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Autore: moira78    21/10/2007    13 recensioni
La seconda parte della tragica storia di una povera operatrice telefonica che non ha più nulla da perdere... se non il lavoro!!
Genere: Parodia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Azusa Shiratori, Happosai, Mikado Sanzenin, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DENWA NO DAIKONRAN!

(PANDEMONIO TELEFONICO!)

Parte II ovvero “La vendetta dell’operatrice!”

 

Un bel giorno (si fa per dire), mentre ero alla mia postazione di lavoro con tanto di cuffia e rompiscatole al telefono che mi chiedeva notizie sul suo pacco celere, ho fatto un movimento con la sedia che mi ha letteralmente schiacciato con una certa violenza il dito medio della mano sinistra tra il bracciolo di plastica dura e la scrivania di legno. Con le lacrime agli occhi e la voce (quasi) ferma ho concluso la telefonata, poi ho cacciato un urlo e tirato giù una quindicina di Santi…

Il dito è rimasto gonfio e dolorante per circa un mese (non me lo sono rotto per puro miracolo…), ma mi ha ricordato che avevo due missioni: vendicarmi dell’incidente (contro la scrivania o contro la sedia…bho!) e scrivere il seguito di Pandemonio Telefonico.

Sperando che la prossima idea mi venga in mente in maniera meno cruenta e dolorosa, vi lascio alla seconda parte, buon divertimento!!

 

 

“Maledetto vecchiaccio!” Imprecò Ranma. “Si è bevuto la mia acqua della Nannichuan recapitatami apposta dalla Cina per impedirmi di diventare un uomo al cento per cento! E per di più…” Il ragazzo col codino strinse convulsamente nel pugno un reggiseno rosa di pizzo. “…mi voleva costringere ad indossare questo coso vergognoso! Ma io non rimarrò metà ragazza per compiacere le fantasie di quell’invasato! MAI!”

 

In effetti, qualche giorno prima, Ranma si era fatto rispedire l’acqua della Sorgente da un’irritata Guida: “Questa essele ultima volta che io spedile pel te acqua di Nannichuan.” Gli aveva urlato. “Stagione di piogge è lontana e solgenti sono quasi in secca! Senza contale che io ho dilapidato quasi metà di mio miselo stipendio pel spese postali!”

 

E’ la mia ultima possibilità! Rifletté il ragazzo afferrando la cornetta.

Compose il numero e dall’altra parte del capo una voce rispose gentilmente: “Poste giapponesi buonasera, come posso aiutarla?”

 

“Salve, sono Ranma Saotome.”

 

L’operatrice fece un balzo dalla sedia che si spostò malamente, schiacciandosi un dito tra il bracciolo e la scrivania. Il dolore le ottenebrò la mente per un lungo istante, dopodichè il sopracciglio sinistro cominciò a muoversi aritmicamente seguito dal labbro superiore, in un tic irrefrenabile.

 

“Pronto?! Mi sente?!” Domandò Ranma preoccupato.

 

“Sì la sento, mi dica!” Cinguettò la poveretta sudando copiosamente, divisa fra il dolore al dito e l’incubo che stava vivendo: non era possibile che fosse QUEL Ranma Saotome, lo stesso che circa un mese prima era riuscito chissà come a metterla in linea con una decina di folli in un’unica, stressante telefonata. Allora aveva quasi deciso di licenziarsi, ma poi si era detta che assurdità del genere possono capitare solo una volta nella vita… Ora si augurava con tutto il cuore di avere ragione!

 

“Senta, per favore, vorrei sapere lo stato del mio pacco che sta giungendo dalla Cina. La prego, mi dia buone notizie!” Supplicò il codinato.

 

E’ vero, l’altra volta gliel’avevano rubato! Se lo sarà fatto rispedire…

 

“D’accordo, mi detta il numero di spedizione?” Disse con voce professionale, lieta che fino a quel momento non ci fossero state interruzioni…

 

“HH3036587924JP” Dettò Ranma fremendo per l’attesa.

 

Uhm, stavolta ha fatto un ordinario… Rifletté l’operatrice cominciando a digitare.

 

Non fece in tempo a dare il comando di avvio che una voce squillante echeggiò per tutto il call center.

 

“MA QUELLA E’ CHANTAL!”

