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Autore: Noth    12/04/2013    12 recensioni
AU DOVE KURT E' ANCORA AL MCKINLEY DURANTE LA SPARATORIA.
Mi sento allagato dentro, e annego. « Lasciatemi, devo andare, vi prego! »
Kurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurt. Il mio cuore batte frenetico a quel ritmo e, se non vedo Kurt al più presto, morirò per tachicardia.
Non riesco a respirare. Voglio chiudermi in un armadio e gridare. Sam si alza più silenziosamente possibile e mi prende in braccio riportandomi a posto mentre respiro faticosamente.
Dentro di me un mondo crolla, all’esterno tutto gira.
Dentro di me Kurt muore, all’esterno muoio anche io.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Saving him is my mission
(AU dove Kurt è ancora al McKinley durante la sparatoria)









L’abbiamo sentito tutti. D’altra parte è impossibile non udire un botto del genere, figuriamoci due, soprattutto quando sono così vicini. Non sono un esperto di rumori improvvisi, ma questi sembrano chiaramente degli spari. Questisono degli spari.

Di colpo la mia testa si riempie di nozioni inutili, date durante gli anni dai vari presidi all’interfono. Anche alla Dalton avevamo fatto un paio di esercitazioni, con spari finti, e tutti lo sapevamo. Non era stato divertente neanche allora che ne eravamo consapevoli, figuriamoci ora che il peggior incubo americano stava prendendo vita.

Una sparatoria. Una sparatoria al McKinley e Kurt è andato in bagno qualche minuto fa. Kurt non c’è. Kurt non è con me.
La mia testa si svuota di colpo, ogni nozione diviene un vuoto bianco che mi impedisce di riuscire a mandare messaggi al mio corpo come se un lenzuolo bagnato e gelido mi avvolgesse.

« Via, via, andate a nascondervi. Qualcuno aiuti Artie, per favore! Shh. Piano, ragazzi, per favore. » sussurra Shuester, mentre aiuta Jake a muovere Marley che si è pietrificata sul posto. Mi sembra si muova tutto a rallentatore, non riesco a connettere. Devo trovare Kurt, devo portarlo con me, non possiamo essere lontani in un momento come questo, non possiamo… morire in due stanze diverse. Non così.  Non…

« Blaine! » sibila la coach Beiste,« Blaine, per l’amor del cielo! Qualcuno lo smuova! »

Sam mi dà una piccola spinta verso le sedie impilate dietro alla quale anche lui si stava nascondendo. Riesco a fare scoordinatamente qualche passo, con la sua mano che mi spinge dalla spalla, prima di sussurrare:

« Kurt… »

Sam annuisce mestamente, gli occhi lucidi, e mi spinge verso il basso per farmi sedere contro la gamba di un banco semi rovinato che dovrebbe schermarmi alla vista.

« Lo so. » dice, abbassandosi e sedendosi di fronte a me, contro i gradini della sala del Glee Club.

Lo so non mi basta come risposta. Lo so non è una risposta, lo so è una constatazione di un fatto immutabile. Lo so sta ad indicare la permanente solitudine di Kurt fuori mentre l’intero istituto si nasconde ed io sono bloccato in quell’aula.

Se il possessore della pistola entrasse e vedesse solo lui? Se cercasse solo una vittima casuale? Se si spaventasse e avesse sparato? Se colpisse Kurt? Se non lo vedessi più vivo? Se non potessi mai più stringergli la mano o abbracciarlo come se fosse solo mio? Se non mi sorridesse più o parlasse? Se non avessimo cantassimo? Se non litigassimo per poi sistemare tutto nel giro di mezz’ora?

« Signor Shue… C’è… » provo a sussurrare, piantando le mani a terra e cercando di tirarmi a sedere. Posso sentire Marley piangere e la vedo nascondere il volto nel petto di Jake. Artie guarda in alto e singhiozza sommessamente. « Signor… Signor… »

Non riesco a parlare. È come se ogni mia singola parola volesse essere “Kurt” ma non riuscissi a formularla nella bocca che si è seccata come sabbia.

« Shh! » biascica Kitty, le lacrime lungo le guance ed una smorfia terrorizzata a deformarle la faccia.

