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Autore: LaCla    03/04/2013    4 recensioni
È una sorta di breve “spicchio” di vita di Suigetsu Hozuki durante la sua prigionia nel covo di Orochimaru.
Ho tentato di condensare il periodo di cattività, i suoi pensieri, la sua liberazione, la sua rabbia ed il suo disgusto (misto alla paura) per Orochimaru, collegando tutto con lo Iodio. Cosa c’entra lo Iodio? Beh i suoi vapori sono di colore viola e appena ho letto il contest "La Tavola periodica degli elementi", non ho potuto resistere!
Suigetsu detestava il silenzio. Se in quel luogo nulla causava rumore, si potevano sentire le spire squamose dei serpenti strisciare: schifosamente sinuose. Spaventosamente vicine.
Gli avevano rubato la libertà.
Gli avevano tolto i suoi sogni.
Gli avevano strappato ogni legame col mondo e lui odiava tutti loro, ma più di tutto odiava il silenzio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Suigetsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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"Fools" said I, "you do not know,
silence like a cancer grows!
Hear my words that I might teach you,
take my arms that I might reach you!"
But my words, like silent raindrops fell...
And echoed the will of silence.

[Sound of Silence – Simon & Garfunkel]




Suigetsu Hozuki, da quando era nato, non aveva mai badato al proprio aspetto: gli abitanti del Villaggio della Nebbia Insanguinata non erano propriamente descrivibili come “normali”, dopotutto.
Aveva sempre rincorso i suoi sogni assieme al fratello, ma la vita aveva altri progetti per loro.
Quando Mangetsu morì, tutto quanto perse importanza.
Nulla per lui ebbe più senso, se non il ritrovare le sette grandi spade. Una collezione complessa e folle: un sogno.
Non si era mai fermato a riflettere sul suo corpo, Suigetsu, aveva solo pensato ad allenarlo e potenziarlo per riuscire a raggiungere il maggiore.
Non l’aveva mai eguagliato. Mai raggiunto. Mai nemmeno sfiorato.
Dopo la cattura si rese conto che non era solo questione di sfortuna o destino avverso: era lui a essere incapace.
Era debole.
Era fragile.
Era inadatto, inesperto.
Troppo minuto, troppo giovane, troppo distratto.
Dalla sua gabbia di plexiglas aveva osservato e subito gli esperimenti di quella serpe, impotente.
Si era allenato tanto duramente, per impugnare una delle lame leggendarie e far parte finalmente dei sette spadaccini: invano.
Si era messo alla ricerca delle spade per collezionarle tutte: aveva fallito.
Sarebbe morto lì, come uno stupido pesce in uno stupido acquario.
Sarebbe morto così, rimpiangendo quell’attimo di distrazione e debolezza.
C’era sempre qualcuno in quel laboratorio, che armeggiava tra fiale e provette, prelevando di tanto in tanto qualche goccia dalla sua teca.
Teca: che parola buffa diventava, pensando a Orochimaru.
Suigetsu, per combattere la noia, spesso osservava quel frenetico viavai, tentando di capire il motivo di tante precauzioni.
Sentiva spesso parlare di vapori pericolosi, di “reattivi”, di “cloroformio” e di “Iodio”.
Quest’ultima parola in particolare, veniva ripetuta spesso, tanto che Suigetsu si era spesso domandato se, per caso, fosse il nome con il quale si riferivano a lui. Non gli sarebbe dispiaciuto più di tanto, era sempre meglio di “cavia”, oppure “esperimento 53”.
Ogni volta che c’era trambusto, si vedevano piccole strisce di fumo viola nell’aria, che si muovevano sinuose, aggrovigliandosi e contorcendosi come un nido di serpenti.
Anche l’immagine più bella, in quel posto, riusciva a essere inquinata dalla Sua presenza.
La mente del giovane Hozuki vagava spesso tra quei vapori colorati, riportando alla memoria vaghi ricordi del passato: i suoi occhi avevano quel colore.
Lo spadaccino non si era mai soffermato troppo sul suo sguardo, reputandolo inutile e superfluo per i suoi scopi: erano le braccia ad essere importanti per uno come lui.
Guardando quei vapori, immaginava il suo riflesso sul vetro che lo imprigionava e per pochi secondi era di nuovo libero.
Ricordava la sua immagine allo specchio e si domandava se fosse ancora la stessa.
Chiudeva gli occhi, sciogliendosi nella sua prigione, perdendosi tra quegli effimeri arabeschi viola.
Gli unici rumori che giungevano alle sue orecchie erano i gorgoglii dell’acqua e le borbottanti osservazioni dei ricercatori.
Preferiva quei suoni al silenzio viscido che invadeva quel covo nei rari attimi di quiete.
Suigetsu detestava il silenzio. Se in quel luogo nulla causava rumore, si potevano sentire le spire squamose dei serpenti strisciare: schifosamente sinuose. Spaventosamente vicine.
Gli avevano rubato la libertà.
Gli avevano tolto i suoi sogni.
Gli avevano strappato ogni legame col mondo e lui odiava tutti loro, ma più di tutto odiava il silenzio.

