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Autore: Edelvais    13/04/2013    4 recensioni
Prima classificata al contest "Before to become a Guardian" di _Atreius_
Estratto:
Prima di perdere conoscenza, vide un fiocco di neve che era riuscito a filtrare le fitte fronde.
Neve che nasce
Stava cadendo lentamente, sotto lo sguardo di Jack.
Neve che scende
Infine si posò sulla sua fronte, sciogliendosi quasi immediatamente, spegnendosi.
Neve che muore.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome autore: Edelvais (Efp); Edelvais Verdefoglia (forum)

Personaggio scelto: Jack Frost

Rating: Verde

Genere: Angst; Introspettivo; Avventura.

 






Fuoco Fatuo - La fiamma del destino



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Inverno.
Per Jack Frost questa stagione poteva essere riassunta in un'unica parola: divertimento.
Lo attendeva con impazienza ogni anno, e quando l'autunno era agli sgoccioli e cominciavano ad arrivare le prime ondate di freddo rigido, il ragazzo aveva l'abitudine di sedersi davanti alla finestra e, con la punta del naso che sfiorava il vetro, aspettava che cadessero i primi fiocchi di neve.
Quella mattina di Gennaio si svegliò più presto del solito: aveva sentito dentro di sé che qualcosa era cambiato nell'aria.
Senza far rumore si alzò dal letto e, maledicendo il cigolio della porta della sua camera, raggiunse il salotto infilandosi silenziosamente le scarpe, e uscì.
Inspirò profondamente prima di avventurarsi nella strada imbiancata, godendosi i piacevoli odori della stagione che amava tanto.
«Neve», sussurrò al vento, quasi ringraziandolo di aver portato con sé quel fenomeno atmosferico tanto atteso. «Eveline ne sarà entusiasta!»
Quest'ultima era una ragazzina della sua stessa età - sedici anni -, e fin da bambini erano sempre stati come fratelli, condividendo avventure e risate, momenti tristi e infelici.
Se sua madre l'avesse scoperto, come minimo non avrebbe più avuto il permesso di varcare la soglia di casa. Fortunatamente riuscì ad eludere il cane da guardia dei vicini con una mezza salsiccia rubata dalla dispensa della cucina, per evitare che cominciasse ad abbaiare destando tutte le famiglie che abitavano lì intorno, compresa la sua. Camminò per i viottoli dipinti di bianco dalla neve fino a fermarsi davanti ad una piccola e modesta casa. Jack si chinò ad afferrare un sassolino, e lo lanciò contro la finestra affacciata sulla strada, sperando di non svegliare i genitori dell'amica.
Quest'ultima stava giusto spalancando le imposte per vedere chi mai fosse il disgraziato che aveva osato destarla a quel'ora di notte, quando all'improvviso una palla di neve la raggiunse in pieno viso, seguita da una risata cristallina.
«Jack!» Lo rimproverò additandolo. «Cosa ci fai qui-»
Lo sguardo di Eveline cadde sulle strade imbiancate, e non riuscì a finire di formulare la domanda che la sua smorfia assonnata era diventata un sorriso raggiante.
«Neve! Finalmente!» Gridò non riuscendo a trattenere la gioia che scorreva copiosa nelle vene.
 «Piantala di strillare, altrimenti rischiamo di farci scoprire!» La riprese l'amico posando l'indice sulle labbra. «Dai, scendi. O forse vuoi perderti l'alba sul Colle Aurora?»
La ragazza obbedì, infilandosi rapidamente le scarpe e il cappotto, e con un salto dalla sua finestra era già sulla strada. Un sorriso complice si dipinse sulle labbra di entrambi, mentre si allontanavano dal villaggio in segreto.
Il Colle Aurora era un' altura che tracciava il confine tra due villaggi, ed era circondato da un fossato perennemente colmo d'acqua che affluiva da un fiumiciattolo. Famosa per la posizione ideale per ammirare la meraviglia dell'alba e del tramonto, questa collina lo era ancor di più in inverno, quando il bianco dei fiocchi di neve si univa ai colori caldi della fulgida luce solare, regalando agli spettatori un evento unico e mozzafiato. Prima di raggiungerlo però, si doveva attraversare un piccolo boschetto, che nonostante le dimensioni ridotte era fitto ed insidioso.
Così cominciarono a correre verso di esso, mentre la neve fresca scricchiolava sotto i loro passi.
Non appena giunsero al limitare della macchia ombrosa rabbrividirono, esitando un momento prima di avventurarvisi. Nonostante il Colle Aurora fosse l'attrazione principale del villaggio, non molti osavano recarvisi a causa dell'infido e pericoloso percorso attraverso il bosco che si doveva percorrere per raggiungere l'altura. Tutto questo timore nasceva ovviamente da numerose leggende metropolitane, concepite durante i periodi bui e di carestia che il villaggio aveva affrontato con fatica molti anni prima.
Si narrava infatti che alcuni degli uomini che avevano deciso di contattare il paesino di confine per avanzare richieste di aiuto, fossero scomparsi misteriosamente nell'oscurità del bosco e mai più veduti.
Oramai erano diventati miti o fiabe per bambini, ma recavano ancora con loro il freddo brivido della paura.
I due amici si scambiarono un'occhiata incoraggiante ed entrarono, confondendosi con le caligini della selva, i cui alberi avevano le fronde talmente fitte che non lasciavano filtrare nemmeno un flebile raggio solare.
Jack estrasse dalla sua tasca un fiammifero, che usò per accendere una torcia, realizzata con un pezzo di legno e della stoffa avvolta e compattata attorno ad esso con della cera, in modo da riuscire ad accenderla senza problemi.
Una volta che la fiamma vinse le tenebre del posto danzando gioconda, i due poterono proseguire, attenti a non perdersi. Ben poca neve era riuscita a penetrare il denso strato di foglie e rami che proibiva l'accesso alla luce, infatti il terreno era umido e fangoso, per quel poco che i due poterono osservare.
Jack era già stato nel bosco, - al contrario di Eveline, i cui genitori lo avevano vietato tassativamente -così fu in grado di fare strada alla ragazza, alla quale aveva promesso di far assistere all'alba della prima nevicata dell'anno sul Colle Aurora.
La fiamma cremisi riusciva a sopravvivere nelle tenebre, illuminando, anche se debolmente, il sentiero davanti a loro. Cominciarono a camminare, guidati dalla torcia che proiettava luci tremolanti per terra, rendendo il bosco ancor più inquietante e minaccioso.
Guardandosi attorno, videro le ombre della notte perenne che regnava nel posto, oscillare ai lati del sentiero, incutendo un gelido timore nei due ragazzi.
«J-Jack…» sussurrò Eveline aggrappandosi al braccio dell'amico. «Questo posto è terribile, come hai fatto ad attraversarlo da solo quella volta?»
Il sedicenne inorridì, ricordando come, quel lontano giorno di sette anni fa, avesse corso a perdifiato ad occhi chiusi, sperando di non andare a sbattere contro qualche albero, per la paura di essere inseguito dai mostri che le leggende del villaggio narravano. Tutto per una scommessa.
Una stupida, infantile e futile scommessa con il suo vicino di casa, di due anni più vecchio.
 
