Disclaimer:
ormai mi sembra scontato dirlo, ma i personaggi di Naruto non
appartengono a
me, ma a Kishimoto-sensei… Per la gioia di alcuni
personaggi, dico bene Nejino?
^^ Enjoy!
IL
GIOCO
Non
era possibile. Lei, la ragazza
conosciuta da tutti per il suo fare da maschiaccio,
arrogante e indisponente nei confronti di tutti, non era possibile che
proprio lei si facesse trattare in
questo modo.
Cosa
ci faceva, lei,
intrappolata da due braccia allenate e forti contro il muro, il suo corpo a contatto forzato con quello
del bastardo che la tratteneva, il suo
viso sfiorato dai respiri tranquilli (mentre i suoi
erano affannati e spaventati, come quelli di una giovane cerva
senza via d’uscita, perché?)
del ragazzo che la guardava come divertito?
Perché
non si ribellava, non lo allontanava da sé, o
perlomeno urlava, sperando di attirare l’attenzione?
Non
ci riusciva.
I
suoi occhi erano fissi in quelli strani, lunari
che la sovrastavano, la inchiodavano dov’era, le toglievano
ogni volontà di
liberarsi. Non riusciva a muoversi.
Quegli
occhi. Non poteva distogliere lo sguardo da
quegli occhi, ne era come ipnotizzata. Occhi bianchi, opalescenti nella
pallida
luce della luna, profondi come il mare e altrettanto infidi, occhi che
vedono
tutto, infrangono difese e sfondano muri, e strappano via senza
pietà le scarne
coltri che celano il pensiero umano.
Neji
Hyuuga abbozzò un sorrisetto (ma forse era più
un ghigno). Era dunque questa la temibile kunoichi che gli avevano
descritto
tutti? Quella che non si lasciava mai mettere i piedi in testa da
nessuno e si
difendeva in guerra come nelle relazioni personali con le unghie e con
i denti?
Che
delusione. Si aspettava un po’ più di
resistenza. E invece anche lei era capitolata praticamente subito di
fronte al
suo sguardo. Ora, immobile, con gli occhi spalancati che tradivano la
sua
paura, lo fissava, come se nonostante tutto aspettasse una sua mossa,
una
qualsiasi sua mossa che infrangesse quell’atmosfera sospesa.
Lui
continuò a studiarla, a lungo, carezzandola con
lo sguardo (ma lei non voleva le sue carezze, le facevano paura, ribrezzo). Si impresse nella mente ogni
singolo tratto della sua preda. Capelli biondi e ribelli, raccolti in
quattro
ciuffi. Occhi di un insolito colore tra
il verde e l’azzurro, cupi, che inconsapevolmente si stavano
riempiendo di
lacrime. Espressione, di solito dura e sempre all’erta, come
di una bambina di
fronte a un temporale. Semplicemente terrorizzata.
Eccitante.
Mentre
lui la
osservava, con quello strano, inquietante, perverso sorriso, Temari
ascoltava il
suo cuore farsi sempre più erratico e veloce, come quello di
un uccellino
spaventato tra gli artigli del gatto che gioca con lui. Si domandava,
con una
punta di vergognosa curiosità, se mai qualcuno avesse potuto
sospettare
l’esistenza di un lato simile in lei.
Impotente
di fronte al nemico. Incapace di
ribellarsi. Completamente soggiogata e ridotta al suo volere.
No,
non avrebbe mai potuto dirlo a nessuno. Sarebbe
stato troppo umiliante.
Gli
occhi esperti del genio degli Hyuuga non si
erano persi un passaggio del ragionamento disperato, e tuttavia a mente
lucida,
della ragazza.
Il
suo sorriso si tinse di vittoria. Ecco come
cucirle la bocca e fare in modo che la possibilità di una
sua insurrezione non
si presentasse mai: facendo sì che si vergognasse nel
parlarne, che se l’avesse
fatto si sarebbe esposta all’umiliazione. Quella ragazza era
orgogliosa quanto
bella e… non era possibile dire che le mancassero questi due
attributi. Proprio
no…
Senza
distogliere lo sguardo da lei avvicinò
lentamente le sue labbra a quelle sbiancate di Temari.
Lei
rimase immobile.
