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Autore: Summoner Luna    29/03/2013    0 recensioni
Ti coricheresti con me, e dimenticheresti semplicemente il mondo? Squall e Rinoa, e il modo in cui cresciamo insieme.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

FIFTEEN MINUTES OLD
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly

i. Rinoa

Rinoa ricorda di essere morta. Di aver guardato, attraverso il buio che la circondava, il suo pianeta, la sua casa, e il momento in cui la sua paura è svanita, quando la voce di Squall all'improvviso era nella sua testa e lei aveva accettato di essere morta. Le sue braccia intorno a lei, il miscuglio di sollievo e amore e terrore sul viso mentre la guardava attraverso il vetro, e quanto volesse dirgli che andava bene, lei stava bene. Che poteva lasciarla andare. Che lei voleva lasciar andare. Non riusciva a capire perché si aggrappasse alla vita come faceva, perché la sua mente arrivasse al punto di immaginare una navicella, in cui Squall la tirava, con aria e gravità.

Ricorda che lui l'ha fissata quando gli ha chiesto un abbraccio. Il sipario che scendeva sullo spettacolo di emozioni del suo volto, che si ripiegava in qualcosa di vuoto, muto, nemmeno confuso solo - chiuso. Lui che si voltava e borbottava imbarazzato qualcosa sulla loro situazione, e ricorda di aver saputo allora, in quel momento, che era viva. Che lui l'aveva salvata. Che non era un sogno, o l'ultimo tentativo della sua mente di darle speranza.

E poi ricorda la paura, perché da allora non se n'è mai andata. Non quando stava seduta in braccio a lui, e le sue dita la stringevano giusto quanto bastava per farle sapere che non gli dava fastidio; non quando era caduta tra le sue braccia tra i tubi pieni di vapore e le grida degli scienziati; non quando il cielo grigio finalmente si era fatto azzurro ed erano a casa. Non quando si erano dati la buonanotte al Garden e lui era andato e poi qualcuno aveva bussato alla sua porta cinque minuti dopo, e non la mattina dopo, quando si erano svegliati ancora mezzi seduti sul divano perché non sapevano davvero cosa fare, solo non volevano stare separati.

La paura non se n'è mai andata. Si è affievolita, e non sempre la nota, ma è sempre lì. Quando sono tra la gente, quando è sola. Quando viene al Garden e vede nemici ovunque, anche se loro non si rendono conto che è questo che sono. Quando si rivolge a tutta Timber e nella sua mente vede flash di viola e nero, e immagina di mostri di pietra che prendono vita. Aspetta, e anche se Squall le dice di non farlo, giura che lui non lo sta facendo, lei sa che aspetta anche lui.

*~*~*~*~*

II. Squall

Squall ricorda di essere morto. Non sa per quanto tempo ha camminato sui confini del tempo, ma è certo di essere morto là, con il nome di lei in un sussurro bruciante sulle labbra. Sa che non è il peso schiacciante del tempo ad averlo ucciso, ma la consapevolezza di aver fallito, di aver fatto una promessa e di lasciarla sola. Ricorda di aver lottato, e di essere stato sopraffatto da quello che poteva succederle, che le sarebbe successo, e come quel pensiero lo abbia paralizzato oltre il punto della battaglia.

Ricorda che lei lo ha salvato, come ha sempre fatto. Come farà sempre.

Ricorda la notte che sono tornati come lei, soltanto lei. Sa, perché deve, che ha inciampato in un discorso, stretto innumerevoli mani, posato per migliaia di fotografie. Sa, perché la parte del suo cervello ancora radicata nella realtà glielo dice, anche se i ricordi sono come guardarsi alla tv. Quello che ricorda di quella notte è esaminare la stanza cercando un lampo di capelli neri, e sentire la sua risata balzare sopra il fracasso per ricordargli che lei c'è, non è persa, lui non è perso.

Vive nella paura; che la gente lo scoprirà, che la pressione di ciò che è un giorno diventerà troppo e lei avrà bisogno di lui in un modo che lui non sa soddisfare. I demoni di lei dardeggiano dentro e fuori dalla sua mente, solo ombre, lo sa, di quello che lei vede e sente sempre, e lui li prenderebbe tutti se servisse a tenerla al sicuro.

Non può prendersi i suoi sogni, i suoi demoni. Ma può ristrutturarsi, cambiare. È Comandante, ma solo dell'esercito SeeD. Quando non sono attivi in una guerra, è un SeeD di rango A. Fa il pendolare tra l'ufficio a casa loro a Timber negli affari quotidiani, prende missioni quando ci sono, e adotta un falso nome per assumere una guardia di sicurezza per lei quando lui non c'è. Shu sa che è lui, e scuote la testa, e nei suoi occhi lui legge la delusione, la presa in giro, e non gli importa. Shu gli dà prove, test impossibili che lui deve superare per dimostrare la sua abilità di essere vissuto finora e avere ancora un rango così alto. Sa che non è personale, e fa qualsiasi cosa sia necessaria per tenere il suo posto, perché Shu sa, e non farà sconti.

*~*~*~*~*

iii. Squall

"Buonanotte."

Il viso di lei è radioso, gli occhi luccicanti di gioia e malizia e una minima delusione, tutte cose che lui finge di non notare, almeno, finché parla.

"Buonanotte." La sua stessa voce gli è estranea. Strozzata, pesante, e tutt'altro che decisa. Non vuole lasciarla, e questo lo terrorizza.

"Ci vediamo domani?" Sembra speranzosa, ma la sua sicurezza non è completa. Lui conosce quella sensazione. Stanno cavalcando qualcosa di troppo alto, troppo puro, più di quanto lui possa credere che sia reale. Dovrebbe essere morto. Dovrebbero esserlo entrambi. E questo non cambia la domanda più prosaica del ci sarai domani?

Ci sarebbe stata, lei?

Ci sarebbe stato lui?

Lei sta ancora aspettando, e lui ci ha messo troppo a rispondere. Ha abbassato gli occhi, e traccia qualcosa con il piede sul pavimento tra la stanza per gli ospiti che il Garden le ha assegnato e il corridoio. Gliel'ha visto fare in passato, e si chiede adesso se lei si renda conto di farlo.

"Rinoa," dice, e lei alza gli occhi, e c'è il mondo lì dentro. Non molto prima sono stati esattamente così, sulle rovine della sua casa d'infanzia, e l'ha distrutto vederla così convinta della sua solitudine.

Ora non deve stare da sola. Il mondo è salvo. Loro sono salvi, e nessuno lo sa. Adesso va bene tornare a com'era prima, a come lui era prima - no? È come nello spazio, ancora una volta? Il suo gesto fluido, spezzato non appena hanno preso la Lagunarock e avuto aria? E quante volte, dopo, gli è stato ricordato quello che ha quasi perso?

"Prometto," ripete, e lei sorride, un sorriso non vasto, non luminoso, ma onesto. Un sorriso privato, che nessuno vedrà mai a parte lui. Le posa una mano sulla guancia e lei sospira e fa un passo avanti, la testa che si adatta perfettamente nell'incavo tra il suo collo e la spalla. La abbraccia, e per troppo tempo stanno lì, davanti alla sua porta. Sono ciascuno su un lato del mondo a cui devono tornare, e Squall non è pronto, non ancora.

Ma le dice, "devo andare," e si ritrae, sorpreso che ora ci siano lacrime nei suoi occhi. Ha fatto qualcosa di sbagliato? Allunga cauto una mano per asciugarle le lacrime dal viso, e lei la stringe con fermezza con la sua.