« Kurt è in bagno. » spiega Sam, in un tono di voce così lieve che non posso capire se qualcuno, lì dentro, lo abbia sentito. Annuisco, e mi accorgo di tremare e di non riuscire a fare nessun movimento.

Nella sala pare piombare un silenzio ancora più viscoso e doloroso. Non guardo il volto di nessuno, non posso sopportare un’occhiata di pietà. La pietà significa che è successo qualcosa di brutto, e per me non può essere.

« Non risponde. » singhiozza Marley, e lascia cadere il cellulare a terra accanto a lei, sento distintamente il tonfo.

« Nessuno farà del male a tua madre, tutti la adorano. » la rassicura Jake, che cerca di darsi un tono, o meglio, di fingere per Marley, ma la cosa non gli sta riuscendo affatto bene.

Mi abbraccio le ginocchia. Ho paura, tanta paura. Voglio solamente seppellire la mia stupida faccia nell’incavo della spalla di Kurt e contare le volte che respirerei il suo profumo finchè tutto non andasse bene.

Ho sentito quel genere di notizie così tante volte al telegiornale, ed ogni volta c’era qualche morto, una dozzina magari, e dei feriti. Persone che piangevano, amici che non si sarebbero mai più visti, genitori che non avrebbero più abbracciato il loro figlio, innamorati che non si sarebbero mai detti ‘ti amo’ un’altra volta. Una soltanto.

« Chi di voi ha un cellulare dietro mandi più messaggi possibile. Aggiornate twitter: dobbiamo fare sapere, ma non dite dove siete perché sicuramente anche il ragazzo armato ha uno smartphone. » sussurra Shuester, respirando pesantemente tra una frase e l’altra. Artie piange con le gambe stese immobili davanti a sé. Estrae il cellulare e inizia a digitare come un forsennato, le lacrime che precipitano pesanti sullo schermo del dispositivo.

Non vedo metà del Glee Club attraverso la vista che mi si appanna ogni secondo di più per l’ansia. Almeno questo signiica che devono essere al sicuro, nascosti per bene.

Ed io vedo Kurt, in bagno, in piedi sopra ad una tavoletta sbilenca e rumorosa, a piangere con la mani appoggiate al lati della cabina del bagno, solo, spaventato. Potrebbe essere una delle vittime le quali foto sorridenti compaiono il giorno dopo alla televisione, e non posso sopportare che quella sia l’ultima volta che lo vedrei e che sarebbe la stessa identica immagine per tutti coloro che guarderebbero la trasmissione. Non sarebbe speciale, non sarebbe nostro, non sarebbe niente. E io non sarei niente.

Pianto con più forza le mani per terra e, col fiato corto e gli occhi gonfi di lacrime che non riuscivano nemmeno a sprofondarmi nelle guance, come ad ostentare la non esistenza di una paura legittima che non volevo avere, cerco di alzarmi. Non dovrei avere paura di morire senza Kurt, già la paura di morire in sé dovrebbe terrorizzarmi, e lo fa, ma non così tanto. Sono solo. Solo e l’unica persona che mi è riuscita a salvare più volte di quanto sappia e di quante possa pensare è in pericolo. E non posso lasciarla fuori, devo salvarla anche io. Per me e per lui. Perché, Dio, non posso restare là, non posso, mi sento soffocare. Ho bisogno di averlo accanto.

Sam mi prende per un braccio, e vedo i suoi grandi occhi rossi di pianto puntati su di me.

« No. » sussurra.

Ma non può dirmelo. Non esiste no per me. Non in questo momento.
Non riesco a respirare. La distanza tra me e la porta sembra infinita, ma devo farcela in silenzio. Non posso mettere in pericolo gli altri, ma non sono in grado di lasciare in pericolo Kurt.

« Blaine! Dove stai andando! Per favore, torna a nasconderti! » sussurra tra i denti Sam alle mie spalle, ma non posso. Gattono quasi fino alla porta, ma Ryder e il signor Shuester mi afferrano per le gambe ed il torso e mi trattengono. Vorrei gridare, ma dentro di me si è annodato tutto. Devo andare da Kurt, vi prego, lasciatemi andare da Kurt.