Una ragazza dai lunghi capelli biondo cenere cominciò a correre nella sua direzione trascinandosi dietro un riluttante compagno particolarmente affascinante.

 

“Azusa mollami! Ma non ti rendi conto che siamo dentro ad un ufficio?!” Esclamò il poveretto tentando di liberarsi dalla sua morsa.

La ragazza gli diede uno strattone e lasciò la presa di scatto, facendolo cadere malamente per terra.

 

“Quella è la mia Chantal, ci ho messo un pomeriggio intero per ritrovarla, quindi ora me la vai a prendere!” Strepitò petulante indicando l’operatrice che era in linea con Ranma.

 

Dall’altra parte del filo il giovane Saotome aggrottò le sopracciglia: la ragazza bionda aveva urlato talmente forte che l’aveva udita anche lui.

“Ma quella voce… no, non può essere!” Si disperò battendosi una mano sulla faccia.

 

La sua interlocutrice intanto fissava terrorizzata la direzione del dito della nuova arrivata. Possibile che quel Ranma Saotome attirasse sempre la disgrazia su di sé?! Il dito le si andava gonfiando, e il sopracciglio ricominciò il suo tic…

Ebbe un flashback di qualche ora prima: aveva appena parcheggiato la sua vecchia ma fida utilitaria ad una certa distanza dall’edificio di lavoro, borbottando che non si trovava mai parcheggio. In mano aveva le cuffie complete di microfono che usava per le chiamate, chiuse in una confezione di plastica trasparente e improvvisamente si era sentita seguita.

 

“Oh che amore di cuffiette! Le voglio!” Aveva detto una voce femminile alle sue spalle. Aveva quindi affrettato il passo seminando l’inseguitrice. Non poteva sapere che la strana ragazzina l’aveva pedinata e cercata per tutto il quartiere trascinandosi dietro il povero sventurato fino a giungere al palazzo delle Japan Posts…

 

Intanto nel call center, passato lo shock iniziale, le voci femminili si profondevano in mille esclamazioni di apprezzamento nei riguardi del bel ragazzo steso a terra.

“Come sei bello! Come ti chiami?” “Sei fidanzato?” “Che fai stasera?”
Lui si ricompose immediatamente, si alzò in piedi, si ravviò i capelli e con aria vissuta dichiarò:

“Il mio nome è Sanzenin Mikado, campione del pattinaggio marziale sul ghiaccio del liceo Koru Hosei Gakuen. Io e Azusa siamo la ‘coppia d’oro’ di questa disciplina, e….”

”DAMMI LA MIA CHANTAAAAAL!”

Starnazzò la ragazzina allungando una mano verso la cuffia della povera operatrice che tentava di preservarne l’integrità allungando il braccio e tenendola il più lontano possibile dalle sue grinfie.

 

“Insomma, Azusa, smettila!” Le gridò Mikado infuriato per essere stato interrotto durante la sua personale presentazione. “Dovete scusarla, è un po’ infantile qualche volta…” Riprese parlando alle ragazze con tono pacato e con un sorriso irresistibile. Molti occhi brillarono.

“Mi insegni a pattinare?! Io adoro il pattinaggio sul ghiaccio!” “Sì anche io!” “Ehi, l’ho detto prima io!” “Levati di mezzo tu!”. Le ragazze abbandonarono in massa le loro postazioni e cominciarono ad azzuffarsi… I poveri clienti rimasti in linea cercavano invano di attirare l’attenzione gridando dalle decine di cuffie lasciate ormai abbandonate sulle scrivanie.

In una casetta fuori città uno di loro, dopo aver tentato inutilmente di farsi ascoltare, guardò l’apparecchio telefonico nella sua mano come riflettendo.

“La prossima volta userò un corriere privato… bhà!” Disse riagganciando.

 

Ranma invece imprecava.

“Ma perché deve sempre andarmi tutto storto?!” Grugnì stringendo i pugni. “Azusa, come diavolo ci sei arrivata lì dentro?!” Gridò.

 

La ragazza smise per un istante di protendersi verso l’oggetto desiderato.

“Oh che bello, la mia Chantal sa anche parlare!” Esclamò tutta contenda cominciando a battere le mani.

 

In quella una coordinatrice entrò a grandi passi nella stanza.

