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Autore: Fuuma    29/03/2013    5 recensioni
Una scena non è mai solo una scena e le sue lacrime non sono mai solo le lacrime di Dean.
E, questa volta, a piangere sono tutti e due, l'attore e il cacciatore.
{j2}
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Tears of a character

Serie: Supernatural Rps

Characters: Jensen Ackles; Jared Padalecki; Misha Collins (nominated);

Pairing: Jensen/Jared {j2}

Words: 1.410

Disclaimers: Gli attori appartengono a loro stessi e, beh, il resto ormai lo sapete.

Missing moment (?) dell'episodio 4x10 ~ Hevean and Hell
 


Gli occhi delle telecamere li osservano silenziosi, rubando ogni dettaglio di una scena che hanno ripetuto più e più volte e che lo sta lasciando senza forze, ma non senza lacrime. Quelle continuano a scorrere. Tutte le volte. Ce n'è una, la prima -the One True Tears, la chiamano- che è sempre la più dolorosa, perché è fatta del concentrato di dolore che Jensen fa crescere nel petto, raccogliendolo nella cassa toracica, intorno ad un cuore che batte e batte, sempre più forte, finché non lo sentirà urlare di dolore (mi fai male, ti prego, smettila, perchè mi stai facendo questo; perchè ci stai facendo questo?), finché non lo sentirà voler fuggire da lui e trovar rifugio altrove.
E' allora che il dolore si mostra anche agli occhi di chi lo guarda, trasformato in acqua salata che lascia dietro di sé una traccia umida sulla sua guancia e svanisce tra le labbra.
Dean parla. Dean piange. E Jensen sta per esplodere.
Jared è il primo a rendersene conto, il proprio sguardo sta danzando tra la nuca dell'attore, le proprie gambe e il fondo del set, dove il mondo non è più fatto di segni a terra da seguire, copioni da recitare o lacrime da piangere a comando. Quando torna a guardare le spalle di Jensen, lo vede tremare sotto la giacca di Dean, le mani sono strette intorno ai bordi delle maniche a cui si aggrappa, cercando di resistere a quell'ondata che lo ha appena travolto. Ha ricordato di un vecchio litigio con suo padre, dell'incidente d'auto di qualche anno fa di Josh in cui credevano sarebbe accaduto il peggio, dei rifiuti, degli amori persi e delle sconfitte e il confine tra lui e Dean si è fatto così debole che ha cominciato anche a ricordare dell'inferno, delle torture, delle preghiere inascoltate e dell'infinito ciclo in cui era bloccato, senza Sam e senza Jared. Da solo in mezzo ad anime dannate, per l'eternità.
Jared ha sentito l'esatto momento in cui schegge di vetro sono cominciate a cadere dalla bolla di vetro che separa Jensen da Dean, si fa così sottile quando recita, che è difficile capire quando inizia uno e quando finisce l'altro, eppure le sente le crepe aprirsi una dopo l'altra, intervallate ai singhiozzi che sono un po' del cacciatore e un po' dell'attore. E' la prima volta che a quell'unica lacrima se ne aggiunge un'altra e poi un'altra ancora, finché non se ne perde il conto, finché Dean non piange davvero e Jensen parla con voce rotta, portando una mano davanti al volto in cui per qualche istante riversa una supplica silenziosa. Ha così tanta voglia di piangere che non è sicuro di riuscire a finire quella scena. Ha così tanta voglia di piangere che non gli piacciono tutti quegli occhi di vetro puntati a lui.
«I wish I couldn't feel anything, Sammy...» e invece sente tutto, irrazionalmente «I wish I couldn't feel a damn thing.»
Sente tutto, ogni cosa e non riesce a smettere di star male.
Dietro di lui, Jared annuisce, con gli occhi lucidi, per le parole di Dean e lo sforzo di Jensen. Riesce a vedere i muscoli della schiena e delle spalle tesi al di sotto della giacca, riesce a vederne il tremore che le telecamere, invece, non colgono e quando la mano di Sam si poggia al cofano dell'Impala, la punta delle dita di Jared cerca la stoffa della sua giacca, la sfiora, lo tocca, in un modo che sembra appena accennato, ma che è invece pieno di intimità.
Quando il ciak finisce, il silenzio che li aveva circondati fino a quel momento sparisce in un vortice di parole, complimenti, richieste e voci che si accalcano una sopra l'altra. Soltanto Jared e Jensen sono in silenzio e, in silenzio, il più giovane ha lasciato la schiena dell'amico per cercare il suo braccio ed afferrare il suo polso.
Ha gambe lunghe -lunghissime- e gli basta distenderle per poggiare di nuovo i piedi a terra.
Si alza in piedi, lo fa in silenzio, senza guardare nessuno, neppure Jensen, puntando invece gli occhi verso il fondo del set, verso il confine immaginario che alle volte si costruisce per riuscire a sostenere il peso della propria vita e di quella fittizia di un personaggio.
