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Autore: BlackLily    04/04/2013    2 recensioni
Rachel ricorda quel giorno come se fosse ieri.
Nel giorno più freddo dell’inverno del 2024, trovò un piccolo cagnolino abbandonato.
Quella volta era meno di un batuffolo di cotone bianco: era tanto piccolo che poteva rischiare di scivolare dalle sue braccia.
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Avete mai fatto un sogno strambo ma in qualche modo significativo? Io si.
Ero rimasta così colpita che ho dovuto trascriverlo sotto forma di racconto.. E' molto incasinato, spero però vi piaccia :)
Genere: Avventura, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
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Rachel ricorda quel giorno come se fosse ieri.
Nel giorno più freddo dell’inverno del 2024, trovò un piccolo cagnolino abbandonato.
Quella volta era meno di un batuffolo di cotone bianco: era tanto piccolo che poteva rischiare di scivolare dalle sue braccia. Il suo pelo bianco era imbrattato di fango e sporcizia a causa della tempesta che il giorno prima aveva avvolto la città di Tokyo, in Giappone. Tremava dal freddo e se Rachel non lo avesse trovato sarebbe, probabilmente, morto di polmonite.
Daisy: così chiamò quel cagnolino che poi aveva preso in affido e portato a casa con se.
Sua sorella maggiore, Sophie, era scontenta di quel nuovo membro, non aveva mai amato molto i cani e se per questo non amava gli animali in generale. Col tempo imparò ad accettarlo perché non poteva fare altrimenti a causa di due sorelle e un fratello rompiscatole che ogni giorno la tartassavano affinché accettasse di tenerlo con se. Rachel dal giorno in cui trovò Daisy cambiò radicalmente. In famiglia non era entrato soltanto il cagnolino ma anche un’altra presenza, quella che Rachel aveva sempre al suo fianco in ogni momento della sua giornata: la luce.
Rachel sapeva che ciò non era affatto normale; quale ragazzina aveva sul suo capo una luce bianca che anche nelle notti più buie le faceva strada affinché trovasse la giusta direzione?
Eppure lei non poteva farne a meno. Era come se avesse paura di perderla; non voleva che essa scomparisse ne tanto meno voleva vederla andare via, quindi le andava bene così. Voleva averla sempre al suo fianco perché era non solo la sua salvezza, la sua ragione di vita ma anche quella di tutto il mondo.
Rachel chiamò il cagnolino affinché si curasse di farle il bagno che le toccava ogni settimana da ormai un anno. Andò a cercarla sul porticato dove era solita sdraiarsi al sole ma non c’era. La cercò in tutta la casa ma Daisy non c’era. Era scappata. Rachel mai si sarebbe aspettata che il suo fidato cagnolino potesse scappare da lei. Sentiva una strana sensazione; non era preoccupazione, no. Era paura, tristezza ed era normale perché aveva appena perso il suo cagnolino. La cosa strana era che tutto il mondo sentiva quella tristezza e quella paura e che su tutti i canali televisivi venivano trasmesse immagini di persone confuse e disorientate che vagavano tra le strade.
Rachel corse in giardino e fu seguita dalla sua famiglia che preoccupata si mise alla ricerca di Daisy.
In lontananza si sentivano delle sirene rimbombare nell’aria sempre più irrespirabile.
Due pattuglie della polizia erano appena giunte nel loro giardino senza che nessuno le avesse chiamate. Sophie, la più grande e quella che tutti i giorni si prendeva cura di loro, corse verso le volanti cercando delle spiegazioni. Le pattuglie erano lì perché sentivano di dover esserci.
Rachel continuava a chiedersi cosa stesse accadendo al mondo intero? Come poteva la scomparsa di un singolo cagnolino creare tale trambusto? Impaurita alzò lo sguardo verso la luce e la vide lì, fluttuante sulla sua testa, e per un attimo le sembrò che questa si stesse affievolendo. Si convinse che fosse solo frutto della sua immaginazione e che la stanchezza si stesse facendo sentire. Tutto il mondo era in subbuglio e Lucas più di tutti. Non sapeva il motivo, ma stava male. Sentiva come se una parte di lui fosse scomparsa e sentiva che questa non sarebbe mai tornata. Lui, l’unico fratello maggiore, aveva uno strano legame con Rachel. Non era soltanto affettivo ma era qualcosa di più forte che lui non sapeva spiegarsi. Erano come legati da un destino intaccabile e indirettamente proporzionale alla loro sopravvivenza. Se lei stava bene, lui stava male. Che razza di legame era, Lucas non riuscì mai a spiegarselo. Ormai era un anno che andava avanti così e continuava a voler credere che fossero solo coincidenze, ma nonostante ciò lui continuava a curarsi che lei stesse bene anche se questo voleva dire fare del male a se stesso.
La osservava e poté notare come continuasse ad alzare lo sguardo in alto in cerca di qualcosa.
«Rachel, cosa cerchi?» chiese carezzandole il capo. Rachel abbassò lo sguardo puntandolo nei suoi occhi e, tristemente, sorrise scuotendo la testa.
Lo sfondo, che prima era il giardino, sfumò e si trasformò in una radura tra le querce possenti con alle spalle una strana caverna e di ciò nessuno sembrò accorgersene. Era come se per loro fosse tutto normale; come se fosse normale essere catapultati in posti differenti da un momento all’altro senza che nessuno osasse curarsi di questo.
Lucas sembrava come incantato da qualcosa: una porta.
Era blindata e in metallo possente con al centro una manopola a forma di timone che aspettava solo di essere girata.