Annullò
la distanza sfiorandole la bocca con una
delicatezza perversa, poi passandole la lingua sulle labbra.
Lei
continuava a non muoversi.
I
loro respiri si erano fusi, quello veloce e
spezzato della kunoichi e quello calmo e misurato dello Hyuuga.
Temari
cercava di non guardarlo negli occhi. Li
sentiva su di sé, quei fuochi bianchi, li sentiva bruciare
per l’irritazione.
Conosceva quel modo di fissare la gente. Anche lei a volte faceva
così, ma… ma
con lui era diverso. Non
c’era
paragone tra l’intensità dei loro sguardi, e lei
era dovuta soccombere.
Ma
perché, perché era successo a
lei? Come
mai a lei?
Il
suo sguardo era attratto dagli occhi candidi di
Neji come un pesciolino dalla luce che squarcia le tenebre
dell’acqua buia dove
vive. Perché è tanto bella, la luce, anche se sa
che gli sarà fatale. Era
inutile resistere, quindi. Tanto valeva rassegnarsi.
Però… da quel momento non
avrebbe mai più considerato il bianco come il colore
dell’innocenza.
Nuovamente,
contro la sua volontà, alzò gli occhi a
incontrare quelli del suo predatore. Si immerse per un’altra
volta in quei
pozzi bianchi, passo dopo passo, e a mano a mano che scendeva, sentiva
che le
sue difese si sfaldavano, si sgretolavano e cadevano in tante scaglie
dal suo
corpo, lasciandola nuda nel gelo di quegli occhi, talmente freddi che
sulla
pelle davano come la sensazione di bruciare.
Ecco,
adesso lei
era interamente in suo potere. Il gioco poteva continuare.
Con
quel suo sorriso (che somigliava terribilmente a
un ghigno) rinnovato, tornò a tormentarle le labbra carnose
lentamente, senza
fretta, aspettando pazientemente che la preda si muovesse.
E,
a un cenno perentorio dei suoi occhi, Temari
iniziò a ricambiare quel bacio dato senza amore (ma si
poteva davvero chiamare bacio, una
cosa del genere?)
timidamente, esitando, mentre le sue palpebre si facevano sempre
più pesanti.
Allora
lo shinobi passò a un altro stadio: pressò
ancora di più il suo corpo contro quello inerme della
ragazza, e anche il suo
bacio si accese di un’insana sorta di passione.
La
kunoichi lottava contro se stessa. Non voleva
chiudere gli occhi, non doveva. Avrebbe perso anche
quel poco di
controllo che le rimaneva, sarebbe stata completamente in balia di lui.
Ma le
sue palpebre insistevano per chiudersi e… forse, tra il buio
e l’ignoto e quegli occhi…
allora preferiva il buio.
Così,
con gli occhi serrati, avvolta nell’oscurità,
intrecciava la lingua con la sua con rassegnato trasporto, i suoi
respiri che
si facevano più affannosi senza volerlo. Sapeva bene che, se
avesse avuto il
coraggio di guardare, avrebbe trovato soltanto i pozzi bianchi in cui
si era
già calata. No, una discesa le era bastata.
Neji,
gli occhi aperti in un’espressione di trionfo,
sentì che la ragazza di Suna ormai aveva mollato tutte le
difese.
Brava,
finalmente hai capito che è tutto inutile.
Da
quel momento, per Temari è tutto avvolto nella
bruma, come il ricordo di un sogno.
Rammenta
vagamente le carezze che esploravano il suo
corpo, soffermandosi sui suoi seni, scendendo giù oltre la
vita, e le strane
sensazioni che le provocavano; rammenta di aver ricambiato molti altri
di quei
contatti con le sue belle labbra e la sua lingua (che però
non potevano essere
chiamati baci, perché non lo erano) che cercavano lei,
affamate; rammenta di
aver lasciato che, dalla sua bocca, Neji scivolasse sul suo collo, come
un
vampiro; con enorme vergogna di se stessa, rammenta anche di aver
pensato che
non le dispiaceva poi così tanto quello strano agitarsi che
lui le provocava
nel basso ventre.
Dopo
un lasso di tempo indefinibile (erano ore?
minuti? chissà), la ragazza sentì che la presa
sul suo corpo si allentava, che
le braccia che l’avevano tenuta bloccata finalmente ridavano
la libertà ai suoi
polsi.