Stringendo più forte il braccio di Jensen lo trascina via, lontano dal set, dalle voci, dagli occhi, da tutti e da tutto.
Non sa bene dove lo abbia portato, ha continuato a camminare per un po', superando anche Collins con i suoi occhi blu, con il suo sorriso che può essere beffardo e intrigante e malizioso e allegro tutto in una volta, e che già ha imparato a conoscerli entrambi, abbastanza da non porre domande quando Jared sparisce oltre una porta, in un capannone che finirà per essere mostrato solo in qualche scena tagliata.
E finalmente si volta verso Jensen, finalmente i propri occhi si posano sul suo volto e può vedere che le lacrime sono ancora tutte lì, imprigionate in occhi quasi sciolti, così lucidi e così verdi che gli sembra siano state create da una pioggia di smeraldi fusi.
«It's ok.» gli mormora, con quella sua voce dolce che alle volte sembra fatta per cantare nenie, nonostante sia un il peggior cantante che sia mai esistito sulla faccia della terra «Qui sei al sicuro.»
Non sa da che cosa o perché si sia sentito in dovere di dirlo, ma nel momento in cui lo ha fatto, le lacrime hanno ritrovato il modo di uscire e Jensen trema, esplode e infine si scioglie.
Piange così forte che la gola brucia per i respiri lì annodati, che gli impediscono di articolare parole di senso compiuto.
Parla a monosillabi, a versi che cercano di comporre la parola "scusa" e il pensiero "non so cosa mi sia preso", ma che falliscono miseramente.
Piange e anche se è alto e virile, Jensen, ha spalle larghe, una voce profonda e il corpo di un uomo, agli occhi di Jared appare per la prima volta come un ragazzino. Un bambino che si è perso in un mondo troppo vasto e non sa come tornare a casa e come raccattare i pezzi del proprio cuore, per smettere di sentirlo sanguinare. Continua a passarsi le mani sul volto bagnato, ma più lo fa, più i singhiozzi prorompono con forza dalla gola, scuotendo la cassa toracica.
«Shss, it's ok.» ripete ancora, contro il suo orecchio; non ha potuto farlo come Sam, ma ora i Winchester non ci sono, ora sono solo loro e a lui è concesso avvicinarsi un po' di più a Jensen -ancora un po' di più- «Prenditi tutto il tempo che ti serve, buddy
Lo sa che Jensen vorrebbe ribattere qualcosa -che non gli serve tempo, che sta bene e che è tutta colpa di un granello di polvere nell'occhio- e per questo non gliene dà il tempo, spalanca le braccia e accoglie il suo corpo, che sarà alto, sarà grande e forte, ma non quanto il proprio. Non più.
«In cambio, fammi rimanere così.» aggiunge, anche se non è lui che dovrebbe dirlo, era invece un pensiero di Jensen, nato nel momento in cui il proprio volto ha trovato la spalla dura di Jared e le proprie mani, tremanti, hanno stretto i suoi fianchi, cercato il suo corpo e lo toccano come se fosse un pezzo mancante di sé che finalmente ha ritrovato.
«Fanculo, non ho cinque anni, stupido.» borbotta il più grande, la frase poco chiara, che esce a pezzi dalle labbra ancora tremanti.
«Fanculo anche a te.» risponde Jared, le labbra sottili piegate in un sorriso e premute tra i capelli biondi di Jensen.
Nel loro gergo sono frasi che hanno un significato tutto loro, potrebbero equivalere a Grazie e Ti amo - di quei "ti amo" segreti e pieni di parole anche quando vengono creati unicamente dai silenzi e dagli sguardi.
Jensen si spinge completamente contro il suo corpo, che dopo anni ha scoperto, conosciuto ed esplorato e Jared continua ad abbracciarlo, in un capannone che per qualche minuto sembra stato costruito lontano dal mondo, entrambi i mondi -quello reale e quello di Supernatural- e riempito solo di loro, dei singhiozzi di Jensen che lenti si spengono contro la camicia di Sam e delle braccia di Jared che lo cullano, bisbigliandogli dolce all'orecchio, finché non sarà tutto passato. Finché ne avrà bisogno.
E quell'I wish I couldn't feel a damn thing, diventa un desiderio che Jensen è felice non gli sia stato avverato.


Note: Mi è piaciuta tantissimo la scena finale della puntata 10 della season 4, quella in cui Dean frigna. Non tanto per Dean, ma proprio per Jensen, perché di solito tutto quello che mostra nelle scene di pianto è la sua brava ott, la voce che si fa più cupa e lì si chiude; questa volta invece mi ha dato l'impressione di star piangendo anche lui, oltre che Dean. Non lo so, ma mi ha commosso tantissimo il momento in cui a malapena riesce a pronunciare la battuta "I wish i didn't feel a damn thing" e ho avuto voglia di scriverci sopra.

   
 
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