Lucas senza farselo ripetere due volte, con addosso la tuta mimetica bianca e il suo AK-47 e seguito dal suo plotone militare, si inoltrò dietro quell’enorme porta ma prima lanciò uno sguardo triste e dolce alle sue sorelle salutandole con un cenno della mano, quasi come se fosse consapevole del suo destino.
Lucas ormai era dentro e si trovava in questo largo e lungo corridoio costituito da pareti flesse e metalliche che la luce artificiale del condotto rendeva particolarmente bianche. Continuarono ad avanzare cauti fino alla fine del tunnel e si ritrovarono di fronte un enorme bivio. Altri due viadotti, identici a quello appena attraversato, si presentarono davanti ai loro occhi. Ogni tunnel presentava una porta differente e Lucas era sicuro che il cagnolino si trovasse in una di quelle porte. Si voltò verso il plotone per dargli sostegno e poté notare una particolarità. Un singolo oblò posto sulla parete del terzo tunnel che splendeva di un metallo grigio, l’unico a non essere colorato di bianco proprio come tutto il resto.
La curiosità lo divorava e si avvicinò cautamente al piccolo finestrino. Ciò che ci vide attraverso gli mozzò il fiato. L’universo, le stelle e le galassie erano tutte lì ferme e immobili. Sembravano stessero aspettano lui per essere osservate e scrutate. Non era un bunker ma una navicella spaziale. I meteoriti sembravano avvicinarsi sempre di più e sembravano volerli travolgere da un momento all’altro, ma questo non accadeva, anzi quelle enormi masse di pietra non li sfioravano nemmeno.
Lucas cominciò a sentirsi le gambe molli dalla paura e dallo sconforto. Si trovava nell’universo e non sapeva quando avrebbe più rivisto la sua famiglia. Quei pensieri lo facevano sentire sempre peggio finché le gambe non cedettero sotto il suo peso e quello delle armi che portava in spalla. Riuscì ad aggrapparsi a qualcosa che prima non c’era: una maniglia. Anche questa, come tutto il resto, era comparsa dal nulla ma, ovviamente, per loro era tutto normale.
Ancora una volta travolto dalla curiosità aprì quella porta e davanti a lui c’era il buio totale. Allungò una mano come se potesse afferrare il buio ed effettivamente così fu. Lo afferrò e senza volere lo portò su di loro.
Buio. Un silenzio assordante gli perforava i timpani e un freddo glaciale gli trapassava le ossa.
«Ragazzi ci siete?» urlò lui in preda alla paura ma nessuno rispose.
«Rispondete vi prego! Dove siete?» sbraitò questa volta, ma di nuovo non ebbe responso.
Lucas si rese conto di una cosa: se era solo in un posto enorme e vuoto, perché non sentiva l’eco della sua voce?
Urlò ancora e questa volta ebbe la conferma di ciò che più temeva: la sua bocca non emetteva alcun suono, le sue corde vocali non vibravano nonostante lui provasse con tutto se stesso ad urlare e capì che stava urlando nella sua testa. Non poteva chiamare i suoi amici e non riusciva a vedere nulla, cosa sarebbe successo d’ora in poi?
Istintivamente allungò la mano tremante e ghiacciata cercando invano qualcosa su cui aggrapparsi e trovò una spalla, quella di un suo militare. Fu grato di averli ancora al suo fianco nonostante tutto.
La luce di colpo ritornò ad illuminare, o meglio abbagliare, tutti loro e quando poterono scorgere i loro occhi, sorrisero felici perché erano pronti a scappare via da quell’inferno, ma forse era meglio non averlo fatto.
Erano circondati da centinaia di piccole creature fluttuanti e iridescenti. Erano di un colore nero ma luminoso e al centro del loro corpo informe ogni tanto compariva una luce grigiastra: era il loro cuore. Tutti poterono notare il sussultare del loro corpo ogni qual volta questa luce comparisse e non potevano fare nulla per ucciderli, erano delle nebulose nere e un proiettile le avrebbe attraversate ma non sterminate.
Lucas era andato lì per cercare uno stupido cane e si era ritrovato su un’astronave dispersa nello spazio e circondato da strane forme aliene pronto ad ucciderlo. Tutto ciò che poteva fare era prendere il destino così come veniva ed accettarlo.
Lucas rivolse un ultimo sguardo amichevole ai suoi militari e fece cenno di riposo. Tutti si rilassarono: chi gettava le armi in terra, chi abbracciava il compagno o chi semplicemente, come faceva Lucas, lasciava cadere le braccia lungo il suo corpo e attendeva la sentenza finale.
Il fratello maggiore sorrise malinconico consapevole di tutto; vide scorrere in un attimo tutti i momenti della sua vita e poi vide Rachel, la sua adorata sorellina. Tutto questo era per lei, perché così doveva andare.
Inspirò un ultima boccata d’aria che a lui sembrò finalmente fresca e respirabile ed in una minuscola frazione di secondo migliaia di lame scalfirono i loro corpi riportando di nuovo il buio su di loro, ma questa volta per sempre.


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Allora, vi chiederete: Ma che diavolo è? Non lo so. Ho fatto questo sogno strano e malinconico che mi ha fatto svegliare con una certa tristezza. Ero così turbata e scossa che ho dovuto trascriverlo per liberarmi del peso che mi opprimeva..
Non chiedetemi il suo significato, o perché lo abbia sognato.. davvero non lo so LOL
Lucas è il mio preferito e ci sono rimasta male per la fine che il mio subconscio gli ha fatto fare ç.ç
Spero vi abbia fatto piacere leggerla.. è incompleta, ovviamente.

   
 
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