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Autore: Yvaine0    17/04/2013    2 recensioni
"Louis Tomlinson, mentre immerso nel proprio stizzito mutismo si sforzava di inghiottire i falsi ravioli poco cotti e ricoperti di ketchup, seduto sul divano di uno sconosciuto, non poteva pensare ad altro se non a quanto odiasse Liam Payne, Andy Samuels e Niall Horan. Poco importava che dell'ultimo non conoscesse nulla al di fuori delle sue trascurabili abilità culinarie, né che Liam fosse uno dei suoi migliori amici: li odiava profondamente, tutti e tre."
Liam e Andy trascinano Louis in una città lontana, per dare un'occhiata più da vicino ad uno dei college a cui piacerebbe loro iscriversi.
Louis, però, non ha per niente voglia di essere lì, con loro, e tanto meno di andare a pranzo da questo Niall Horan, un vecchio amico di Liam che lui non ha mai visto prima. Quello che non sa, è che lì vedrà per la prima volta quel gran pezzo di ragazzo di Harry Styles.
Nota: oggi Louis Tomlinson odia tutti.
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Challenge accepted!'
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, nè offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.

One shot scritta in risposta alla sfida di MN125.
Larry; prompt: specchio, appuntamento, italiano.

 

A Fede, che mi ha ispirato la storia.

Sdrammatizziamo, che è meglio!

 

 

Ravioli, ketchup e occhi verdi

Vi odio tutti

 

C'era quiete nella sala. C'era il silenzio tipico di quei momenti in cui tutti sono troppo presi da ciò che stanno mangiando per parlare o fare altro. Oppure, nel caso di Louis Tomlinson, dei momenti in cui è troppo indispettito per degnare chiunque di uno sguardo o di una parola.

Louis proprio non aveva idea del perché si trovasse in quella situazione; non aveva idea del perché avesse accettato di seguire Liam e Andy in quell'assurda avventura. Forse perché all'inizio sembrava un'idea ragionevole, seguire due vecchi amici – be', uno e il suo compare – in una città sconosciuta e visitare uno dei college a cui sarebbe piaciuto loro iscriversi. Onestamente, Louis si chiedeva perché Liam e Andy volessero iscriversi al college, visto che erano uno più ritardato dell'altro. Non che non volesse loro bene. No, Louis voleva loro molto bene – a Liam per lo meno–, ma in quel momento semplicemente li detestava.

I tre ragazzi stavano mangiando cibo italiano – una pessima imitazione di cibo italiano, volle puntualizzare Louis – seduti sul divano, nell'appartamento di un perfetto sconosciuto. Un perfetto sconosciuto che sembrava essere un vecchio amico di Liam, un tale Niall Horan che a Louis aveva cominciato a stare antipatico fin dal momento in cui Liam aveva proposto di andare a pranzare da lui invece che in un bar e quel deficiente di Andy Samuels aveva accettato. Come se lui non fosse presente e la sua capacità decisionale fosse nulla.

Si era lasciato quindi trascinare fino all'appartamento di quel tipo, che aveva scoperto essere un chiassoso irlandese della loro età, che condivideva l'appartamento con il fratello maggiore.

Come se quel fastidioso accento irlandese non fosse un biglietto da visita sufficiente a fare storcere il naso di Louis, il ragazzo aveva offerto loro il pranzo più disgustoso che avesse mai visto, spacciandolo per cibo italiano: aveva versato il contenuto di una confezione di raviole surgelati in una ciotola e infilati nel micronde. Quando aveva servito loro il pranzo – sul divano, cosa che Louis trovava decisamente squallida – al ragazzo era quasi venuto un colpo. Louis era stato in Italia qualche volte, aveva mangiato il cibo italiano, e poteva assicurare che quella cosa incolore e ricoperta di ketchup non era per niente somigliante al cibo italiano. E, osservò quando ne assaggiò un boccone, un po' per educazione e un po' perché il suo stomaco stava implorando di essere riempito, era persino un po' crudo.

Louis Tomlinson, mentre immerso nel proprio stizzito mutismo si sforzava di inghiottire i falsi ravioli poco cotti e ricoperti di ketchup, seduto sul divano di uno sconosciuto, non poteva pensare ad altro se non a quanto odiasse Liam Payne, Andy Samuels e Niall Horan. Poco impartava che dell'ultimo non conoscesse nulla al di fuori delle sue trascurabili abilità culinarie, né che Liam fosse uno dei suoi migliori amici: li odiava profondamente, tutti e tre.

