Titolo: Con
gli occhi chiusi.
Pairing: Harry/Zayn
Rating: R/NC17
Trama: Harry
ha alcune certezze nella vita; la più salda è che
diventerà un giornalista di
successo. Zayn, d’altro canto, è tutto
un’insicurezza.
Note: Allora,
innanzitutto questa è una Zarry; questo implica che la
storia è slash, se non
vi piace, non leggete! La storia è tutta scritta, quindi la
possibilità che
rimanga incompiuta è quasi pari a zero! Sono diciassette
capitoli più un breve
epilogo, e dovrei tranquillamente riuscire a garantire un aggiornamento
settimanale!
Disclaimer: gli
One Direction non mi appartengono bla bla bla.
Grazie
mille a Gre per il banner!!! Si vede che, tra le due, l'artista
è lei, eh?
Bisogna trovare il
proprio sogno perché la strada diventi facile.
Ma non esiste un
sogno perpetuo.
Ogni sogno cede il
posto a un sogno nuovo,
e non bisogna volerne
trattenere alcuno.
Demian –
Hermann Hesse
Capitolo uno.
Harry fremeva
dall’eccitazione. Non stava più nella pelle.
Era la sua grande occasione, lo sapeva, lo sentiva nelle ossa.
Oltrepassò il grande
portone della redazione del Times e si
diresse dalla segretaria che stava all’ingresso.
«Sono Harry Styles, ho un
appuntamento con il direttore»
comunicò brevemente.
La giovane segretaria
afferrò il citofono che stava sulla
scrivania e controllò che quanto le era stato detto fosse
vero.
«Può
accomodarsi, la sta aspettando» lo informò,
dandogli le
indicazioni senza degnarlo di un ulteriore sguardo.
Quando si ritrovò di
fronte alla porta giusta, prese un
profondo respiro per darsi forza. Tutto cominciava da lì, e
se quell’incontro
fosse andato bene, la sua vita avrebbe preso una svolta decisiva.
*
Una
settimana prima.
Stranamente, quella festa di ex
alunni lo stava divertendo.
Un po’ perché rendersi conto di quanto fossero
cambiati in peggio la maggior
parte di quegli idioti, in cinque anni, non poteva che rallegrarlo, un
po’
perché, d’altra parte, trovava sempre qualcuno con
cui tornare a casa, dopo una
festa, e quella delle superiori non avrebbe fatto eccezione.
Stava parlando amabilmente con un bel
ragazzo castano,
capelli corti e occhi verdi, ma quello che gli stava dicendo era tutto
meno che
interessante. Il che non era davvero importante, visto che al massimo
se lo
sarebbe portato a letto, ma la sua cadenza noiosa stava comunque
rendendo
pesante il compito di rimorchiarlo.
Proprio mentre gli stava raccontando
di quanto fosse
pazzesco il suo lavoro allo studio legale Reichs e French, una bionda
sbucò
fuori dal nulla, si aggrappò al suo braccio e lo
salutò con bacio sulla bocca.
Harry, odorata la via di fuga, si scusò e si
allontanò in direzione del bar. Poco
male, pensò.
Tanto più che, mentre
aspettava il Gin Lemon che aveva
appena chiesto al barista, notò poco distante uno dei
più bei ragazzi che
avesse mai visto. Sorrideva tranquillamente a un altro ragazzo, biondo
e dalla
risata più rumorosa che avesse mai sentito. I capelli erano
neri e corti,
agghindati leggermente all’insù, e gli occhi erano
marroni, forse marrone
chiaro, e grandi e le ciglia erano lunghissime e wow.
E si era accorto che Harry lo stava fissando, perché, quando
si era voltato brevemente verso la sua parte e aveva per caso
incontrato il suo
sguardo, era arrossito adorabilmente e in fretta era tornato a guardare
l’amico. Se erano indicative, poi, le occhiate che
l’altro, forse involontariamente,
forse no, ogni tanto gli lanciava, Harry poteva dirsi sicuro che
nessuna
ragazza sarebbe arrivata a rompergli le uova nel paniere, quella volta.
Non voleva avvicinarsi quando era
accerchiato da gente,
quindi per un po’ si era limitato a tenerlo
d’occhio da lontano. Se lo
ricordava. Era più grande di un anno, dunque non avevano mai
seguito nessun
corso insieme, e non si erano mai parlati. Non era neanche sicuro di
ricordarsi
il nome. Zain. Zaine. Qualcosa del genere, insomma. Guardando indietro
con gli
occhi della memoria, Harry si disse che poteva immaginare che sarebbe
cresciuto
bene. Solo, non così bene.
