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Autore: ShioriKitsune    14/04/2013    6 recensioni
In un universo alternativo, Naruto, Sasuke e tutti gli altri sono dei normali ragazzi che frequentano la scuola superiore. Ovviamente, il normali va tra virgolette.
****
[NaruSasu]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Fatemi gli auguri, perchè venerdì ho compiuto gli anni e questo è il primo capitolo che scrivo da maggiorenne (?) u.u
A parte gli scherzi, ecco il terzo capitolo. Sono felice di tutti i vostri commenti e delle visualizzazioni, davvero non me lo aspettavo. GRAZIE!
Ho cercato di accontentare qualcuno con una certa immagine, spero apprezziate u.u

Continuate a recensire e sarò sempre felice. <3



* * * * * * *

Capitolo tre: quando la situazione si fa strana, scappa.

 

La campanella trillò per il primo avviso, ed una massa di studenti annoiati incominciò a dirigersi verso le proprie aule.
Sasuke, a passo lento, quasi aveva voglia di saltare la scuola per la seconda volta in una settimana.

Da quando in qua ascoltare quei vecchiacci ti infastidisce tanto?

Sospirò.
La verità era che, senza quella testa quadra rompiscatole di Naruto, un po’ si annoiava. In fondo, il dobe era l’unico che gli rivolgesse la parola.
A parte Ino, ovviamente.
«S-Sasuke-kun?».
Quella vocina balbettante lo fece voltare di scatto. Una ragazza mingherlina, con dei lunghi capelli neri e il viso in fiamme dall’imbarazzo, lo guardava implorante. «Che è successo, Hinata?».
Lei abbassò il viso, arrossendo – se possibile – ancora di più. «N-niente, è c-che sai.. b-bhe».
Sasuke inclinò il capo. «Piano, una parola alla volta».
Hinata Hyuga fece una pausa, prese un profondo respiro, e poi sputò fuori la frase – probabilmente – più lunga che avesse mai detto: «Sasuke-kun, siccome Naruto è assente da un po’ di giorni, mi chiedevo cosa gli fosse successo. So che siete amici, quindi avevo pensato che tu potessi dargli questo da parte mia! Anzi, non dire che sono stata io a mandarlo!».
Chinò il capo, sporgendo in avanti le braccia che stringevano un pacchetto. Sasuke la guardò con un sopracciglio alzato, vagamente sorpreso dal “coraggio” che aveva dimostrato pronunciando quella frase così lunga senza incepparsi e con un tono di voce abbastanza alto. «Certo, Hinata. Passerò da lui dopo le lezioni».
Dopo quella risposta, tornò la ragazzina impacciata di sempre. «G-grazie mille S-Sasuke-kun. S-sei gentile».
 
Certo, gentile è il mio secondo nome.
 
«Non c’è di che».
Afferrò il pacchetto, infilandolo nella tracolla. «Adesso devo andare, ci si vede in giro».
 
La lezione, come prevedibile, si dimostrò altamente noiosa.
Il professore di letteratura parlava, parlava così tanto che era difficile stargli dietro perfino per Sasuke, che quel giorno era lì soltanto fisicamente. Picchiettò la matita sul quaderno, appoggiando la testa sull’avambraccio.
 
Che noia.
 
Gli sarebbe piaciuto scambiare quattro chiacchiere con quel tale, Shikamaru. Sembrava uno dei più in gamba dell’istituto, magari avrebbero potuto trattare argomenti interessanti, insieme. Ma, ovviamente, non considerava nemmeno l’ipotesi. Lui - come diceva sempre suo fratello – doveva passare la vita a fare l’orso.
Mise il broncio.
 
Non è colpa mia se non vado d’accordo con nessuno.
 
Nessuno eccetto Naruto.

Sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni, aprendo la fotografia che gli aveva fatto qualche mattina prima.
D’istinto, sorrise.



 

Il dobe, nonostante la febbre alta, dormiva come se fosse piena estate. Dapprima si concentrò sulla sua faccia da scemo, poi lo sguardo gli cadde sul suo petto. Ogni muscolo era delineato come se fosse stato scolpito da un cesellatore eccessivamentefissato con la precisione.
Sasuke sgranò gli occhi, lasciando andare il telefono con una faccia disgustata.
 
Ma a cosa diavolo sto pensando?
 