“Insomma che diavolo sta succedendo qui dentro?! Stiamo perdendo un sacco di chiamate!” Poi vide i due sconosciuti. “E voi chi diavolo siete?”

”RIDAMMI LA MIA CHANTAL! E’ MIA! RIDAMMELA RIDAMMELA RIDAMMELAAAA!” Urlava Azusa cominciando a sbattere i più svariati oggetti sulla testa della povera, sfortunata operatrice. Cominciò con la tastiera di un computer, poi passò ad una sedia, infine si servì di un’intera scrivania adiacente.

La poveretta, ormai piena di lividi e bernoccoli, allungò una mano tremante dalle macerie del piano di lavoro sotto al quale si trovava sepolta porgendole le cuffie ormai semidistrutte.

 

Azusa le afferrò sorridente, poi il suo volto si accartocciò in una smorfia di dolore e calde lacrime cominciarono a bagnare il tanto agognato oggetto.

“Cattiva, hai fatto male alla mia Chantaaaal!” Esclamò scoppiando a piangere come una bambina capricciosa.

 

Le ragazze, momentaneamente distratte, fissarono la scena incredule. Addirittura la coordinatrice si ritrovò ad assistere a quell’assurdità con una grossa goccia di perplessità sulla testa…

 

“Scusa, ma la tua amica è normale?” Chiese una delle operatrici parlando all’orecchio di Mikado.

Il ragazzo fece una risata sbilenca: “Eeheheeh… talvolta me lo chiedo anch’io…!”

 

Ranma continuava ad urlare all’apparecchio che era improvvisamente diventato muto.

“Dannazione, cosa è successo adesso?! Azusa che diavolo stai combinando?!”

 

Nel caos generale che regnava dentro il call-center, intanto, una figura sorridente si avvicinò alla postazione distrutta e, scavalcando tranquillamente la povera collega sepolta dalla scrivania, controllò il led del telefono ancora acceso: “Oh cielo, ma qui c’è una chiamata in linea!” Cinguettò inserendo la propria cuffia nell’apposito alloggiamento. “Pronto? E’ in linea con le Poste Giapponesi, dica pure!”

La coordinatrice la osservava annuendo: “Brava ragazza, sempre ligia al dovere…”

Commentò soddisfatta.

 

“Ma non poteva prima aiutare quella poveretta?” Commentò qualcuno alle sue spalle.

 

Intanto Azusa continuava a strillare come un’invasata, mentre l’operatrice sfortunata riemergeva a fatica dalla scrivania distrutta arrancando con le mani come una terremotata.

“Cattiva, hai fatto male alla mia Chantal! Sei CATTIVA CATTIVA CATTIVA!” Cominciò a cantilenare riprendendo a darle delle botte in testa: stavolta usò un telefono e, tutto sommato, fu fortunata vista la leggerezza dell’apparecchio in confronto all’ammasso di legno che si era beccata poco prima.

 

Un’altra botta, un altro piagnisteo, un altro bernoccolo… La poveretta decise di reagire improvvisamente. Si erse in piedi urlando come un’ossessa che lanci un grido di guerra.

Azusa, che ora accarezzava la cuffia dicendole: “Tranquilla Chantal, ora ti porto a casina e ti rimetto a nuovo, sì?” , si distrasse per un secondo e guardò la figura che la sovrastava.

 

“TUUU!” Fece minacciosa la povera ragazza piena di lividi. “Hai interrotto il MIO lavoro e distrutto la MIA  postazione, nonché rubato le MIE  cuffie!”
La pattinatrice sbatté le palpebre più volte guardandola perplessa, fissò il disastro ai suoi piedi poi, con aria incredibilmente innocente, disse sorridendo e portandosi i pugni chiusi sotto al mento: “Ma non è stata colpa mia!”

Mikado si sbatté una mano sulla fronte: “Ha detto la stessa cosa quando ha distrutto un’intera pista da pattinaggio…”

 

La coordinatrice sospirò: “Avanti ragazze, tornate al lavoro adesso e lei… - Minacciò indicando il ragazzo – Dovrà rispondere dei danni che ha causato la sua amica o io…” S’interruppe: le operatrici avevano accerchiato l’oggetto del suo discorso cominciando ad annotare il suo numero di telefono su blocchetti di carta e fissando appuntamenti.

“Tranquille ragazze, darò un bacio ad ognuna di voi!” Gongolava lui felice.

