Film > Batman
Ricorda la storia  |      
Autore: ChaosReign_    02/04/2013    5 recensioni
"Sono morto, eppure sono ancora vivo... Non sono del tutto me stesso, non sono il vecchio me, però sono vivo e so che devo sorridere, perché... Perché la vita è una e va vissuta... Sorridendo."
Un passato misterioso, Joker, le sue cicatrici. La loro storia.
La più drammatica, secondo me. Un uomo disprezzato, reso un mostro dalla donna che ama.
è la mia prima storia, ho preferito rimanere su un tema semplice e non osare. Siate clementi.
Spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Demolition lover.

 

Avevo una moglie, era bellissima... come te! Lei mi diceva sempre che mi preoccupavo troppo, mi diceva che dovevo sorridere di più, che giocava d'azzardo e si metteva in un mare di guai con gli strozzini... Hey! Un giorno le sfregiano il viso. Ma non abbiamo i soldi per la plastica. Lei non lo sopporta. Ma io voglio vederla tornare a sorridere! Hm? Voglio che lei sappia che non me ne importa delle cicatrici! E allora, mi ficco il rasoio in bocca e mi riduco così... da solo. E sai che succede? Non ce la fa neanche a guardarmi! E mi ha lasciato. Ora ne vedo il lato buffo: ora sorrido sempre!!!” - Joker


 


 

 

Appena sento la porta chiudersi alle mie spalle, mi lascio scivolare sulla poltrona, quella grigia, davanti al televisore.

Non ce la faccio più, questa vita è monotona e pesante.

Mi lascio andare ad un sospiro sconsolato, portandomi le mani al volto come riflesso incondizionato.

È ormai da... Quanto? Due, forse tre anni che va avanti così, il mio lavoro va e viene e ultimamente se ne va più che venirmi incontro. E con la prossima venuta del bebè il mio futuro da cabarettista non è molto roseo, ma non posso abbandonare mia moglie, non posso abbandonare mio figlio.

Un altro sospiro.

-Amore, cos' hai? Perché sei sempre così serio... Così triste? Da quanto tempo è che non sorridi?-

Mia moglie, la mia bellissima moglie, appoggia le mani calde sulle mie spalle rigide, vestite solo da una camicia a esagoni azzurra, con strampalate fantasie in ogni esagono e un gilet sul davanti, questo però di un verde acceso, e inizia a massaggiarle.

-Mah, amore... Il lavoro non va bene, per niente. Sono stressato... E preoccupato, per noi. Per il nostro futuro. Eppure... Forse una soluzione ci sarebbe.-

Lei, anche se non la vedo, si blocca un attimo e poi riprende le sue carezze sulla mia schiena.

-Te l'ho già detto, non dovresti crucciarti di questo. Ci sono già io che me ne occupo, che ci penso ogni giorno e io sorrido.-

-Ah, si? Pensi che giocare d'azzardo, indebitarti con mezza Gotham risolva i nostri problemi? Migliori il nostro futuro? Pensi che basti sprecare i soldi così a mettere un sorriso sulla mia faccia? E quando ci sarà il bambino cosa farai?!? Eh?!-

Ora si che sento i suoi passi e, d'un tratto, le sue mani non sono più su di me e quando mi decido a togliere le mani dal volto, coperto da uno strato pesante di trucco da clown, me la ritrovo davanti, con le braccia conserte, arrabbiata.

“Un'altra litigata”, penso a malincuore.

-Ah, perché tu, tu con il tuo stupido lavoro da cabarettista aiuteresti la nostra famiglia, non è vero?! Davvero, certe volte sei così stupido.-

Questa volta non riesco a trattenermi, non riesco a trattenere le lacrime di un pianto isterico perché mai nella mia vita mi sono sentito dare dello stupido. E mai più dovrà accadere.

-E allora va', va' via! Il mondo è grande, no? Rintanati nelle tue sale slot, ma va' via da qui, vai a giocare al tuo amato poker e marciscici lì dentro.-

Lei non dice niente, rimane a bocca aperta e mi tira uno schiaffo, uno di quelli che fanno male per tutto l'odio che contengono, uno di quelli che ti cambiano. Poi se ne va, esce dalla porta da cui io solo poco prima ero entrato e rimango solo.

L'ultima (e l'unica) cosa che sento prima di assopirmi è il mio stesso pianto spezzato dai singhiozzi.