Doveva per
forza provarci, o si sarebbe mangiato le mani per sempre.
A un certo punto, dopo qualcosa come
il quarto, quinto
drink, vide l’oggetto delle sue brame appoggiato al muro,
quasi di fronte a
lui. Da solo. Era il momento che stava aspettando. Cercando di assumere
la sua
camminata più seducente, si diresse verso la sua preda, che
nel frattempo aveva
intrecciato gli occhi ai suoi e lo stava guardando con
un’espressione a metà
tra l’incerto e l’interessato. Bene,
si disse Harry, sarà divertente.
*
E divertente lo era stato.
Zayn – c’era
andato vicino – era silenzioso e rispondeva a
monosillabi, ma, Harry ne era certo, non gli avrebbe opposto troppa
resistenza.
«Che ne dici se ce ne
andiamo da qui?» gli chiese, infatti,
dopo neanche quaranta minuti. Di solito avrebbe aspettato almeno lo
scoccare
dell’ora. Ma l’alcol iniziava a farsi sentire e le
sue (poche) barriere
inibitrici erano cadute tutte, una dopo l’altra.
«D’accordo»
rispose Zayn, anche lui annebbiato dai bicchieri
di troppo. «Vediamoci all’entrata, fuori. Devo
salutare delle persone»
Harry fece cenno di sì con
la testa. Probabilmente doveva
dire a Niall, l’amico biondo, che se ne andava.
Fuori faceva abbastanza freddo, erano
gli ultimi giorni di
novembre, ed era vestito abbastanza pesantemente, pur non essendo un
tipo freddoloso.
Aspettò qualche minuto e proprio mentre iniziava a stufarsi,
Zayn uscì
dall’edificio, una mano nella tasca del giacchetto di pelle e
l’altra a
sistemarsi il ciuffo.
Harry gli sorrise maliziosamente,
perché sapeva che
funzionava sempre, anche se ormai il suo obiettivo l’aveva
raggiunto.
«Io vivo con
un’altra persona, che è tutto meno che
rispettosa e silenziosa…» fece, quasi lasciando in
sospeso la frase. Non che ci
sarebbero stati davvero grossi problemi ad andare nel suo appartamento,
se
proprio non potevano farne a meno, però Louis era una piaga,
quando voleva
dargli noia, e, sicuro come il fatto che il sole l’indomani
sarebbe sorto, se
lo avessero trovato sveglio non li avrebbe lasciati in pace per un bel
po’.
Zayn sembrò pensarci, poi
scrollò le spalle e buttò fuori un
laconico andiamo da me.
«Se sei in macchina, ti
seguo» disse Harry, iniziando a
tirar fuori le chiavi.
«No, ero con
Niall»
Lo guidò fino alla sua
scassata automobile di seconda mano,
comprata poco dopo la fine dell’università con
gran parte dei suoi risparmi e
un piccolo aiuto di sua madre.
«Da che parte
vado?»
*
Casa di Zayn era un super attico
nella zona più costosa di
Londra. Il ragazzo non gli aveva detto di essere così ben
quotato. Non che gli
importasse, comunque. Probabilmente, se fosse stato in condizione, se
la
sarebbe filata a metà notte.
Non fece troppo caso
all’arredamento, anche perché l’unica
cosa che gli interessava era dove fosse la camera da letto. Era
eccitato e non
vedeva l’ora di togliersi i vestiti di dosso. Per lo stesso
motivo, rifiutò con
grazia quando il padrone di casa gli chiese se volesse qualcosa da bere.
Zayn sembrava impacciato, quasi fosse
la sua prima volta con
un altro uomo. Gli venne il dubbio e glielo chiese. Non voleva
ritrovarsi ad
andare a letto con un novellino che magari poteva costruire
chissà che castelli
su quella che invece non sarebbe stato altro che una sana scopata. E la
sola
vista di Zayn gli faceva venire in mente tutto meno che tocchi lievi e
parole
dolci.
Per fortuna l’altro
negò con un cenno del capo e lentamente
si avvicinò.
Harry lasciò cadere a
terra il suo giacchetto e con un solo
passo gli fu di fronte. «Andiamo in camera tua» gli
sussurrò a un palmo dalle
labbra.
Zayn non se lo fece ripetere due
volte e, senza neanche
assicurarsi che l’altro lo stesse seguendo, si
voltò e si diresse a passo
veloce verso quella che doveva essere la sua stanza.