«Scommetto che non hai il coraggio di attraversare il bosco del Colle Aurora», affermò il più grande, incrociando le braccia con fare altezzoso.
Jack esibì un sorrisetto di sfida. «Ne sei così sicuro, Finn?»
Il ragazzo annuì, convinto che il bambino non avrebbe mai avuto il fegato di sfidare la veridicità dei miti che raccontavano i pericoli del bosco.
Jack, contro ogni previsione di Finn, si avvicinò al limitare della selva, seguito dal vicino di casa che, preoccupato che lo avesse preso sul serio, lo tratteneva ora per le spalle.
«Sei impazzito?! Guarda che stavo scherzando!» Esclamò.
«Non mi importa, voglio vedere questo famoso Colle Aurora», il ragazzino si liberò dalla stretta di Finn, addentrandosi di corsa in mezzo agli alberi.
Il più grande deglutì a vuoto, gridando con voce strozzata il nome dell'amico, implorandolo di tornare indietro.
«Stupido moccioso! Considera qualsiasi cosa un divertimento, persino quel bosco maledetto!» Si disperò, calciando un sassolino che giaceva inerme sul sentiero.
Intanto Jack correva a gambe levate nelle caligini della macchia, pentendosi immediatamente della sua scelta imprudente. Subito cominciarono a farsi strada nella sua mente le ombre dei mostri descritti nelle leggende, immaginandoseli alle calcagna. Aveva corso per parecchi minuti, ritrovandosi presto al di là del bosco, e vide davanti a sé il fossato colmo d'acqua ghiacciata che circondava il Colle Aurora.
Con un ultimo sforzo aveva superato il fiume congelato ed era giunto sull'altura, e da lì aveva osservato con stupore e meraviglia i colori del tramonto dipingere l'orizzonte. Colto dalla stanchezza, si era accasciato contro l'unico albero presente sulla collina, una possente quercia secolare, e si era addormentato. La mattina seguente era tornato - sempre di corsa - al villaggio, rischiando di farsi ammazzare dall'amico che si era preoccupato per nulla.
 
