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Autore: Nori Namow    02/04/2013    10 recensioni
Harry più la osservava, più si chiedeva perché non fosse un gatto anche lui.
Magari proprio il gatto di Louis, che poteva dormire con lui, mangiare con lui, guardarlo mentre si spogliava.
-Beata te, che puoi strusciarti contro Louis quanto ti pare.- il riccio emise un sospiro sognante, sorridendo poi malizioso mentre faceva pensieri che è meglio non scrivere.
Però quel sorriso scomparve quando ritornò vicino al portone di casa sua, pronto a spaparanzarsi sul divano.
Rimase per due minuti buoni, ad osservare la porta chiusa.
E le chiavi che non aveva.

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Minilong/ Larry Stylinson
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Spark





Louis camminò distrattamente verso la porta dello Starbucks, il cellulare in mano pur di non alzare lo sguardo.
A Louis non piaceva guardare per aria, aveva sempre pensato che guardare a terra fosse fondamentale, per non inciampare.
Forse sarà stata la sua infanzia burrascosa, addobbata da innumerevoli cadute perché non guardava mai dove accidenti metteva i piedi. O forse semplicemente dal fatto che odiava il modo in cui una persona poteva ricambiare il suo sguardo, posatosi sullo sconosciuto per pochi attimi. Non piaceva molto alla gente, Louis.
Era un bel ragazzo, alto abbastanza da non essere chiamato 'rasoterra', occhi azzurri come quelli dei Puffi, il film, e capelli castani, solitamente sparati alla cacchio di cane. Il viso era sottile, come le labbra, rosee e da baciare. Guardandolo dall'esterno, Louis Tomlinson poteva sembrare un ragazzo come gli altri.
Sorridente, a volte fino a sfiorare la follia, scherzoso, dolce, premuroso.
Ma se riuscivi ad avvicinarti, a osservare meglio quelle pozze di mare che aveva al posto delle pupille, capivi quando il suo corpo fosse saturo di insicurezza.
Sarà stato a causa della mancanza di una presenza paterna, o di una madre che doveva occuparsi di altre tre figlie, ma Louis non sapeva nemmeno chi fosse.
Di una cosa però era certo. A ventuno anni suonati, davanti al suo pc, o osservando i clienti della libreria dove lavorava, Louis capiva di provare attrazione per i maschi.
E forse era per questo, che quando camminava in mezzo alla gente, teneva lo sguardo basso.
Aveva paura che scoccasse quella scintilla, che arrivasse il colpo di fulmine per il ragazzo sbagliato, fin troppo etero.
Ma ritornando al nostro Louis, stava camminando distrattamente verso la porta dello Starbucks.
Finché non sentì un dolore lancinante alla fronte e qualche risata sommessa.
Aveva sbattuto la testa contro la porta a vetri della caffetteria.
-Buona giornata, Louis- borbottò a se stesso, spingendo la porta.
Che andava tirata.
 
 


Ciò che piaceva a Louis, era senza dubbio la cioccolata calda. Ma non solo quella che bevi e rischi di prenderti un’ustione di terzo grado, se è troppo calda.
Se c’era una cosa che Louis amava davvero, era la cioccolata. Tutto ciò che avesse del cacao all’interno, automaticamente gli piaceva.
Cioccolata bianca, fondente, al latte, con le mandorle, con la crema di fragola, con gli Smarties. L’importante era che fosse cioccolata.
Sarà stato perché era ottima contro i Dissennatori, perché causava dipendenza, perché era un ottimo rimedio per i single acidi. O forse perché era semplicemente buona.
Diciamo soltanto che se Louis avesse potuto, avrebbe reso le strade, i pali della luce, le panchine, interamente di cioccolata.
E poi magari se ne sarebbe andato in giro mordendo tutto ciò che incontrava, fregandosene del diabete alle stelle e dell’obesità.
A Louis sarebbe piaciuto svegliarsi con l’odore penetrante della Nutella, mentre il suo ragazzo gli sorrideva e mordeva il suo croissant.
Louis desiderava amare disperatamente, tanto da farsi male.
Voleva essere amato allo stesso modo, con quella passione capace di spezzarti le ossa, spappolarti il cervello e farti contorcere stomaco e intestino.
Era questo ciò che pensava, ogni volta che beveva della cioccolata in uno Starbucks.
Che voleva essere amato, più di quanto lui amasse la cioccolata.
 