"Domani, allora," ripete lei.

"Domani."

Aspettano un battito, e lui ritrae la mano dal suo viso per posarla sulla porta. Lei fa un minuscolo passo indietro e lui chiude la porta, continuando a guardarla negli occhi finché non può più farlo.

La serratura scatta, e lui si volta per appoggiarsi al muro, con la testa all'indietro.

Potrebbe restare lì tutta la notte.

Nessuno al Garden sa chi non c'era, a parte Cid e Shu. Strettamente confidenziale. Il loro segreto potrebbe restare tale per sempre, senza un motivo per parlarne. Ma sarà così?

Starà lì, pensa. Dubita comunque che dormirà, stanotte.

Squall resta lì per qualche minuto, cinque, dieci, non sa quanti, prima di rassegnarsi a convincersi che lei starà bene. La pattuglia notturna inizierà il giro presto, e poi che scusa darà sul perché la sua sicurezza sia così importante?

Arriva all'angolo prima di fermarsi e voltarsi senza pensarci due volte, e ha già bussato alla sua porta prima che il suo cervello finalmente sia in pari con i gesti.

Non c'è alcuna risposta all'inizio, e lui pensa che stia dormendo. Bene, pensa. Ne ha bisogno. Si volta e sta per andarsene quando la sua voce lo raggiunge. "Squall?"

Si guardano per meno di un minuto, e poi lei spalanca la porta e lui entra, e lei la richiude alle sue spalle.

"Io, ehm..." Non ha parole. La stanza per gli ospiti è più grande del suo dormitorio, ma non di molto. "È solo che io-"

"Anche io," dice lei, e sorride. Un sorriso perfetto e comprensivo. "Vuoi sederti?" Gli indica il divanetto e lui si siede, senza sapere se lui sia l'ospitante o l'ospitato(1), se è lì per assicurarsi che lei sia al sicuro o il contrario. Sente la tensione impadronirsi di lui, e lei si siede accanto a lui e solleva un braccio all'indietro, appoggiandoci la testa.

"Sono piuttosto stanca," dice. "Giornata impegnativa, sai. O giorni. O anni."

Uno scherzo. Lui inarca un sopracciglio e lei ride e dice, "troppo presto?"

"Anch'io sono stanco," risponde lui. È sbagliato, è sbagliato. Non sa quale sia il suo lavoro adesso, quale sia il suo rango, il suo ruolo al Garden, ma è certo che non sia in una stanza per gli ospiti con una civile dopo il coprifuoco. Ma è giusto, così giusto, perché lui è suo, a un livello che dubita di poter capire mai. Per la prima volta, ricorda di avere la scelta di dare la sua lealtà a qualcosa che non sia il Garden, e non è una scelta. Non sa cosa faranno, ma sa da che parte sta.

Lei abbassa il braccio e si avvicina a lui, accoccolandoglisi contro. Solo che adesso non sono nello spazio, e le loro vite non sono in pericolo, e forse è solo la stanchezza, o lo champagne, o il fatto che è stato nel futuro e nel passato e alla fine del tempo stesso in un giorno solo, ma la attira a sé come se fosse la cosa più naturale al mondo.

"Buonanotte," ripete lui, solo che stavolta dice davvero.

"Buonanotte." Lei strascica la parola e quasi dorme, con il petto che si solleva e si abbassa nel suo abbraccio.

Lui si sveglia per primo, presto, con il braccio ancora avvolto intorno a lei che dorme, e ha paura di muoversi, paura che lei svanirà e il sogno finirà. Passa quella che gli sembra una mezza mattinata a fissare e basta la testa di lei, respirandola dentro, disegnando piano linee sul suo viso con la mano libera. Quando lei infine si stiracchia (è passata solo un'ora, scopre), quando lo guarda con occhi assonnati che si spalancano e poi si addolciscono, lui sorride, e sa che non c'è modo migliore per cominciare la giornata.

*~*~*~*~*

iv. Rinoa

Le onde le solleticano le caviglie, e Rinoa traccia disegni nella sabbia: cuori, stelle, lune. Cerca di essere ambiziosa e disegna un Kyactus, con piccole linee che escono dalla sagoma e che puntano il mare. Ride quando l'acqua lava via gli aghi, e pensa, com'è appropriato.

Annoiata dal disegnare forme, Rinoa si alza e si scuote l'acqua dalle caviglie, e si sposta di alcuni passi sulla spiaggia, dove al sole aspettano una sdraio e un libro.

"Annoiata?"

Squall ama la spiaggia in un modo che a volte Rinoa trova ancora sorprendente. Lo attribuisce alla sua infanzia, all'aver sempre vissuto vicino all'oceano, ai ricordi recuperati che non sono legati a battaglie e disciplina. Pensa che possa essere il suo posto preferito, e a lei va bene perché sa che è anche quello che preferisce lei.

"Mi fanno prurito le gambe," risponde lei, e si siede accanto a lui.

C'è una sottile catena d'argento intorno a una delle sue caviglie, e lei sa che lui la odia, ma insiste a portarla.

La odia anche lei. Le rende i pensieri più lenti, e si sente vulnerabile. Ma si sente più vulnerabile senza. Con la cavigliera è esposta ai pericoli esterni, ma senza è alla mercé di qualsiasi cosa ci sia dentro di lei.

"Dovresti toglierla," le dice Squall.

Lui non porta mai nulla quando vengono qui. Se ne sta seduto con pantaloncini e maglietta e occhiali da sole, e guarda. Per Rinoa, diventa parte dell'ambiente, si immerge totalmente nel posto, nell'unico posto in cui sente di poterlo fare.

Si sente esposto anche lui, lo sa; cerca di imparare a essere indipendente dai GF. È il primo a dire che sono l'unico motivo della loro grandiosa vittoria, ma ora che la guerra è finita, e i suoi contratti sono assassinii e protezione e repressione (o supporto) alle rivolte civili, cerca di non utilizzarli così intensamente. Oggi non ha alcuna junction. Si chiede, solo per un attimo, se lui voglia che lei tolga la cavigliera per potersi comportare come se fossero attaccati.

"Siamo al sicuro qui, Squall," gli dice, e lascia che lui interpreti come vuole.

Le onde si infrangono, e guardano alzarsi la marea, debolmente consapevoli del passaggio del tempo. Si muove in maniera diversa, una volta che ci si è spostati nel tempo stesso. Lei legge, e sa che dietro gli occhiali da sole lui ha gli occhi chiusi ed è concentrato. Lo immagina a cercare di spostare il movimento del vento, o di modificare la marea a suo piacimento.

È una cosa che lei può fare senza nemmeno provarci, se volesse. Può appiattire la spiaggia con uno starnuto, se non ci sta attenta, o trasformare le nuvole nelle forme più meravigliose. Si sente bruciare gli occhi, l'enorme differenza tra lei e il resto del mondo mai più chiara che in questi momenti in cui c'è qualcosa che la separa così interamente da Squall.

"Ti amo," dice improvvisamente Squall. Lei lo guarda, e lui si è tolto gli occhiali da sole, gli occhi pieni di preoccupazione. È la prima volta che lo dice, almeno direttamente, proprio con quelle parole. Le si stringe la gola e il bruciore degli occhi si trasforma in lacrime vere che cadono contro la sua volontà.

"Ti amo," ripete lui, e stavolta si alza e si inginocchia accanto a lei, toccandole le mani, baciandole le dita, tirandola sulla sabbia con lui anche se la marea arriva alle loro sdraio, adesso, e sono seduti proprio sul bagnasciuga. Lo dice ancora una volta, un sussurro, "ti amo."

