una cosa di lui che non le piaceva particolarmente. Ryoga aveva una risata strana, quasi... animalesca? Era l'unica definizione che le veniva in mente. Sembrava quasi una iena, le dava i brividi... anche se, doveva ammetterlo, in quel momento non erano dati del tutto dall' inquietudine.
Forse era davvero il caso di mettere via il sakè...
"Ma si, non succederà nulla del genere" continuò Ryoga, giocherellando col bicchiere ancora mezzo pieno "una sbronza basta e avanza... però questo stato di euforia non mi dispiace. Rende tutto più... semplice".
Lo sguardo che Ukyo lesse negli occhi del ragazzo la spiazzò: era difficile da identificare, non era lussuria, o desiderio, o altro... però riusciva a scorgervi speranza? Interesse per lei?
Per la prima volta in diciassette anni, Ukyo Kuonji capì come ci si sentiva quando un ragazzo era interessato a te. Te, solo te, senza altre donne in mezzo.
Aveva sperato per tanti anni che Ranchan gliene rivolgesse uno, ma quelli erano riservati ad Akane... e ora che si era ormai buttata il passato alle spalle e guardava incerta al futuro dopo il tentativo fallito con Konatsu, ecco che qualcuno le dimostrava interessamento.
Tanto.
Si morse il labbro e improvvisamente il cuore iniziò a batterle all'impazzata.

Seduta alla sua scrivania Akane cercava inutilmente di concentrarsi sui suoi compiti. Cosa non facile, visto che schiumava ancora di rabbia per gli eventi di qualche ora prima.
Lanciò un occhiata per nulla casuale allo specchio che teneva sul tavolo e osservò il suo riflesso, chiedendosi per l'ennesima volta se davvero agli occhi di Ranma fosse così brutta.
Prima di conoscerlo non si era mai posta il problema: aveva sempre avuto una schiera di ammiratori, capitanati dall'onnipresente Kuno, pronti a saltarle addosso ogni mattina. E per quanto non si fosse mai preoccupata troppo di cose tanto frivole, quella calca di gente adorante, per quanto fastidiosa, era stata un toccasana per la sua autostima.
Ma con Ranma era tutto diverso.
Ranma era bello, anche se non gliel' avrebbe mai detto nemmeno sotto tortura, e volente o nolente aveva sempre avuto uno stuolo di ammiratrici molto carine ai suoi piedi. Per non dimenticare poi gli ammiratori del suo alter ego femminile, con cui Akane aveva sempre avuto un enorme conflitto interiore. Aveva sempre avuto un complesso d'inferiorità nei confronti di Ranmachan, che riteneva più bella e formosa di lei.
Sospirò, giocando distrattamente coi capelli. Le si erano allungati parecchio da quanto li aveva dovuti tagliare per colpa di Ranma e Ryoga, ma erano bel lontani dalla lunga chioma che aveva sfoggiato per anni e che era stata per lei un grande vanto...
Era ancora persa nei suoi pensieri malinconici quando un lieve bussare alla sua finestra la fece sussultare.
"Ranma? Che diamine ci fai lì fuori?!".
Si alzò e lo fece entrare. Quel ragazzo non conosceva lo scopo delle porte, apparentemente. Si limitò a questo gesto gentile, però, e gli diede subito le spalle grugnendo.
Cominciamo bene, pensò lui. Ma non si sarebbe fatto scoraggiare da così poco. Se lo aspettava e sapeva bene che avrebbe dovuto affrontare anche di peggio.
"Che cosa vuoi, screanzato?" disse lei. O, per essere più corretti, lo sputò.
Ranma strinse i pugni: o la va o la spacca. I discorsi sono belli, nobili, pieni di intenti apprezzabili. Ma è alla prova dei fatti che bisogna agire, che bisogna dimostrare la volontà messa in quelle parole. Pertanto trasse un lieve sospiro e si impose di mantenere la calma, contrastando come mai aveva fatto prima l'imbarazzo già montante.
"Io... volevo chiederti scusa... di nuovo".
E successe ancora.
Akane si voltò, rapida come un fulmine, e gli sferrò un pugno. Questa volta, però, la distanza e la maggiore attenzione giocarono a favore di lui, che riuscì a schivare senza eccessivi problemi.