 

Azusa intanto schivava i colpi di un’indemoniata operatrice che, con sommo stupore, si accorse di conoscere una quantità invidiabile di mosse di karaté. Distrusse quasi tutto l’ufficio prima di arrivare nei pressi di una colonna portante e sferrò un pugno che la pattinatrice evitò agilmente con un salto. Atterrò stringendosi ancora al petto la sua Chantal e disse sinceramente stupita: “Sei una ragazza, violenta sai? Mi ricordi qualcuno…”

 

A qualche chilometro di distanza Akane starnutì: Diamine, forse qualcuno sta parlando di me!

 

Ma la poverina non l’ascoltava più: il suo pugno andato a vuoto aveva colpito la colonna e riacceso il dolore al dito malamente schiacciato poco prima.

“Ahiaaaaaaa! Il mio povero ditooooooo!” Si lasciò cadere in ginocchio cominciando a piangere sotto gli occhi stupiti della sua coordinatrice.

 

E’ piena di bernoccoli e lividi e si lamenta per un dito…?!

 

La pattinatrice si allontanò facendo spallucce, tutta contenta per aver avuto ciò che tanto desiderava.

“Sei davvero un amore, lo sai?” Gongolava. Passò attraverso il muro umano che si era formato intorno al compagno guadagnandosi occhiatacce e commenti poco carini che nemmeno ascoltò e ricominciò a trascinarselo dietro.

“Andiamo via, voglio portare a casa Chantal!”

 

“Noooo, non te ne andare ti prego!” Urlavano le operatrici ad una voce.

 

“Azusa lasciamiii!” Gridava il poverino tentando di sottrarsi alle sue grinfie e guadagnandosi un faldone pieno di documenti sulla testa con una violenza tale che si spaccò in due disseminando fogli ovunque. Mikado svenne e stavolta si lasciò trascinare senza opporre resistenza.

 

La coordinatrice scriveva su un blocchetto. Aggiungiamo anche questo alla lista dei danni… le operatrici hanno tutte il numero e l’indirizzo del ragazzo, sarà facile rintracciarlo… Rifletteva tranquillamente.

 

Intanto, a casa Saotome, Ranma quasi si inginocchiò per gratitudine agli dei quando udì finalmente una voce al telefono.

“La prego, mi dica dove si trova il mio pacco!” Supplicò quasi alla nuova interlocutrice.

 

L’operatrice ligia al dovere fu malamente sospinta via dalla collega attaccata da Azusa; la sfortunata, pesta come dopo un incontro di pugilato, digitò velocemente sulla tastiera del computer fino a giungere all’informazione desiderata. Poi si concesse un ghigno malefico.

 

Benone, ora so dove abita!

 

Con una risata degna di Satana in persona schizzò via dal call center, volò praticamente alla sua auto e cominciò a guidare sconsideratamente superando ogni limite di velocità…

La coordinatrice rimase per un istante a bocca aperta poi, costrette le ragazze rimanenti a ritornare alle proprie postazioni, ricominciò ad annotare la lista dei danni…

 

“PRONTO?! Pronto, per favore, che altro succede?!” Strillava Ranma dall’altro capo del filo.

La ragazza, che aveva preso il posto della sfortunata attaccata da Azusa per una misera cuffia, riprese in mano la situazione come se nulla fosse.

“Mi scusi, abbiamo avuto problemi con le linee… ora controllo lo stato del suo pacco!” Disse sorridente.

Il ragazzo col codino era sull’orlo delle lacrime dalla gioia.

“Allora, il pacco risulta in consegna nella giornata di oggi.”
“Davvero?! Dice sul serio?!” Ranma stringeva la cornetta del telefono con foga tale che scricchiolò nella sua mano.

“Sì, se rimane in casa il corriere arriverà entro le ore 20!” Fece l’altra tutta contenta di aver dato l’assistenza dovuta.

“SI! EVVAI! Stavolta la Nannichuan non me la toglierà nessuno! Ahahahahaha!” Ridendo come un invasato, Ranma distrusse del tutto la cornetta che teneva in mano. Immediatamente si materializzò lo spirito malvagio di Soun Tendo che echeggiò: “Ranma, cosa hai fatto al mio telefono?!”

“Non ora Soun, devo appostarmi qua fuori per aspettare il corriere!” Esclamò correndo via come se niente fosse, saltellando e canticchiando.

