Pennino
Erano
passati alcuni mesi da quando Ludwig era diventato il
pettegolezzo della scuola e lo zimbello del ristorante per
l’audace salvataggio
del fidanzato.
I
bulli covavano risentimento per lo stangone biondo che
aveva rovinato il loro giocattolo preferito – ora Feliciano sorrideva; inoltre, la minaccia di
imbattersi nella vendetta di un tedesco i cui pugni erano grandi quanto
le loro
teste li intimoriva abbastanza da aver ridotto i loro scherzi sadici ai
danni
dell’artista.
Il
personale del ristorante, al contrario, sguazzava in quella
novità con un gusto che rasentava la cattiveria: Gilbert non
faceva che
sbeffeggiare il cugino, sebbene con un indelebile affetto di
sottofondo;
Francis lanciava battutine a metà tra il malizioso e
l’ammirato, Lovino
sbuffava imprecazioni tra i denti e Antonio cercava di limare gli
eccessi degli
altri tre.
La
magia di quel periodo aveva trovato realizzazione anche nel
blocco da disegno di Feliciano.
Scorci
di Venezia, vedute di Bolzano e paesaggi urbani di
Mestre si erano moltiplicati su quelle pagine bianche, evidenziando il
nuovo
legame che l’artista aveva stretto con la realtà.
Pian piano, il mondo
circostante era diventato uno scenario abbastanza amichevole da poter
essere
immortalato sui fogli; il timore di essere ferito dal resto
dell’umanità era tamponato
dalla presenza di Ludwig, e così la realtà aveva
trovato un’intercapedine
tramite cui scivolare nell’anima del ragazzo.
Non
era stato un cambiamento improvviso: il primo paesaggio
era comparso quasi timidamente nel blocco per appunti, niente
più di un piccolo
quadrato a lato di uno schizzo più grande. Poi, un giorno
alla volta, le brecce
sul reale erano divenute più spaziose e frequenti. Feliciano
non aveva perso la
sua immaginazione cavalcante, riscontrabile
nell’infinità di disegni
fantasiosi, ma viveva più serenamente il suo rapporto con la
realtà.
Ovviamente,
il suo soggetto preferito era uno solo. E aveva
gli occhi azzurri e i capelli biondi.
***
Ludwig
schiuse gli occhi nella penombra della sera, ed
impiegò qualche istante a rintracciare la schiena del
fidanzato, incurvata
sulla scrivania. Si rialzò annodandosi le lenzuola ai
fianchi e si accostò al
giovane.
Nell’ultimo
mese, Feliciano si era fermato spesso a casa sua
per la notte. Man mano che lo spavento del ragazzo nei confronti del
mondo
scemava, l’amore che gli dimostrava diventava sempre
più fisico: all’inizio del
loro rapporto, Feliciano faticava a esprimersi con baci e abbracci, ma
l’evoluzione della sua amicizia con la realtà
aveva alimentato l’affettuosità
nei confronti del compagno. Ricordava ancora quel giorno di due mesi
prima,
quando Feliciano gli si era accostato e lo aveva baciato con le labbra
tremanti
di imbarazzo. Era stata la prima volta, dall’inizio del loro
rapporto, in cui
aveva preso l’iniziativa.
La
loro relazione si era sviluppata, da allora, fino ad
arrivare ai frequenti soggiorni notturni del ragazzo a casa del tedesco.
La
loro prima volta non era stata romantica e perfetta come
nei romanzetti rosa: Ludwig non sapeva esattamente come approcciarsi al
ragazzo
nudo sotto di sé, e Feliciano non riusciva a smettere di
ridacchiare ogni volta
che il tedesco lo sfiorava – “mi fai il
solletico!”, squittiva. Era occorso un
quarto d’ora almeno perché Feliciano frenasse il
riso e Ludwig riuscisse a
rilassare a sufficienza il compagno. Si era fermato quando
l’italiano aveva
versato la prima lacrima, e Feliciano lo aveva incoraggiato ad andare
avanti
con un sorriso un po’ tirato dal dolore.
L’imbarazzo e una certa dose di
goffaggine avevano caratterizzato quella prima serata, cancellati pian
piano da
tutte le notti che erano seguite.
«Cosa
stai disegnando?» domandò, affacciandosi dalla
spalla
dell’italiano.