"A-Akane!" mormorò sconvolto "Perché?".
Lei, inginocchiata a terra per il troppo slancio, si guardò incredula la mano con cui aveva cercato di gonfiare la faccia del fidanzato. Mosse leggermente le dita, aprendo il palmo. Non si capacitava di quanto aveva appena fatto.
"O kami... non riesco a controllarmi. Il solo sentire la tua voce mi manda in bestia e perdo il controllo di me stessa".
Il silenzio calò come una velo funebre sulla faccia di un deceduto.
Ranma avrebbe voluto farle mille domande: se davvero le aveva causato un simile terremoto emozionale solo per una battuta infelice, se il suo annoso problema di gestione della rabbia fosse peggiorato a sua insaputa, se... se... se...
Quando lei ricominciò a parlare trovò saggio lasciarla fare: "Ranma, te lo chiedo per favore: vattene. Non so cosa mi abbia preso oggi, ma è evidente che non possiamo parlare di questa cosa finché rimango così".
Era vero, non poteva neanche chiederle che tempo facesse senza scatenarle una reazione inconsulta. E meno male che le aveva offerto delle scuse entrambe le volte, altrimenti gli sarebbe arrivato sulla faccia l'equivalente del monte Fuji sotto forma di percosse.
"Ti prego, lasciami sola. Ne riparliamo domani, te lo prometto. Non intendo lasciare la questione in sospeso ma al momento è più forte di me. Lasciami sola".
Ranma non poté far altro che annuire e lasciare la stanza della ragazza.
Prima di andare via rivolse un ultimo sguardo triste alla figura di Akane, inginocchiata sul pavimento.
Sospirò e sgattaiolò fuori dalla finestra. Poco dopo sentì la ragazza chiuderla dall'interno.
Amareggiato, andò a nascondersi sul tetto, dove si rifugiava quando aveva bisogno di pensare.
Era davvero tanto grave? Era una situazione così irreparabile? Per la prima volta si pose queste domande senza fare lo spaccone, ma chiedendosi se davvero quella stupida battuta avesse creato una crepa così grossa tra lui e la sua fidanzata.
Proprio ora che ci eravamo avvicinati, pensò amaramente.
Voleva davvero risolvere la questione, chiederle scusa nella maniera più sincera... ma era impossibile, se lei per prima non glielo permetteva.
Strinse a sé le ginocchia e fissò l'orizzonte per un po'. Poi notò due figure familiari avvicinarsi a casa Tendo.
-
"Ti ringrazio per avermi riaccompagnato qui, sei stata g-gentile..".
"Oh figurati, era il minimo. Non ti avrei mai fatto tornare a casa Tendo con la certezza che ti saresti perso girando attorno al mio locale...".
"Spiritosa" ringhiò Ryoga, ma senza alcun astio.
La serata era continuata senza incidenti o intoppi, chiacchierando allegramente. E soprattutto, si erano molto... avvicinati. Non in senso fisico, ma Ryoga sentiva chiaramente che tra loro c'era molta affinità.
Per questo avevano deciso di uscire ancora. Il feeling c'era, perché correre rischiando di rovinare tutto con la fretta? Un altro appuntamento avrebbe sicuramente chiarito le idee di entrambi. E magari, chissà...
"Ma sei sicuro sia il caso di pernottare dai Tendo? Voglio dire, non avrai problemi con Ranma o...".
"Oh no, non credo" balbettò, riportato alla realtà dalla domanda della ragazza "sia Akane sia Kasumi avevano tanto insistito, sapevano che probabilmente mi sarei perso nel cercare un ryokan... e poi le mie cose sono rimaste qui dopo che mi sono cambiato per l'appuntamento".
"Capisco..." rispose Ukyo con un sorriso.
E calò il silenzio tra i due. Quel silenzio che si potrebbe colmare con un bacio, pensò Ukyo avvampando.
Se solo... se solo non avesse avuto la fastidiosa sensazione di due occhi che la osservavano.