« Devo andare! » rantolo, le lacrime finalmente mi precipitano sugli zigomi, inzuppandomi la faccia e scorrendo fino al collo dove mi allagano la maglietta.
Mi sento allagato dentro, e annego. « Lasciatemi, devo andare, vi prego! »

Kurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurt. Il mio cuore batte frenetico a quel ritmo e, se non vedo Kurt al più presto, morirò di tachicardia.

Non riesco a respirare. Voglio chiudermi in un armadio e gridare. Sam si alza più silenziosamente possibile e mi prende in braccio riportandomi a posto mentre respiro faticosamente.

Dentro di me un mondo crolla, all’esterno tutto gira.
Dentro di me Kurt muore, all’esterno muoio anche io.

Fatemelo salvare, vi prego, fatemelo portare a casa, fate sì che mi assicuri che possa ancora sorridermi, amarmi, odiarmi, respirarmi, toccarmi, guardarmi, emozionarmi, salvarmi, vivermi.

 Sam mi prende per le spalle dopo avermi depositato nuovamente al mio posto.

« Blaine, per favore, rimani qui. » mormora la coach Beiste da qualche parte alla mia destra, forse dietro il pianoforte.

Kitty e Marley singhiozzano a ritmi diversi, io vado in pezzi allo stesso tempo.

« Blaine, non puoi uscire. È pericoloso, Kurt non vorrebbe che lo facessi. » sussurra Sam, asciugandosi una lacrima al lato del labbro.

Vorrei rispondere che sì, lo vorrebbe, ma non riesco ad aprire la bocca se non per far entrare aria preziosa che sembra non mi stia nemmeno entrando in circolo. Mi abbraccio le ginocchia e mi dondolo mentre un singhiozzo mi esce dal petto.

Il silenzio non cessa mai.

Sam mi mette una mano davanti alla bocca, e si vede che odia doverlo fare. Mi si spezza il fiato, il respiro, l’anima ed il cuore.

« Per favore, resta qui. » ripete, e tutti non fanno altro che dirmi di farlo, ma io lo devo andare a prendere.

« Lo devo andare a prendere. »

La frase mi esce come un lamento e ho la faccia così distorta dal pianto che mi fa male. Affondo la testa tra le ginocchia.

« Rischi di farti ammazzare. » mi spiega, mentre Jake cerca di riportarci al silenzio con un ‘shh’ rotto dal pianto.

Sento Artie che fa un video, a poca distanza da noi, e farfuglia qualcosa tra le lacrime, ma non riesco e non voglio sentirlo.

« Non… » cerco di parlare ma è come un calcio nelle costole. « Non mi… importa. » dico, stringendomi ancora di più in una palla e col fiato corto.

Kurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurtkurt.

« Smettila. » dice e non so se parla con me o con Artie che ci ha puntato la telecamera del cellulare addosso.

« Non posso, Sam. » dico, e scoppio a piangere ancora più violentemente.

Sento dei passi fuori dall’aula. Passi e uno scuotersi di porte. Sento la paura. Sento il silenzio. Sento la solitudine, il dolore ed il mio mondo che va a pezzi.

Un altro sparo.

Come se mi avesse colpito in testa e avesse aperto una scatola, una miriade di immagini di ricordi, frammenti, secondi, attimi, sorrisi, lacrime, battiti di ciglia, ore, sensazioni che riguardano Kurt mi si riversano addosso. Essere immersi da questo genere di momenti leva l’aria, e non importa quanto provi a respirare è come avere uno squarcio al centro del petto che fa uscire tutto l’ossigeno che cerchi di immagazzinare. Mi fa male la testa, ma è più di qualche ricordo, è tutto quello che potremmo avere, tutti i piani che ci eravamo fatti, ogni secondo, ogni istante, ogni idea, ogni desiderio ed ogni sogno che mi implode al centro delle costole, sotto lo sterno, e mi intasa la gola e le vie respiratorie. È una malattia, questa paura, è una maledetta malattia. E voglio la mia cura. Voglio il mio Kurt.

Lo voglio così tanto che mi sembra di precipitare, e sto precipitando.