Feliciano
sfoggiò un sorriso radioso e girò il foglio verso
di lui.
«Pioggia»
dichiarò entusiasta. Una schiera di goccioline affollava
il disegno, sfumando i contorni di una città schizzata a
carboncino.
Ludwig
gioì interiormente per quell’opera: il paesaggio
urbano era chiaramente frutto della fantasia del giovane – i
comignoli
attorcigliati come cavatappi e le porte dalle forme stravaganti ne
erano un
segno lampante -, ma il temporale era sicuramente il calco di quello
che
batteva sul vetro della sua camera in quel momento.
«Mi
piace disegnare la pioggia» trillò Feliciano,
appoggiando il foglio alla scrivania. «Mi ricorda
noi.»
Ludwig
concordò con un cenno della testa. Il loro primo
bacio, la confessione di Feliciano sul suo passato, perfino la loro
prima volta
avevano avuto come sottofondo lo scroscio di un acquazzone.
D’altronde, Venezia
non era famosa per il suo clima secco e soleggiato.
«Solo…»
Feliciano si voltò per abbracciare il tedesco, e
articolò il resto della frase sul suo petto. «Solo
la volta in cui sei venuto a
prendermi a scuola non pioveva.»
«La
prima volta» gli ricordò Ludwig, stringendo a sua
volta
il corpo sottile del giovane. «Quelle dopo ha
piovuto.»
«Non
sempre.»
«Quasi
sempre.»
Feliciano
ridacchiò, annuendo contro la sua clavicola.
«Le
cose sono migliorate» mormorò, esultante.
«Ora non mi
prendono più in giro come una volta.»
Ludwig
inarcò un sopracciglio come un sergente.
«Sul
serio» avvalorò Feliciano. «Lo fanno
ancora ogni tanto,
ma non mi strappano più i disegni, e non mi lanciano
più lo zaino fuori dalla
finestra.»
L’abbraccio
del tedesco si fece più stretto sui suoi
fianchi, e Feliciano stampò un sorriso sul suo collo. Ludwig
non gradiva per
nulla il racconto delle angherie che l’italiano era stato
costretto a subire,
ma non ne ostacolava la narrazione: sapeva che per Feliciano era
importante
sfogare quell’acido, dopo averlo lasciato fermentare sullo
stomaco per tutto
quel tempo.
«Ora
sono contento» sussurrò, facendo le fusa come un
gatto.
«Sono davvero contento.»
Feliciano
sgusciò rapido dalla presa del tedesco e si tuffò
sotto le coperte, da cui emerse poco dopo per occhieggiare il fidanzato.
«Mi
raggiungi?» domandò, inclinando la testa.
Anche
la parlantina del ragazzo aveva risentito del suo
cambio di prospettiva: ora una frana continua di parole ruzzolava dalle
labbra
del giovane, elettrizzate da quella nuova attività dopo
tanti anni di forzato
silenzio.
Ludwig
si stese a sua volta sotto le coltri, lasciando
cadere il lenzuolo che lo aveva coperto fino a quel momento.
Feliciano
si accoccolò contro di lui, rannicchiandosi nel
suo calore.
«Non
sono contento» ritrattò, avviticchiandosi al
fidanzato.
«Sono felice. Completamente felice.»
«Non
stai esagerando?» lo smorzò Ludwig, con la sua
rigidità
priva di cattiveria.
I
capelli del ragazzo gli solleticarono il petto quando
questo scosse la testa in cenno di diniego.
«Se
non è questa la felicità, non so cosa potrebbe
esserlo»
gorgheggiò felice. «Mi sembra che il cuore sia
troppo piccolo per contenerla
tutta.»
A
dispetto della sua espressione inflessibile, Ludwig
arrossì per le parole del giovane: l’artista
estraeva quelle metafore dalla sua
anima solo per lui.
Feliciano
gli appoggiò l’orecchio allo sterno e
sospirò
piano:
«Tu
sei felice quanto me?»
Ludwig,
che ancora non aveva vinto la guerra contro la parte
più ritrosa del suo carattere, dovette concedersi qualche
secondo di esercizio
respiratorio prima di riuscire ad avvicinarsi all’orecchio
del giovane e
bisbigliargli la sua risposta.
Feliciano
reagì come una molla, atterrandogli sull’addome
con espressione raggiante e lanciandogli le braccia intorno al collo.