L’alter ego del signor Tendo si ritrasse dispiaciuto per non aver sortito l’effetto desiderato…

 

Una frenata improvvisa fuori dal dojo attirò l’attenzione di Ranma che schizzò fuori dal cancello convinto che il suo tanto desiderato pacco fosse già arrivato.

Invece assistette all’arrivo di una ragazza piena di lividi e graffi su un’utilitaria vecchia almeno di dieci anni, piena di ammaccature, che scese dalla vettura con aria minacciosa.

“TU! Sei tu Ranma Saotome?!” Ringhiò mentre una strana aura rosso fuoco le si accendeva tutto intorno.

 

Il ragazzo fece un passo indietro: “S… sì… sono io… Desidera?”

Un motore che diminuiva di giri, però, distrasse l’attenzione dell’operatrice (che da lì a qualche giorno si sarebbe vista recapitare una decina di multe per eccesso di velocità, distruzione di una dozzina di bancarelle, sospetto stato di ubriachezza e probabile uso di sostanze stupefacenti…). La ragazza si voltò e vide il  camioncino del corriere. Si avvicino con passo deciso e, ignorando il guidatore che le intimava di non farlo, aprì il portellone posteriore, frugando fino a trovare ciò che cercava.

 

Posò il pacco a terra e, sotto lo sguardo terrorizzato di Ranma e quello allibito del giovane corriere, cominciò ad aprirlo fino a tirare fuori una bottiglia colma di quella che aveva tutta l’aria di essere semplice acqua del rubinetto.

 

L’agitò sotto al naso del codinato, paralizzato dall’orrore, esclamando: “Io ho passato l’inferno… solo per una misera bottiglia d’acqua?!”

Ranma tentò di farla ragionare: “Ma no, quella… non è semplice acqua… ti prego, non l’agitare così, io non so neanche di che parli!” Gesticolava terrorizzato come se stesse cercando di convincere un folle omicida a non sparare, seguendo con lo sguardo ogni movimento della preziosa bottiglia.

 

“Non sai di che parlo? NON SAI DI CHE PARLO?!” La ragazza fece un passo avanti. “Il mese scorso ho passato una giornata d’inferno a parlare con te e con una decina di pazzi scatenati che litigavano tra loro tentando invano di fare il MIO lavoro! Oggi mi richiami e piomba nel MIO ufficio una folle ragazzina che mi ha preso a botte in testa perché voleva la MIA cuffia! Hai idea di cosa ho passato io?!” Gridò indicandosi.

 

Ranma la fissò: era conciata piuttosto male, le escoriazioni e i lividi avevano assunto un preoccupante colore violaceo…

 

“M… mi dispiace, ma non è stata colpa mia, io…”

”NON E’ STATA COLPA TUA?!” Le mura di casa Tendo tremarono e Kasumi, intenta a preparare il thè in cucina si domandò: “Cosa succede? Un terremoto?” Poi ricominciò a versare la bevanda nelle tazze come se niente fosse e chiamò il resto della famiglia per berla tutti assieme.

 

Il corriere tentò di avvicinare la strana ragazza contusa che sembrava posseduta da qualche strana entità, ma fu allontanato da quello che somigliava pericolosamente ad un ringhio felino.

 

“Tu devi essere quella che mi ha risposto al telefono!” S’illuminò Ranma tardivamente. “Ora non fare così… posso spiegarti!”

 

“NON MI DEVI SPIEGARE NULLA! Tu porti scalogna, una scalogna nera! Tu e questa stramaledetta bottiglia d’acqua!” La sua espressione, da irata divenne prima perplessa, poi disgustata, infine di nuovo furiosa.

 

“Mmhhhh era da tanto che non mi capitavano delle curve così morbide!” Mugugnava soddisfatto una specie di nanerottolo con le sembianze di un vecchietto, attaccato al posteriore della ragazza come una riluttante cozza su uno scoglio.

 

“Pure i maniaci attiri!” Gridò la ragazza voltandosi.

 

Durò un decimo di secondo, ma Ranma l’avrebbe ricordato per tutta la vita.

 

Happosai volò via con un salto e l’operatrice, con una mira eccezionale, lo colpì alla testa con la bottiglia che teneva in mano… frantumandola in mille pezzi e spargendo la Nannichuan sul terreno.