« Respira, Blaine, respira per favore. » la voce della coach Beiste ora è molto più vicina a me, probabilmente mi è accanto.

« Shh, Blaine, shh. » le fa eco Sam, nel tono più impercettibile possibile.

I minuti diventano ore, i secondi secoli, e gli attimi scompaiono. Vedo me, e solo me. Un futuro che c’era e che potrebbe non esserci più, ed una scelta di qualche secondo, come quella di andare in bagno, a dividerci per sempre senza che gli abbia detto tutte le cose che dovevo dirgli.

« Volevo solo… volevo… non gli ho mai detto che amo il modo in cui ride. Che mi fa ridere quando si mette davanti all’armadio e dice che non ha niente da mettersi. Che adoro il modo in cui cucina i pancakes vegetariani a suo padre. Che gli ho rubato io il DVD del Moulin Rouge ma che pianifico di ridarglielo. Che mi dispiace che, quando dormiamo assieme, mi porto via sempre tutte le coperte e lui passa la notte al freddo per non svegliarmi. Che voglio che mi insegni a cucinare e a abbinare i colori. Che voglio che ci sposiamo e che andiamo a vivere a New York, che diventi una stella di Broadway e che siamo felici. Che è la migliore cosa che mi sia mai capitata e potrei non riuscire a dirglielo mai, e non posso pensarci. Non devo pensarci. Salvarlo è la mia missione. Devo andar- devo andarlo a prendere coach Beiste, io devo andare… » mormoro, e non sono sicuro che si capisse quello che ho detto, ma lo ho fatto. E avrei dovuto stare in silenzio ma non potevo, non riesco a controllarmi, e se qualcuno si farà del male sarà tutta colpa mia.

« Davvero? » dice una voce che conosco. Una voce che sarei morto per risentire.  Alzo lo sguardo dalle mie ginocchia e mi volto, le lacrime che mi distruggono il viso e sicuro di avere l’aspetto di un pazzo furioso, ma Kurt è a qualche passo da me, inginocchiato nel tentativo di nascondersi e il signor Shuester sta chiudendo la porta alle sue spalle.

Lo è andato a prendere.

Kurt è lì, con il viso pallido per la paura ed il volto bagnato di pianto che ancora non si ferma. Vedo la sua ansia e lui vede la mia e, come al solito, siamo l’unica cosa che può far sì che smetta di divorarci.

Mi metto le mani davanti alla bocca ed annuisco.

Silenzio, Kurt sorride e singhiozza mentre si avvicina tremante e si sistema accanto a me e, improvvisamente, nella mia testa c’è solo lui. Solo il fatto che almeno è con me, e non mi rendo nemmeno conto di essere nel mezzo di una sparatoria, la dice lunga su quanto le mie priorità siano completamente sfasate. Ma non mi importa.

« Stupido. » dice. « Sei uno stupido. » mormora, strofinando il suo naso contro il mio. Lo sento tremare. Che idiota, avrà avuto sicuramente molta più paura di me, era solo, era terrorizzato.

Lascio che si infiltri sull’incavo del mio collo e singhiozzi sulla mia clavicola, mentre mi stringe la stoffa della divisa dei Cheerios nei pugni, piangendo più sommessamente che può. Appoggio il mento sul suoi capelli e stringo le labbra serrando gli occhi.

Mi volto verso il signor Shuester. Mi fa un cenno con il capo. Quasi sorrido, ma ho ancora troppa paura. Vorrei urlargli quanto gli sono grato. Ha rischiato la sua vita per Kurt.

Ha rischiato la sua vita perché potessimo ancora stare assieme.

Attraverso i muri udiamo la squadra SWAT che entra nell’istituto e apre la porta della nostra aula.

« State tutti bene? » gridano attraverso il casco, armati.

Il Signor Shuester annuisce, e lascia andare un sospiro tremante. Kurt scoppia a piangere rumorosamente e non riesco a non imitarlo, lasciandomi andare nel mio silenzio, mentre ci abbracciamo e lo stringo così forte che potrei soffocare. Ma quello è un genere di morte che mi sta più che bene.
















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NDA:
Mi astengo.


Noth 

 
   
 
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