Per palesare il proprio odio nei loro confronti, visto che quei cretini sembravano amiconi di vecchia data e chiacchieravano senza degnarlo della minima attenzione, Louis pensò bene di rivolgere loro periodiche occhiatacce, precisamente ogni volta che Niall Horan rideva troppo forte, Andy Samuel si toccava i capelli e Liam … Be', Liam non faceva nulla di fastidioso, per cui Louis gli lanciava occhiate truci nei momenti in cui non era impagnato a guardar male gli altri due.

La sua accurata operazione di palesamento del proprio malumore fu interrotta dal suono del campanello. Niall balzò in piedi, trotterellando goffamente fino al citofono, gridò qualcosa nel ricevitore, rise; poi spalancò la porta e tornò in salotto dai suoi ospiti. «Stanno arrivando un paio amici» spiegò semplicemente.

Liam annuì e «Tanto tra poco togliamo il disturbo» assicurò con un sorriso cortese. Perché quel rimbambito era sempre maledettamente cortese; Louis, invece, era combattuto tra l'opzione di rimanere seduto per sempre su quel divano per puro dispetto e la sua irrefrenabile voglia di tornare a casa al più presto. Lui non era cortese, lui faceva quello che voleva e basta. E odiava tutti, quel giorno.

Nel momento stesso in cui il paio di amici di Niall si palesò, Louis decise che voleva assolutamente tornarsene a casa.

Era evidentente, prima di tutto, che quel ragazzo avesse qualche problema con la matematica. In lingua inglese “un paio” significa “due”, o al limite, gergalmente, “pochi”. In irlandese, invece, doveva significare “una squadra di calcio”, “un branco”, “troppi”. Quindi tutto sommato Niall doveva avere anche qualche problema con la lingua inglese, oltre che con la matematica.

Senza contare che aveva troppi amici, quel finto biondo irlandese. Louis non avrebbe saputo dire quante persone si fossero presentate quel pomeriggio; non memorizzò un solo nome, tutto ciò che fece fu abbozzare sorrisi tirati, stringere mani e ripetere meccanicamente “Louis”. Poi, finché qualcun altro non si avvicinava per presentarsi, lui tornava a giocherellare con il contenuto del suo piatto – ormai troppo freddo per essere ingerito – e ad alternare occhiatacce a Liam e Andy, che al contrario sembrava essere del tutto a suo agio in mezzo a tutti quegli sconosciuti.

Davvero troppi sconosciuti, si ripeté Louis, mentre altre persone continuavano ad entrare. Nel giro di cinque minuti nel salotto di Niall Horan si erano raccolte una ventina di persone. Troppe per una sola stanza. Louis ringraziò il cielo di non essere claustrofobico, ma si alzò comunque dal divano per avvicinarsi alla finestra aperta.

«Senti, Andy, ma il tuo amico non parla mai?» domandò un tizio coi capelli rossi, accennando a lui. Louis storse il naso e concesse a quello sconosciuto – il cui nome forse iniziava per D – un'occhiata carica di disprezzo, sentendosi appellare in quel modo così impersonale e scorretto – perché Louis non era amico di Andy: erano conoscenti, e in più lui quel giorno lo odiava.

«Chi, Tommo? - Andy interruppe per un momento il monologo che stava tenendo, gli lanciò un'occhiata divertita e rise. - No, è solo un po' checca isterica» disse, per poi tornare a spiegare a nessuno in particolare il motivo per cui quel giorno di trovavano in città. Ad Andy non importava molto che gli altri fossero interessati alle sue parole; Louis era convinto che a lui bastasse parlare. Probabilmente la situazione ideale per quel ragazzo egocentrico sarebbe stato chiacchierare tutto il giorno con uno specchio, in modo da poter sentire la propria voce e al contempo rimirare il prorpio riflesso. Idiota.

Louis respirò a fondo per non reagire in maniera esagerata alle parole di Andy, nonostante l'avessero parecchio irritato. Il punto era che lui non era affatto una checca isterica. Okay, gli piacevano i ragazzi, ma questo non faceva di lui una checca isterica. Lo avrebbe dimostrato comportandosi da persona matura e razionale. Ecco che quindi si girava verso la finestra, posava gli avambracci sul davanzale e si godeva il paesaggio. O meglio, fingeva di godersi la pessima visuale del cantiere che si stagliava proprio al di là della strada, delle macchine che sfrecciavano sulla strada e dei bidoni dell'immondizia situati proprio sotto la finestra.