Un ragazzo gli aveva promesso la libertà: non si era fidato.
Non restava mai fermo Suigetsu, anche il semplice sciabordio della sua prigione riusciva ad allontanare dai suoi timpani il viscidume di quel posto. Quando si fermava, gli pareva quasi di sentire sulla sua schiena le lingue biforcute dei rettili, come piccole dita umide in procinto di assaggiargli l’anima.
Rabbrividiva sempre Suigetsu, anche al solo pensiero; per questo tentava di star fermo il meno possibile, di rimanere tutt’uno con l’acqua per non farsi raggiungere. I liquidi ovattano i suoni, li fanno percepire come vibrazioni: se si resta fermi, i rumori esterni si amplificano e i serpenti ti trovano.
Anche quei vapori purpurei, se guardati con la luce sbagliata, sembravano ofidi: spire di violacee squame, exuviae leggere abbandonate all’aria che mutavano forma e dimensione.
Ricordano i giochi di fumo dei vecchi pipatori, sempre intenti a formare anelli e altri disegni nell’aria, con l’unica differenza che quelli non parevano muoversi al ritmo dell’inferno.
Nell’ultimo periodo il Nukenin si era chiesto spesso a che livello fosse arrivata la sua follia, forse stava diventando come quel tale del nascondiglio Nord: un povero esperimento fallito e sfociato nella pazzia.
Prigionia e solitudine, come vuoto e silenzio, riescono ad erodere anche la personalità più vivace: cosa può fare una lucciola nell’oscurità più totale? Nulla.
Vola. Brilla. Attira il nemico. Muore.
La lucciola forse è più fortunata di Suigetsu, non è costretta ad affrontare la fase dell’allucinogena follia.

Voci sussurravano che Orochimaru era morto, i sibili erano cessati: forse non gli aveva mentito il pupillo del Sannin, quella volta.
Ride Suigetsu, immerso con la mente in quelle purpuree sagome danzanti. Ride da solo, accompagnato solo dal triste eco del niente e dalla piccola goccia di speranza che ha appena ritrovato.
Capita, se un’altra luce più forte riesce a disperdere l’oppressione del nero buio o quantomeno a distrarre il predatore, che a volte la lucciola si salvi.

Suigetsu è tornato libero. I suoi occhi viola sono gli stessi di sempre, ma non vedranno più quegli strani fumi, tanto belli quanto inquietanti, e dopo tutto, un po’ gli dispiace.
Ora Suigetsu è fuori dalla sua prigione, ma il silenzio lo innervosisce ancora.
L’Uchiha è poco loquace, ma tanto basta per lavare via quella strisciante sensazione.
L’Hozuki ride, pensando a quanto sia strana la vita: durante tutta la sua cattività ha passato il tempo pensando a quei disegni sottili, allo Iodio, ed ora è stato liberato da un ragazzo che negli occhi racchiude l’assonanza perfetta di quella parola.
L’odio.





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Ciao a tutti! (Sempre se ci sarà qualcuno O_O)
Debutto nel fandom di Naruto con questa Shot creata per il contest "La Tavola periodica degli elementi" e con Suigetsu, che compare tra i miei personaggi preferiti!
Stranamente sono particolarmente soddisfatta di questa "creazione", forse perchè in chimica ero una frana e la vedo come una rivincita? Probabile =D
Ho scelto lo Iodio per il colore dei suoi vapori e per il numero nella tavola periodica (il 53) visto che per me ha un significato speciale!
Comunque che dire? Spero sia piaciuta, fatemi sapere!
A presto! ^_^

Immagini e personaggi non sono di mia proprietà e non sono a scopo di lucro

   
 
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