L’italiano
sublimò la gioia in una risata incontenibile,
Ludwig in un imbarazzo che gli colorò le gote e gli
cucì le labbra.
Poi
Feliciano si allungò su di lui per raggiungere la sua
bocca, e la felicità scanzonata di poco prima
lasciò il posto a un sentimento
più languido, che spinse i loro corpi nudi uno
sull’altro.
Le
iridi azzurre del tedesco si immersero in quelle castane
dell’italiano, che lo fissavano dal basso, scintillanti di
affetto e attesa. La
luce di quegli occhi caldi si era rafforzata, sancendo un altro
cambiamento
negli atteggiamenti del giovane: quel bagliore era sempre stato
presente, ma
smorzato e soffocato dalla cattiveria del mondo, mentre ora era vivido
e
palpitante, abbastanza forte da rischiarare tutto il viso del giovane.
Le
dita del tedesco percorsero il collo, si aprirono sul petto,
scivolarono sulla pancia e si fermarono sulle gambe.
Feliciano
schiuse le cosce magre e spiegò le labbra in un
sorriso, stringendo il fidanzato a sé.
Ludwig
rimase ancora qualche istante a contemplarlo, le
labbra strette che tentavano di dissimulare la reale emozione: le
pupille che
lo fissavano adoranti, il corpo ancora parzialmente acerbo, e
l’anima
esuberante che finalmente trasudava libera dalla pelle del giovane.
Non
aveva capito del tutto la ragione per cui il cugino
aveva abbandonato l’intera famiglia per una sola persona, e
non lo aveva
compreso fino in fondo nemmeno nel primo periodo in cui aveva
frequentato
Feliciano. Ma in quel momento, ora che i loro sentimenti erano stati
rafforzati
dal vissuto trascorso insieme e che i momenti di intimità
avevano creato una
catena inossidabile tra di loro… in quel momento, sentiva
finalmente di poter
capire.
«Dobbiamo
cominciare a pensare al modo in cui dirlo alle
nostre famiglie.»
Feliciano
non colse subito il reale significato delle parole
del suo fidanzato. Gli occhi castani lo fissarono perplessi per qualche
istante, prima di spalancarsi per la meraviglia.
Un
risolino misto a lacrime irruppe sulla sua spalla, quando
l’italiano lo abbracciò con tutte le sue forze.
«Non
sarà facile» ansò, il fiato spezzettato
dalle risa e
dalle lacrime di contentezza. «Nemmeno per Lovino e Antonio
è stato semplice.»
«Nemmeno
per mio cugino» Ludwig costrinse gentilmente il
ragazzo a distendersi nuovamente sul materasso e lo avvertì:
«È possibile che
la mia famiglia reagisca male, e che dicano delle cose terribili.
L’ho già
visto succedere in passato.»
La
chioma di Feliciano frustò l’aria in uno spavaldo
cenno
di diniego.
«Non
importa. Non importa affatto.»
Era
sopravvissuto a una madre che aveva cercato di uccidere
suo fratello, aveva resistito per tutti i lunghi anni di sevizie
scolastiche
completamente solo; avrebbe sopportato più che bene qualche
maldicenza, se
Ludwig fosse stato al suo fianco. Il solo fatto che il tedesco, che non
usava
mai una parola di troppo, fosse pronto a dichiarare ai suoi parenti il
legame
che aveva con lui lo riempiva di un insensato ottimismo.
Sentì
il cuore aumentare il proprio voltaggio, battendo furiosamente
contro la cassa toracica. Feliciano portò una mano al petto
con espressione
deliziata: ora poteva dire di conoscere davvero la felicità.
E
si concesse tutta la sera per esprimere a Ludwig la sua
gioia.
Ritardo
madornale, di nuovo çAç Questa volta a tenermi
lontana sono stati i preparativi
e la partenza per il Giappone.
Questo
aggiornamento è effettuato dalla terra del Sol
Levante<3
Il
prossimo
capitolo sarà anche l’ultimo, purtroppo .-. ma la
GerIta sarà presente nella
prossima fanfic che ho intenzione di scrivere, anche se
l’ambientazione sarà
molto diversa xD
Ancora
una
volta, non posso che ringraziarvi per la costanza e la pazienza.
Grazie
a
tutti<3
Red