 

“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!” L’urlo di Ranma interruppe la famiglia Tendo che si strozzò con il thè nello stesso momento.

 

“Avevo ragione, c’è il terremoto!” Esclamò Kasumi preoccupata.

“Io non credo sorella, mi sembrava solo Ranma che urlava qua fuori…” Dichiarò con calma glaciale Nabiki.

“E’ vero, so che doveva ricevere la Nannichuan… la volta scorsa se l’è bevuta Happosai.” Spiegò Akane posando la tazza sul tavolo.

“Vuoi vedere che…” Cominciò Genma che agognava almeno una goccia dell’acqua delle sorgenti.

Bastò quella frase incompiuta per far precipitare tutti fuori.

 

Intanto Happosai si accarezzava la testa lamentandosi: “Cattiva, mi hai fatto male, sai? Io volevo solo fare amicizia!” Piagnucolava.

 

“E tu palparmi il sedere lo chiami fare amicizia, razza di maniaco?!” Esclamò l’operatrice telefonica cominciando a rincorrerlo.

Ranma invece prese a rotolarsi per terra nella piccola pozza creata dal contenuto della bottiglia ripetendo come una nenia: “Prima che l’assorba il terreno, prima che l’assorba il terreno!”

 

“Oh Kami, ha un attacco epilettico!” Esclamò il conducente del camioncino cominciando a digitare sul telefonino il numero dei soccorsi. “Stai tranquillo figliolo! Ora chiamo aiuto!”

Fu questa la scena che si ritrovarono davanti Soun, Genma, Akane, Kasumi e Nabiki uscendo fuori di casa. La seconda delle Tendo si avvicinò al corriere intimandogli di non chiamare nessuno: “Tranquillo, non è nulla di grave.” Dichiarò senza scomporsi.

 

Akane intanto si accucciò di fronte al fidanzato che ormai era completamente fuori di testa e non smetteva di rotolarsi, nemmeno fosse un cane che tentasse di grattarsi disperatamente la schiena!

“Oh povero Ranma…” Commentò adocchiando i pezzi di vetro sparsi sul terreno che Kasumi, canterellando lieta, stava già provvedendo a spazzare via dalla strada.

Ad un certo punto gli occhi di Ranma si accesero di rosso, come se l’entità che poco prima aveva posseduto la ragazza delle poste giapponesi si fosse improvvisamente spostata nel suo corpo.

 

“HAPPOSAI!” Ringhiò con una voce gutturale che non aveva nulla di umano.

 

La ragazza e il vecchietto si voltarono.

“Cosa c’è, che vuoi Ranma? Non vedi che sono impegnato con questa bella signorina? Ma che hai fatto alla voce…Devo chiamare un monaco esorcista?” Domandò quest’ultimo perplesso.

 

“IO TI UCCIDO!” Tuonò cominciando a correre nella sua direzione.

 

Il maestro di arti marziali prese a correre e a fare linguacce: “Tanto non mi prenderai mai! Ricordati che sono il tuo maestro!”
Vedendo allontanarsi l’oggetto della sua vendetta, l’operatrice prese a correre a sua volta: “Torna qui Ranma Saotome, SONO IO CHE VOGLIO UCCIDERE TE!”

 

Osservando il trio che si dileguava nel tramonto, Soun annuì soddisfatto: “Bravo ragazzo, è il degno erede della nostra scuola di arti marziali indiscriminate: si allena col maestro anche al calar del sole! Devi ritenerti fortunata Akane.”

La diretta interessata alzò gli occhi al cielo: “Non sai quanto mi sento fortunata, papà!” Commentò sarcasticamente.

 

Kasumi raccattò gli ultimi vetri e li gettò in un bidone, il corriere rientrò nel camioncino e partì pensando che in quel quartiere fossero tutti matti. Pian piano, i Tendo e uno sconsolato Genma rientrarono in casa per la cena.

 

Per le vie di Nerima, fino a notte fonda, chiunque si affacciasse alla finestra avrebbe potuto assistere ad un bizzarro e inquietante inseguimento: una ragazza lacero-contusa che correva dietro ad un ragazzo col codino, il quale a sua volta tentava di raggiungere un vecchietto che non arrivava al mezzo metro di altezza…

 

 

   
 
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