I giorni passano, lei non si fa vedere, io continuo ad andare al lavoro (sempre che lo possa chiamare ancora così) là almeno sorrido, o cerco di farlo, là quando c'è il pubblico giusto, tutti riuniti per vedere Il Joker, mi sento amato.

Appena torno a casa la chiamo, chiamo quella bellissima donna che ho sposato e che mi darà un figlio, ma lei non risponde. Ha il cellulare staccato.

Dopo nove giorni che non la vedevo e non la sentivo sento bussare alla porta, è sera tarda e io sono appena tornato dal lavoro.

Quando apro la porta lo spettacolo che mi si presenta davanti è terribile, la mia amata è accucciata a terra, con una mano premuta sulla parte sinistra del volto.

Lei piange e piange mentre si preme con più forza la mano contro la guancia sfregiata, molto probabilmente da un coltello o peggio. Lo capisco perché gronda sangue ovunque, sui vestiti e sulla moquette del corridoio del condominio.

Io non penso ad altro che non sia come poterla salvare.

La trascino dentro nonostante lei svenga a metà strada tra l'entrata e il bagno, invocando aiuto.

Prendo tutti i medicinali che riesco e faccio tutto quello che posso per aiutarla.

Pian piano, con la precisione maniacale di un chirurgo, mentre lei scivola sempre di più nell'incoscienza, io la ricucio. Le chiudo, con ago e filo, il grande taglio che dalla tempia scende fino al mento.

Alla fine del lavoro la sollevo e delicatamente la poso sul letto, così che possa riposare.

Passano altri giorni prima del suo risveglio, giorni bui in cui l'unica cosa che faccio è starle accanto in un moto di disperazione.

Sembrano passare anni prima che lei apra gli occhi e sussurri qualcosa tipo “dove sono?”.

La prima volta è la più terribile appena apre gli occhi e si rende conto di dove si trova inizia a urlare di dolore.

Si porta una mano alla faccia si tocca le cicatrici, quelle bruttissime cicatrici che le rovinano il viso e esige uno specchio. Ma lei non sa quanto io la amo, lei non sa che non voglio vederla soffrire e che se non le voglio portare uno specchio lo faccio solo per il suo bene.

Invece continua a strillare e piangere e io non la voglio vedere triste. Perché quando sorride è così bella. Bellissima.

Allora glielo do, l'errore più grande di tutta la mia vita, e lei diventa pazza. Scaglia lo specchio contro la parete davanti a noi, inizia ad agitarsi in modo così aggressivo da scucire i punti e piange.

Sento i suoi singhiozzi percuotermi l'anima e io questo lo odio. Lo odio con tutto me stesso.

Quando si addormenta le ricucio la ferita e la disinfetto.

Non si sveglia per altri tre giorni, nei quali io non esco dalla stanza per paura di non essere lì al suo risveglio, per vegliarla come un angelo custode.

Non mi alzo nemmeno per lavarmi la faccia, ancora sporca del trucco da clown.

Le sussurro parole dolci all'orecchio perché so che può sentirmi e quando, finalmente, si risveglia sembra essere più lucida e calma.

-Dio, amore... Guardami. GUARDAMI! Sono orrenda. Se solo potessimo permetterci la plastica, tornerei quella di un tempo, il nostro bambino non si spaventerebbe... Sono un mostro.-

Io nego tutto, la guardo è bellissima come sempre. E non è colpa sua se è stata ferita.

-Non è vero. Tu sei bellissima così. Sei la donna più bella che abbia mai visto e nulla potrà cambiare, io ti amo. Ti amo così come sei.-

Cerco di baciarla, ma lei piange e singhiozza da quando si è svegliata non fa altro. Si specchia nei cucchiai, nei coltelli e piange, rimpiange il suo viso senza sfregi e si dispera. Prova odio per il suo corpo, per se stessa.

Io non so più come fare, voglio vederla sorridere ancora, come un tempo.

L'idea è improvvisa, un lampo.

Una visione.

Vedo me e lei, mano nella mano, con le facce martoriate, ma felici.

Ci vedo sdraiati su un campo fiorito, in primavera quando i fiori sono più belli e sorridiamo tutti e due.

Siamo senza pensieri, senza preoccupazioni.

Certo, non siamo belli alla vista, ma siamo felici.