Jack ritrovò il suo coraggio, ripensando a come, a soli nove anni, aveva affrontato il buio di quel luogo così ostile senza arrendersi alla paura.
Strinse la mano di Eveline e aumentarono la velocità dell'andatura.
All'improvviso uno strano fruscio alle loro spalle attirò la loro attenzione.
Si voltarono immediatamente, e il terrore ormai aveva pervaso le loro menti, impadronendosi della ragione e della razionalità che era rimasta loro da quando avevano osato mettere piede in quel bosco.
«Jack», mormorò la ragazza, in preda al panico. «Jack ho paura!»
«Non preoccuparti», cercò di tranquillizzarla lui. «Sarà stato il vento o qualche uccello.»
In cuor suo, Jack Frost sapeva bene che le probabilità che avesse avuto ragione erano ben poche, dato l'ambiente in cui si trovavano.
Non fecero in tempo a voltarsi che una strana fiamma azzurrognola apparve davanti a loro.
Jack sgranò gli occhi. «Un Fuoco Fatuo*!» Esclamò sbalordito.
Aveva letto un libro a proposito, e doveva ammettere che il suo desiderio di vederne uno era stato soddisfatto - seppur nel peggiore dei luoghi.
«Un Fuoco che?» Ripeté Eveline aggrottando le sopracciglia.
«Secondo la tradizione ti indicano la strada del tuo destino.»
La strana luce si dileguò rapidamente nell'ombra, ricomparendo pochi metri più avanti.
I due lo seguirono, lasciando a malincuore il sentiero.
Inaspettatamente, Jack inciampò su una radice di un albero, e cadendo al suolo con lui la torcia si spense, lasciandoli al buio completo. Persino il Fuoco Fatuo era sparito.
«Jack!» Gridò Eveline. «Jack dove sei?! Rispondi!»
«Smettila di strillare! Sono qui», rispose il ragazzo rialzandosi. «Accidenti, la torcia si è spenta e non ho altri fiammiferi! E il Fuoco Fatuo è scomparso! Questa non ci voleva.»
«Siamo fregati! E adesso cosa facciamo?» Si disperò l'amica avvicinandosi a lui.
Jack intuì che l'unico modo per calmare la ragazza era quello di far sembrare tutto un gioco, un divertimento. «Giochiamo a mosca cieca!»
«Mosca cieca? Qui? Devi aver sbattuto la testa.»
«No, chiudi gli occhi e metti le mani avanti, così eviti di andare a sbattere contro gli alberi.»
«Voglio tornare a casa, non mi sembra il momento opportuno per giocare», si lamentò lei.
«Ci tornerai, Eve, te lo prometto! Ora voltati e cerca di ritrovare il sentiero.»
Jack fece per seguirla, ma appena si voltarono il Fuoco Fatuo riapparve a qualche metro davanti a loro.
«Eve apri gli occhi! Il Fuoco Fatuo è tornato!» Esclamò il ragazzo.
I due gioirono, e ritrovando la speranza cercarono di raggiungere la piccola fiamma azzurra, ma non appena mossero il primo passo qualcosa sotto i loro piedi cedette.
Precipitarono in una profonda e gelida buca, maledicendo il momento in cui avevano deciso di sfidare le tenebre del bosco.
«Eveline, stai bene?»
«Sì, non penso di essermi rotta qualcosa. Tu?»
«Più o meno… Ah!» Un grido di dolore gli morì in gola, costringendolo ad accasciarsi di nuovo al suolo contro la parete.
«Jack! Cosa ti è successo?!»
«La gamba…» Mormorò il ragazzo stringendosi l'arto inferiore destro con le mani.
Eveline si chinò di fianco a lui, preoccupata.
«Oh no…» Sussurrò. «Jack, la tua gamba è rotta!»
Il sedicenne chiuse gli occhi, appoggiando il capo alla roccia ghiacciata. Erano finiti in una fossa profonda e congelata dal freddo, e se non fossero usciti di lì al più presto sarebbero morti assiderati.
«È finita…» Le lacrime cominciarono a scorrere imperterrite sul viso della ragazza.
«No», sussurrò Jack. «C'è ancora speranza. C'è sempre speranza! Forza, devi salire sulle mie spalle e poi aggrapparti a quella radice lassù. La vedi?»
Eveline annuì. «Scordati che ti abbandoni.»
«Devi andare a cercare aiuto!»
«Mai! Non ti lascerò qui da solo», si oppose con fermezza.
«Ti prego», implorò Jack. «Sei la nostra unica speranza.»
La ragazza sospirò, lasciando che le lacrime le rigassero il volto.
«Farò presto Jack, te lo prometto. Resisti!»
Prima di arrampicarsi sulle sue spalle, si chinò verso di lui, cercando il suo viso per poi prenderlo tra le mani.
«Ti voglio bene, per me sei sempre stato il fratello che non ho mai avuto.»
«Anche tu lo sei per me. Ma ora vai, e segui il Fuoco Fatuo! Ti condurrà al sicuro e dove potrai chiedere aiuto.»
La ragazza lo baciò sulla fronte, poi salì con i piedi sulle sue spalle e con un salto si aggrappò alla radice che penzolava. Una volta in superficie, lanciò un ultimo sguardo alla fossa buia e corse più veloce che poté verso il Fuoco Fatuo, cercando di seguirlo.
Jack giaceva ancora per terra, con la gamba dolorante, quando udì sopra di sé le fronde degli alberi scosse da un forte vento, che permise alla luce lunare di filtrare.
Il ragazzo rimase incantato da quel fioco riverbero, che puntava proprio su di lui.
Gli parve di essere avvolto tra le braccia accoglienti di una persona a lui cara e da sempre conosciuta, e per un momento pensò di essere al sicuro, lontano da ogni pericolo.
Il freddo che regnava nella fossa lo destò da questo sogno ad occhi aperti, facendolo rabbrividire.
I tremolii e i fremiti ormai erano incontrollabili, e Jack capì che per lui era forse giunta la fine; non avvertiva più la sensibilità agli arti, e il respiro si era fatto estremamente pesante e affannoso.
«Spero che Eveline sia riuscita ad uscire dal bosco», mormorò con grande rimorso.
Era tutta colpa sua; della sua testardaggine e infinita imprudenza.
In fondo se lo era meritato. Ma Eveline no, non poteva fare la sua stessa tragica fine, non sarebbe stato giusto; era stato lui a prometterle questa folle avventura, e lui e solo lui avrebbe pagato la conseguenza.
Jack alzò di nuovo lo sguardo al cielo, e questa volta la scorse in mezzo alle fronde degli alberi: la Luna.
La ammirò in tutto il suo splendore, poiché ancora non era giunta l'alba e il sole tardava a spuntare d'Inverno. Sorrise e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal calore che emanava. Pareva che gli volesse comunicare qualcosa, lampeggiando sopra di lui.
Probabilmente stava delirando, come pensò egli stesso, ma non gliene importava.
 