Probabilmente Naruto gli aveva mischiato la febbre.
 
Il resto delle lezioni passò velocemente, e quando Sasuke si fiondò fuori dall’aula si trovò faccia a faccia con un ragazzetto dalla faccia scema e gli occhi inespressivi, che gli bloccò il passaggio con un sorrisetto sul viso e le braccia incrociate.
«Sasuke Uchiha».
Sasuke aggrottò la fronte, sospirando. «E tu saresti?».
«Sai».
Alzò un sopracciglio. «So cosa?».
Faccia-da-scemo socchiuse le palpebre. «Non meriti la fama da intelligentone che ti precede. Sai è il mio nome».
L’Uchiha ghignò. «Che razza di nome hai?».
«Beh, pensa al tuo», borbottò l’altro, affilando lo sguardo.
«Non m’importa quale sia il tuo nome. Sei nuovo, vero? Non ti ho mai visto qui. Quindi, d’ora in poi sarai Faccia-da-scemo. Ora dimmi cosa vuoi e sparisci, non ho tempo da perdere».
Sai serrò la mascella.
Aveva sentito dire che quell’Uchiha era davvero arrogante e antipatico, ma non pensava fino a quel punto. La voglia di prenderlo a pugni in faccia cresceva dentro di lui. «Mi hanno detto di chiedere a te di Naruto Uzumaki».
Sasuke, improvvisamente, iniziò a prestare più attenzione alle sue parole. «Che vuoi da Naruto?».
L’altro si strinse nelle spalle. «Fa parte del comitato di benvenuto e mi deve un giro della scuola».
Questa era un’informazione nuova per l’Uchiha.
 
Da quando Naruto si occupa di queste cose?
 
Sbuffò. «Naruto è a casa malato, arrangiati da solo».
«Ma Sakura Haruno ha detto che-».
Al nome della ragazza, Sasuke – che aveva già cominciato ad incamminarsi verso l’uscita – si voltò per metà. «Non dar retta a ciò che dice quella strega dai capelli rosa. È pazza e insopportabile. E anche vagamente inutile».
«Ripeti ciò che hai detto, Uchiha!». La ragazza si annunciò con un pugno in testa al malcapitato, che si morse la lingua per non imprecare.
Lui e Sakura non erano mai andati molto d’accordo. Lei era stata una stalker degna di Ino Yamanaka durante il primo ed il secondo anno, e Sasuke non l’aveva mai digerita granché. Ma da quando era diventata reginetta del ballo, all’inizio del terzo anno, era diventata quasi impossibile da tollerare.
«Sei inutile e insopportabile, Haruno. Posso ripetertelo anche per dieci volte senza fermarmi».
La ragazza digrignò i denti, ma non rispose alla provocazione. «Perché non sei un po’ più simile a Naruto, baka? Eppure, stando così vicini, dovresti aver imparato come si comporta un galantuomo».
Sasuke alzò un sopracciglio e, infischiandosene delle parole della ragazza, le mostrò il dito medio e riprese a camminare in direzione delle scale.
«Dove vai?», strillò lei. «Fa’ le veci di Naruto! Non possiamo lasciare questo novellino da solo!».
«Te lo scordi che io faccia una cosa del genere».
«Sasuke Uchiha, giuro che se non lo fai scatenerò Ino contro di te, dandole il tuo numero e dicendole dove abiti!».
L’Uchiha si pietrificò dal terrore.
 
Ino che conosce il mio numero di telefono. Ino che sa dove abito. Ino che mi spia dalla finestra. Ino che scassina la porta..
No, non posso permetterlo.
 
Si voltò, assumendo un’espressione di sorridente paura che stonava con il suo solito modo di porsi. «Vieni, faccia-da-scemo, sarò la tua guida per qualche minuto».
 
Io la ammazzo. Giuro che la ammazzo. Farmi perdere tempo con questo idiota..
 