Lei si rende conto adesso che per tutto questo tempo non si è concentrato sul controllare gli elementi, ma sul cercare di leggerla attraverso le mura imbottite della cavigliera che la tiene al sicuro, la tiene controllata, la tiene isolata.

Si abbassa a slacciarla, e boccheggia per lo scoppio d'energia che le riempie le vene, e poi fuori, sulla sabbia, sull'acqua, e un'onda si infrange su di loro in risposta. Si sente pericolosa e libera, e lo guarda attraverso alcune ciocche di capelli che le sono cadute sul viso.

"Ti amo anch'io."

*~*~*~*~*

v. Rinoa

Ogni notte giace nel letto per ore, su una linea tra il sognare e il non farlo. Squall la tiene stretta, e ogni volta che lei quasi dorme, lui quasi dorme, lei grida e sobbalza e gli tira le braccia contro di sé con gli occhi chiusi. I suoni della città sono così forti, sembrano così vicini. Ogni volta che la porta cigola quando Angelo entra c'è un intruso, un camion che colpisce le linee di mezzeria sull'autostrada è un attacco globale, in questo suo dormiveglia confuso.

Queste sono meglio delle visioni che non la lasciano dormire. La stanza è piena di api che le volano intorno, si posano su di loro, coprono ogni superficie, muovendosi insieme come un esercito. Sono insieme, in macchina, e c'è sempre un incidente. Lei sobbalza all'impatto, e anche quando la sveglia, sente l'accartocciarsi del metallo, lo guarda svolgersi al rallentatore mentre Squall le accarezza il pollice e sussurra va tutto bene, ci sono io. Ci sono io.

È presa in un fuoco che è sicura di aver causato. Ci sono urla tutt'intorno a lei ma non riesce a vedere nessuno, ed è chiusa in una stanza con il rumore.

Quando infine si addormenta i sogni sono più vividi e durano di più. Storie complete di viaggi, e pericoli. Lunghe strade ed edifici bui e foreste profonde. Sono meglio e peggio delle visioni che le impediscono di dormire, perché da queste non si sveglia mai, a prescindere da quanto siano spaventose, rimane semplicemente chiusa dentro un mondo che è reale finché non lo è.

"Mi dispiace. Mi dispiace di spaventarmi così tanto," dice a Squall una notte dopo averlo svegliato, quasi in lacrime, e lui sospira appena, svegliandosi a malapena quando intreccia le dita alle sue, le parole di consolazione quasi incomprensibili nel sonno della sua voce. "Mi dispiace."

Sa di stancarlo, in modi che non può evitare. Ma lui è paziente, e le assicura che va tutto bene. Non dorme molto comunque, recuperando quando può, che sia con lei o sul campo, e preferisce perdere sonno tenendola al sicuro che per qualsiasi altra ragione al mondo.

*~*~*~*~*

vi. Squall

Lui insiste a guidare fino ad Esthar quando vanno, ora che il ponte è aperto alle macchine. Lei non discute, e lui sospetta che conosca le sue motivazioni.

Ferma la macchina a un'area di sosta da qualche parte dopo FH, e le prende la mano, guidandola verso ovest.

"Squall, non penso che sia molto sicuro camminare in strada così," gli dice, con un sorriso furbo negli occhi, prima di salire sulla barriera in cemento per camminarci, ed essere più alta di lui. Lui scuote la testa, e rimane fermamente in strada, con la mano che ogni tanto le accarezza il polpaccio mentre camminano.

Non vanno lontano; si fermano a un centinaio di metri dalla macchina, al quinto lampione dopo l'area di sosta. A quei tempi, il ponte era solo per il traffico ferroviario, e le aree di sosta erano per la manutenzione, ma ricorda bene questo posto, tracciando con gli occhi la crepa superficiale dalla forma di uno sprazzo di tuono. Si è offerto volontario per controllare i SeeD assunti per aiutare a ricostruire il ponte, solo per potersi assicurare che questo punto rimanesse com'era.

Si ferma e si siede sulla barriera. Lei si siede accanto a lui, e guardano insieme il tramonto, le nuvole che vanno dal giallo chiaro all'arancio scuro, fino a quando i bordi avvampano di un rosa brillante.

"So perché siamo qui," gli dice. "Questo è quel posto, vero?"

Lui annuisce. Non sa come dire quello che vuole dire, e qualcosa in lei sembra nervoso, un'energia che lei emana quando cerca di trovare le parole.

"Ti ho detto molto quando eravamo qui," dice lui infine. "Sembrava giusto."

Lei non risponde, e lui non è sicuro di cosa si aspettasse di sentirle dire, comunque. Tutto quello che le ha detto quel giorno lei ormai lo sa già. A quel tempo erano grandi segreti, grandi ammissioni, ma così tanto tempo insieme e cose come quelle non hanno bisogno di spiegazione. Ora sospetta che per lei non fossero segreti nemmeno allora. Sta dubitando di questo viaggio, i suoi piani di apertura e onestà che si stringono davanti alla sorprendente intuizione di lei, e si preoccupa di aver esagerato le sue aspettative per nulla.

"Lo so," dice lei quando risponde.

"Ah sì?"

Lei annuisce, e lui aspetta che si spieghi.

"Beh... potevo sentirti."

Lui inspira ed è all'improvviso imbarazzato. Dirglielo adesso, scoprire cose insieme, queste cose sono diverse dal dirglielo allora. Lo trova sciocco - dopo tutto glielo ha detto, no? Era davvero perché pensava che lei non potesse sentirlo? O perché erano cose che aveva solo bisogno di dire?

"Non arrabbiarti." Lei distoglie lo sguardo, e lui non sa come interpretare quel gesto.

"Non lo faccio," risponde. Non lo fa. È solo... Cosa, si chiede?

È come nello spazio, pensa. Una volta che erano al sicuro e poteva respirare, e andava bene tirare su di nuovo i suoi muri, per tenerla in un posto dove poterla osservare senza avvicinarsi troppo.

Ma quando lo ha fatto, l'ha quasi persa di nuovo. Si è chiuso e l'ha messa fuori, e non si è ancora ripreso da quei giorni, non ancora. La vede attraverso un vetro e gli mozza il respiro, essere separati da un pannello di vetro, che lei si muova oppure no dall'altra parte.

Perché, tanto per cominciare, l'ha portata in braccio su questo ponte per non perderla, e lei ha scoperto comunque com'è arrivata nello spazio, il suo cosiddetto eroismo.

"Non ricordo molto, quindi non preoccuparti," gli dice lei, con una leggera risata nella voce, ma solo leggera. Non abbastanza da proteggere i suoi segreti, ma abbastanza da dirgli quanto lei nasconda ancora su quel periodo. "Solo frammenti qua e là. La maggior parte sono voci confuse e..." Si ferma.

"E cosa?"

"Non c'era silenzio per me, allora. Ero tipo in mezzo a delle cose, penso che si possa dire così. La tua voce era più evidente delle altre. Rendeva più facile bloccare l'altro lato, quindi cercavo di ascoltare. Quindi, ti ho sentito. Scusami se non te l'ho detto. So che era personale... immaginavo che se avevi voluto aspettare fino a che pensavi che dormissi per parlarmi, probabilmente non volevi sapere che ero, tipo, sveglia."

Un lampo di colpa gli attraversa la mente, che lei possa anche solo pensare che lui volesse nasconderle qualcosa, ma lei non è arrivata da sola a quella conclusione.