Un letto enorme era in bella vista,
ma anche questo
interessava poco, a Harry. L’importate era che fosse un letto
e soprattutto che
ci si ritrovassero stesi sopra in fretta.
Zayn si stava togliendo le scarpe e
Harry velocemente seguì
il suo esempio, poi non resistette più.
Lo afferrò per le spalle,
facendo scivolare le mani tra i suoi
capelli. L’altro, per la sorpresa, aprì
leggermente la bocca e Harry non perse
tempo a coprirgliela con la sua, mordendogli il labbro e infilandoci la
lingua.
Fece fuori un vestito dopo l’altro e lo spinse sul letto.
Lì, completamente
nudo e disteso fra le coperte rosse, Zayn era la persona più
sexy che Harry
avesse mai visto in tutta la sua vita.
Si posizionò fra le sue
gambe, le mani che toccavano ovunque
meno dove Zayn avrebbe davvero voluto, la tensione che saliva a ogni
respiro;
Harry lo coinvolse di nuovo in un bacio umido, per poi staccarsi
mordendogli il
labbro inferiore e passare a leccare e succhiare la pelle del collo, un
capezzolo e poi l’altro, lasciando dovunque scie di fuoco.
Più il respiro di Zayn si
faceva veloce, più Harry diventava
audace. Quando Zayn si lasciò fuggire un gemito, Harry lo
prese in bocca,
aiutandosi con la mano per dove non riusciva ad arrivare. Sentire
l’altro contorcersi
dal piacere sotto di lui stava eccitando Harry ancor più di
quanto non lo fosse
già. Accarezzandogli la coscia, si lasciò uscire
l’uccello di Zayn dalla bocca
e si riportò verso il volto dell’altro, per
guardarlo negli occhi.
«Dove tieni-»
Non riuscì neanche a
finire la frase che Zayn si sporse ad
aprire un cassetto del comodino accanto al letto, tirando fuori
lubrificante e
preservativo. Zayn gli lanciò uno sguardo che parlava di
passione e bisogno, e
si riabbassò sul letto, le gambe piegate e spalancate per
Harry.
Il più piccolo lo
preparò e fece lo stesso con sé, poi, con
un sospiro di sollievo, portò alle spalle le gambe di Zayn
e, quanto più
delicatamente gli fosse possibile, entrò in lui.
Zayn era stretto e caldo e
meraviglioso, e le sue unghie
erano conficcate sulla sua schiena e probabilmente i graffi sarebbero
rimasti
per giorni. Aspettò che l’altro gli facesse cenno
di muoversi e, quando Zayn
fece leggermente oscillare i fianchi, iniziò a spingere e a
spingere e a
spingere, i suoi gemiti che si univano a quelli di Zayn nella
più piacevole
delle colonne sonore.
Troppo presto perché
quelle sensazioni finissero, Harry sentì
che stava per venire, le spinte si facevano più irregolari e
faticava anche
solo a pensare; afferrò l’erezione di Zayn e
iniziò a pomparla, finché non
venne con un suono strozzato, tutto nella sua mano e sul proprio
ventre, il
sedere che si contraeva intorno a Harry, portando all’orgasmo
anche lui.
Il volto nascosto
nell’incavo del collo di Zayn, Harry
riprese fiato e regolarizzò il respiro, uscì da
lui e afferrò la maglietta
abbandonata a terra più vicino al letto, e, fregandosene
altamente che fosse la
sua, la utilizzò per pulire l’altro e se stesso.
«Ti dispiace se riposo un
po’ qui?» chiese, dopo aver
gettato di nuovo la maglietta per terra.
«Fai pure, ma non
aspettarti che io ti prepari la colazione,
domani» rispose l’altro, la voce stanca e gli occhi
che si chiudevano, mentre
si posizionava sotto le coperte. «Spengi la luce, tanto che
ci sei» aggiunse,
la testa appoggiata al cuscino e l’espressione beata. Da
pazzescamente fico a
incredibilmente adorabile in dieci secondi, doveva essere una specie di
record.
Spenta la luce, si stese anche lui
sotto le coperte e,
girato con la schiena verso Zayn, si addormentò.
*
Quando si svegliò,
dovevano essere passate poche ore. Fuori
era ancora buio e lui era stanco morto, ma aveva davvero bisogno del
bagno.