«Ma io non voglio stare con questo tizio», si lamentò Sai, rivolgendosi a Sakura che, gentilmente – tanto gentilmente che metteva paura – gli rispose: «Sai, caro, Sasuke è l’unico che può farlo in questo momento. Ti prego di seguirlo senza fare storie, quando vuole sa essere di ottima compagnia».
Sai deglutì, annuendo. Quel suggerimento aveva tutta l’aria di essere un ordine.
Sasuke afferrò faccia-da-scemo dal lobo dell’orecchio, trascinandolo ed ignorando l’Haruno che, in lontananza, gli urlava: «Se infanghi il nome del comitato di benvenuto di questa scuola, io ti uccido!».
Una volta fuori dalla sua portata, si rivolse al ragazzo. «Non ti aspetterai mica che io ti porti a fare il giro di quelle aule, vero? Sono tutte uguali. Ho altro da fare quindi, se non ti dispiace..».
«Sasuke-kun!».
 
No, non può essere. Cos’ho fatto di male per meritare una giornata del genere?
 
«Scusami, Ino, non ho tempo. Devo occuparmi di questo tizio».
La ragazza si illuminò in viso. «Oh, ma se non ti va posso farlo io al posto tuo!».
L’Uchiha si voltò di scatto verso di lei. «Lo faresti davvero?».
«Ma certo, Sasuke-kun! Avrai modo di sdebitarti».
 
In debito con Ino.
 
Solo il pensiero gli dava i brividi, ma non aveva nessuna voglia di badare a quel marmocchio. Le sorrise, posandole una mano sulla spalla. «Grazie, Ino», mormorò solenne, scappando prima che lei potesse anche solo pensare di trattenerlo ancora.
 
Una volta uscito da scuola, si fermò al bivio.
Tornare a casa o andare a trovare Naruto?
Indugiò, guardandosi intorno come a sperare che qualcuno risolvesse quell’enigma al posto suo. L’ultima volta che aveva parlato con l’Uzumaki avevano quasi discusso per quella cosa. Aveva paura che l’amico potesse di nuovo provare a tirar fuori l’argomento, cosa che per il momento doveva assolutamente essere evitata.
Poi, ricordando il pacchetto che Hinata lo aveva pregato di consegnare, decise di andare comunque da Naruto, sperando magari di trovarlo addormentato.
Entrò in casa senza nemmeno bussare: ovviamente, possedeva un doppione delle chiavi.
«Dobe?».
 
Troppo silenzio.
 
Alzò un sopracciglio.
Il cibo era stato divorato, e i pochi avanzi erano sparsi sul tavolo della cucina. Cucina che, in quel momento, sembrava più un porcile che altro.
Sasuke assunse un’espressione disgustata, scuotendo la testa e avviandosi verso la camera da letto.
 
Che sia uscito?
 
«Naruto?».
«WAAAAAAAAAAAAAAA!».
L’Uchiha fece un salto indietro, inciampando e finendo di lungo sul letto disfatto, mentre Naruto, ormai sul pavimento, piangeva – letteralmente - dalle risate.
«Teme! Avresti dovuto vedere la tua faccia!».
Il cuore di Sasuke batteva all’impazzata per lo spavento. Ma, quando riuscì a calmarsi, assunse un ghigno che prometteva una dolorosa vendetta. Le sopracciglia arcuate, i pugni stretti e la mascella serrata, non facevano altro che sottolineare il concetto.
«Vedo che ti senti molto meglio, tanto da architettare questi stupidi scherzi», constatò con voce bassa e minacciosa.
Naruto, smettendo di ridere, iniziò a pentirsi del suo gesto. Si rialzò, sgranando appena gli occhi. «S-sasuke, non mi sento ancora bene», cercò di giustificarsi, portando i palmi aperti delle mani davanti a sé. «Volevo solo ridere un po’».
Ma l’Uzumaki non fece in tempo a dire altro, impegnato com’era a schivare i colpi del teme. Gli venne di nuovo da ridere.
Sasuke non era un tipo a cui piaceva essere preso in giro. Beh, non piaceva a nessuno ovviamente, ma lui era estremamente permaloso e odiava mostrarsi debole o preso alla sprovvista. Per questo Naruto si divertiva un sacco a metterlo in difficoltà con questi piccoli e stupidi scherzi.
«Dai, teme! Abbi pietà di uno in convalescenza!».
«Uno in convalescenza non passa il tempo a spaventare la gente. Uno in convalescenza dovrebbe stare a letto».
Naruto sghignazzò, facendo un passo indietro per non beccarsi un pugno in faccia ma, con quella mossa azzardata, si trovò bloccato contro il muro.
L’Uchiha era almeno dieci centimetri più alto di lui e, armato di quell’aria minacciosa, sembrava ancora più grande. «Implora pietà!», ghignò, scatenando l’ira del biondo.
«Io non imploro nessuno!».
L’Uchiha si allontanò con un mezzo sorriso. «Ti risparmio, ma solo perché sei invalido. O meglio, solo perché sei convalescente: sei sempre cerebralmente invalido, tu».
Naruto schioccò la lingua. «Idiota», borbottò.
«Cosa?».
«Non ho detto niente!».
Per tutto il tempo, Naruto aveva avvertito una stretta allo stomaco. Ma cosa diavolo gli stava succedendo? La vicinanza con Sasuke gli trasmetteva sensazioni strane, sensazioni nuove.
Prima di quel bacio, nulla era mai stato così bizzarro.
 