Solo
allora osò sollevare le palpebre.
Gli
occhi gelidi dello Hyuuga erano sempre lì che la
fissavano, bianchi e pungenti come il ghiaccio. Quegli occhi le
dicevano con
aria di scherno: “Non avrai mai il coraggio di confessarlo a
nessuno, io lo so.
Ti vergogni troppo, Temari della Sabbia, e l’orgoglio
sarà la tua rovina.”
Aveva
ragione. Aveva perfettamente ragione. Non
l’avrebbe mai detto a nessuno, avrebbe tenuto tutto
ciò che era successo quella
sera segregato nel profondo di sé, e non si sarebbe mai e
poi mai liberata di
lui. Perché quando si sarebbero rivisti, che fosse stato
l’indomani, tra un
mese, dopo dieci anni, tutto, tutto sarebbe andato come quella sera.
Non aveva
la forza di contrastarlo, Temari, era una lotta impari. Niente sarebbe
cambiato.
Neji
Hyuuga fece qualche passo indietro, liberandola
dalla morsa in cui l’aveva stretta fino ad allora.
L’avrebbe lasciata scappare,
aveva giocato abbastanza, per quel
giorno.
La
kunoichi, titubante, insicura, mosse qualche
passo incerto. Possibile che la lasciasse davvero andare? Non ci
sperava più.
Lo guardò, vide i suoi occhi e, di nuovo in preda a un
istintivo terrore,
scappò via, prima che avesse l’occasione di
cambiare idea. Correndo, chiuse gli
occhi e sentì una lacrima sfuggirle, rotolare lungo una sua
guancia, fino al
mento, per poi staccarsi e finire la sua corsa cadendo sulla strada
polverosa.
Era scappata come una lepre impaurita. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Mai.
Lui
la guardò allontanarsi. Non poteva fuggire,
ormai era rimasta invischiata nella tela, e lei lo sapeva benissimo.
Darle
quell’illusione, comunque, non gli costava niente…
anzi, avrebbe aumentato il
divertimento in seguito.
Si
voltò e si diresse silenzioso verso la dimora
dove viveva insieme al suo clan.
Rimorso?
No, non ne provava. Non si sentiva minimamente
in colpa per come l’aveva trattata. Gli anni di sofferenze
che aveva passato,
crogiolandosi nell’odio verso tutta la sua famiglia,
l’avevano reso
impermeabile alla compassione.
E
poi… tutti dovevano soffrire come aveva sofferto
lui. Altrimenti non sarebbe stato giusto.
E
allora, piccola cerbiatta, preparati. Il gioco è appena
iniziato.
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Ohayo
gente!! So cosa state
pensando: “Ma questa non scriveva soltanto sullo Hyuugacest a
rischio di
risultare insopportabile?” ..Beh, effettivamente di solito
è così, ma questa
fic è il risultato di una scommessa tra me e la mia cara
Cecia-chan, che un bel
giorno mi ha detto queste dolci parole:
Ma
te sei capace solo di scrivere ficcy Neji x Hinata? Perché
non provi con un
pairing assurdo, tipo… Neji x…
vediamo… Temari!
Al
che io ho risposto:
Sfida
accettata! Allora tu dovrai scriverne una con un pairing altrettanto
assurdo
come… mumble… Gaara x Tenten!!
NOOOOO!!
..e va bene!
E
fu così che ci toccò scrivere con
dei pairing davvero assurdi per i nostri
standard…
Questa
è la mia: ho dato sfogo ai
miei istinti sadici repressi..
Neji:
REPRESSI?!? Prima fai una strage in una fic uccidendo anche me, e poi
mi tratti
anche da… non so nemmeno io come definirmi?!
Io
una definizione ce l’avrei…
maledetto maniaco? Comunque non rompere, altrimenti rischi un seguito
lemon di
questa fic, è chiaro?
Neji
(ammutolito per lo
spavento): …
Ecco,
bravo, hai capito…
..Insomma,
è una cosa un po’
diversa da ciò che scrivo di solito, ma non pensate male di
me, ok?
Alla
prossima!
Wiwo
Ringrazio
tutti coloro che mi hanno
recensito fino a ora, dato che pubblico solo one-shot non posso
rispondere nel capitolo
dopo!! ^.^’’