"Ukyo? Toc toc, ci sei?" chiese Ryoga vedendola guardarsi attorno con circospezione. Era tipo la terza volta che glielo chiedeva quella sera e la cosa stava cominciando a suonargli familiare.
Lei si scosse come dal torpore del sonno e fece un cenno affermativo con la testa, sorridendogli per scacciare eventuali inquietudini. Ho perso il momento, maledizione.
"Che ti era successo? Per un attimo sei diventata assente".
"Oh no, nulla. Era solo una strana sensazione... che non se ne va".
"Che sensazione?".
"La sensazione che ci stiano spiando".
"Credo stia parlando di me" disse Ranma avvicinandosi ai due, le mani in tasca e lo sguardo fintamente sereno. "Ho interrotto qualcosa?".
"N-N-N-N-N-N-No. Assolutamente no" si affrettò a dire Ryoga, viola in viso. Il riemergere del suo lato più timido provocò una reazione ilare in Ukyo, che senza badare alle conseguenze si mise a ridere. Quando lui la rimproverò, piccato, gli chiese subito scusa ma lo spettacolo l'aveva troppo divertita per impedirsi di esternarlo.
"Deduco che il vostro appuntamento è andato bene" suggerì sornione Ranma, che trovò nei suoi amici un buon motivo per non pensare alla spinosa faccenda in sospeso con Akane.
"Non ci possiamo lamentare, no" rispose Ukyo, pur interrompendosi per i residui del precedente attacco di risa "Tanto che vogliamo replicare, prima o poi. Spero più prima che poi".
"Accidenti. Non mi direte che devo cominciare a pensar male" fu il commento di Ranma, che pur parlando principalmente a Ukyo non toglieva gli occhi di dosso a Ryoga. Il quale, soverchiato dall'imbarazzo, non riusciva a ripetere altro che "ghè".
"Dipende da quante spatolate vuoi in faccia, Ranchan".
"Nessuna, grazie. Per oggi ho già dato come botte".
"Oh. È vero, vedo solo ora. Cosa ti sei fatto al naso?".
"Ho... litigato con Akane...".
"Ma per quello che le hai detto al ristorante?".
"Sì...".
"O diavolo, sul serio? Non mi sembrava così grave".
"Neanche a me. Ma lei la pensa diversamente. O meglio, una parte di lei. Stasera ho provato a chiederle scusa due volte: i risultati della prima sono sotto gli occhi di tutti, e la seconda non è andata tanto meglio".
Ukyo si sentì improvvisamente in colpa: lei era reduce da una piacevolissima serata con Ryoga, piena di frizzi e lazzi e risate; il suo migliore amico, invece, sembrava appena precipitato in un pozzo di catrame.
Pensieri del cavolo, Kuonji. Non è mica colpa tua e non è neanche giusto sentirsi colpevoli per aver passato qualche ora allegra. In compenso, invece di tirarti scudisciate, puoi cercare di dargli una mano.
Senza pensarci due volte prese entrambi i ragazzi a braccetto e si avviò verso il giardino dei Tendo.
"A quanto pare devo proprio sudarmi questa laurea in psicologia" rise, mentre i due ragazzi la guardavano sorpresi -Ranma perché aveva quasi dimenticato cosa volesse dire poter parlare apertamente con Ucchan, Ryoga perché... beh, perché era Ryoga, quindi tendente ad emozionarsi facilmente per definizione.
"Allora dimmi, cos'è successo quando hai cercato di scusarti la prima volta?".
Ranma si morse il labbro, pensieroso: non era sicuro fosse il caso di lasciarsi sfuggire il dettaglio dell'abbraccio. Il suo appuntamento con Ryoga sembrava essere andato alla grande, ma non sapeva se sentirsi dire una cosa del genere potesse ancora farla soffrire.
"Mi ha dato una gomitata sul naso" commentò, indicando la benda al naso, ancora gonfio e violaceo.
"Deve aver fatto male...".
"Quella ragazza ha una precisione incredibile..." commentò Ryoga, ammirando la maestria con cui Akane riusciva sempre a pestare Ranma in faccia, come a volergli rovinare realmente i connotati.
"Pure troppa..." borbottò.
"E la seconda volta?" indagò ancora Ukyo.