Prima di perdere conoscenza, vide un fiocco di neve che era riuscito a filtrare le fitte fronde.
 
Neve che nasce
 
Stava cadendo lentamente, sotto lo sguardo di Jack.
 
Neve che scende
 
Infine si posò sulla sua fronte, sciogliendosi quasi immediatamente, spegnendosi.
 
Neve che muore.
 
 
Ad un tratto tutte le sue forze lo abbandonarono, mentre anche i pensieri sfumavano nella notte, ed esalò l'ultimo agonizzante respiro.
Ed eccola: la fine di tutto. O forse un nuovo inizio.
 
Jack riaprì gli occhi, e fissò l'oggetto che conteneva tutti i suoi ricordi.
«Hai visto?» Esclamò il ragazzo, mentre Dente da Latte scuoteva il capo, perplesso. «Avevo una famiglia, un’ amica! E l’ho salvata!»
Jack rise, esternando tutta la gioia che provava in quel momento saltellando nella fenditura di ghiaccio in cui era stato brutalmente gettato da Pitch Black durante il loro scontro.
«Devo aiutare i Guardiani, è questo il mio compito.» Affermò infine, riafferrando il bastone spezzato.
Con sua grande sorpresa questo si riaggiustò sotto i suoi occhi, emanando una luce azzurrina che gli ricordò tanto il Fuoco Fatuo, che l’aveva guidato verso il suo destino.
E il suo destino, ormai l’aveva capito, era quello di diventare un Guardiano.
 






* Qui potrete trovare la definizione di Fuoco Fatuo, in caso non la conosceste. Ho pensato di inserirli in questa fic come degli esseri magici che indicano la strada del destino a Jack Frost. L'immagine sopra è la rappresentazione di queste creature più vicina a come le ho immaginate io per questa fic.






 
   
 
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