Non era una questione di aspettare che dormissi, vuole dire, ma lei ha ragione. Lo ha fatto. Ha aspettato quasi fino a perderla, e poi l'ha trovata, solo per allontanarla di nuovo. Sente di essere un ciclo di occasioni quasi-perse, e lo spinge a dire le prossime parole senza esitazione.

"Voglio sposarti."

Lei si volta e lo guarda, ad occhi spalancati, e lui capisce cos'ha appena detto. Si obbliga a continuare a guardarla negli occhi. Il sangue che gli affluisce in testa è assordante e gli si stringe lo stomaco, ma non distoglierà lo sguardo. Quando lei continua a non dire nulla, gli viene in mente che stia aspettando che si spieghi, per come è passato dallo scoprire che sapeva della sua confessione a una proposta di matrimonio. I suoi pensieri sono così forti, per lui, e lei sembra così giusta, così naturale, che dimentica di doverle ancora dire, a volte, a cosa sta pensando.

"Va bene che tu mi abbia sentito, Rinoa. Dopo tutto te l'ho detto, no?"

"Alla me-addormentata."

"Forse. Ma comunque te. Io-" Ti amo. Non posso starti lontano. Ricordare come ti ho quasi persa mi tiene ancora sveglio la notte, e farei di tutto per tenerti al sicuro. Ho bisogno di te. "Ti ho detto tutte quelle cose perché sento che sei una parte di me che mi è sempre mancata. Non ho mai avuto uno scopo prima di te. Facevo solo quello che mi veniva detto di fare. Ma con te... nulla di noi ha senso, so solo che è giusto. E quindi voglio sposarti."

Le sue parole gli sembrano imbarazzate, e trova sempre più difficile non distogliere lo sguardo, ritrarsi. Ma si costringe a farle una domanda, "allora, vuoi... vuoi sposarmi anche tu?"

Lei sorride, un sorriso così grande e luminoso, e gli occhi le luccicano. Gli butta le braccia intorno, per quanto possa farlo seduta al suo fianco, e lo bacia, e gli dice "sì."

*~*~*~*~*

vii. Squall

È strano dormire senza di lei, a prescindere da dove si trovi. Dopo quella prima notte, dopo che era spuntata l'alba e aveva passato la giornata in sessioni di debriefing, dopo aver passato ore lontani e alla fine lei era ancora , aveva iniziato ad accettare che forse era reale.

È sicuro di aver lasciato una parte di sé su quella roccia scura di un non-mondo, o forse lei l'ha semplicemente presa e adesso la tiene con sé.

È strano dormire senza di lei, dopo essere tornato nella sua stanza dopo quella prima giornata, una volta che poteva dormire senza temere che lei alla mattina fosse scomparsa, o che il resto del Garden l'avrebbe portata via.

Il suo letto era freddo e vuoto. La stanza era soffocante, e nulla gli sembrava giusto, e non è mai più stato così senza di lei.

Non dorme molto in missione, cosa che crede sia un bene. Preferirebbe non farne più, ma è Squall Leonhart, e i ricchissimi sono disposti a pagare così tanto di più perché lui sia coinvolto, che sia una missione rischiosa oppure no. Non può morire, non morirà, ma questo non significa che non si trovi sempre in pericolo.

Di notte, sente i suoi sogni. Più forti quando c'è lei, quando trema tra le sue braccia e urla nella notte. Lei si scusa per questo, ma l'unica cosa che lui desideri è che lei non abbia affatto quelle paure. Rimane sveglio fino a quando lei si addormenta la maggior parte delle notti, come ha fatto quella prima notte, seguendo il suo respiro, desiderando che sentisse pace.

Ma i sogni non sempre rimangono con lei. Vede quello che vede lei, sbiadito, a pezzi, e lo innervosisce. Non glielo dice, non la fa preoccupare, ma gli rubano il sonno a turno.

Ogni notte, lui spera. A volte si addormenta per primo e si chiede il giorno dopo se non l'ha lasciata sola ad affrontare i demoni senza di lui. Pensa che lei lo avrebbe svegliato, ma la turba così tanto appoggiarsi troppo a lui che sa che non lo farebbe. Si scopre sollevato, si dice che è perché lei ha superato la notte, e chiude fuori la voce che dice che è solo grato di essersi finalmente addormentato senza che lei piangesse.

Quando è lontano, gli sprazzi e i lampi sono meno frequenti e meno chiari, ma rimangono comunque. È sempre lacerato in due, mezzo SeeD, mezzo Cavaliere. Sa che un giorno sarà in grado di essere solo da una parte e ha già fatto la sua scelta, ma fino a quel momento fa la sua parte, e ci sono vite nelle sue mani.

Stanotte lei sta sognando, e lui si allunga verso di lei in ogni modo in cui può farlo, seduto su una sdraio in una casa abbandonata mentre il suo unico compagno di squadra dorme qualche metro più in là. Quando è il suo turno, si corica e sente l'assenza accanto a sé. Non è mai sicuro di cosa fare delle sue braccia, quando non c'è lei da stringere.

*~*~*~*~*

viii. Rinoa

Pratica il controllo, su ciò che è incontrollabile.

La prima volta che è venuta all'orfanotrofio - la prima che ricorda, comunque - era sfocato, da sogno. Era un santuario, in posto in cui era al sicuro, in cui non poteva far del male a nessuno.

Ci pensa spesso. Quei primi momenti. È in piedi sulle rocce in rovina, mai del tutto riparate nonostante gli sforzi di tutti, e preme 'play' sulla loro conversazione di allora. Sin dalla prima volta che si sono incontrati ha sentito di capire qualcosa che a lui sfuggiva, quando era lui quello ingenuo.

È qualcosa che non si chiede, a prescindere da quante volte la domanda prema ai bordi della sua mente, ma c'è sempre. Avrebbe fatto quella promessa, lui, se avesse capito cosa significava?

Rinoa scende dal patio lungo gli scalini di pietra e va fuori, al faro, e toglie un fascio di carte da una borsa che portava a tracolla. Si siede, consumata dai rapporti delle notizie e dai documenti del Garden, chiedendosi se morirà di noia prima di qualunque altra cosa.

Quello che vuole è un avvio, qualcosa che può fare, o vedere, o dire, che causerà un infiammarsi, qui, in un ambiente scelto da lei. Dove sa che è sicuro, e può lavorare sulla manipolazione della magia per se stessa, sul controllare se stessa.

"Cosa stai facendo?"

Sobbalza e guarda Squall imbarazzata, sorpresa che sia riuscito a coglierla alla sprovvista. Cerca, scioccamente, di nascondere i fogli che lui ha già visto.

"Leggo," dice, in tono piatto. Lui la guarda accigliato, e si avvicina abbastanza da proiettare la sua ombra sul grembo di lei. È più tardi di quanto pensasse, il sole è un oro basso all'orizzonte.

"Leggi cosa?"

È troppo tardi per fingere. L'intestazione del Garden è stampata su più di metà dei documenti, ed è qualcosa che Squall non ha bisogno di vedere da vicino per poterla riconoscere. "Rinoa, perché hai questi?"

La voce gli si incurva alla fine della domanda. Sa perché li ha, ma glielo farà dire comunque.

"Squall," inizia, con voce patetica.

Lui sospira pesantemente e si siede accanto a lei, raccogliendo i fogli. Lei non cerca di fermarlo.

"Pensavo... forse potevo iniziare qualcosa," dice lei dopo svariati minuti di silenzio. La sua mano si blocca, e la guarda. Ha gli occhi luminosi, intensi, e lei vuole distogliere i suoi perché è quasi doloroso essere presa da quello sguardo. "Beh, qui è sicuro. Posso... fare pratica."