Ho rovinato per sempre il nostro rapporto?
 
Non sapeva cosa ci fosse nella testa del suo amico, ma era sicuro che qualcosa tra di loro era cambiata.
Sospirò.
Chinò il capo. «Sas’ke..».
L’altro, di spalle, serrò la mascella. «Non incominciare».
«Dovremo parlarne prima o poi. Altrimenti la cosa diventerà ancora più strana. Non è stato nulla, solo un bacio».
Sasuke si voltò si scatto. «Solo un bacio? E ti sembra poco? Siamo amici, Naruto. E siamo maschi. Entrambi. Almeno credo».
Naruto abbassò le palpebre, ignorando l’ultima affermazione dell’Uchiha. «E allora? È successo, non c’è bisogno di attribuire tutta quest’importanza alla cosa».
«Infatti, non ce né bisogno. E non dobbiamo parlarne più, dimentichiamolo».
L’Uzumaki annuì.
 
Perché abbassi gli occhi come una femminuccia ferita? Naruto, idiota, testa quadra, razza di scemo! Che cavolo ti sta succedendo?
 
«Mi chiedo perché, se la cosa non è importante come dici, tu voglia evitare l’argomento a tutti i costi».
 
Ma cosa stai combinando? Che significa questa frase?
 
L’Uchiha sembrò sorpreso. Alzò un sopracciglio, voltandosi verso di lui. «Che vuoi dire?».
«Voglio dire», iniziò Naruto, alzandosi e avvicinandosi all’amico. «che, visto che sembri così nervoso quando parliamo di questo, forse gli hai dato più importanza di quanto pensi».
 
Io mi dissocio da questo corpo. Tu, razza di rotella di pesce senza cervello, smettila subito!
 
Sasuke sgranò appena gli occhi. «Cosa stai cercando di dirmi, dobe? Che a me sia piaciuto?».
Come sempre, l’Uchiha era senza peli sulla lingua. Gettava lì quelle frasi a cui rispondere era quasi impossibile.
 
Ma che diavolo prende a Naruto? Cosa sta dicendo?
 
Il moro era confuso. Non riusciva a comprendere l’atteggiamento dell’Uzumaki e non riusciva a comprendere perché, alle parole del biondo, il suo cuore avesse smesso di battere per un millesimo di secondo.
Naruto stava reggendo il suo sguardo come mai aveva fatto prima d’allora. Era fermo, deciso. Ciò che Sasuke si chiedeva era: dove vuole arrivare questo dobe?
 
«Forse, per decidere, dovresti riprovare».
E, per la seconda volta, le labbra di Naruto si posarono su quelle di Sasuke che, per la seconda volta, lo spinse via bruscamente.
«Devi smetterla di farlo!», gli urlò contro.
Nemmeno lui sapeva cosa l’avesse spinto. Quella volta aveva potuto dare la colpa all’alcol, ma come si sarebbe giustificato in quel momento?
 
Forse, giustificarmi non serve a nulla.
 
«Mi dispiace», disse semplicemente l’Uzumaki. «Mi dispiace. Puoi andare via, per favore? Voglio stare da solo».
Le labbra dell’Uchiha ancora bruciavano. Il suo corpo aveva aspettato quel contatto, bramandolo. E adesso gli era stato brutalmente sottratto. Ancora.
 
Non posso davvero voler baciare Naruto.
 