 


-Lucille, sono a casa!- strillò Lou, chiudendosi il portone del suo appartamento dietro le spalle.
Sentì uno scampanellio frenetico, segno che la sua adorata Lucille aveva preso atto del suo arrivo.
Pochi secondo dopo, infatti, una gatta dal pelo lungo e bianco gli si parò davanti miagolando contenta.
Passò immediatamente alla seconda parte, strusciandosi contro le gambe di Louis tanto che il ragazzo rischiò di perdere
l’equilibrio un paio di volte. Poi si avviò in cucina per riempirle la ciotola, e il gatto fece lo slalom fra le sue gambe.
Facendolo cadere con la faccia sul parquet.
-Bella giornata di merda, Louis.- disse a se stesso, maledicendo la sua sbadataggine innata.
Lucille gli morse una guancia.
 
 


Se Louis avesse potuto scegliere come essere amato, avrebbe optato per: cioccolata, gatto.
Perché oltre alla cioccolata, Tomlinson aveva una passione sconfinata, addirittura folle, per i gatti.
Adorava gli animali in generale, tralasciando il ribrezzo che provava perso i rettili e le aracnidi, ma per i gatti lui aveva una vera e propria passione.
Amava il miagolio di un gattino che chiedeva affetto, quello un po’ più serio del gatto adulto. Adorava il loro muoversi silenziosamente,
le imboscate, il modo strano con la quale giocavano con praticamente qualsiasi oggetto potessero afferrare.
Adorava le loro zampette soffici, anche se quando cacciavano le lunghe unghie non lo erano più; ammirava la loro agilità, gli occhi capaci di vedere al buio.
Si divertiva quando Lucille voleva saltargli addosso, e lui capiva che stava per ferirlo perché le pupille blu di lei si dilatavano a dismisura, diventando sue pozze
del petrolio più nero. Amava la lingua ruvida e secca capace di farti male quanto la carta vetrata, se ti leccava una guancia o la palpebra.
Amava quel miagolio sommesso mentre ti annusavano, il loro strusciarsi attorno alle gambe delle sedie, al tuo petto, persino contro la tua faccia.
Gli piaceva il modo in cui si pulivano con attenzione, lo sguardo annoiato che gli rivolgeva,
quella capacità di dormire per giornate intere per poi infastidirti durante la notte.
Ma la cosa che Louis amava più dei gatti, era quella melodia che solo i felini possedevano.
Quel suono che nasceva dalla loro gola quando erano felici, soddisfatti. Le fusa.
Se Louis avesse trovato qualcuno da amare e fosse stato capace di fare le fusa, le avrebbe fatte sempre.
Avrebbe guardato negli occhi quel ragazzo alla quale aveva donato il suo amore, e gli avrebbe detto: -Lasciami fare le fusa.
Lui ci si addormentava, con il rumore delle fusa di Lucille nelle orecchie, ed era grazie a lei se le sue notti non era contornate da incubi.
-Tu dici che lo trovo un ragazzo da amare, Lucille?- chiese Louis alla gatta, accarezzandola lentamente.
Subito lei cominciò a produrre quella melodia, e i nervi tesi del ragazzo si rilassarono immediatamente. Scegliere di portare quel gatto con sé, nel suo appartamento,
era sicuramente stata la scelta migliore della sua esistenza.
 
 


-Ma porca troia, sono in ritardissimo!- Louis bevve tutto d’un sorso il the nero, rischiando di spellarsi completamente il palato.
Imprecò nuovamente a causa del dolore, inciampando fra le ciabatte lasciate in cucina. Quando Lucille lo ammonì, miagolando esterrefatta, Lou alzò gli occhi al cielo.
-Sì Lucille, non devo dire parolacce. Però sono in ritardo!- strillò nuovamente, precipitandosi fuori da casa sua.
Avrebbe fatto un ritardo colossale. Il capo lo avrebbe licenziato e successivamente incatenato nei sotterranei,
torturandolo fin quando non si fosse strappato gli occhi per il dolore. Poi avrebbe spedito i resti a Lucille, che li avrebbe mangiati senza troppi complimenti.
Ecco ciò che pensava Louis quando gli succedeva qualcosa di brutto.
Diciamo inoltre, che l’essere sveglio da poco, non aiutava la sua sanità mentale. Per nulla.
 