"E questi dovrebbero aiutarti?" Scuote i fogli davanti a lei.

"Beh, mi hanno fatta tipo arrabbiare."

La sua firma è su almeno un quarto dei documenti del Garden, e la maggior parte sono pieni di bugie. Non ha portato i rapporti di guerra, o qualsiasi delle centinaia di dichiarazioni che garantiscono che non c'è alcuna minaccia di Strega. Solo i documenti della fondazione nascosti per anni, sul vero scopo della SeeD, gli aggiornamenti mensili, firmati da suo marito, dei continui sforzi del Garden per allenarsi a essere pronti su come uccidere una Strega.

Non è arrabbiata con lui, e lui lo sa, ma questo non ferma il senso di colpa dall'attraversargli il viso.

"Hai parlato con Edea?"

Lei fa una pausa. "Non le ho detto che venivo per questo, se me lo stai chiedendo."

"Voglio dire-"

"Le ho parlato del controllo? Un sacco di volte. Lei dice sempre che con il tempo diventa più facile."

"Ma tu non le credi."

"Dovrei? Il tempo non ha aiutato lei, non quando era importante. Non posso permettere che succeda."

"Ma è già successo, Rin." Lui spalanca gli occhi e si scusa subito, cosa che la fa quasi ridere.

"Va bene, di nuovo. Ecco perché ho bisogno di fare pratica. Perché è già successo. Io non... non posso..." Sono passati due anni e la perseguita ogni notte, la sensazione intrappolata, impotente mentre la sua mente gira e guardava il suo corpo fare cose, incapace di parlare o combattere.

"Non può tornare, Rinoa. Non finché non sarà il suo tempo. È morta nel nostro presente. O non è ancora nata." Non sono ancora sicuro di quale delle due sia, lo sente praticamente pensare. I meccanismi del cerchio del tempo hanno un senso flebile, per lui, e alla sua maniera molto da-Squall accetta semplicemente ciò che è successo senza farsi troppe domande.

Rinoa lo vede diversamente, legata intrinsecamente alla successione. C'è un'ondata di etere, un canale che porta le voci delle sue sorelle passate e future, che non può spegnere. Le voci più forti sono quelle che conosce, Edea, Adele, una voce che sa dover essere quella di colei che le succederà, una voce che ancora non riconosce. La voce di Artemisia si muove su e giù sull'onda, ora nel passato, ora nel lontano futuro. Rinoa non sa dove cominci la sua voce, e cerca di abbassarla il più possibile. Ne ha sentito abbastanza da durarle per tutta la vita, e non si preoccupa dei particolari. Ha cercato di spiegarlo a Squall, una volta. Lui aveva la sua migliore espressione concentrata mentre cercava di capire, e un breve momento di chiarezza che era passato non appena aveva cominciato a pensarci troppo.

Ha detto di averle sentite in passato, di solito quando lei dorme, ma non sapeva cosa stava sentendo. Questo lo spaventa ogni volta, ma lei si sveglia sempre come se stessa. Si è accigliato spiegandosi, con la logica SeeD che falliva davanti a qualcosa di così Altro.

"Sono come le voci dei GF," gli ha detto alla fine Rinoa. "Solo che non posso toglierli dalla junction."

Era un'analogia abbastanza buona allora.

"Non sappiamo quando è nata, Squall. O se ce n'è un'altra. Per quanto ne sappiamo, potrei essere Artemisia. Forse mi sto trasformando in lei adesso, perché cerco di fare pratica nel posto dove ha costruito la sua cas-"

"Rinoa, smettila."

"È solo qualcosa a cui penso. Non sappiamo niente di chi sia davvero. E io sono lì da qualche parte, Squall. Forse è la persona che mi succederà. O la persona che succederà chi mi succederà."

"È troppo lontana nel futuro."

"Forse. Ma io porto comunque a lei. Quindi devo controllarlo, il più a lungo possibile. Se Edea ha potuto perdersi così facilmente dopo aver avuto il potere per decenni..."

Stavolta Squall non risponde. A volte Rinoa è preoccupata da questo, e adesso è una di quelle volte. Sa che il suo silenzio di solito significa che non sa cosa dire, ma a volte sembra che lui confermi le sue paure non negandole.

"Sei preoccupato anche tu."

"Sono sempre preoccupato, Rinoa."

"Pensi che non sia forte abbastanza. Che non imparerò a controllarlo, vero?" Lo sta stuzzicando e sa che non dovrebbe, ma tutto quello che vuole è che lui le dica che può combattere, perché è la cosa di cui non può mai convincersi.

"Non l'ho mai detto."

"Ma non hai detto il contrario."

"Hai detto che pensavi di poter essere Artemisia, e non sono stato d'accordo."

"Ma sto parlando di controllo in generale."

La confusione gli passa negli occhi, e diventa frustrazione. "Stai parlando di due cose diverse."

"Sono tutte la stessa cosa. Per me sono la stessa cosa. Anche se non divento lei, potrei diventare come lei. Potrei diventare cattiva. Sei preoccupato di questo."

"Sono preoccupato perché più provi ad avviare qualcosa, più probabile è che tu perda il controllo."

"Però il punto è questo, no? Perdere il controllo. Non posso imparare a combatterlo, altrimenti."

Lui la fissa a lungo, con gli occhi brucianti, e alla fine dice, "penso che tu lo stia stuzzicando."

Quello che non dice è, "questo potere è più forte di te, e lo dimostrerà se cerchi di fare il contrario," ma lei lo sente comunque. Nella voce di lui, nella propria, nella voce che grida nella sua testa ogni volta che abbassa la guardia. Ecco perché lui non le dice mai quello che vuole sentire, anche adesso, anche quando lei decide di avviare un litigio che si prende la parte migliore del pomeriggio. Lui non le mentirà.

"Squall," sussurra, con le lacrime nella voce.

Lui sospira e posa i fogli. Lei scivola verso di lui, sedendoglisi in braccio e nascondendo il viso contro la sua spalla. Lui la stringe con entrambe le braccia, cullandola leggermente, e le bacia la testa. Ora il suo silenzio è conforto, perché adesso la cosa migliore che può dire è non parlare affatto.

*~*~*~*~*

ix. Squall

Squall usa ogni risorsa che ha al Garden per imparare il più possibile, e nessuno fa domande, che sappiano di Rinoa o meno.

È disgustato da quanto sia di parte la letteratura che il Garden tiene nella biblioteca riguardo allo studio sulla Strega. (Quella che loro chiamano "il problema". Sua moglie non è un problema. È una persona. È sua moglie.) Così disgustato che si rivolge ad Esthar, dove almeno hanno dei buoni motivi per essere diffidenti.

Laguna si impappina un sacco, entusiasta della possibilità di aiutare suo figlio, ma Squall non può evitare di vedere la sua cautela sull'argomento. Laguna ama Rinoa, ma lei per lui è più che sua nuora, più che se stessa. Laguna ha guidato una nazione, per quanto accidentalmente, fuori dalla tirannia di una Strega, e ha dovuto gestire le conseguenze della seconda guerra. Ama la Rinoa persona, ma teme la Rinoa Strega, e sa che c'è differenza tra le due.

Squall gliene parla nella sua prima visita. Sono in un soggiorno nell'ala residenziale del Palazzo Presidenziale di Esthar, a bere caffè perché Laguna non tiene nulla di più forte.

"Tanto sei troppo giovane per quella roba," gli dice Laguna.