Il dobe aveva chinato il capo, arrabbiato, confuso e deluso nello stesso tempo. Gli aveva chiesto di andar via, e questo Sasuke non lo avrebbe accettato.
Nessuno gli diceva cosa fare, né quando farlo.
Così, a dispetto di ciò che entrambi si sarebbero aspettati, lo afferrò dal polso e lo attirò a sé, catturando di nuovo le sue labbra in un bacio diverso dai precedenti.
Era caldo, sentito, voluto.
Le loro lingue s’intrecciarono, imparando a conoscersi con facilità, mentre le mani di Sasuke s’infilarono tra i capelli morbidi e spettinati dell’Uzumaki.
 
Non pensavo sarebbe stato così.
 
Le dita di Naruto si avvolsero automaticamente attorno al suo collo, avvinghiandosi quasi. Come se avesse agognato quel momento, adesso faticava a pensare con lucidità.
 
Sasuke.. è Sasuke. Solo Sasuke. E io sono.. Ahhh.
 
Le labbra dell’Uchiha scesero sulla pelle del collo del biondo, segnandola con piccoli e umidi baci. Quella per lui era una novità. Quelle sensazioni, quella brama di avere di più.. Non riusciva a fermarsi.
Ma era Naruto, il dobe! Naruto..
Si staccò  da lui, guardandolo con espressione stranita. «Naruto..».
Il biondo fece per avvicinarsi nuovamente, ma questi glielo impedì.
Fece un passo indietro. «Cosa sto facendo?», sussurrò quasi tra sé. «Scusa, Naruto, io.. Devo andare».
All’Uzumaki scese il cuore nelle scarpe. «Sasuke, aspetta!».
L’altro afferrò la tracolla, l’aprì e gli lanciò un pacchetto. «Da parte di Hinata», lo informò, a dispetto della richiesta della ragazza. «È lei che dovresti baciare».
L’Uchiha strinse i pugni.
 
Non so cosa mi stia prendendo. Non riesco più a fare il punto della situazione. La mia testa è un turbinio di emozioni e sensazioni che.. oh, ma come diavolo penso?
 
Naruto prese a volo il pacchetto, guardandolo.
Non era un segreto che Hinata avesse un debole per lui. E a lui era sempre piaciuta.
Allora perché quella frase detta da Sasuke gli sembrava così dannatamente sbagliata?
 
Sei una checca, Uzumaki. Una checca. Fattene una ragione.
 
Quella voce nella sua testa non era utile per niente. Serrò le labbra in una linea sottile, incrociando per un secondo gli occhi di Sasuke.
«Forse hai ragione».
Si stupì delle parole pronunciate, perché non aveva pensato di farlo. Erano uscite da sole.
Abbassò lo sguardo, mordendosi l’interno della guancia.
Sasuke, anche se non l’avrebbe mai ammesso, si sentì ferito da quelle parole. Alzò il mento, orgoglioso, e si aggiustò la tracolla sulla spalla. «Bene».
L’Uzumaki aspettò di sentire la porta sbattere, prima di dare un pugno contro il muro.
 
Maledizione.
 
Quella non era una cosa facile da gestire.
Aveva voglia di imprecare o rompere qualcosa, ma si limitò a sedersi sul divano, guardando con occhi vacui il pacchetto accanto a lui.
Dopo qualche minuto si decise ad aprirlo, scoprendo due biglietti del cinema, più un cioccolatino e un foglio di carta pasticciato.
Non è da me invitare un ragazzo ad uscire, ma so che volevi vedere questo film e..
Naruto-kun, ti piacerebbe vedere questo film con me?
Naruto, se avessi del tempo libero, potremmo andare insie
Guarisci presto, Naruto-kun. So che volevi vedere questo film e avevo due biglietti in più, puoi andarci con chi preferisci.”
Naruto sorrise appena. Hinata era così timida, eppure così dolce. Gli sarebbe piaciuto amarla.
Solo che, in quel momento, i suoi sentimenti erano confusi e stravaganti.
Deglutì a vuoto.
Era sicuro che, da quel momento in poi, le cose tra lui e Sasuke sarebbero andate peggiorando. Probabilmente non si sarebbero più rivolti la parola.
Ma quel bacio l’aveva fatto sentire vivo, per la prima volta.
 
Perché deve andare in questo modo?
 
Nonostante tutto, non riusciva ad accettarlo. E sapeva che neanche l’Uchiha l’avrebbe accettato così facilmente.
 
L’unica cosa che posso fare è smettere di pensarci.
 
Sospirò.
 
Certo, come se fosse possibile.

 

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