Aveva voglia di tornare a casa, Louis, ecco tutto. Era stanco, fin troppo. Aveva seguito Andy e Liam in quel viaggio solo per dovere morale, per dimostrare a sua madre che non stava affatto prendendo sotto gamba il proprio futuro, che ci stava lavorando. La realtà era che Louis non avrebbe voluto prendere il treno quella mattina, non si sarebbe voluto svegliare alle cinque, non avrebbe voluto rimanere seduto un'ora su un mezzo pubblico pieno di sconosciuti stanchi e sudaticci, non avrebbe voluto camminare ore per le strade di una città del tutto sconosciuta senza che né lui né i suoi amici sapessero dove stessero andando. E avevano camminato tanto, tantissimo. A Louis nemmeno piaceva camminare. Erano solo le due del pomeriggio e già sentiva gambe e schiena a pezzi, aveva il telefono scarico e quell'ingrato del suo migliore amico Stan non si era fatto sentire. Aveva voglia solamente di tornare a casa, rifugiarsi sotto le coperte e dormire, senza pensare a niente. Lui nemmeno voleva andarci al college, nemmeno voleva crescere. Era terrorizzato all'idea di diventare adulto a tutti gli effetti, di lasciare le quattro mura conosciute del liceo e disperdersi nel mondo dei grandi. Aveva una paura fottuta del mondo dei grandi.

Con uno sbuffo Louis si decise a spegnere il cervello. Se non voleva tornare a casa da solo – e no, non voleva – l'unica cosa da fare era aspettare.

Si voltò verso l'interno, perché dopotutto fare l'asociale non era il modo migliore per far trascorrere il tempo, e si decise ad ascoltare la conversazione che Liam stava tenendo con uno sconosciuto dalla carnagione scura, i capelli tirati su col gel e un ridicolo ciuffo biondo proprio sulla fronte. Carino, tutto sommato. Almeno avrebbe potuto sfogare l'occhio, si disse.

Il campanello suonò di nuovo e Louis alzò gli occhi al soffitto: altra gente? Sul serio? Era il talento culinario di Niall Horan ad attirare tante persone al suo appartamento, per caso?

Louis osservò distrattamente il padrone di casa farsi largo tra i propri amici per raggiungere la porta, mentre cercava di trovargli qualche pregio. A lui sembrava solo un ragazzetto non troppo alto, chiassoso, con una ricrescita mora da far paura e un marcato accento irlandese. Diede un'occhiata alla gente che stava assediando l'appartamento; si trattava per lo più di universitari dall'aria trasandata e un po' sfigata. Ripensandoci, era proprio il genere di persone che Louis vedeva bene attorno ad un tipo come Niall. Non che fossero una massa di stupidi, ma erano classici tipi da pub, pizza e birra, scorpacciata di cibo spazzatura al fastfood più vicino. C'era sicuramente di peggio, ma c'era anche...

«Ehi, Harry! - Niall travolse il nuovo arrivato in un abbraccio caloroso. - Che piacere vederti!»

...di meglio. Molto meglio.

Louis non riuscì ad impedirsi di squadrare la new entry da capo a piedi, non appena il padrone di casa si fu allontanato abbastanza da permettergli di vederlo bene.

E, sì, diamine, pensò, era davvero un piacere vederlo.

Harry, come lo aveva chiamato Niall, era quello che Louis avrebbe comunemente definito un gran bel pezzo di ragazzo. Era alto – taaanto alto -, con le spalle larghe e le braccia muscolose. Louis ringraziò il cielo che quella calda giornata primaverile permettesse di indossare magliette a mezze maniche.

Evviva il caldo, evviva il sudore, evviva le magliette nere!

Il ragazzo sorrise allegramente a Niall, mettendo in mostra un paio di adorabili fossette, che fecero venire voglia di sorridere anche a Louis. Poi si scompiglio i mossi capelli castani con le mani grandi e Louis si incantò a guardarlo.

Era semplicemente bellissimo. E schifosamente sexy.

Avrebbe proprio voluto vedere gli occhi di quel tipo, di quell'Harry, a quel punto. A Louis piacevano gli occhi delle persone. Be', non gli piacevano solo gli occhi, ma aveva un debole per gli occhi delle persone. Anche se, in effetti, anche il sedere di quell'Harry, fasciato dai jeans chiari, non era affatto male. La curiosità di vederne gli occhi rimaneva, comunque.