"Sono nato in un bar," ribatte Squall, e Laguna tace immediatamente. Per un attimo Squall quasi si sente in colpa per averlo detto, per aver usato quella che sa essere la parte di vita di cui padre si vergogna di più come arma, ma adesso non sta parlando a suo padre. Sta parlando al presidente della nazione che gli ha quasi portato via Rinoa per sempre, e che ha più informazioni di quante l'unico altro uomo che ha cercato di fare il "papà" gli darà mai, e la loro storia (mancanza di storia) è irrilevante.

Ma sta anche parlando all'uomo che ha trovato un modo di salvarli, di salvare lei. E il caffè è buono, comunque.

"Non fa parte del tuo lavoro sapere che cos'è?" chiede Laguna, dopo la fine dei convenevoli e la domanda di Squall di andare alla Dimora per la quinta volta da quando è arrivato.

Squall annuisce, e dice, "so di lei tutto quello di cui ho bisogno, per fare il mio lavoro da SeeD. Quello che non so è come fare il mio lavoro come..." Suo Cavaliere. "Suo marito." Cavaliere è suo, è loro. È quello che non capisce del tutto, quello che vuole capire imparando dall'altra parte.

"Non c'è modo di impararlo," gli dice Laguna, tristemente. "E decisamente non da me."

Squall rimpiange ancora di più la sua frase di prima, e pensa a cosa starà facendo Rinoa adesso. Sono le dieci del mattino a Timber, e probabilmente è alla macchinetta del caffè a lavoro, a guardarla vuotare caffè acido in una tazza di plastica e a dirsi per la millesima volta che uno di questi giorni deve portare in ufficio la loro macchina per espresso in più. Le sue labbra si piegano, come se potesse sorridere, e distoglie gli occhi.

Il perdono non è venuto con facilità con Laguna, non per la guerra, non per aver abbandonato sua madre. Ma Squall è rimasto all'hangar della Lagunarock e li ha guardati portare via Rinoa e sapeva benissimo che destino avrebbe avuto. Laguna è partito per cercare Elly, senza sapere tutto quello che stava lasciando. Forse non è venuto con facilità perché Squall non ha ancora perdonato se stesso.

"Se lo chiedo come SeeD?"

Laguna fa una risatina e vuota un'altra tazza di caffè. "Vuoi davvero che sia tutto ufficiale?"

Squall lo guarda duramente, senza sapere se sta scherzando o no, e alla fine decide che sì, sta scherzando. Le labbra si piegano ancora, finché ride contro la sua volontà.

"Hey, ti servono un po' dei modi pochi ortodossi del tuo vecchio di fare le cose."

Parlano di altre cose mentre finiscono il caffè, poi Laguna lo guida lungo un tunnel di corridoi fino a biblioteca che dà sul deserto. La Dimora è un minuscolo puntino contro l'orizzonte, una beffa, un presagio.

"Ti lascio qui. Ma se te lo chiede qualcuno, ti sei perso e hai trovato questo posto da solo."

Squall si rende conto che la biblioteca è di Odine, ed è sopraffatto da gratitudine e disgusto insieme.

"Grazie."

Laguna annuisce e gli rivolge un sorriso che è orgoglioso e felice e nervoso e triste, e Squall si prende un momento per apprezzare che uomo complesso sia davvero suo padre prima di seppellirsi in decenni di letteratura e ricerche raccolte da un pazzo.

È più facile accettare una certa esitazione in Laguna che in Cid. Squall prova un risentimento verso Cid così forte che raramente gli parla al di fuori del lavoro. Squall darebbe fuoco al mondo prima di ordinare la morte di Rinoa, a prescindere dal suo crimine, e lo sanno entrambi, e le conversazioni sono tese. Tutte le informazioni che dà Cid un giorno potrebbero essere usate contro il Garden.

Sente di essere l'unico uomo al mondo che vuole tenere viva una Strega, finché capisce che ce n'è un altro, una persona che sa, a cui a un certo punto è persino interessato, ma non è del tutto pronto ad attraversare quel ponte.

*~*~*~*~*

X. Rinoa

C'è uno spavento, un mese, e le mette un'idea in testa con tanta forza che trova difficile pensare ad altro.

È un sogno che non ha mai davvero avuto. Ha perso sua madre troppo giovane e conosce il dolore che ha provato, e non vuole farlo provare a nessuno. Teme che si trasformerà, abbandonerà tutti quelli che ama, e non vuole aggiungere nessun altro a quella lista. Una cosa a cui l'essere Strega l'ha aiutata a scendere a patti, il suo disinteresse a diventare madre. Da adolescente il suo sogno era salvare il mondo, non essere legata ai figli. L'avverarsi del primo sogno non ha aperto le porte al sogno del bambino, nonostante domande frequenti sull'argomento di amici e familiari. Ma in tutte le sue ricerche Squall deve ancora trovare prove di Streghe che hanno avuto figli, e per lei è un sollievo, una cosa in meno di cui preoccuparsi.

Finché pensa che ci sia. Passa una settimana buona terrorizzata oltre ogni comprensione, e pensa a tutto quello che ha provato finora e che niente, nemmeno vedere Squall a terra, si avvicina al panico che la stringe in quei giorni. Si rifiuta di vedere un medico, nemmeno la Kadowaki, troppo spaventata dai risultati per saperlo, cercando nella sua testa tutto ciò che possa rendere l'idea più gestibile, per renderla qualcosa che potrebbe volere.

E poi, all'improvviso, la possibilità scompare. È sola, Squall è lontano per tutto il giorno a una riunione. Rientra tardi e non appena entra dalla porta lei lo guarda e scoppia a piangere. Lui la stringe e lei non si preoccupa nemmeno di cercare di spiegare perché faccia così male perdere qualcosa che non ha mai saputo di volere.

Lui cerca di dissuaderla, all'inizio. Non può dire nemmeno che sia qualcosa che ha mai immaginato per sé. Si preoccupa per quello che vorrebbe dire per lei, per loro. Non vuole che lei speri troppo in qualcosa che probabilmente non può nemmeno succedere.

Probabilmente, gli dice lei.

Passa un anno a imparare un nuovo significato della parola 'aspettativa', e poi, alla fine, ci riescono.

*~*~*~*~*

XI. Squall

Si sente tenuto a galla, sbattuto tra onde e rocce, e ogni giorno è una lotta per non affogare.

È troppo, troppo, ed è fuori di testa dalla paura.

Quando aveva diciassette anni, aveva passato il mese più doloroso e straziante della sua vita a viaggiare attraverso il mondo, attraverso lo spazio, del tutto separato da se stesso, preso dalla soffocante consapevolezza che un decennio passato a respingere le persone ed evitare i legami non l'aveva protetto dal trovare il nucleo della sua esistenza radicato nella salvezza di un'altra persona.

Ha passato anni ormai a vivere questo. Sentire il suo dolore, sognare i suoi sogni. Guardarla impotente mentre soffre, furioso per la sua asfissiante mortalità.

E ora tutto questo sta per raddoppiare.

Bussa alla porta dell'appartamento malandato, notando con sorpresa passeggera un secondo paio di scarpe fuori dalla porta, e si chiede se non sia un errore.

Quando la porta si apre, lo saluta un grande e goffo sorriso biondo, e le parole "sapevo che saresti venuto a cercarmi uno di questi giorni."

*~*~*~*~*

xii. Rinoa

I suoi sogni si spostano, in qualche modo più bui, e crudeli. È in piedi sulle rocce del faro vicino all'orfanotrofio di Edea, e sotto di lei il male ribolle di teste di bambini, piccoli visi di tutte le età che somigliano a lei, a Squall, sempre che abbiano una faccia. Li guarda e gioca con gli spostamenti della marea, allontanandoli e poi riavvicinandoli. Si stanca di questo gioco quando si guarda i piedi e trova una lunghezza di catena, spessa, lunga, pronta.