 


-S-Scusa, h-ho corso più che potevo. N-non farò più tardi, lo giuro!- disse con il fiatone Louis poggiando una mano sul bancone, mentre con
l’altra si teneva il fianco che gli doleva a causa della corsa. Però ci era riuscito, era arrivato solo con cinque minuti di ritardo.
Max lo guardò con un sopracciglio alzato, domandandosi se il ragazzo avesse appreso che giorno fosse.
-Louis?-
-Sì?-
-Oggi è il tuo giorno libero.-
Altra giornata di merda, vero, Louis?
 


 
Ecco, si potrebbe dire che Louis Tomlinson è uno di quelli imbranati da fare schifo. Inciampava nell’aria, in Lucille, fra le ciabatte, tra le lenzuola sul pavimento.
Inciampava praticamente dappertutto, anche nei suoi stessi sentimenti. Forse più in quelli che in qualsiasi altra cosa,
e ciò fa capire quanto questo ragazzo sia imbranato. Se ci fosse una scala di imbranataggine da Ron Weasley a Homer Simpson, Louis sarebbe stato oltre i parametri.
Ma forse fu proprio quel suo essere irrecuperabile, che gli permise di incontrare lui, quel giorno.
Louis imprecò a bassa voce, cercando fra il mazzo di chiavi quella che apriva il portone di casa sua.
Miracolosamente, riuscì a trovarla senza inciampare fra i gradini delle scale.
Salì l’ultimo gradino e impugnò la chiave, sbattendo poi contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
L’impatto fu talmente forte che venne scaraventato leggermente all’indietro, e non avendo nulla dietro lui se non la rampa di scale, seppe di essere morto.
-Oh mio dio!- strillò mentre si dimenava con le mani, cercando l’equilibro che in realtà, non aveva mai avuto.
Louis serrò gli occhi, rassegnandosi ad una morte certa, fin quando non si sentì afferrare la schiena da un paio di braccia forti e muscolose.
La persona contro la quale aveva sbattuto lo mise al sicuro sul pianerottolo, tenendolo saldamente.
-Oops.- esclamò una voce profonda e maschile, che subito fece aprire gli occhi azzurri di Louis.
Il ragazzo che si trovò davanti poteva avere due anni meno di lui, ma era più alto. Aveva una massa informe di capelli ricci e castani, delle adorabili labbra
capaci di far venire pensieri poco casti alla persona più pura, e delle fossette che comparivano ogni qualvolta sorrideva.
Ma oltre al viso bellissimo del ragazzo, e al corpo pieno di tatuaggi e indubbiamente muscoloso, fu qualcos’altro a colpire Louis come un fulmine a ciel sereno.
Occhi. Gli occhi di quel ragazzo erano verdi come i prati della Scozia, come quei paesaggi bellissimi e luminosi.
Quegli occhi erano indubbiamente l’ottava meraviglia del mondo.
-C-Ciao.- balbettò Louis, arrossendo visibilmente.
Per una volta, ringraziò la sua sbadataggine.






Bene, ho postato il primo capitolo di questa minilong *-*
In tutto sono sette capitoli, e questa è la mia ff larry (prima scrivevo solo os)
voglio fare questo 'esperimento', vedere quanto mi cagate LOLLINO.
Non so, in alcuni punti sono davvero sentimentale, e mi scuso con Louis perché l'ho fatto sembrare davvero un coglione.
Aspettate, ma lui lo è HAHAHAHAHAHA ok, no.
Lou è davvero sbadato, ma neanche Harry scherza hehehe.
I capitoli in tutto sono sette, tutti già pronti, scritti eccetera. Insomma, ho aspettato di finirla per pubblicarla.
E nieente, recensite, fatemi sapere cosa ne pensate.
Chi mi sonosce sa che io amo i gatti alla follia, quindi Lucille sarà abbastanza presente blblblbl
sciao belle.
with love,
@harryspatronus

ah, questa qui sotto è Lucille frgthyjuki

   
 
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