Semplicemente felici.

È solo una visione, però.

-Amore, dimmi come devo fare? Non ho più il coraggio di guardarmi allo specchio, non riesco più a guardarmi! E... GUARDAMI! Ecco, nemmeno tu hai il coraggio di guardarmi, sono orrenda. Orrenda.-

Si alza dal letto e va in bagno, la sento piangere. Ormai il suo pianto è il sottofondo della mia vita e io non lo reggo non ce la faccio più.

-Ehi, non dire così. Non devi dire così. Per me tu sei bella, una cicatrice non cambia le cose tra noi, io ti amo. Non mi interessa del resto.-

Eppure lei non sembra volermi ascoltare, col passare del tempo la situazione non migliora e sia io che lei parliamo sempre più di rado, io cerco di non lasciarla mai sola e lei... Lei ormai è il fantasma di se stessa.

Sembra come morta dentro e in fondo in fondo lo è davvero.

E di nuovo torna quella visione: questa volta uguale, ma diversa.

Chiudo gli occhi e vedo me stesso in bagno, con un sorriso stampato in faccia, uno di quelli che faticano ad andare via.

Di pomeriggio, mentre lei dorme tranquilla sul divano, con le mani appoggiate sul ventre come a volerlo proteggere dal male che c'è in questo mondo, io mi chiudo in bagno.

Punto lo sguardo dritto davanti a me, nei miei occhi, allo specchio.

“Se lo farò, lei non si sentirà più così brutta... E sola” penso mentre la mia mano raggiunge meccanicamente il rasoio che uso di solito per tagliarmi la barba.

E mentre me lo ficco in bocca il mio mantra è: saremo felici! Saremo felici! Saremo felici!

Cerco di ignorare il dolore della pelle che si lacera sotto la pressione delle lame pensando alla nostra felicità.

Mentre mi taglio guardo dritto nello specchio. Un sorriso, è un sorriso che lei vuole vedere sulla mia faccia e un sorriso avrà.

Seguo la striscia rossa di rossetto, ormai tutto sbavato, lasciata dal trucco da clown e infine, sempre senza urlare, un sorriso è quello che mi sembra di vedere sul mio volto, anche se io sono più che serio. O forse, forse è un ghigno.

In fretta mi ricucio le lacerazioni e le brucio con un pezzo di ferro, così sarebbero guarite più in fretta e le copro da una mascherina di quelle bianche, usate negli ospedali.

E in men che non si dica sono di nuovo accanto a mia moglie stesa sul divano.

-A-amore... Che... Cos'hai sulla faccia? E quel trucco, non è ora di toglierlo?-

Mi chiede sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.

Io non le rispondo subito, prima mi tolgo il pezzo di stoffa bianco leggermente macchiato di rosso.

-Io... Sorrido.-

Lei, diversamente da quello che mi aspettavo, caccia un urlo terrorizzato e porta le mani avanti come se io le volessi fare del male.

-CHE COSA HAI FATTO?!? CHI SEI TU?!?-

Il sorriso che fino a poco fa illuminava il mio volto si spegne e sparisce, o almeno vorrei fosse così.

Ma quel ghigno invece resta stampato a inchiostro indelebile sulla mia faccia.

-Io... Pensavo che ti avrebbe aiutato, io ti amo... Io ti amo e l'ho fatto per te, per vederti sorridere ancora. Ora siamo in due con delle cicatrici e potremo essere brutti insieme. E felici insieme.-

Mi avvicino a lei per darle un bacio, ma si ritrae e mi regala uno schiaffo gratuito.

-Non osare avvicinarti a me, sei un mostro. Un mostro psicopatico. E non ti avvicinerai nemmeno al mio bambino perché ora ce ne andiamo.-

La donna che amo indietreggia sul divano aggrappandosi al guanciale e appena vede una via di scampo si butta con il rischio di cadere e ferire irreversibilmente il bambino, io cerco di afferrarla eppure lei si scosta ancora come se io fossi uno sconosciuto, un delinquente al posto che suo marito.

-Sei... Sei orrendo, Dio santo, tu devi essere pazzo, lo devi essere perché nessuno si sarebbe ridotto così.-

Questa volta mi fa davvero arrabbiare prendo la prima cosa che mi capita sotto tiro, in questo caso un vaso, e lo lancio a pochi metri da me in modo da non beccarla, ma con tanta ira che alcuni pezzi di coccio saltano in aria rischiando di conficcarsi nella sua o nella mia pelle.

