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Autore: FaithJ    08/04/2013    3 recensioni
Poi preme il grilletto e il rimbombo dello sparo sa un po' di liberazione.
#Post Reichenbach.
Depressione a palate.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Slow-motion suicide.

"Dallo specchio mi fissa di rimando non tanto un volto quanto l'espressione di una difficoltà."

 
 
 
Si sveglia con il sapore di acqua salata e sangue sulle labbra.
Si sveglia pensando che sia un nuovo giorno, una nuova avventura, una nuova speranza, che si ripiega e distrugge se stessa dopo i primi cinque secondi.
Apre gli occhi e può vedere ancora soffici riccioli neri sbiadire lontano.
Come sempre negli ultimi mesi anche solo lo stupido gesto di toccare il pavimento con i piedi, alla mattina, è una sofferenza.
La consapevolezza di essere ancora qui lentamente si materializza.
Il risveglio non gli è mai piaciuto e, in qualche modo, l'Afghanistan con tutte quelle urla, quei volti e quel chaos non ha aiutato; buffo come sia invece il silenzio, oggi, a lacerarlo ulteriolmente.
Si muove lentamente, ormai, con una calma che anni prima gli era negata da lui. Non pensava,allora, che quella follia, quell' uomo impossibile, gli sarebbe potuto mancare così. Ma forse è vero che basta perdere qualcosa per capirne l'effettivo valore.
Senza accorgersene, John ha tenuto conto dei mesi, dei giorni, delle ore. E' un freddo promemoria, che gli tiene compagnia nelle giornate in cui neanche Mrs Hudson, con i suoi sorrisi impietositi, viene a trovarlo.
Non si può dire che non ci abbia provato, all'inizio. Si è preso un po' di tempo lontano dal 221b e si, gli è servito. 
Per un breve, futile periodo ha pensato di potercela fare; era addirittura convinto.
Poi è tornato a casa sereno, ha aperto la porta e salito le scale quasi sorridendo. Ha messo su il bollitore.
Ha pensato di riordinare il chaos lasciato mesi prima, nella foga di andare via, di fuggire da Londra; non aveva davvero previsto quel violino rotto sulla poltrona in salotto. Ed appena lo ha visto il sorriso è sparito dalle sue labbra mentre contemporaneamente si è materializzata dentro di lui la consapevolezza che, ovunque tu vada, ti porti dietro te stesso e il tuo bagaglio di dolori, che non c'è via di fuga. E che non sta affatto bene e gli sembra di affondare, di precipitare, di annegare, senza scampo.
Poi c'è stata la rabbia, verso se stesso (illuso) e verso di lui, che anche da morto riesce a farlo sembrare un idiota.
Il suono del bollitore lo ha trovato in lacrime, rannicchiato nel loro letto, stretto al suo cuscino come un bambino alla madre.
Dopo di allora, John non ha più neanche lontanamente immaginato di poter andare avanti.
E' entrato in una routine terribile, disarmante, masochista. E ci ha pensato bene,  ci ha pensato per mesi perché, a differenza di quello che si dice di lui, John è un uomo pacato, ragionevole. Ci ha pensato molto prima di tirare fuori la sua calibro 38 dalla scatola che ha nascosto sotto il letto dopo aver lasciato l'esercito. 
Ma anche l'uomo più ragionevole e pacato può risolversi per il suicidio, quando l'enormità e l'orrore dei suoi dolori riesce a sopraffare la paura della morte.
Allora, quando anche la terribile routine diventa troppo, John sceglie un giorno a caso, scrive delle lettere, riordina la casa, si siede sul divano, affianco al cuscino con la bandiera inglese, e posiziona la pistola tra le labbra. 
Inspira e sente odore di metallo, di elementi chimici e di dita mozzate. Muove le labbra e gli sembra di sentire la pelle diafana di Sherlock tremargli attorno, invece del freddo materiale della pistola.  E forse è vera quella stronzata che dicono tutti, dei flashback poco prima di morire, perché John riesce a rivederli tutti i momenti passati insieme.
Vede Sherlock iperattivo correre per Londra senza meta, vede le loro dita intrecciarsi mentre fuggono insieme, vede i loro corpi stretti nella notte.
Percepisce i polpastrelli vagare sul suo viso, stringere i capelli morbidi e infine posarsi sulle labbra piene.
Ascolta le note stridenti del violino accarezzato dalle sue abili mani.
Lo vede piegarsi, a causa della sua ridicola altezza, e vede se stesso sulle punte; le loro labbra che si accarezzano ignare e disinteressate del resto del mondo.
Sente Sherlock intorno e dentro di lui, ovunque, accecante, imponente.
E pensa che si, in fondo ne è valsa la pena e va bene così.
Che quella, quella era la vita vera e questi mesi non sono stati niente. Invisibili. Un limbo, un purgatorio con l'unico scopo di attendere che lui facesse la sua scelta.
E l'ha fatta, pensa John. Ha scelto lui, ha scelto Sherlock.  

Poi preme il grilletto e il rimbombo dello sparo sa un po' di liberazione.




Nda: Okay. Ho un paio di cosa da dire. 
Primo: vi chiedo perdono per essere sparita, purtroppo per mesi mi è mancata l'ispirazione e la voglia di vivere.
Secondo: la citazione iniziale è del film "A single man" in cui potete vedere un Colin Firth da lacrime.
Terzo: Non ho riletto abbastanza volte questa shot e di certo non ne vado fiera, ma è un inzio. Anzi, un re-inzio.
Quarto: probabilmente accetterò altri prompt a cui seguiranno nuove shot altrettanto pietose.
Quinto: il titolo è preso dalla canzone "Julien" dei Placebo.
E poi boh, balle. Lasciate una recenzione impietosita? 
Harete imasu.

 
  
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