Sogna la guerra. Ha un bambino con sé, e combatte con un bambino in braccio. Tutto quello che affrontano è molto più spaventoso, e non può concentrarsi su altro a parte tenere il bambino al sicuro. Quando i Garden collidono e lei cade, lascia cadere il bambino, e guarda la terra che colpisce le eliche e che si macchia di rosso. Si sveglia tremando e immediatamente si sporge oltre il bordo del letto per vomitare, ed è troppo orripilata anche solo per descrivere il sogno. Squall la stringe, la accarezza, le sussurra cose senza senso all'orecchio e nulla serve, nulla serve. Ha paura di dormire la notte dopo, e quella dopo, quell'immagine che continua a comparirle in testa, un cerchio infinito.

È sul bordo del tempo e Squall è steso lì e non si sveglia. Gli spinge via i capelli come fa sempre, e il suo viso si sfalda, perso nel vento, e diventa duro e buio tra le sue braccia. Le sembra di gridare per ore, e si aggrappa a lui nel loro letto, singhiozzando. Lui cancella una riunione, il giorno dopo, per stare a casa, e lei ha paura di qualsiasi distanza.

Le gira la testa e si sente persa, e ci sono sogni che non rallentano mai abbastanza perché lei possa raccontare cosa sta succedendo. Si agita e si rigira nel sonno e si lamenta e grida e a volte prova dolore, così tanto dolore.

È certa di stare impazzendo.

*~*~*~*~*

xiii. Squall

Non ha dormito una notte intera da quando l'hanno scoperto. Se i suoi incubi non lo svegliano, rimane comunque a fare la guardia più che può, accarezzandole i capelli, facendole scorrere la mano sul braccio. È vigile contro i mostri che la attaccano di notte, anche se è impotente contro di essi.

Lei si sveglia urlando una mattina, proprio quando sta spuntando il giorno, ed è coperta di sangue e il cuore gli si ferma nel petto. Si sente gelare e poi suda, e cerca di stringerla a sé, ma non ha parole. Lei pensa di stare ancora sognando e combatte se stessa, cercando di svegliarsi. Lui sa che non è così.

Perde il conto di quanto a lungo la abbraccia mentre lei strilla e si agita, e capisce nel momento in cui cambia, nel secondo in cui lei si accorge di essere sveglia, che questo è reale. Le sue grida cambiano, dolorose grida di "no, no!" fino a quando alla fine ricade in silenzio ed esausta contro il suo petto.

Anche lui è ferito. Ma è più difficile guardare l'effetto della perdita su di lei. Inghiotte la sua delusione, tutto quello che prova al riguardo, e fa del suo meglio per tornare alla vita di sempre. Lei lo accusa di essere freddo, di non volerlo davvero comunque. Lui grida, perché dannazione, non vede quanto ci stia provando, lui? Perché lei sta andando a pezzi, è a pezzi, e uno di loro deve restare in piedi, ma lei non vuole ascoltare. Alla fine lui smette di discutere e le posa una mano sul ventre vuoto, il che non ferma le sue lacrime, ma non sono più rabbiose.

Lei vuole riprovarci. Lui le dice di no, assolutamente no. Non può vederla di nuovo così addolorata, non può e basta. Ma lei vince, come vince sempre, perché lo vuole così tanto. E lui torna a guardarla passare metà del mese speranzosa e distratta, e l'altra metà devastata e determinata.

È di nuovo incinta. Sogna di nuovo. Perde di nuovo il bambino.

Dopo la terza volta, lui la convince a vedere la Kadowaki, l'unico medico che sa, che potrebbe riuscire a dare qualche consiglio.

"La magia è nel tuo sangue, Rinoa," le dice la dottoressa tristemente, pazientemente. È quello che sospettavano, quello di cui Squall ha cercato di convincerla, ma lei non voleva ascoltarlo. "Sai com'è per te a volte, giusto? Le ondate? Sono semplicemente troppo forti da gestire per un feto."

Lui deve restare al Garden per il resto della settimana per gli esami SeeD, e lei torna a Timber. Il terzo giorno, sente che qualcosa si chiude di botto nella sua mente. È seduto in un carro nelle foreste da qualche parte a sud di Trabia, a monitorare la rete di comunicazione di una squadra mandata ad aiutare una delle tribù della foresta contro una banda di nemici. L'unità con cui si trova è composta di quattro membri, tutti addestrati allo spionaggio. Quando sente chiudersi il canale, chiude gli occhi, aspettando, sperando, ma sa cos'ha fatto lei.

"Toglitela," le dice non appena arriva a casa, prima di ciao, prima di un bacio, prima che la porta abbia finito di chiudersi.

Lei lo guarda dal balcone della cucina dove sta finendo di preparare il pranzo, e ha speso i soldi in più per la sua birra preferita, quella che si può comprare solo a una città più avanti. Lei non trasalisce, e ha uno sguardo di sfida.

"No."

"Rinoa, ne abbiamo parlato. Hai detto che non l'avresti fatto."

"Potrebbe aiutare, Squall. L'ha detto la dottoressa K."

"No. Non è quello che ha detto."

"Ha detto che la magia-"

"Lo so. Ma sai che questo non la porta via. Non cambierà nulla e io..."

"Cosa?"

"Non posso aiutarti se non so cosa stai passando." Ha un breve lampo di introspezione in cui gli viene in mente che qualsiasi altra coppia al mondo che affronti questo lo fa con questa specie di silenziatore tra loro per tutto il tempo, e non può essere così difficile, ma loro non sono qualsiasi altra coppia e pensa che l'unica cosa che lo abbia portato fin lì è questa connessione, questo legame, perché non riuscirebbe mai a capire niente senza.

Gli occhi di lei brillano (smorti, però, smorti quando indossa quella cosa, o forse è solo abituato a vederli bruciare), e sembra così triste che la sua rabbia si attenua.

"Oh, Squall," dice, e corre da lui e si avvolge intorno a lui. "Mi aiuti sempre. Sempre. Sempre." Lo ripete come un sussurro. "Possiamo provarci solo una volta?"

Lui sospira, e accetta.

Lo fanno. Falliscono. Stavolta lei non piange nemmeno, si toglie semplicemente la cavigliera e la mette in una scatola in fondo a un cassetto dell'armadio e si infila a letto.

*~*~*~*~*

xiv. Rinoa

Questa è la loro realtà, e lentamente Rinoa se la lascia alle spalle. È una Strega, dopo tutto, e tanto per cominciare non è mai stato il suo sogno.

Non lo era nemmeno la guerra, però, o la successione, o una vita a nascondere ciò che è, e li ha avuti tutti comunque.

Ma poi, pensa, nemmeno Squall lo era, e il dipendere così tanto da qualcuno. Avere qualcuno che dipende così tanto da lei. Si chiede a volte se sia davvero una buona cosa o no, ma poi immagina la vita senza di lui, e il pensiero la inghiotte.

È stanca della monotonia di Timber, libera da tutti questi anni... Vuole gridare quando vede richieste via email per avere nuovi tappeti negli uffici, o post-it incollati alla scrivania dell'amministratore che si lamentano delle macchinette che fregano i soldi.

Non vi ricordate dov'eravamo, vuole chiedere. Siete così preoccupati di un guil?

Ma lo sono. E siccome Timber è ancora libera, e fiorente, Rinoa sa che è un lusso lamentarsi di un guil, e non dice nulla.