Cercando di far più
silenzio possibile e senza svegliare
l’altro, raccattò i propri vestiti e
uscì dalla stanza, chiudendo dietro di sé
la porta.
Si avvicinò a quello che
doveva essere il bagno e poggiò una
mano sulla maniglia, abbassandola. La porta rimase immobile, chiusa a
chiave.
Il suo cervello urlava mistero!mistero!mistero!
ma la sua vescica la pensava diversamente, quindi
lasciò vagare lo sguardo
lungo tutto il corridoio fino a che non trovò
un’altra stanza. E questa sì, si
aprì e, grazie a Dio,
era il bagno.
Lavandosi le mani, lanciò
uno sguardo verso lo specchio che
era di fronte a sé. Aveva dei capelli orribili; ci
passò le mani, ma niente.
Più per curiosità che nella speranza di trovare
qualcosa che potesse sistemare
quel disastro, iniziò ad aprire i numerosi sportelli
dell’armadietto che stava
tutto intorno allo specchio.
Proprio mentre stava per richiudere
l’ultimo, con i suoi
occhi mezzi addormentati vide un piccolo oggetto dorato che stonava,
fra tutto
quel gel. Una piccola chiave. Il suo pensiero andò
automaticamente alla porta
chiusa. Quel mistero, che al 90% non era affatto un mistero,
l’aveva
risvegliato del tutto. Afferrò la chiave e uscì
dal bagno. Senza neanche
controllare che Zayn dormisse ancora, provò a infilarla
nella serratura e a
girarla. E, neanche fosse stato il suo giorno fortunato, la porta si
aprì.
La stanza era quanto di meno
interessante ci fosse. Ma,
Harry si disse, se era chiusa, magari valeva comunque la pena darle
un’occhiata.
C’era soltanto
un’enorme libreria, addossata a una parete, e
una scrivania, di quelle vecchio stile, che mai si sarebbe immaginato
per Zayn,
al centro.
Da buon giornalista, era amante della
letteratura – quella
vera; tendeva anche a giudicare le persone in base alle letture: se
queste non
erano interessanti, allora, molto probabilmente, neanche la persona lo
era.
Sugli scaffali erano disposte con
ordine quelle che
sembravano edizioni preziose, e non poté far a meno di
provare un po’ d’invidia
a quella vista. L’opera completa di Shakespeare e quella di
Oscar Wilde erano
in bella mostra accanto a Omero, senza un criterio preciso.
Per questo, quando si
trovò di fronte a volumi fantasy, si
ritrovò ad alzare un sopracciglio. Quei testi stonavano un
po’ rispetto
all’insieme, e per questo ne prese in mano uno.
Conosceva l’autore, era
venuto fuori da un paio di anni e
già aveva pubblicato quattro, cinque volumi. In
realtà, di lui non aveva letto
nulla, perché il fantasy non era il suo genere, ma era
impossibile non sapere
almeno i titoli della saga o conoscerne a grandi linee la trama. Aveva
fatto
scalpore, un successo mondiale, soldi a palate.
E, se non ricordava male, il nome
– Mick Stone – era uno
pseudonimo. Nessuno sapeva chi fosse veramente, si diceva.
Rimettendo il volume a posto,
notò che quello accanto era
identico a quello appena posato. Prese anche quello, magari
è tipo il sequel. E invece no, il titolo era lo
stesso, così
come l’incipit. E quelle due non erano le uniche copie
identiche.
Questo sì, che gli parve
strano. Da fissato, più che da
appassionato. O, forse da…
Corse alla scrivania,
perché in fondo era proprio come un
gatto: indipendente, ruffiano e curioso.
Vi era appoggiato solo un PC spento,
ma che provò comunque
ad accendere. La fortuna evidentemente si era presa una pausa,
perché chiedeva
la password. Senza darsi per vinto, iniziò a frugare tra i
vari cassetti.
Aprì l’ultimo.
Emise un urlo di gioia silenzioso.
Non era la password. Era qualcosa di
meglio.
Era una copia del testo originale di
un volume, ancora
inedito, della suddetta saga.
Note:
Non so, potrebbe esserci qualcosa di
poco chiaro, ma, in
teoria, nei prossimi capitoli alcune domande troveranno la loro
risposta! Ovviamente,
mi farebbe molto piacere ricevere qualche opinione, graditissime le
critiche, e
se doveste trovare qualche errore, vi prego vi prego vi prego di
segnalarmelo!
(Giuro che scrivere le note è
stato più difficile che scrivere
la storia)
Alla prossima settimana!