"Ci ha ritentato" rispose Ranma, osservando gli occhi sgranati dei suoi amici "... ma l'ho schivata per un soffio".
"Però, è davvero furibonda..." rifletté Ukyo, incredula. Meno di un anno fa sarebbe stato per lei uno scenario normale vedere Akane furiosa con Ranma, e quest'ultimo prenderle di santa ragione.
Ma adesso che le cose tra loro andavano bene...
Sentì una stretta al cuore nel vedere Ranma così triste.
"Senti un po', oltre al pugno ti ha detto altro? Non so, urla, strilli, epiteti?".
"No... ha solo detto che domani ne avremmo parlato, perché finché si trovava in quello stato la mia sola presenza la irritava".
"Ouch..." fu l'unico commento di Ryoga, per una volta davvero dispiaciuto per l'eterno nemico/amico.
"Beh, è già qualcosa" disse Ukyo, sorridendo "il fatto che sia disposta a parlarti è già un enorme passo avanti. Se vuoi domani posso provare a sondare il terreno...".
Ranma sgranò gli occhi. "Davvero lo faresti...?".
"Non aspettarti miracoli o altro, non voglio di nuovo ritrovarmi nel ruolo di psicologa per mezza Nerima" commentò sorridendo "ma un aiuto al mio migliore amico non potrei mai negarlo e qualche domanda innocente non credo possa scatenare l'inferno... anzi, ultimamente Akane si è confidata spesso con me".
Ranma non sapeva cosa rispondere, ma la prospettiva di un piccolo aiuto da parte di Ucchan gli aveva tolto un enorme macigno dal petto.
Guardò fisso negli occhi Ukyo e cercò di trasmetterle, senza parole, la gratitudine che in quel momento provava per lei. Sapeva che, per quanto la sua situazione fosse enormemente migliorata -anche grazie alla compagnia di P-chan, aggiunse malizioso-, non era ancora del tutto oltre la cotta che una volta provava per lui. Eppure, nonostante questo ostacolo ancora presente, si era offerta per l'ennesima volta di aiutarlo. Era felice di averla come amica e per un istante, solo per un istante, provò l'ombra di un rimorso per non poter essere nulla di più per lei.
"Mi faresti il più grande dei favori, Ukyo" disse sinceramente. Lei gli sorrise ancora e sciacquò via il tutto come un compito di routine.
"Bene ragazzi miei, credo che andrò a dormire adesso" disse poi alzandosi e stiracchiandosi "Domani c'è scuola anche per te, Ranma, e sarebbe meglio riposare un po'. Specie dopo una giornata difficile. Credo che metterò in atto il mio mefistofelico piano domani, all'ora di pranzo. Prenderò la tua ragazza e me la trascinerò sul tetto per un bel faccia a faccia fra signore. Obiezioni all'idea?".
"Neanche mezza. E ancora grazie".
"Non dirlo neanche. Mi fa piacere essere utile. Ryoga, vedi di non finire in Laos in questi giorni. Io e te... abbiamo un discorso da proseguire".
"C-C-C-C-C-C-Certo" singhiozzò il poveretto, scombussolato. L'occhiolino di lei lo tranquillizzò un pochino. Poi se ne andò, dopo averli salutati nuovamente.
Rimasti soli, i due si guardarono in faccia per qualche secondo. Ryoga sentiva un gran bisogno di raccontare la sua serata a qualcuno, solo che non era sicuro che Ranma fosse la persona più appropriata per un paio di ragioni: innanzitutto, conoscendolo, lo avrebbe preso in giro da lì fino al 2050; e poi, in tutta onestà, non gli sembrava carino andare a spiattellargli addosso quanto bene fosse andata, non dopo tutti i problemi che stava attraversando con la sua... dolce metà.
Fu Ranma a toglierlo dagli impicci: "Ryoga, andiamo a dormire. Tu, vagabondo che non sei altro, che soldi in tasca non ne hai, non ti devi preoccupare di cose tanto sceme come la scuola. Ma io, povero ragazzo giudizioso, devo alzarmi presto. E devo ammettere di essere discretamente stanco. Dai, ti accompagno nella tua stanza".
   
 
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