Ma le manca qualcosa.

E poi, le manca qualcosa, e fissa i risultati del test incredula e le viene da vomitare.

Basta sogni, pensa. Basta sogni, basta mal di cuore.

Lo dice a Squall mentre cenano, e sono entrambi molto silenziosi, chiedendosi l'un l'altro senza parole cosa dovrebbero fare.

Non di nuovo. Preferisce arrendersi adesso, dire addio prima di affezionarsi troppo. Vede la stessa idea nei suoi occhi, ed è affascinante.

"E se," dice, a malapena un sussurro, e abbassa gli occhi.

"Sei sicura?" le chiede, spaventato quanto lei.

E se?

Camminano in punta di piedi l'uno intorno all'altra, e sussurrano, e cercano di non parlarne, per paura della perdita, per paura di renderlo reale. Non lo dicono a nessuno, e quando lei non può più nasconderlo lascia il lavoro. Ne era stanca comunque, e non è che abbiano bisogno di soldi. Vedono un medico regolare a Timber, e hanno risultati regolari, e cercano di avere una vita regolare.

È di otto mesi e mezzo, e sono via per il fine settimana a Dollet. Squall è stato mandato a rappresentare il Garden in una conferenza per discutere la costruzione di un ponte verso Trabia, e le chiede di accompagnarlo. Lei è più che felice di farlo, impaurita dalla lontananza.

Passa il tempo alla piscina dell'albergo, a leggere, a godersi la sensazione di essere fuori, dove non deve nascondersi nel caso veda qualcuno che conosce. Cammina per la città e va in spiaggia. Sorride alle persone che le tengono la porta aperta, e cambia educatamente argomento quando le chiedono del bambino. Si meraviglia di quanta gente voglia toccarla, impaurita che possano in qualche modo far danno, ma si gode l'attenzione di qualcosa di così normale.

Ne parla a Squall nella loro stanza, e lui le passa una mano sulla pancia, concentrato sui piccoli calci che rispondono. "È molto bello toccarti adesso," dice, e lei inarca un sopracciglio.

"Ah sì?"

"Mmm." Si sporge e la bacia, abbassandola gentilmente all'indietro, e la sua unica protesta è una preghiera tenue di stare attento, persa in fretta tra i suoi baci e le sue carezze.

*~*~*~*~*

xv. Squall

È il loro ultimo giorno a Dollet, e la sua ultima riunione finisce in anticipo. Squall apre la porta della stanza d'albergo al suono della doccia, e infila dentro la testa, dice a Rinoa che vuole cenare presto prima di partire. Trascina il loro tempo prima di tornare a Timber, meravigliato dal cambiamento che li ha avviluppati in questi giorni, il conforto dell'anonimato in un posto dove nessuno sa chi sono. Se non fosse per la sua divisa potrebbero letteralmente essere chiunque, ma gli basterà essere un SeeD a caso, che cammina per le strade con la moglie incinta.

Si fermano vicino alla stazione mentre vanno a cena, e lui compagna i biglietti per l'ultimo treno della sera, e dopo mangiato camminano per la città, mano nella mano, assorbendo tutto quello che possono.

"Dovremmo trasferirci qui," dice Squall, sorridendole mentre lei lecca del gelato che ha comprato da un venditore ambulante e che le cola sulla mano.

"È stato davvero bello," risponde lei. "Ma è bello sapere che c'è un posto come questo dove possiamo andare, sai? Quando abbiamo bisogno di andare via? Oh. Guarda." Si ferma e indica un negozio dall'altra parte della strada, con una vetrina piena di rosa e azzurri e verdi, mobili e orsacchiotti. Non cerca di nascondere il desiderio sul suo viso, e lui le prende la mano (ora senza gelato), e la guida dall'altra parte della strada.

Escono con borse e scatole e mobili prenotati, e quando lei si addormenta accanto a lui sul treno, Squall pensa che non ha dormito così pacificamente da anni. Riflette, mentre guarda il mondo fuori passare da deserto a foresta, e tira fuori il telefono, sicuro che non si arrabbierà. Si svegliano la mattina dopo in una casa piena di amici, con la colazione a letto, Ellione che promette che resterà, di sorrisi e lacrime e gridolini di "non posso credere che non ce l'abbiate detto!"

Cinque settimane dopo, Squall quasi fa a pugni con un capotreno, pronto a saltare giù prima che siano entrati in stazione. È a terra non appena le porte finalmente si aprono, scacciando del tutto l'idea di un taxi e correndo a perdifiato le due miglia che lo separano da casa loro. Rallenta alla porta e cerca di farsi sembrare calmo, sicuro, e pensa di aver bisogno di bere.

Apre la porta della loro camera da letto e il cuore gli si ferma, del tutto impreparato alla vista che lo accoglie. Rinoa è madida di sudore sul loro letto, con le lacrime sul viso mentre guarda qualcosa che si agita tra le sue braccia. Ellione si alza e si avvicina, gli prende un braccio e se lo mette intorno alle spalle proprio quando si accorge che non pensa di potersi reggere in piedi. Lo guida al letto e lui si siede sul bordo, così pieno di tutto che è quasi intorpidito.

Ricorda: anni fa Rinoa gli è caduta tra le braccia e il resto del mondo è svanito intorno a lui, e ha saputo, allora, di aver trovato i limiti dell'amore, perché nulla poteva essere più forte di ciò che sentiva in quel momento. Ricorda gli anni da allora, e la sua meraviglia mentre lei gli cresceva dentro ogni giorno, mostrandogli che non ci sono limiti all'amore.

Squall guarda attraverso le lacrime il viso rosso nascosto in una pila di coperte, sua moglie esausta e radiosa, e tutto d'un colpo, crede.

*

Note al testo
(1) Ospitante o ospitato: ho scelto di usare queste parole - orribili, lo so - perché in italiano la parola "ospite" ha entrambi i significati (ospitare qualcuno o essere ospitati) mentre in inglese sono due parole diverse. Mi sembrava importante che il concetto rimanesse - ovvero che Squall non sa se è lui ad ospitare Rinoa nel Garden o se è lei ad ospitare lui - e usare solo la parola "ospite" non mi sembrava sufficiente.

*****
Nota dell'autrice: pubblicata per la challenge Where I Belong.
Un grazie speciale per questa storia va a irishais, dato che ho preso ispirazione dalla sua storia "all the space between"; a Audrey Niffeneggar (che non la vedrà mai, a meno che sia una shipper Squall/Rinoa segreta), dato che mi sono accorta alla prima bozza di avere una storia molto alla "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo", che è uno dei miei libri preferiti, e sento il bisogno di citarla, dato che raccomanderò sempre alla gente di leggerla; e ad Ashbear e Emerald-Latias per aver ideato la "Where I belong" challenge, e per avermi invitato non solo a partecipare, ma a moderare. Infine, un grazie va anche a mio marito (Victor su ff.net) per l'amore che mi ha dato e mi ha permesso di dargli a mia volta, il che è, suppongo, la mia ispirazione sopra ogni altra cosa per questa cosa, e il motivo per cui amo così tanto questa coppia.

Nota della traduttrice: Sigh. Questa è per me la storia più bella della challenge, e se riuscissi a scrivere qualcosa di altrettanto intenso sarei felice.
Come al solito, ringraziamenti alla mia beta Little_Rinoa e ogni commento verrà tradotto e inoltrato all'autrice originale, e ogni eventuale risposta sarà ritradotta e inserita come risposta alla recensione nei siti che lo permettono. Alla prossima! Alessia Heartilly

   
 
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