«Lou, ci sei?»

Louis Tomlinson detestava Liam Payne. Lo detestava particolarmente dal momento in cui lo aveva appena disturbato nel bel mezzo della contemplazione di quel pezzo di figo. Non solo aveva osato richiamarlo alla realtà verbalmente, ma gli si era anche piazzato di fronte, impedendogli la visuale – e forse Louis Tomlinson era un tantino basso rispetto ai suoi amici.

«Sì, sì, ci sono. - rispose brevemente. - Ora però spostati» lo intimò, posandogli una mano sul braccio come ulteriore incentivo a levarsi di mezzo. Era anche vero, però, che Liam sembrava metterci sempre un po' troppo tempo prima di capire l'antifona. «Perché?»

Perché ho un appuntamento con gli occhi di Harry Strafigo, Liam, e tu mi stai facendo tardare. Voglio vederli!

«Perché... perché...»

«Perché?»

«Devo vedere una cosa!» sbottò Louis, spingendolo finalmente di lato. Tuttavia, quanto guardo sulla soglia, il bellissimo ragazzo coi capelli castani non c'era più.

Si guardò attorno, spaesato, finché non lo individuò: si stava sedendo sul divano, proprio dove qualche istante prima era lui. Si maledisse per essersi alzato: se non l'avesse fatto a quel punto sarebbero stati seduti uno accanto all'altro e lui avrebbe potuto vedere quegli occhi. Ma li avrebbe visti. Voleva vederli.

 

Louis Tomlinson detestava non essere al centro dell'attenzione. Non vedeva il motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto ignorarlo, non era una cosa affatto carina da fare. Certo, non pretendeva che tutti lo guardassero, pendessero dalle sue labbra, dipendessero da lui – soprattutto quest'ultima prospettiva gli piaceva poco. Però trovava piacevole che qualcuno lo ascoltasse, guardasse, gli dedicasse attenzioni. Avrebbe trovato ancora più piacevole che quell'Harry così carino si dedicesse a rivolgergli la parola.

Da quanto era entrato, Louis non era riuscito a togliergli gli occhi di dosso. Non ci aveva messo molto, per cui, a mettere su la sua miglior faccia di bronzo e ad andare a sedersi accanto allo sconosciuto coi capelli rossi il cui nome forse iniziava per D – quello che si chiedeva perché fosse così asociale – e ad intromettersi nella conversazione. Aveva avuto fortuna, oltretutto: stavano parlando di calcio e Louis ne era un appassionato. Ecco che dunque era riuscito a sfruttare la situazione per ascoltare la voce bassa e terribilmente sexy di Harry e osservare attentamente quei magnetici occhi verdi in cui tanto gli sarebbe piaciuto perdersi.

Era possibile prendersi una cotta per uno sconosciuto a prima vista? Louis pensava proprio di sì, a quel punto. Quell'Harry sembrava il ragazzo perfetto. Era un peccato che parlasse con tutti fuorché con lui.

Ma non demordeva, Louis; continuava a discutere con un tizio biondo dei miglioramenti della squadra del Liverpool rispetto all'anno precedente, a confrontare le formazioni, a cercare di attirare le attenzioni di Harry, che si limitava a ridere quando qualcuno dava a Louis del saccente e a sorridere timidamente quando trovava il suo sguardo blu fisso nel proprio. Ma non faceva niente, niente di niente.

Dov'erano finiti i ragazzi intraprendenti di un tempo?, si chiedeva Louis.

Poi, improvvisamente, Liam si piazzò di nuovo di fronte a lui, disturbando per la seconda volta la sua opera di contemplazione. «Ehi, Lou».

«Liam – sibilò il ragazzo, contrariato. - Che c'è?»

«Dobbiamo andare, abbiamo il treno tra un quarto d'ora» intervenne Andy, la borsa già in spalle e una mano sulla maniglia della porta.

Louis chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Lo aveva mai detto che odiava Liam Payne e Andy Samuels?

 

 

Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta, ce l'ho fattaaaa! Anche se forse sarebbe stato meglio se non ce l'avessi fatta, vista la demenza di questa...cosa. XD
È un po' tirata via, chiedo scusa, ma stasera scade il tempo per la sfida e volevo pubblicare a tutti i costi. Spero non ci siano troppi errori, rileggo appena ho due minuti.

  
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