-Io. L'ho. Fatto. Per. TE! Io ti amo, ti amo e ti volevo vedere felice, sorridente. E tu... Tu non mi vuoi nemmeno guardare in faccia!-

Mi avvicino a lei di un passo, un altro, ma è troppo e lei urla ancora più forte di prima.

E se ne va. Sbattendo la porta.

Per non tornare più.

 

Mi chiudo in quelle quattro mura, in città, da dove non esco mai. Chiudo le persiane e abbasso le tapparelle, spengo le luci e chiudo le porte.

Infine mi lascio trascinare dalla disperazione, così mi accuccio nell'angolo più buio quello tra la porta della cucina e della camera da letto.

Ho perso tutto e tutto a causa di questo sorriso, di questo ghigno malefico.

Mi dondolo avanti e indietro, con le braccia che circondano le gambe strette al petto, in cerca di un po' di sollievo.

Sollievo che non arriva, che non arriverà mai.

Rimango stretto in quella morsa di dolore per ore, giorni, settimane... Forse mesi. Non so.

Eppure il sollievo non arriva.

Poi arriva la visione.

Io, io solo, in un prato fiorito. Io che sorrido e... E sì, sono felice.

Io con in mano un coltello, ma pur sempre felice.

E alla fine, la risata. Arriva anche quella che porta via un po' di dolore e disperazione.

Forse è quella risata che mi porta un po' di sollievo e allora... Perché sono stato così serio per così tanto tempo?

Rido e rido.

Cerco anche di ascoltare la mia risata, ma non riesco: è troppo forte.

Apro porte, finestre e annuso l'aria fresca.

Sono morto, eppure sono ancora vivo... Non sono del tutto me stesso, non sono il vecchio me, però sono vivo e so che devo sorridere, perché... Perché la vita è una e va vissuta... Sorridendo.

Dopo mesi di reclusione, passati lontano dal mondo, mi decido a uscire.

La gente mi guarda con terrore, fissano il mio sorriso e questo mi fa sorridere ancora di più, anzi mi fa sbudellare dalla risate!

Rido come mai ho fatto in tutta la mia vita mentre per strada la cerco. Cerco lei, la mia bellissima moglie con in grembo ancora il mio, il nostro, bambino.

Eppure quando la trovo, non l'avrei mai voluta cercare.

Perché la trovo su una foto sul grande pannello dove mostrano le morti della settimana.

La sua foto è la più grande, quella in evidenza.

Recita: “Amata, moglie e madre, toglie la vita al suo bambino e a se stessa dopo aver urlato “attenti al Joker”.

Allora è così, ora devono stare attenti al “Joker”.

Devono avere paura di un uomo che sorride, ora?

Ecco, allora io non sono davvero morto, sono solo... Risorto.

Ed il mio nome è Joker.

Nessuno saprà mai del mio passato, nessuno saprà mai chi è stato il Joker e che cosa ha fatto il Joker.

Perché la vita va vissuta sorridendo e il Joker sorride sempre, questo è il lato buffo.

E... Ora... Andiamo... Avanti.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti.
Sono nuova in questa sezione e questo è il primo lavoro che pubblico.
Non so se esistono già storie come questa, non ho ancora letto niente, quindi se per sbaglio ho copiato qualcuno pubblicando questa storia mi dispiace, la tolgo subito!
Come ho detto nella trama è la mia prima storia e ho deciso di non osare, pubblicando, molto probabilmente, qualcosa di sentito e risentito, però l'ho scritto di getto...
Se ci sono errori ditemelo pure che provvederò a correggerli.
Ora ringrazio chiunque sia arrivato fin qui a leggere e spero tanto vi sia piaciuta.
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, o datemi consigli su come migliorare!
Ah, qua ho deciso di non mettere i nomi di lei e di lui (qualunque sia il suo nome) perché non si sa se questa è la vera storia delle cicatrici, non si sa se è esistita davvero questa presunta moglie...
Ho anche mischiato fumetto e film, perché la moglie che si suicida con il bambino viene dal fumetto...
Okay, credo di aver detto tutto.
Bacioni!
Alis.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Batman / Vai alla pagina dell'autore: ChaosReign_